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dossier sulle cave di Muros ( sassari )
- Subject: dossier sulle cave di Muros ( sassari )
- From: "giuseppe scano" <giuseppe_scano at hotmail.com>
- Date: Fri, 12 Jul 2002 21:35:16 +0200
Invio copia definitiva del DOSSIER sulla cava occupata di Muros, paese vicino a Sassari, in Sardegna, con l'ultima e definitiva correzione apportata sulla versione precedente. Il Dossier è strumento indispensabile per un intervento a taqppetto nei paesi della sardegna che si stanno opponendo alle quotidiane Concessioni minerarie/di cava che la Regione sarda sta elargendo alla Sardinia Gold Mining, alla Emilceramica e ad altre multinazionali. Per diversi di questi paesi di recente interessati a nuove concessioni (Ardara, mores, Chiaramonti per citarne alcuni, paesi tutti vicini a Muros) l'occupazione della cava, e la pratica della popolazione di Muros è un referente valido tanto che hanno di già mainifestato l'intenzione di seguirne l'esempio e di occupare le terre oggetto delle concessioni. Da lunedì inizieremo, unitamente agli occupanti di Muros, degli interventi pubblici in questi paesi miranti a convogliare energie per l'unione delle forze contro la Regione Sarda e stimolare l'occupazione delle terre date in concessione. Purtroppo al momento non so inviare alcune parti documentarie del dossier (in tutti i casi si tratta della duplicazione di volantini prodotti dagli occupanti) a mezzo di questo cavolo di strumento telematico, e chiedo scusa ai riceventi: chi lo volesse può chiedere al mio indirizzo copia del Dossier cartaceo e glielo invierà alla modica cifra di 2,50 Euro postali incluse! Non so neppure come cavolo fare per lanciare in Internet, in modo stabile, il Dossier e la proposta seguente di una xcampagna internazionale di solidarietà con gli occupanti di Muros e le altre popolazioni che scenderanno in lotta contro le istituzioni locali e non e le multinazionali. CHIEDO PERTANTO A CHI SAPESSE E VOLESSE FARLO, DI METTERE IN INTERNET SIA IL DOSSIER CHE SEGUE, CHE IL SEGUENTE: APPELLO ALLA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE Sia la regione Sarda che lo Stato italiano, oltre alle multinazionali EMILCERAMICA E SARDINIA GOLD MINING , hanno sedi commerciali, rappresentanze, consolati, ambasciate, interessi economici ed attività imprenditoriali in tutti i continenti. Inoltre vi sono ovunque circoli degli emigrati sardi e/o italiani. Lancio quindi l'idea di una CAMPAGNA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETÀ ALLA POPOLAZIONE DI MUROS ED ALLE ALTRE POPOLAZIONI SARDE IN LOTTA contro la politica colonialimperialista della regione sarda, delle istituzioni ststali italiane ed europee, delle multinazionali EMILCERAMICA e SARDINIA GOLD MINING. Sara possibile, oltre alle altre mille forme di pratiche solidali che ciascuna situazione collettiva ed individuale si inventerà a piacimento, anche BOICOTTARE i prodotti MARCHI della multinazionale emiliana, esporre manifesti e striscioni nelle sedi dei circoli degli emigrati sardi ecc. Sarò grato a coloro che vorranno inviarmi, in cartaceo o e-mail, copia degli articoli dei media che tratteranno delle iniziative di solidarietà, o che mi fanno avere se non altro notizie su quanto accaduto. Il mio indirizzo postale è: Costantino Cavalleri - Via melas 24 - 09040 GUASILA (CA), Italy quello elettronico è: costantino.cavalleri at tiscali.it ringrazio tutti voi sempre in lotta - costantino SEGUE TESTO DOSSIER e qualche allegato Dossier sulla cava occupata di MUROS e sullo sfruttamento coloniale in Sardegna La politica colonialista delle istituzioni, della Regione Sarda e la tzerakia dei lacchè isolani nei confronti delle multinazionali Il vecchio Fin dalla notte dei tempi i Sardi hanno utilizzato le proprie risorse autonomamente. Con l'arrivo dei Romani, e precedentemente dei Punici, l'autoctonia è messa in discussione dai tentativi colonialisti di potenze imperiali che per secoli hanno costretto le genti sarde a perenni guerre contro i conquistatori. Ogni guerra persa significava perdita contemporanea di uomini, donne, bambini, e di estensioni più o meno grandi di territorio e delle risorse relative. Così che per secoli, sotto la dominazione romana prima, vandalica in seguito, infine bizantina le risorse minerarie sfruttate fin da allora (carbone, rame, minerali ferrosi ... ), nonché le derrate frutto del lavoro schiavistico dei ceti subalterni, unitamente alla rapina in tributi, gabelli, tasse e sovrattasse sono state convogliate ai porti sardi ed imbarcate per le varie madri-patrie imperiali. L'opera di rapina delle risorse, di bestiale sfruttamento e genocidio delle genti isolane non conobbe interruzione durante il periodo Giudicale. Giudici e Giudicesse, variamente incrociati con le famiglie dei potenti di varie città e con i grossi feudatari della terraferma che si avviavano a costruire reami e scatenare guerre in cui le popolazioni venivano trucidate in nome di dio e degli interessi delle caste nobili, sfruttarono risorse e popolazioni locali in modo tale che i successivi colonizzatori non trovarono maniera migliore di quella ereditata da Eleonora d'Arborea per trarre ricchezze dalla Sardegna e dai sardi. Ancora una volta carbone, argento, rame, grano, sughero, ed il frutto del lavoro servile delle masse diseredate sarde finirono per saziare ampiamente la bramosia di ricchezza e di potere dei nobili isolani in combutta consanguinea con gli imperi economici e politici della terraferma italiana, iberica e di altri siti. Nulla di più bestiale di quanto operarono i Giudicati poterono escogitare né i Catalani né gli Aragonesi che per quattro secoli si attennero alle modalità di sfruttamento di Giudici e di Giudicesse! L'arrivo dei Piemontesi, ovvero dei Savoia, la famiglia di nobili più stracciona dell'intero continente europeo, le cui troie si insediarono nelle corti più in vista al fine di barattare la propria attività di bagasce dal sangue blu con un reame qualsiasi, segnò qualcosa di "nuovo" per l'isola e le sue genti. I Savoia, il cui unico reame era rappresentato dalla nostra terra, e dal possesso della quale ottennero il titolo di re, si resero ben presto conto della perdita subita nello scambio tra la Sicilia e la Sardegna. Per cui dovettero dar corpo ad una politica di rapina sistematica delle risorse e di sfruttamento delle masse subalternizzate isolane che non conobbe precedenti. Le miniere, sfruttate in proprio o date in concessione a capitali di mezza Europa senza alcun limite che potesse rappresentare un minimo di garanzia per gli schiavizzati minatori, furono riaperte ed ampiamente sfruttate fino quasi ad esaurimento. Iniziò in maniera sistematica anche la rapina di boschi e foreste, spesso dati alle fiamme per ottenere dalle ceneri del legno millenario il nitrato di potassio, fertilizzante utilizzato nelle colture agricole dei capitali piemontesi prima, italiani in seguito; oppure rase al suolo per la costruzione delle navi del regno Sardo-Piemontese prima, degli amici capitalisti di Cavour poi, dei capitali armatoriali italiani in seguito; ed ancora tagliati per ridurli in traversine per le reti ferroviarie del Piemonte e dell'intera Italia, ed infine dati in appalto ad imprese toscane per la loro riduzione in carbone. Lo Stato democratico italiano, prima reame, poi Repubblica, migliorò il sistema di rapina e drenaggio delle risorse, delle materie prime e dello sfruttamento della masse subalternizzate in modo tale che l'impoverimento definitivo dei territori e il regime di servitù in vigore comportò l'inizio, a cavallo tra la fine dell''800 e l'inizio del '900, della diaspora di centinaia di migliaia di sardi proletari, diaspora che proprio in questi ultimi anni ha avuto un incremento di dimensioni inaudite, tanto che le giovani generazioni oggi più di ieri sono costrette a prostituire le loro braccia in lavori servili stagionali e mal retribuiti, se non del tutto in nero, in ogni dove, i più fortunati nei troiai vacanzieri del capitale turistico multinazionale che si è impossessato delle nostre coste. Fin dalla fine del secondo macello mondiale i repubblicani democratici del centro, della destra e della sinistra ci hanno convinto che la loro politica colonialimperialista ci avrebbe finalmente civilizzato, e con la civilizzazione, la acculturazione, il rincoglionimento ideologico e culturale sarebbe finalmente terminata la diaspora e tutti avremmo goduto di un lavoro nella nostra terra, le famiglie non sarebbero state più lacerate dalla deportazione e dalla miseria, e balle simili. E così, a partire da quelli anni, destri, sinistri e centristi ci fecero viaggiare con gli americani, i tedeschi, gli inglesi, che con le loro basi di morte avrebbero dovuto renderci almeno in parte felici. Oggi sappiamo che nonostante i nostri politici abbiano regalato quasi un terzo della nostra terra, dei nostri cieli e dei nostri mari ai militari di mezzo mondo, solo i servi compradores, gli tzerakus del capitale-Stato multinazionale hanno risolto i loro problemi, mentre alle popolazioni è rimasto solo morte per cancro, per leucemia, per malattie "sconosciute" e . qualche salario da pulitori dei cessi militari, da spendere in buona parte per rimediare i malanni determinati da radiazioni, inquinamento ambientale, tossicità dell'aria e della terra. In seguito i nostri politici democratici e repubblicani, unitamente a quella feccia sarda che si riempie la bocca di "autonomismo", sardismo e gargarismi del genere, ci convinsero che regalare le nostre coste al capitale internazionale turistico, avrebbe certamente posto fine alla diaspora del nostro popolo, alla disoccupazione, alla miseria. E tutti d'accordo regalarono per prima una parte del Nord-Sardegna, poi l'intera costa ad arabi, a tedeschi, quindi a svizzeri, olandesi, italiani, amerikani, giapponesi e coreani . fino a quando non è rimasto più un pezzo di costa per le genti sarde in cui possano godersi quel mare favoloso della loro terra. Ma tzerakus eravamo prima, e tzerakus emigrantes siamo rimasti. Il benessere, quel minimo di ricchezza che ci