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fatto vergognoso
- Subject: fatto vergognoso
- From: "giuseppe scano" <giuseppe_scano at hotmail.com>
- Date: Sat, 6 Jul 2002 14:23:50 +0200
dall'unionesarda del 30\06\'02 Villamassargia. Il maresciallo dell'Esercito non avrà la pensione privilegiata e l' indennizzo Marco ha perso la sua guerra Riconosciuto e poi negato il "cancro per causa di servizio" Dal nostro inviato Villamassargia Il maresciallo Marco Diana ha perso un'altra guerra. Prima quella contro una malattia, il cancro, «che a trentatré anni mi sta portando alla morte». Poi quella contro lo Stato, l'Esercito, il Ministero della Difesa, «che con una lettera recapitata due giorni fa a Villamassargia, suo ritiro obbligato, mi hanno negato pensione privilegiata, danno biologico ed equo indennizzo. Non è soltanto una questione di soldi», prosegue Marco Diana, «anche se mi fa male morire per lo Stato ed essere costretto a farlo da pezzente con una pensione minima di un milione di lire, elemosinando i soldi per le medicine e gli avvocati a genitori e parenti. È una questione di principio: due commissioni mediche militari, a Perugia (il 19 aprile 1999) e a Cagliari (14 novembre 2000) hanno certificato che il carciroma all 'intestino con metastasi è dovuto "ai disagi fisici, climatico ambientali, allo stress psichico, ai disordini alimentari, al contatto con oli, solventi, benzine ed altre sostanze cancerogene patiti in servizio". Adesso una terza commissione, il Comitato di verifica della direzione generale per il personale, nega tutto. E non mi dà una lira. Mi sembra che resti soltanto in attesa del mio necrologio». Dietro front inspiegabile, secondo Marco Diana, disposto a continuare la sua battaglia: «Presenterò un ricorso alla Corte dei Conti e al Tar del Lazio. Lo Stato sostiene che non è provato scientificamente il nesso di causalità tra il contatto con certe sostanze e la mia malattia? Veramente sarebbero loro a dovermi dimostrare che il mio tumore - rarissimo e, per usare i parametri medici, a rapida evoluzione - non è dipeso dai missili che ho maneggiato, dalle medicine che ho preso e da quelle che non mi hanno dato, dai raggi magnetici in cui sono incappato, dalle sostanze nucleari utilizzate dai miei commilitoni o dagli eserciti che dovevamo controllare per la Nato, e dallo stress delle missioni in Somalia, in Bosnia e in tutto il mondo. A farmi forza ci sono purtroppo tanti ragazzi, colleghi, nelle mie stesse condizioni: perché i morti dopo il contatto con l'uranio impoverito sono pochissimi rispetto agli altri militari malati o scomparsi dopo le trasferte di pace con la Nato». Parole durissime. E le prove? «Per esempio i manuali che dovevamo studiare noi istruttori lanciamissili. Prescrivono una serie di norme di sicurezza che noi non abbiamo mai rispettato. La distanza dai bersagli per le esercitazioni - che emanano raggi infrarossi - doveva essere almeno 75 metri, noi abbiamo sempre sparato a sagome sistemate a non più di 50 metri, senza maschere e cuffie. E poi certe esercitazioni dovevano essere svolte in 3-4 mesi, per evitare i contatti troppo prolungati con certe sostanze, usate per preparare le bombe o per pulire mortai, lanciamissili e armi. Invece no, le prove duravano spesso 3-4 settimane, poi via in missione». Dove lei può essersi ammalato? «In Bosnia, in Somalia, chissà. In Africa ero il responsabile della scorta per le carovane che trasportavano armi, missili, mezzi e quant'altro da Mogadiscio verso