impedisca di prostituirci al peggior offerente non è arrivato. Continua la disoccupazione, il lavoro nero, quello stagionale e l'emigrazione, di padri e figli. Allora i nostri politici vollero convincerci che l'industrializzazione petrolchimica di Moratti, Rovelli e degli altri pescicani sarebbe stata finalmente la soluzione ai nostri problemi. Dai 70 agli 80 mila posti di lavoro conteggiarono i democristiani, i socialisti, i comunisti, i sardisti, i fascisti e tutta la zenìa che ancora non siamo riusciti ad eliminare! Non più pastori in mastruca, né contadini in bonetu, bensì operai, proprio operai, simili in tutto ai proletari che a quei tempi facevano scalpore a Torino, nelle ferriere, e nelle altre zone veramente pullulanti ricchezza e benessere per tutti! Portotorres, Othana, Makiaredhu, Sarrok, Isili, Makumere . finalmente industrializzati! In un sol colpo i "nostri" beneamati politici, sardi in primo luogo, legandoci alla materia prima che in Sardegna non esiste se non dietro lauto pagamento, il petrolio, avevano risolto ogni problema! Ma ancora una volta era un bluff, un imbroglio in cui tutti hanno mangiato, dal capitale petrolchimico a quello politico, grande e piccolo, all'infuori della Sardegna e delle popolazioni proletarie. Basta togliere l'ultimo zero alla cifra venuta fuori dal cilindro degli imbroglioni democratico-repubblicani (80.000) ed i conti tornano perfettamente . almeno fino ad ieri, perché a ben vedere oggi anche la cifra di 8.000 occupati nella petrolchimica pare una enormità . Ma i nostri zelanti tzerakus del capitale-Stato internazionale non demordono. Ciascuno di essi ha la propria lobby, il proprio padrone da cui elemosinare briciole di potere e di ricchezza; basta un po' di fantasia e disporre della Sardegna e dei sardi con qualche imbroglio e panegirico: tanto sos sardos sun' totus lokos! Sinistri o destrosi, centristi o misti, la poltrona di consigliere regionale, ed a maggior ragione quella di assessore e di parlamentare, dà a tutti loro la possibilità di svendere a levante e ponente genti, risorse, terra, mare e cieli sardi. Non solo, ma dopo aver elargito ad ampie mani le migliaia di miliardi di non ricordo più quanti presunti Piani di Rinascita a industriali (ovviamente italiani in un primo tempo, veramente internazionali in seguito), a capitali multinazionali che hanno fatto finta di operare in piccole e inesistenti fabbriche e fabbrichette di pantofole, di calze, di cravatte, di bidoni aspirattutto, di fantasmini per gli ovetti kinder, che per 12 ore al giorno sfruttano maledettamente gente disperata (ed anche tonta, inutile negarlo), dopo aver regalato minerali del sottosuolo, coste, legna, cieli, mare a chicchessia, nell'attualità i "nostri" politici al governo ed all'opposizione ben pensano di regalare anche la superficie, la terra dove le popolazioni sarde poggiano culo e piedi. Col pretesto di salvaguardare "l'ambiente" - esattamente quello che i politici hanno regalato ai loro padroni di mezzo mondo e che è stato parzialmente distrutto per interessi non certo delle genti isolane - vogliono imporre alle popolazioni parchi, zone protette, oasi naturali, parchetti che gli alienati del sistema e qualche capitalista in vena ecologista vorrebbero riservare a se stessi per ricostituirsi dallo stress accumulato durante gli impegni ed il lavoro necessari per sfruttare la Sardegna, i sardi e gli altri popoli e classi diseredate del mondo. D'altra parte l'intenzione è proprio quella di non lasciare alcuna superficie dell' isola in cui le popolazioni possano posare i piedi. Dopo aver estratto dalle viscere della terra tutto quel che conveniva loro, le multinazionali ed i politici al loro servizio vogliono ora portarsi via la terra di superficie, se necessario colline, monti e quant'altro produce per essi profitto, desolazione e scempio per i sardi. Hanno iniziato i politici sinistri, e quelli destri non paiono davvero da meno. Il nuovo Tra la colonizzazione del passato e quella democratica odierna vi è una differenza sostanziale che è bene rimarcare: mentre la prima si è sempre imposta con la forza delle armi, la seconda parrebbe sostanzialmente basata sul consenso generalizzato. In ogni caso la colonizzazione odierna è elaborata e messa a punto esattamente nelle istituzioni democratiche e nei meccanismi burocratici della società attuale. Col pretesto che la Sardegna ed i Sardi sono una terra ed un popolo arretrato, i politici ed i capitali multinazionali che rappresentano, elaborano a tavolino opportune leggi e relativi megafinanziamenti di soldi pubblici, frutto della rapina di Stato ai danni delle masse schiavizzate, per trarre profitto a mani piene senza alcun rischio reale per quel minimo di capitali che vengono investiti. Il gioco è semplice. Stato, Regione Autonoma della Sardegna, Comunità Europea elargiscono ogni anno migliaia di miliardi, in buona parte a fondo perduto, per tutti coloro che, intrallazzati a vario titolo e sostenuti da questo o da quell'altro potere politico, hanno intenzione di sfruttare e rapinare sardi e Sardegna. Con questa logica hanno cementificato le coste, avvelenato mari e cieli, recintato spiagge, boschi, foreste, ed ogni tanto tentano pure di recintare le popolazioni. Che poi quell'abbattimento della disoccupazione che tutti sbraitano voler perseguire non si verifichi, è cosa che a nessuno interessa; tant'è che l'aumento del tasso dei disoccupati e l' incremento conseguente della diaspora emigratoria è fenomeno che non conosce limiti di sorta. Eppure vi è sempre qualcuno disposto a credere alle perenni favole delle lobby politico-economiche dei tzerakus sardi e non. Il rincoglionimento mentale di individui subalternizzati a cui duemila anni di storia coloniale non insegna nulla, è uno dei frutti più evidenti della politica dei compradores isolani. La Sardegna è una delle terre emerse geologicamente più antica. Le risorse minero-metallurgiche vi erano, ed in parte ancora vi sono abbondanti, spesso allo stato puro o quasi. Pare, ad esempio, che il caolino presente in territorio di Muros sia particolarmente puro tanto da necessitare di una lavorazione minima per poterlo poi utilizzare nei diversi settori di produzione in cui è componente indispensabile (ceramiche, ed es.). La medesima cosa per tutte le sabbie silice presenti in diversi siti isolani, tra cui a Isili, Nurallao, Laconi ed altri territori del Sarcidano e della Barbagia di Seulo; materiali che la Caolino Panciera rapina per la lavorazione delle ceramiche, ovviamente esportati nella terraferma italiana o di altri luoghi (purché non si lavorino in Sardegna!). Grazie alla attiva collaborazione tra la Regione Autonoma della Sardegna e le sue appendici clientelari, Ente Minerario Sardo (EMSA) in primo luogo, si è effettuata la mappatura delle risorse presenti nel suolo e nel sottosuolo sardo e con questa prima "carta d'intenti" i lacchè sardi del capitale multinazionale regalano l'uno e l'altro a tutti coloro che meglio offrono in termini di tornaconto per il partito che rappresentano, o anche più semplicemente per il proprio portafoglio. In queste sporche operazioni colonialiste sfumano del tutto i confini tra destra e sinistra, tra centro e periferia, tra governanti ed opposizione: tutti mangiano allo stesso tavolo. Così, se la Sardinia Gold Mining (SGM) ha messo le mani sull'oro sardo grazie all'interessamento dell'ex-PCI ed ora PDS Mario Pinna (lungimirante assessore regionale all'industria che ha venduto - o regalato, a seconda dei punti di vista - alla multinazionale australiana il permesso di distruggere e rapinare l'intera isola), gli assessorati attuali del governo regionale di destra non sono da meno: la Emilceramica, proprietaria della Caolino Panciera può portarsi via monti e colline di caolino per la somma astronomica di 25 euro per ettaro di superficie all'anno! Centristi, destri e sinistri insistono sul fatto che solo portando la nostra terra nel continente si avranno meno disoccupati e finalmente arriverà il benessere per tutti i sardi! Così l'attuale giunta regionale, con Mauro Pili presidente ed assessore all'industria Giorgio La Spisa votano compatti per la non sospensione dell'autorizzazione alla Caolino Panciera alla rapina delle sabbie silice presenti in località San Leonardo, in territorio di Muros. L'imbroglio della "occupazione" e del benessere che non arrivano mai Un esempio concreto per capire cosa accade: Furtei e la Sardinia Gold Mining. Lo scempio attuato in appena 5-6 anni di attività della Sardinia Gold Mining solo nel territorio di Furtei, ove l'onorevole Mario Pinna (ricordiamolo, ex-PCI ora DS) ha dato la concessione per lo sfruttamento dell'oro su 394 ettari che si estendono anche in territorio di Guasila, Serrenti e Segariu, fino al 1998 è costato: - al paese l'avvelenamento di buona parte del territorio in cui avviene la semilavorazione a mezzo del cianuro (che funge da catalizzatore), la scomparsa della metà di alcune montagne e la manomissione ecologica dell' intera area; - alle casse pubbliche quasi 10 miliardi di lire fino al slo 1997. La Sardinia Gold Mining nel 1998 (ma era solo il secondo anno di esercizio), ha avuto utili per 15 miliardi di lire, di cui 6 distribuiti agli azionisti e 9 reinvestiti in ricerca per tutti i territori isolani grazie ai permessi regionali (è così che ad Osilo e in altri siti ha avuto l'opportunità di distruggere ed inquinare impunemente territorio e falde acquifere); - il primo lingotto d'oro a Furtei venne realizzato nel 1997 e pesava circa 10 chilogrammi. Il ritmo di produzione, da quel lingotto in poi è stato di circa 80-100 kg mensili; - nei primi tre anni e mezzo di attività sono state prodotte 2,5 tonnellate d'oro ma con l'ausilio di nuove biotecnologie si arriverà nei 5 anni successivi ad estrarre 6 tonnellate del prezioso minerale. - se si pensa che l'oro viene in certo qual modo "sintetizzato" a mezzo del cianuro, ed è presente in quantità di 3-3,5 grammi per tonnellata di materiale (letteralmente polverizzato e "lavato" con acqua e cianuro in loco, per una prima fissione), ci possiamo rendere conto con un semplice calcolo matematico della enorme quantità di colline e montagne che la Sardinia Gold Mining sta distruggendo. A conti fatti la SGM sta realizzando oltre 15 miliardi di profitti all'anno e polverizzando nella sola zona di Furtei 3 milioni di tonnellate di monti e colline che, evidentemente a Mario Pinna ex-Pci ed attuale DS poco interessano. Ma pare che non sia tutto: infatti si parla - ma non siamo riusciti a trovare la relativa documentazione - che un'altra convenzione tra la "sarda" Regione e la SGM sia in pieno vigore: e cioè che gli scarti della semilavorazione vengano venduti per sottobitume alla nostra più alta istituzione che così ha modo di prenderci la terra buona da sotto i piedi e di ridarcela in parte come veleno al cianuro per salvaguardare ovviamente la nostra salute e il benessere che non arriva mai! Ma la commistione tra le multinazionali e le varie componenti della classe politica, quando si tratta della Sardegna e del suo popolo, ha veramente dell'incredibile, anche se la memoria di non pochi rincoglioniti non ha di certo le gambe lunghe. Quando l'attuale presidente della "sarda" Regione, on. Mauro Pili (quello sciacquino di Berlusconi in terra sarda che scopiazzò, nel suo fastoso primo insediamento al palazzo, la politica imperialista della Regione Lombardia), nel 1999, ed esattamente il 23 luglio, nel bel pieno delle polemiche che seguirono lo scempio del territorio di Furtei da parte della SGM, si recò con ampia scorta alla zona delle cave "in solidarietà" ai 23 dipendenti (tutti sardi) della impresa australiana appena messi in cassa integrazione, utilizzò come tutti gli avvoltoi par suo i megafoni dei media per dichiarare a squarciagola: «Con la nostra Giunta le cose cambieranno. Tanto per cominciare costringeremo la SGM a presentare un piano di recupero ambientale» (da L' Unione Sarda del 24 luglio 1999). Sono trascorsi ben tre anni da quella dichiarazione, lo sciacquino di Berlusconi è a capo della R.A.S. da diversi anni ma di recupero ambientale e di risanamento dei danni manco l'ombra. Allo sciacquino di Berlusconi in terra sarda rispose a dovere il responsabile dell'EMSa (Ente Minerario Sardo), Giampiero Pinna (che sia parente del socio in affari e in politica, Mario Pinna?): «Chi porta la responsabilità morale [e materiale, n.d.r.] della scoperta dei giacimenti auriferi a Furtei e della privatizzazione della SGM, assieme ai relativi meriti sono io» (idem). E di questo se ne dovrà pur tenere conto onde provvedere quanto prima ai relativi ringraziamenti! In termini occupazionali la SGM ed i suoi lacchè presentano in pompa magna le seguenti cifre, per gli allocchi che all'inizio dei lavori aspettavano l' eldorado sardo: 83 occupati totali tra impiegati, operai, personale specializzato. La cifra è ovviamente una presa per il culo non in quanto non sia vera bensì perché tutto il personale specializzato e gran parte dello staff dirigenziale era di già dipendente della Australia Gold Mining, la multinazionale proprietaria della SGM. Ma nel 1999 quelle poche decine di sardi occupati vengono ridotti di 23 unità a causa della loro messa in cassa integrazione: crisi del mercato dell'oro è il pretesto di chi fino ad allora s'è mangiato i milioni di metri cubi della nostra terra e caricato l'oro per i mercati mondiali. Anche in questo caso il benessere, la piena occupazione, la presunta ricchezza generalizzata si manifesta per quello che in realtà è: il fantasma agitato dagli tzerakus per rapinare impunemente le risorse e fare indisturbati gli interessi del capitale multinazionale. Altro esempio della politica regionale, statale e comunitaria. Ai piedi dei monti Seti Fradis, nel Mont''e Procedhus, in territorio del Comune di San Vito, tre cagliaritani evidentemente facoltosi e dalle conoscenze in alto loco, titolari dello studio «Agriconsult» sito a Cagliari in Via dei colombi n. 20, acquistano da un fallimento 500 ettari di terre per la somma di 900 milioni di lire. 200 ettari di terre vicinali le prendono in affitto e così presentano un megaprogetto, finora inedito in Sardegna, per i relativi finanziamenti da parte della Comunità Europea, "sarda" Regione, Stato italiano. Il progetto è semplice: recintare 700 ettari di foresta, incluse le fonti, le strade, i sentieri, toglierli così alle comunità che da millenni ne hanno usufruito, farvi una riserva di caccia per ricchi e per turisti che possono permettersi di pagare il relativo "biglietto", nonché costruirvi stalle, letamai, e . un villaggio da trecento posti. Insomma un parco privato che verrebbe ad essere parte di un parco pubblico su cui tutti vi speculano ma a scapito delle popolazioni residenti che finora sono riuscite a strappare all'ingordigia del capitale prima italiano, poi multinazionale parte del proprio territorio. Che siano tornati i barones della vecchia tirannia? Ma quando impareremo? «Sos sardos? Pakos, lokos e male unidos!» Così ci identificarono catalani e castigliani, nonché tutti i colonizzatori che, dopo di essi, si sono alternati al governo della colonizzazione sarda, compradores inclusi. Ma ogni tanto una tale identificazione conosce delle eccezioni. Gli abitanti di Muros, paese di ottocentocinquanta anime sito nei pressi di Sassari ed oggetto da decenni della rapina delle proprie risorse e dello scempio del territorio da parte della Italcementi (la cui cementeria è chiusa da anni) e di altre imprese minerarie, non credono più alle favole dei lacchè politici sardi e forestieri. Il territorio di già ridotto ad una immane cava a cielo aperto, le strade semidistrutte dai camion giganteschi che trasportano i materiali ai porti per l'imbarco in continente, la disoccupazione che non è per nulla mutata nell'ultimo mezzo secolo, la provocazione di vedersi l'ultimo lembo di terra squarciato in pochi giorni da due mezzi meccanici ... i muresi hanno imparato la lezione e decisi hanno ribadito negli ultimi 8 anni il proprio NO! alla concessione mineraria regionale alla Caolino Panciera. Ma le istituzioni regionali, statali ed europee invece di adeguarsi alla richiesta dei muresi hanno impeccabilmente fatto gli interessi della multinazionale emiliana, la Emilceramica. In altri siti e paesi, popolazioni vendute agli interessi di questo o quel capitale, stanno dicendo BASTA! alla politica colonialista e imperialista delle istituzioni. Marrubiu ha detto di no alla concessione regionale per "saggiare" la composizione minerale del proprio territorio, a Castiadas si è costituito un comitato di residenti nella zona di Monte 'e Porcedhus per impedire che una impresa recinti, oltre la sua proprietà acquistata all'incanto, strade pubbliche ed altri diritti comuni che verrebbero immessi nel circuito di una riserva di caccia privata lautamente finanziata da capitali pubblici per tradurre in centro vacanziero una parte dei monti Seti Fradis. Forse qualcuno inizia a capire che dietro gli imbrogli di politici, economisti, presunti scienziati e scienziati veri, delle nostre vite e della nostra terra dobbiamo essere noi stessi i guardiani, e finalmente mandare a quel paese tutti coloro che, spacciando favole sul radioso futuro, riducono nell'immediato la nostra esistenza a strumento del profitto altrui. Rimane da lavorare e agire in funzione di quel minimo di unità necessaria a costringere i responsabili del nostro malessere e dell'impoverimento di territori e risorse, a rimangiarsi le svendite che hanno finora operato. La proposta: una manifestazione a Cagliari, contro la politica colonialista della Regione Autonoma della Sardegna A tal fine è utile una manifestazione a Cagliari, sede della Regione Autonoma della Sardegna e delle altre istituzioni parassitarie che si sono create per meglio fare gli interessi del capitale-Stato multinazionale; manifestazione in cui tutto il malessere e la rabbia dei singoli e delle popolazioni possono indirizzarsi ai diretti responsabili della colonizzazione in atto: politici vecchi e politici nuovi che dagli scranni del potere regionale pensano di poter fare delle genti sarde e della Sardegna, ciò che più conviene ai loro padroni. L'OCCUPAZIONE DELLA CAVA DI MUROS L'antefatto Il 28 settembre del 2000 la Regione Autonoma della Sardegna dà alla impresa Caolino Panciera spa la concessione mineraria per lo sfruttamento di caolino, feldspato e bentonite nel territorio di Muros. Precedentemente la stessa ditta ottenne l'autorizzazione per la ricerca su di una superficie di 180 ettari. Pare che l'autorizzazione allo sfruttamento sia stata concessa solo su 20 ettari allo scopo di evitare la "Valutazione d'Impatto Ambientale" (V.I.A.) all'atto della richiesta. Con una tale strategia la Caolino Panciera e la medesima "sarda" Regione hanno inteso forse contrastare fin dall'origine la opposizione della popolazione di Muros a qualunque altra attività mineraria, di cava e del sottosuolo, nel proprio territorio, ampiamente compromesso da attività estrattive durate decenni, messe in atto da imprese grandi e minori che hanno scempiato l'ambiente naturale senza che qualcuno abbia mai imposto il minimo di ripristino ambientale necessario se non altro a coprire le vergogne di un'ampia operazione colonialista. Ma, come vedremo, la concessione per la cava di S. Leonardo ha come risultato che la Emilceramica possa rapinare per soli 9 milioni di lire l' anno, circa il 60% delle sabbie silice presenti in territorio di Ossi e Muros. Il caolino presente nella concessione elargita pare sia di qualità ottima, e si trova in abbondanza in monti e colline che, per soddisfare gli interessi dell'impresa e gli introiti della svendita agli stessi politici, dovrebbero scomparire nei TIR che li trasportano nel continente per la lavorazione della materia prima. Per la concessione la Caolino Panciera pagherebbe alla R.A.S. ben 25 euro circa ad ettaro, il che significa, in cifre: che la scomparsa di una collina dalla superficie di 20 ettari costa alla Caolino Panciera la stratosferica somma di appena 500 euro (ovvero un milione di lire)! Ovviamente alla comunità di Muros, che dovrebbe respirare la polvere, sopportare il passaggio ed il rumore dei giganteschi mezzi meccanici, ed assistere impunemente alla rapina delle sue colline rimarrebbe, come al solito, la bella soddisfazione di sapere che burocraticamente è tutto in regola e che stavolta, contrariamente a quanto avveniva con i romani che imponevano con le armi la loro prepotenza conquistatrice, tutto è avvenuto secondo i metodi democratici! Ma stavolta lacchè regionali e multinazionale hanno fatto male i propri conti. Fin dall'inizio la popolazione si è manifestata contro ogni ipotesi di concessione, sia in assemblee popolari frequentatissime da muresi, politici grandi e piccini che ne hanno approfittato per il proprio show gratuito, pennivendoli che si son fatti la pagnotta scribacchiando quel che loro è piaciuto. Di fronte alla manifestata contrarietà della popolazione, la Caolino Panciera si è ben guardata dall'iniziare i lavori dopo la concessione, attendendo forse che le acque si calmassero o che qualche politico dalla faccia di culo avesse il coraggio di sbloccare positivamente la situazione. Solo il 9 aprile del 2002 - dopo che l'attuale giunta regionale di destra ha bocciato la sospensione della concessione - la Caolino Panciera dà incarico ad una Ditta locale di entrare con i propri mezzi meccanici ed iniziare i lavori di cava. La Ditta Loriga, di Ossi, paese confinante con Muros, entra la mattina prestissimo con i giganteschi mezzi, facendosi forzatamente strada in un impervio sentiero ove a stento riesce a passare una autovettura, e prima dell'alba inizia i lavori. In due settimane di attività un escavatore ed una pala meccanica allargano a dismisura lo sventramento - precedentemente attuato dalla Caolino Panciera nelle "attività di ricerca" - della collina a metà altezza, attuando uno sfregio alla bellezza del paesaggio che, se non ulteriormente allargato, richiederà forse secoli per un minimo di ripristino. Fin dalla mattinata del 9 aprile la popolazione di Muros si accalca fuori della recinzione e del cancello della cava, urlando la propria rabbia contro coloro che utilizzano i pesanti mezzi meccanici, i politici che lo hanno permesso, i proprietari (azionisti) della Caolino Panciera. Ma lo sfregio continua imperterrito fino a quando gli abitanti e le numerose individualità e i gruppi d'appoggio alla lotta, che arrivano da tutta l'isola, non fanno il passo necessario a porvi rimedio: entrano nella cava, bloccano i mezzi meccanici e danno il via alla occupazione. È il 22 di aprile del 2002. L'occupazione della cava rappresenta un "salto di qualità" che una parte dei muresi non intendeva porre in essere, pensando che tale atto di forza possa un giorno o l'altro essere preso a pretesto per azioni legali contro di essi. Ma dopo qualche giorno di tentennamento la consapevolezza della responsabilità che è necessario prendersi, ciascuno, per impedire realmente che la politica colonialista prenda il sopravvento per sempre, riesce ad insinuarsi nella grande maggioranza della popolazione e l'occupazione prende una nuova, interessante e veramente unica prospettiva: quella della fraterna socializzazione tra muresi, solidarizzanti di passaggio, individui ribelli che in mille maniere attuano e sostengono l'occupazione e la volontà di opporsi alla rapina delle risorse ed allo scempio del territorio. Si trova un gruppo elettrogeno, si organizzano dei concerti, ci si sistema alla meno peggio per affrontare i lunghi tempi che una battaglia campale impone. Decine di persone sono compresenti a tutte le ore del giorno, e dal pomeriggio fino alla sera tardi spesso si tengono assemblee generali, il cui dibattito integra le discussioni tra gruppi e gruppetti di individui di ogni parte dell'isola, dell'Italia e anche di altri territori. I compagni più attivi e il Comitato locale producono volantini ed altri documenti che distribuiscono un po' per l'intera isola, contattano persone, approfittano di concerti e di altre iniziative per propagandare l' occupazione della cava, suscitare interesse e solidarietà, invitare a sostenere e presenziare all'occupazione. Documenti e notizie vengono fatti circolare anche fuori dalla Sardegna e in parecchi si interessano a quanto sta accadendo a Muros. Ma alla cava occupata ed al piccolo paese vicino a Sassari non passano solo solidarizzanti e sostenitori della lotta anticolonialista degli abitanti e delle decine di ribelli che vi soggiornano per periodi di tempo più o meno lunghi: avvoltoi e strumentalizzatori di ogni genere, saputo dell' occupazione, si arrischiano a Muros in cerca di reclame gratuita, oppure per spacciare i propri articoli tranquillizzando uomini di Stato e capitale multinazionale che, tanto, la popolazione di Muros sarebbe contraria all' occupazione ... È capitato così che un onorevole deputato (o senatore), il cui nome manco ci è rimasto in testa perché letteralmente insignificante, dopo aver promesso alla popolazione che sarebbe venuto alle cave alle 11 della mattina, si è invece presentato con la relativa scorta solo verso le 13,30, trovando al cancello della cava occupata l'accoglienza che ben si meritava. Dietro consiglio degli energumeni che lo accompagnavano il poco onorato onorevole s 'è apprestato per gli inesistenti sentieri a far finta di vedere, e valutare senza alcuna cognizione di causa, lo scempio che la politica da egli rappresentata ha perpretato in appena due settimane. A qualche giorno di distanza s'è fatto vivo anche lo sciacquino di Berlusconi, ovvero il lacchè compradore che attualmente dirige la politica colonial-imperialista nell'isola: l'onorevole (regionale) Mauro Pili. Secondo il programma avrebbe dovuto tenere un incontro pubblico presso il Comune di Muros, e poi scendere alla cava occupata per accertarsi di persona dei danni che ha contribuito a realizzare. Da vile ha promesso il proprio interessamento presso il porcile di cui è a capo, ma ha taciuto sulla propria responsabilità, e su quella dei suoi suoi assessori, nelle votazioni che rigettarono la proposta di sospensione della concessione alla Caolino Pancera. Il vile, terminata l'opera di imbonimento della popolazione di Muros, evidentemente venendo a sapere dell'accoglienza riservata alla cava occupata al suo degno compare onorevole parlamentare, con un pretesto ha saltato l'appuntamento ultimo: la visita proprio alla cava. In korrias 'e fogu! Dopo lo sciacquino del Berluska, non pare che altri miserabili venditori di fumo abbiano preso l'impegno di farsi fotografare nel terreno occupato ... almeno al momento. Il salto di qualità: l'occupazione ed il blocco dei mezzi Da un semplice sguardo alla cronologia essenziale riprodotta di seguito, risulta che la popolazione di Muros è in lotta per l'integrità del proprio territorio fin dal 1994. In tale anno, infatti, l'Assessorato Regionale all' Industria concede alla E.L.A.S., con sede a Torralba (SS) il permesso di ricerca delle sabbie silice in territori di Muros e Ossi. Tale permesso viene poi prorogato nel 1996. Nel 1998 la popolazione di Muros apprende del progetto colonialista della Caolino Panciera, multinazionale mineraria già presente in Sardegna nella rapina del silicio, in particolare a Isili, Laconi, Nurallao ... Si parlò, a suo tempo, della costituzione di un "polo del vetro" in Sardegna, ed in particolare nella zona industriale di Isili, Perd''e kuadhu, proprio per lo sfruttamento e la valorizzazione in loco delle sabbie silice, ma non se ne fece nulla; evidentemente la multinazionale è così potente da riuscire a imporre le proprie politiche anche a scapito di un intero popolo! Infatti, nel '98 la Caolino Panciera inoltra domanda all'Assessorato regionale competente per la concessione mineraria relativa alla coltivazione e sfruttamento dei giacimenti di caolino, feldspato, bentonite e terre da sbianca in territorio di Ossi e Muros; nella richiesta è evidenziata la volontà di rapina di tali risorse, di trasporto nell'Italia e dell'utilizzo in proprio o della vendita di tali materiali. Gli abitanti di Muros, in un documento redatto durante una pubblica assemblea, dichiarano agli organi competenti la loro opposizione a qualunque forma di sfruttamento minerario o di cava nel territorio comunale. Invece le varie autorità iniziano a dare il proprio nulla-osta in risposta alla richiesta della multinazionale. Gli Enti che danno il proprio assenso sono: 1. Assessorato Regionale all'Industria; 2. Assessorato Regionale alla Difesa dell'Ambiente; 3. Soprintendenza Archeologica, di Sassari; 4. Ufficio Tutela dell'Ambiente, di Sassari. Significativo il parere dell'Ufficio Tutela Ambiente di Sassari. Allo scopo di avvantaggiare e favorire la multinazionale richiedente, il responsabile dell'Ufficio riduce il paesaggio oggetto della richiesta ad ambiente grullo, privo di vegetazione significativa, arso dagli incendi e di già degradato da precedenti scempi ambientali, riproducendo in pratica le stesse menzogne che appaiono nella richiesta della Caolino Panciera; per di più sottolineando che, dato che il territorio di Muros è già stato ampiamente compromesso dalla politica coloniale precedente, tanto vale distruggere anche quel poco che gli rimane di integro! Ancora una volta la popolazione di Muros prende posizione contro la vergognosa sparata del funzionario dell'Ufficio Tutela Ambiente di Sassari e, in un pubblico documento ribadisce la propria opposizione alla concessione mineraria, sbugiardando ogni parola del nulla-osta compiacente. In tutta risposta, alla prepotenza della Caolino Panciera si affianca quella della Italcementi. Le due multinazionali avanzano, separatamente, richiesta di autorizzazione per lo sfruttamento di sabbie silice ed altri minerali ancora in territorio di Muros. Vistesi buttate nel cestino le precedenti opposizioni, gli abitanti di Muros il 19 aprile del 2000 in una pubblica assemblea a cui invitano anche i media, rinnovano la propria opposizione alle concessioni minerarie e stavolta con documenti fotografici e riprese cinematografiche svergognano le falsità di funzionari provinciali e regionali che vorrebbero l'area oggetto di richiesta mineraria uno squallido paesaggio marziano. Allegano, alla protesta scritta, tale documentazione e la integrano di centinaia di firme. Nonostante la contrarietà manifestata dai muresi, nel settembre dello stesso anno viene picchettata e delimitata l'area di 180 ettari oggetto della richiesta, ed il 28 la Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato all' Industria rilascia alla Caolino Panciera l'autorizzazione richiesta. Anche dal punto di vista formale richiesta ed autorizzazione non sono perfettamente in regola: la domanda concerne la concessione per 180 ettari; la concessione pare sia stata data per soli 19 ettari. Ma se la concessione è data per meno di 20 ettari, perché alla Caolino Panciera non si è fatto inoltrare altra richiesta? Un imbroglio di natura formale, affermano in parecchi, utile solo ad iniziare i lavori, in un secondo tempo si vedrà ... ................................................................. ................................................................. Fatto è che a nulla servono né l'ennesima protesta popolare tenutasi il 27 gennaio 2001 a Muros, alla presenza dei politici regionali, provinciali, parlamentari, né quanto avviene a livello comunitario, giudiziario e nelle sedi varie delle istituzioni grandi e piccole: politici di destra e di sinistra nulla fanno materialmente per soddisfare la volontà di una popolazione che intende salvaguardare il proprio territorio dall'ulteriore sfregio della colonizzazione. Il 22 di aprile del 2002 la occupazione della cava, l'azione diretta degli abitanti di Muros e dei ribelli presenti chiariscono le cose: il territorio si salva solo se ciascun individuo lo difende, entro un quadro di unità popolare, in prima persona, il resto è solamente chiacchiere per allocchi. Non a caso il TAR Sardegna, che doveva discutere e prendere decisioni in merito ad un ricorso per motivazioni formali, ha rimandato alle calende greche ogni decisione, e l'avvocato profumatamente pagato dal comune di Muros non ha fatto altro che "consigliare" all'amministrazione del paese di "mettersi d'accordo" con la multinazionale onde evitare che i consiglieri (sic!) paghino 12 miliardi (ancora sic!) di mancato guadagno alla Caolino Panciera! Non potendo imporre ad un intero paese la volontà predatoria del colonizzatore di turno, si intimorisce la popolazione ricattandola ovviamente in modo democratico: viene da chiedersi che cosa mai abbia fatto l'avvocato dell'amministrazione di fronte ad una spudorata messa in scena ricattatoria di questo tipo! L'occupazione, ancora una volta, mette le cose al posto giusto. I muresi ritengono che il territorio in cui i loro avi hanno vissuto, e ove abitano essi stessi, sia un patrimonio che non è in vendita a nessun titolo, che non è negoziabile con alcun ricatto, che non vi è nulla che possa valere di più e lo hanno occupato, presidiandolo giorno e notte allo scopo di sottrarlo alla ingordigia del capitale colonialista multinazionale. Se la multinazionale ritiene che le possibili bustarelle che avrebbe elargito a destra ed a manca, o le promesse che ha ottenuto dagli uni e dagli altri, meritano qualcosa in più della ferma volontà dei muresi di difendere il proprio territorio, che si rivolgano ai funzionari, ai politici, ai conpradores, ai servidores che si sono messi al suo servizio, a Muros non troveranno nulla di tutto ciò! E finalmente è emerso quanto multinazionali, funzionari, politici, tzerakus di ogni tipo e varietà, conpradores e venditori di ogni colore hanno sempre escluso dai propri conteggi: emerge l'uomo reale, l'individuo in comunità che, pienamente inserito nel proprio territorio fuoriesce da ogni calcolo politico-economico e dai profitti degli imperial-colonialisti, emerge l'uomo pulsante di vita e la sua volontà di non separarsi dalla propria terra! Questo evidentemente non l'avevano valutato né gli uni né gli altri che siedono al tavolo della spartizione coloniale, dato che persistono nel considerare prioritarie le formalità tecnico-burocratiche e non la volontà di una comunità che vuole integro il proprio territorio, ben al di là dei meccanismi burocratico-giuridici che il sistema si è dato a garanzia di se stesso. I criteri di fondo dell'occupazione A caratterizzare l'occupazione sono alcuni criteri della massima importanza che, se ben coltivati, potrebbero allargare sensibilmente gli orizzonti per una vittoria a Muros e per l'allargamento della opposizione popolare alla politica colonialista delle multinazionali e dei politici grandi e piccoli che albergano in tutte le istituzioni, spesso dal Comune fino al parlamento europeo ed oltre. Tali criteri sono: l'autogestione, l'azione diretta, la volontà di non scendere a patti con le istituzioni. Esaminiamoli uno ad uno per evidenziarne i momenti salienti. L'autogestione La gestione diretta delle scelte che si fanno non è cosa da poco in un mondo organizzato in regime tale che gli individui sono espropriati della volontà di gestirsi la propria esistenza in prima persona. Dopo una immediata titubanza dei più, per la spinta ottima che gli individui ribelli presenti al presidio della cava hanno dato iniziando l'occupazione, la gran parte degli abitanti di Muros ha fatto propria l'occupazione: dal 22 aprile l' opposizione reale ai progetti coloniali della Caolino Panciera e vari tzerakus, ruota attorno alla occupazione della cava. Gli occupanti gestiscono in prima persona il tempo, le rapportazioni e ... inutile tacerlo, anche i diversi attriti più o meno piccoli che scaturiscono da individui caratterizzati dalla volontà decisa di non lasciarsi sopraffare. Non vi sono capi, né comitati centrali, né istituzioni più o meno larvate che possono agire dietro le quinte a guidare l'occupazione e dirigere gli occupanti. Con impegni più o meno grandi, ciascuno dà quel che può e vuole. Certo, spesso emergono dei contrasti dovuti al conteggio di quanto dona l' uno e di quanto invece dona l'altro, ma tutto rientra nell'ambito dei rapporti di persone vive che, pur spesso stanche dopo due mesi e più di occupazione, manifestano la volontà materiale di non mollare. L'azione diretta È quella prassi per cui ciò che si dice di fare lo si fa in prima persona, senza delegare ad altri le proprie idee ed i propri progetti. Vengono avanzate proposte, vengono discusse, confrontate, criticate, scartate o accettate e chi le condivide si da da fare per materializzarle in azioni concrete. Non vi è da una parte chi pensa e progetta, e da un'altra parte chi agisce. Chi è d'accordo con le proposte avanzate, agisce assieme agli altri. Entro questa prassi dell'azione diretta sono state proposte diverse iniziative e tutte materializzate direttamente da quanti le hanno fatte proprie: concerti, volantini, distribuzione di stampa alla cavalcata sarda, manifestazione al porto industriale di Portotorres ... Anche da questa angolazione la materialità del vissuto non è distinto da quanti elaborano, discutono, accettano, integrano, correggono e fanno ... La volontà di non scendere a patti: ovvero la prassi dell'attacco Dopo due mesi e più di convivenza quotidiana e di rapportazioni fraterne fra gli occupanti originari di Muros ed i mille individui che, da ogni parte dell'isola o di altri siti, partecipano e sostengono l'occupazione, chiara e spesse volte ribadita emerge la volontà di tutti di non cedere né ai ricatti né scendere a patti col colono, sia che si travesta da politico buono, sia che indossi le vesti dell'avvocato ricattatore, sia che si manifesti in divisa di Prefetto, Magistrato o carabiniere. Questa volontà di non scendere a patti, quindi di non rinunciare alla rivendicazione del proprio territorio, sia che lo si voglia rapinare per 180 ettari, oppure per 20 o anche per solo mezzo ettaro è volontà appunto di attaccare gli interessi del potere del capitale-Stato. Questi tre criteri che caratterizzano la lotta contro le cave, a Muros sono stati ribaditi da una muresa in ambito di consiglio comunale, tenutosi in seguito all'incontro tra Prefetto, Sindaco di Muros e avvocato della Caolino Panciera, in cui si prospettava una sorta di accordo tra popolazione e multinazionale. Tale accordo prevedeva la riduzione da 180 a 20 ettari dell' attività di cava con il consenso del consiglio comunale e degli abitanti. La muresa ha espresso chiaramente che l'intera popolazione di Muros non ha mai inteso venire a patti con chicchessia, e che l'opposizione non riguarda affatto la quantità del territorio da distruggere: gli abitanti di Muros non vogliono assolutamente vendere ad alcun prezzo la propria terra, manco un palmo! Se vi fosse stata una volontà compromissoria, questa sarebbe emersa fin dal 1994; fatto sta, invece, che i muresi hanno sempre ribadito il proprio fermo NO! ad ogni ipotesi di sfruttamento minerario e di cava. La Caolino Panciera spa e l'azienda-madre: la Emilceramica La Caolino Panciera, Società per Azioni fondata nel 1907, è tra le più antiche aziende estrattive d'Italia. Opera in diverse regioni dello Stato italiano e all'estero. In Sardegna ha ottenuto concessioni diverse per lo fruttamento delle sabbie silice: Isili, Laconi, Nurallao ecc. A caratterizzare l'attività della Caolino Panciera in Sardegna è la rapina dei materiali, lo scempio del territorio, gli intrallazzi a diversi livelli, la quasi inesistente occupazione di sardi (e non vi è nulla di che scandalizzarsi dato che la rapina dei materiali da cava avviene con l'utilizzo di giganteschi mezzi che un solo operatore può far funzionare a pieno ritmo). Nel 1987 la Caolino Panciera è acquisita dalla multinazionale emiliana Emilceramica, che così si occupa, oltre alla produzione di ceramiche, anche del settore estrattivo delle materie prime di cui necessita. La Emilceramica è stata fondata nel 1961 ed attualmente, oltre all' acquisizione della Caolino Panciera controlla o partecipa altre 14 aziende, di cui 9 operanti nella produzione di ceramica, in Italia e all'estero.Il capitale della Emilceramica è di 6.860.000 Euro, ed il fatturato annuo consolidato di 133,2 milioni di Euro. Oltre ai 5 stabilimenti in Italia, può contare su di una rete distributiva delle ceramiche prodotte che si estende su tutto il mondo, tanto che la percentuale dei prodotti esportati è del 61%. Il 72, 5% dell'esportazione va ai paesi europei, il 14,3% in America, il 6,9% in Asia, il 3,5% in Oceania, il 2% in Africa. Per meglio servire il mercato americano ha dato vita alla Emilamerica, filiale commerciale e logistica del gruppo, con sede negli Stati Uniti. I suoi marchi commerciali sono "ERGON" (1991), "ERACLES" (1993), ovviamente "EMILCERAMICA" e, per la divisione cucine, "MODU-LARIS". Produce 12 milioni di mq di ceramica e occupa un'area industriale di 450 mila mq, di cui 170 mila coperti. Nonostante l'enorme fatturato annuo, la incredibile produzione, e gli astronomici profitti, vi lavorano appena mille persone, di cui 150 nel settore commerciale (3 mila punti vendita). Indirizzi e recapiti utili - Caolino Panciera: Via Statale n. 171 - 41014 CASTELVETRO (MO) - " " Via Btg: Val Leogra, 87 - SCHIO (VI) [Sede legale] - " " Polo Valorizzazione Minerali, Via Paleocapa P - RAVENNA - " " Via dei Tretti n. 35 - 36014 SANTORSO (VI) - " " Loc. Pitzu Rubiu - 08030 NURALLAO (NU) - " " Via Europa, 24 - 08033 ISILI (NU) - Emilceramica: Via Ghiarola Nuova n. 29 - 41042 FIORANO MODENESE (MO) - " Via Statale n. 171 - 41014 CESTELVETRO (MO) - Ditta Vittorio Loriga: Via Brigata sassari n. 25 - 07045 OSSI (SS) [è la Ditta che nella cava occupata di Muros ha iniziato i lavori con i propri mezzi). - Regione Autonoma della Sardegna (R.A.S.), Assessorato all'industria: Viale trento n. 69 - 09100 CAGLIARI - Ente Minerario Sardo (EMSA), Via XXIX novembre n. 31-41 - 09100 CAGLIARI - «Agriconsult», Via dei colombi n. 20, CAGLIARI [è lo studio dei tre soci che vogliono dare vita alla Riserva di caccia a Mont''e procedhus, in territorio di S. Vito (CA), recintando monti e foreste, privatizzando strade, sorgenti, sentieri e vietandone l'uso civico gratuito alla popolazione che per millenni ne ha usufruito] Breve cronologia 25.07.94 - L'Assessorato dell'Industria, Servizio dell'attività mineraria e di cava della Regione Sardegna, concede alla Società E.L.A.S., con sede legale in Torralba, il permesso di fare ricerca di feldspato e caolino nella località "Rocca Ruja" in territorio di Ossi e Muros. 08.07.96 - Viene prorogato il permesso di ricerca. 1998 - La Società "Caolino Panciera", con sede legale in Schio (VI) domanda al suddetto Assessorato che venga affidata la concessione temporanea mineraria per la coltivazione e lo sfruttamento dei giacimenti di feldspato, caolino, bentonite e terre da sbianca in agro di Ossi e Muros. 05.10.98 - Gli abitanti di Muros si rendono conto che tutto il suo territorio è parte integrante del progetto di concessione mineraria della Caolino Panciera e fa opposizione. Nel frattempo, la suddetta società, anziché limitarsi alla ricerca attua una vera e propria attività estrattiva in zona denominata "San Leonardo", come dimostrano i documenti fotografici, causando un danno gravissimo all'ambiente e al paesaggio. Nei mesi successivi la Società Caolino Panciera chiede ed ottiene i vari nulla-osta necessari per avviare gli interventi minerari inizialmente nel sito "San Leonardo", dagli Uffici competenti: Assessorato Industria Cagliari; Assessorato Regionale Difesa Ambiente; Soprintendenza archeologica di Sassari; Ufficio Tutela del Paesaggio, Sassari. Luglio 1999 - All'autorizzazione rilasciata per la coltivazione e lo sfruttamento dei giacimenti minerari nell'area "San Leonardo" di Muros da parte dell'Ufficio Tutela del Paesaggio di Sassari, i cittadini fanno ancora opposizione, documentando ed informando il Presidente della Repubblica, il Ministro dell'Ambiente, la Magistratura e tutti gli Enti Provinciali e Regionali. Fine 1999 - L'Italcementi e la Caolino Panciera chiedono separatamente il N.O. per lo sfruttamento di minerali in località "Cane e Chervu", zona adiacente al cantiere "San Leonardo". Febbraio-marzo 2000 - La risposta da parte dell'Ufficio Tutela del Paesaggio non è negativa purché l'Italcementi e la Caolino Panciera concordino un unico progetto di coltivazione e di ripristino dei luoghi. I vincoli forestali, ambientali, paesistici, archeologici dei quali si parla in vari documenti cadono tutti insieme; e cade pure ciò di cui nessuno finora ha parlato e che è l'aspetto principale: LA PRESENZA E LA VOLONTÀ DELL'UOMO NEL PROPRIO TERRITORIO! Tutte le norme in materia d'impatto ambientale (V.I.A.) sono ignorate e calpestate, perché per "così poca" quantità di terra (cioè il territorio di Muros) "non sono necessarie"! 04.04.2000 - Sovralluogo nel cantiere da parte di funzionari regionali, a cui segue il parere favorevole al rilascio del titolo minerario da parte del Comitato Regionale delle miniere. 19.04.2000 - Nuova opposizione dei cittadini di Muros alla concessione mineraria con riunione popolare, sensibilizzazione dei Mass Media, produzione di documentazione scritta, fotografica, filmata e raccolta firme d'opposizione. 02. 05.2000 - Il Comitato Regionale delle Miniere, a seguito della verifica degli atti e del sopralluogo tecnico suddetto, esprime parere favorevole al rilascio del titolo minerario per l'area "San Leonardo", per 6 anni. Luglio 2000 - Costituzione del Comitato per la difesa del Territorio di Muros. Settembre 2000 - "Improvvisa" comparsa di picchetti delimitativi l'area di concessione mineraria recanti la scritta "C.M.R.R." (come da cartina): 180 ettari che comprendono quasi integralmente la zona verde di Muros. 28 SETTEMBRE 2000 - Concessione, da parte della Regione, dell'autorizzazione all'attività mineraria e di cava alla ditta "Caolino Panciera" (determinazione n° 616/28.09.2000). 10 Gennaio 2001 - Il "Gruppo di Intervento Giuridico" ottiene dall'Ufficio V.I.A. dell'Assessorato all'Ambiente, il documento comprovante l'assenza delle procedure di valutazione di impatto ambientale in riferimento alle concessioni minerarie ai sensi del D.P.R. 12.04.96 e della D.R.R. n°36/39 del 02.08.99. 27 GENNAIO 2001 - Quarta riunione popolare convocata dal "Comitato per la difesa del territorio" alla presenza dei politici Regionali e Provinciali, raccolta di firme, sollecitazione ai politici al fine di produrre interrogazioni regionali e parlamentari in riferimento al grave problema. Si chiede per l'ennesima volta con vigore, la REVOCA della concessione mineraria. A livello parlamentare si ottiene l'interrogazione del Senatore Luigi Manconi e del Deputato Francesco Carboni, in ambito Regionale si ottengono le interrogazioni degli Onorevoli: Spissu, Frau, Amadu, Dettori, Giagu, in ambito Provinciale le interrogazioni dei consiglieri Morghen e Ortu. 20 FEBBRAIO 2001 - Il "Comitato per la difesa del territorio" incontra a Cagliari il Ministro Bordon che predispone le richieste alla Regione al fine di constatare la legittimità delle concessioni. Febbraio 2001 - La già avviata inchiesta del Procuratore della Repubblica Porqueddu passa al Sostituto Procuratore Gaetano Postiglione. 19 marzo 2001 - Grazie al Gruppo di Intervento Giuridico, l'europarlamentare Monica Frassoni attua un'interrogazione al Parlamento Europeo per avviare un 'inchiesta sulla legittimità delle concessioni minerarie a Muros (Caolino Panciera e Sardinia Gold Mining). 26 giugno 2001 - La signora Wallstrom, a nome della Commissione Europea annuncia di aver aperto un fascicolo relativo ai progetti citati, chiedendo alle Autorità Italiane informazioni in merito. Viene avviata, così, l'indagine ai sensi della direttiva CEE 85/337 modificata da direttiva 97/11/CE. 03 Settembre 2001 - Autorizzazione, con determinazione n° 541 dell'Assessorato Regionale dell'Industria, alla coltivazione della cava di calcare per leganti idraulici denominata "Su Padru" per un'estensione di 103 ettari in territorio di Ossi e Muros. 22 agosto 2001 - Sollecito alle Autorità Italiane. 23 ottobre 2001 - La Commissione Europea mette in mora lo Stato Italiano per non aver risposto alle richieste di informazioni. 19 dicembre 2001 - L'Ufficio SIVEA dell'Assessorato Ambiente della Regione Sardegna rilascia un documento in cui il dirigente, Raffaele Farris, scrive: « ... La coltivazione di giacimenti di cave e torbiere deve essere sottoposta ad apposita procedura di Valutazione di Impatto Ambientale ... Si comunica che agli atti di questo Servizio a tuttoggi non risulta pervenuta alcuna istanza volta alla sottoposizione dell'intervento in oggetto (cave di Muros) ad alcuna procedura di V.I.A.». 16 gennaio 2002 - Il Dipartimento per le Politiche Comunitarie d'intesa con la D.G. Ambiente della Commissione Europea, con gli Amministratori Locali interessati, si riunisce a Roma per discutere di vari problemi ambientali. Ma il Comune di Muros, non essendo invitato, non può partecipare. In questo incontro viene dichiarato dalle Autorità Regionali che né una procedura di V.I.A., né una procedura di verifica sono mai state effettuate. 23 marzo 2002 - La Commissione Europea (D.G. Ruth Frommer) avvia una procedura di infrazione per violazione della normativa comunitaria. 26 marzo 2002 - A Villa Mimosa, sede dell'Associazione Industriali di Sassari, si riuniscono l'amministratore delegato Mauro Mariani e il legale Claudio di Tonno della società Caolino Panciera, per una conferenza stampa in cui si manda un messaggio alla popolazione di Muros sull'attività estrattiva che la ditta modenese intende iniziare nel territorio murese. 9 aprile 2002 - Una ditta subappaltatrice della Cao1ino Panciera entra, di notte, nella cava con i propri mezzi meccanici, nonostante i divieti di transito imposti, per iniziare quello che per i Muresi è il saccheggio del loro territorio. Immediatamente i Cittadini presidiano la cava, la occupano e impediscono l'attività estrattiva. Aprile-Maggio 2002 - Tutta la popolazione di Muros, con la solidarietà di moltissimi cittadini provenienti da varie parti della Sardegna e di altri Comuni, manifesta in vari modi e partecipa a numerosissime riunioni, incontri con amministratori locali, provinciali e regionali al fine di ottenere la revoca delle concessioni chiaramente illegittime rilasciate alle multinazionali. Si aggiungono altre denunce ed esposti alla Commissione Europea e alla Procura contro la Regione Sardegna e i suoi funzionari in occasione dell' avvio dei lavori di cava senza alcun preventivo e vincolante procedimento di V.I.A. 5 giugno 2002 - In attesa di sentenza del T.A.R. Sardegna la cava resta occupata. Appendice documentaria Uno sguardo alla Concessione mineraria La richiesta In data 12 gennaio 1998 la Caolino Panciera inoltra alla R.A.S., Ass.to Industria-Divisione Miniere e Cave domanda per l'affidamento della Concessione Temporanea Mineraria per la coltivazione e lo sfruttamento di Feldspato Caolino-Bentonite e Terre da sbianca in zona denominata "Rocca Ruja" in territori dei paesi Muros e Ossi, per complessivi 180 ettari. La richiesta si sofferma in particolare sui seguenti giacimenti: 1) "S. Leonardo", il cantiere più significativo per la ricchezza e bontà del minerale in particolare delle sabbie feldspatiche caoliniche, ed occupa una superficie di circa 10 ettari; 2) "Su Padru"; 3) "Cane 'e Chervu", con superficie di circa 5 ettari; 4) una ulteriore area, quella di "Badhe 'e Irvos", consiste di due giacimenti, all'atto della richiesta ancora in fase di studio; uno di essi è però proprio a ridosso di quello di S. Leonardo. Nella domanda la Caolino Panciera rileva che i primi tre giacimenti sono «diversi nel genere e qualità di minerale, ma essenziali per costituire una miscela di minerale che sarà caratteristica predominante della pasta per la realizzazione delle porcellane e ceramiche di pregio». La ricchezza dei giacimenti 1) Giacimento di S. Leonardo, minerale feldspatico: 220.450 metri cubi di minerale, equivalente a circa 242.495 tonnellate; 2) Giacimento "Su Padru", bentonite: 62.655 metri cubi pari a 68.920 tonnellate; 3) Giacimento "Cane 'e Chervu", minerale feldspatico: 103.725 metri cubi, pari a circa 114.097 tonnellate: 4) i due giacimenti di "Badhe 'e Irvos" potrebbero contenere circa 30.000 tonnellate di minerale feldspatico., oltre che una quantità imprecisata di bentonite. Per cui, complessivamente, si tratta di circa 400 mila tonnellate di feldspato da rapinare a "Rocca Ruja", delle quali ben oltre la metà (242 mila) giacenti esattamente nel giacimento di S. Leonardo, a Muros. Per quanto riguarda la bentonite, invece, la valutazione reale dei giacimenti non è stata effettuata, nonostante la Caolino Panciera abbia deturpato i 180 ettari di cui ha avuto la concessione per la ricerca; più semplicemente indica, nella domanda di concessione per lo sfruttamento minerario, la possibilità di trarre se non altro 75 mila tonnellate del minerale. Ora, la richiesta nel mercato di sabbie feldspatiche è di circa 35 mila tonnellate all'anno, per cui la Caolino Panciera, per soli 4.500 euro all' anno (che incasserebbe la Regione) si assicurerebbe, pur se la concessione è stata limitata al giacimento di S. Leonardo, il monopolio del minerale per circa 7 anni, in quanto da sola riuscirebbe a soddisfare l'intera richiesta! I guadagni della rapina Secondo gli stessi calcoli della Caolino Panciera, risalenti al 1997 ed in presenza della concorrenza di mercato, l'impresa avrebbe un profitto netto, per tonnellata di materiale rapinato, di oltre 7.500 lire, che moltiplicato per le 35 mila tonnellate all'anno risulta 252 milioni di lire. Ma se si conteggia il regime di monopolio che verrebbe a crearsi, l'utilizzo in proprio, almeno parziale, che la Emilceramica potrebbe realizzare, i contributi regionali, statali e della comunità europea che certamente verranno elargiti ad ampie mani al colonizzatore, ed infine i nuovi costi di mercato si ha un'idea, sia pure approssimativa, del guadagno reale dell' operazione colonialista. La manodopera occupata Al massimo, per dichiarazione della medesima impresa, si occuperebbero: un Direttore (certamente emiliano) e 4 operai (di cui un guardiano), per 8 ore al giorno, per 20 giorni al mese, per 10 mesi l'anno! Non può mancare un confronto con la Sardinia Gold Mining, che nel primo anno di attività ricevette ben 10 miliardi di lire di danaro pubblico, ed occupò, approssimativamente, 50 operai sardi, di cui ben 23 vennero messi in cassa integrazione appena un anno dopo o poco più. 10 miliardi di lire, equamente divisi tra 50 persone, significano che ad ogni famiglia andrebbero ben 200 milioni di lire, ovvero qualcosa come (salario medio) 17 milioni di lire l' anno per ben 13 anni circa: in tal modo non solo 50 famiglie avrebbero il sufficiente assicurato per 13 anni, e non la cassa integrazione o la disoccupazione, ma la Sardegna sarebbe ancora ricca del proprio oro e delle sue montagne, oltre a non essere affatto deturpata paesaggisticamente e avvelenata dal cianuro! Conclusione Con questa brevissima sintesi, è facile evidenziare: A) il perché la concessione ai lavori di cava alla Caolino Panciera è stata data fin da subito "solo" per il giacimento di S. Leonardo; sapendo fin dall 'inizio della radicale opposizione della popolazione, astutamente si fanno iniziare i lavori nel giacimento più piccolo, certamente, come estensione, ma PIÙ RICCO IN QUANTO A QUANTITÀ E QUALITÀ; inoltre la concessione rimane "aperta" per tutta l'area di 180 ettari, caso mai la popolazione, o altri imbrogli di natura burocratico-legale possano un giorno permettere le attività di sfruttamento; B) la letterale presa per i fondelli riguardo alla presunta occupazione, e pertanto "ricchezza", di cui beneficierebbero la Sardegna ed i sardi a regalare la propria superficie e le risorse alle multinazionali; C) lo straordinario concerto omertoso e solidaristico tra funzionari, politici ed istituzioni con le multinazionali di ogni dove che arrivano in terra sarda a depredare, al pari dei saraceni di un millennio addietro, energie umane e risorse naturali. Doc. n. 2 - Stralci di documenti in cui sia la caolino Panciera, sia le istituzioni riducono a paesaggio marziano il territorio di Muros allo scopo di agevolare e garantire alla richiedente multinazionale la concessione mineraria Dalla domanda della soc. Caolino Panciera per la Concessione Mineraria Temporanea per la coltivazione e lo sfruttamento dei giacimenti minerari: « ... Nell'area di concessione, la vegetazione spontanea è scarsamente rappresentata se non dal vegetare di radi e bassi arbusti e cespugli tipici della macchia mediterranea ricresciuti da padroni in ampie superfici inaridite da violenti e ripetuti incendi estivi, che hanno distrutto e cancellato quasi totalmente ogni essenza vegetale ed ancora oggi sono ben visibili i segni indelebili lasciati dalle fiamme. Nei meandri di qualche valle, ed in aree umide particolarmente protette, a ridosso dalle fredde e salmastre correnti provenienti dal mare, sospinte dal forte vento di maestrale, è ricresciuto abbondante il cisto, qualche esemplare di arbusto tipico della macchia mediterranea e rovi, che malgrado la siccità tentano di rigermogliare. Nei versanti orientali la vegetazione è più rigogliosa e tra gli altri spiccano alcuni esemplari di leccio ed olivastro che si elevano tra i cespuglui di lentischio, mirto e corbezzolo. Erbe spontanee, cardi ed asfodeli germogliano rigogliosi nei campi, e nei declivi più dolci dei caratteristici rilevati della zona. Aree coltivate a vigneti ed ad oliveti si alternano ad ampie aree coltivate ad erbai per foraggiere o lasciate incolte per il pascolo brado ... ». « ... Nell'area interessata dalla concessione mineraria non esistono corsi d 'acqua perenni, ma brevi e rettilinei corsi d'acqua stagionali a carattere torrentizio, e da sorgentelle che alimentano "Rio Mascari" che scorre quasi parallelo alla linea ferroviaria Sassari-Chilivani. Concludendo non esiste una vera e propria falda superficiale; le circolazioni sono irregolari e fortemente condizionate dalla piovosità. In profondità le circolazioni idriche sono costituite da falde sospese poste a contatto di banchi di rocce permeabili e da alternanze di marne e tufi resi impermeabili dal processo di bentonizzazione che, indirizzano le falde all'esterno, dando origine a sorgentelle di strato o di contatto ... ». Dalla lettera dell'Assessore Reg.le all'Industria, Andrea Pirastu, del 25.01.2001, al Sindaco di Muros ed all'ass.re Difesa Ambiente della Pr.cia di Sassari: « ... In sede di Comitato [Comitato Regionale delle Miniere] è emerso, tra l 'altro, che nel corso della visita in loco è stato appurato che ad una distanza non superiore a cinquecento metri dall'area interessata dalla prevista coltivazione, è presente una zona industriale che annovera attività di vario genere, e che nella precitata area già insiste un consistente fronte di scavo e pertanto non si va ad intaccare una zona vergine, ed, ancora, che il mancato rilascio della concessione non vedrebbe realizzati gli interventi di ripristino dei siti comunque già compromessi ... ». Come dire, non basta il danno, ma aggiungono anche la beffa! In verità il «consistente fronte di scavo» è stato realizzato dalla Caolino Panciera dopo che la "sarda" Regione le ha concesso l'autorizzazione alla ricerca, quindi allo sfregio del territorio. E siccome il territorio è già sfregiato grazie alla politica colonialista della Regione "sarda", i muresi non si attendano il ripristino di alcunché se non sottostanno alla volontà imperialista della Regione e delle multinazionali; solo distruggendo tutto il territorio potranno ottenere, forse ... la promessa di un ripristino! Incredibile ma vero. La stessa identica cosa aveva fatto l'Ufficio Tutela del Paesaggio di Sassari: « ... considerato che la proposta risulta paesaggisticamente ammissibile in quanto interviene solo sull'area detta S. Leonardo che, pur se ubicata in posizione delicata, per la sua visibilità dalla S.S. 131 "Carlo felice", è stata interessata, in passato, da attività estrattive ... AUTORIZZA ... » ecc. ecc. Doc. n. 3 - Una delle istanze di protesta della popolazione di Muros contro ogni concessione mineraria, che risponde punto per punto anche alle bugie della Caolino Panciera, dell'Ufficio Tutela del Paesaggio di Sassari e dell' ass.re reg.le all'Industria Andrea Pirastu. Con riferimento all'autorizzazione rilasciata dall'Ufficio Tutela del Paesaggio di Sassari (Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport) alla Società Caolino Panciera spa di Schio (VI), per la coltivazione e lo sfruttamento dei giacimenti minerari di feldspato, caolino e bentonite nella località "San Leonardo" del Comune di Muros, L'INTERO CONSIGLIO COMUNALE ED I CITTADINI DI MUROS PRESENTANO IDEALE OPPOSIZIONE per i seguenti motivi: MOTIVI AMBIENTALI L'area "San Leonardo", che la Società Caolino Panciera vorrebbe distruggere a fini di sfruttamento minerario privato, è il cuore verde e produttivo di Muros, piccolo Comune alle porte di Sassari. La zona è ricca di centinaia di ulivi secolari, di piante da frutto, di macchia, di sorgenti con zone di bosco e sottobosco ancora integre e vitali grazie alle attività di coltura, soprattutto biologica, di numerosi proprietari, vecchi e nuovi, diversi dei quali hanno costruito nell'agro numerose abitazioni proprio tutt'intorno alla suddetta area (vedi ampia documentazione fotografica). Le diverse sorgenti e le infiltrazioni d'acqua utili ai fini del mantenimento delle attività agricole e zootecniche hanno, inoltre, prodotto nel tempo, per fenomeni carsici, numerose grotte di cui alcune (Grotte di Badde Irvos) tutelate dalla Soprintendenza Archeologica di Sassari e strettamente adiacenti alla zona di coltivazione mineraria. Possiamo noi cittadini di Muros permettere la distruzione totale di tale ambiente, azzerando il NOSTRO Capitale-Natura per il progetto di speculatori, ancora una volta estranei all'effettivo interesse delle popolazioni locali Sarde, non libere di scegliere autonomamente le sorti del loro territorio e, soprattutto, di salvaguardarlo tutelando quel patrimonio ambientale-storico-urbano che qualsiasi ripristino successivo agli interventi estrattivi non potrebbe più restituirci? Esempio: 100 ulivi plurisecolari che danno continuamente ossigeno ed un olio biologico sicuramente di alto valore economico può avere, per noi cittadini, lo stesso valore di "gradoni operativi" della cava con alzata di 8/10 metri? Quando mai si potrà riformare il terreno fertile utile alla vita vegetale, ad esso strettamente legata, e che è destinata a scomparire con gli interventi di sfruttamento minerario? Ci sentiamo in dovere di precisare che nel passato (anni '50-'60) una piccolissima area di proprietà privata della zona "San Leonardo" era stata interessata da un'attività di cava a conduzione familiare, con i mezzi che quei tempi consentivano e per le necessità edilizie paesane, attività che alla fine degli anni '60 era terminata ed il luogo recuperato e risanato integralmente dagli stessi proprietari con l'impianto di un vigneto-frutteto. Nel periodo agosto-settembre 1998, la spettabile ditta Caolino Panciera, col pretesto di fare prelievi di materiale per studi, ricerche, analisi ha, in effetti, attuato un vero e proprio sfruttamento dell'area (vedi foto) con l'uso di mine e di ruspe trasportando tonnellate di materiale al Continente. Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti: una gravissima ferita inferta ad una collina miocenica, con polveri trasportate dai venti sempre presenti nella zona, con pietre e macigni di varia grandezza che incombono sugli ulivi, sulle coltivazioni a valle, sulle persone, sulle case della zona e del vicinissimo abitato di Muros. Tale aggressione all'ambiente, che s'impone con immediata evidenza a 360° in tutto il territorio circostante, di cui parleremo in seguito, dimostra la spregiudicatezza della Società privata che, a fini di lucro, ha iniziato a devastare il NOSTRO territorio. Noi cittadini di Muros chiediamo che tale aggressione non vada oltre e che venga al più presto attuato il risanamento nell'area che ha subito un danno così rilevante. MOTIVI SANITARI L'area di "San Leonardo" interessata dal progetto estrattivo della ditta Caolino Panciera è ubicata a Nord dell'abitato di Muros, le cui ultime abitazioni sono di fronte e vicinissimo alla zona di cava (200 metri) e sovrasta tutta la zona industriale e agrituristica a valle. La salute di tutti è minacciata da un inquinamento atmosferico particolare composto da polveri di microelementi di silice e dalla bentonite, sostanza che con l'umidità aumenta di volume e aderisce (s'incolla) all'erba, alle piante, a tutto ciò su cui cade. Considerata, quindi, l'ubicazione a Nord della cava a cielo aperto di "San Leonardo", quelle polveri, trasportate dai venti continui, soprattutto di Maestrale, minacciano tutta la zona, quell'agricola, quella industriale ed il centro abitato con gravissime conseguenze per la salute di tutti. Le polveri finissime verrebbero respirate continuamente per vari anni (la durata prevista dell'estrazione è, per il momento, di cinque anni) con gravi conseguenze per la salute delle persone ma anche della vegetazione che verrebbe imbiancata in modo indelebile dalle polveri. Da non sottovalutare sono i possibili pericoli dovuti a frane, smottamenti di un suolo fortemente dissestato, collocato su un ripido pendio collinare sovrastante un'ampia vallata agricola e industriale, pericolo tuttora esistente a causa dell'inizio delle attività estrattive dello scorso anno precedentemente menzionate. Bisogna poi tenere presente l'inquinamento acustico che si svilupperebbe in un territorio così piccolo a causa dello scoppio di mine, delle trivellazioni, del transito di mezzi pesanti nell'unica via del luogo, la strada provinciale n°3 che collega Muros con Scala di Giocca-Sassari e nelle strade interne vicinali, realizzate per anni con sacrifici dai proprietari-agricoltori di Muros per valorizzare e sfruttare al meglio l'agro, strade vicinali che collegano tale località non solamente con l'abitato murese, con la zona industriale e agrituristica, ma anche con l'importantissima Strada Statale 131 "Carlo Felice". Gli abitanti di Muros non vogliono rinunciare ad un ambiente salutare presupposto fondamentale del diritto alla salute di ciascuno, diritto che è direttamente minacciato dal progetto Caolino Panciera di Schio (VI). MOTIVI PAESAGGISTICI Dal punto di vista paesaggistico ci troviamo in una posizione diametralmente opposta a quella dell'Ufficio Tutela del Paesaggio dell'Assessorato di Sassari. Infatti, l'area detta "San Leonardo" è ubicata in una posizione delicatissima e col suo verde rigoglioso si mostra da tutti i lati nel vasto territorio a forma di conca, delimitato da colline e monti nelle cui cime e versanti si trovano i Comuni di Ossi, Muros, Cargeghe, Florinas, Codrongianus, Ploaghe, Osilo, Sassari. L'ampia vallata su cui si affacciano questi paesi comprende importantissime vie di comunicazione per tutta la Sardegna: la linea ferroviaria Sassari-Olbia-Cagliari, la strada statale "Carlo Felice", strade provinciali tra i diversi paesi, il fiume "Rio Mascari", insediamenti industriali, agrituristici, militari, forestali, archeologici, ed architettonici come ad esempio il Nuraghe Nieddu e la bellissima Basilica della Santissima Trinità di Saccargia, romanico-pisana del XII secolo e dalla quale il turista fin d'ora può vedere di fronte a sé l'iniziale ferita inferta alla zona "San Leonardo" che minaccia paurosamente un territorio così interessante ed importante. Come può un Ufficio predisposto alla tutela del Paesaggio concedere l'autorizzazione allo sfruttamento minerario in una zona visibile a 360° ed inserita nel complesso geografico-ambientale menzionato? Si può credere che un po' di erba ed una semplice piantumazione di essenze locali possano nascondere, soltanto a chi guarda dalla S.S. 131 il degrado ambientale e paesaggistico? E dal rimanente territorio così vasto, come limitare l' impatto visivo? E quali essenze possono sostituire gli ulivi plurisecolari sui gradoni di materiale sterile? Ricordiamo a questo punto l'efficace azione di difesa del territorio svolta per anni dal Corpo Forestale della Stazione di Ploaghe che, in più di un'occasione, non ha esitato a multare chi, imprudentemente, disboscava o sradicava qualche macchia di ginestra, anche per scopi agrari. Ora l'Assessorato Tutela del Paesaggio chiede alla Società privata di "delimitare l'area della miniera con picchetti fissi inamovibili". A che scopo? Sappiamo perfettamente che tali picchetti non impedirebbero alle polveri di invadere il manto vegetale circostante, imbiancando totalmente e compromettendo non solo le importantissime funzioni vitali delle piante, ma anche il loro indiscusso ruolo estetico nel paesaggio. MOTIVI STORICO-SOCIALI "San Leonardo" insieme alle adiacenti zone di Badde Irvos e di Canechervu rappresenta l'identità culturale-storica-sociale dei cittadini di Muros. Questi luoghi testimoniano le attività agropastorali che, nel corse dei secoli, hanno permesso la vita in questo piccolo centro e recano le tracce (purtroppo non ancora verificate, ma che alcuni testi storici riportano) di «rovine di un antico paese che dicono Tatareddu e che aveva per titolare la Chiesa San Leonardo. Appariscono le fondamenta di una gran casa che vuolsi sia stato il palagio marchionale» (Dizionario del Casalis-Angius del 1833-1856). Noi cittadini di Muros ci opponiamo vivamente alla distruzione di un luogo così importante per la testimonianza della nostra realtà storico-sociale e non accettiamo che le mine e le ruspe della Società Caolino Panciera distruggano anche la nostra memoria. CONTESTAZIONE TECNICA AL PROGETTO DI COLTIVAZIONE MINERARIA Muros vuole mantenere il proprio suolo integro con le sue acque e le sue piante, poiché è, da sempre, di fondamentale importanza il rapporto suolo-comunità e chiede pertanto che sia risanata al più presto l'area già danneggiata e che venga respinto il progetto della Società Caolino Panciera la cui realizzazione porterebbe alla distruzione del suo ambiente. Noi Muresi siamo sicuri, infatti, che nel nostro piccolo, ma importante territorio, le estrazioni delle sabbie silicee non possano in alcun modo conciliarsi con l'ambiente salutare, con l'agricoltura, con l'integrità dei beni paesaggistici ed ambientali, con la vita di ciascuno di noi.
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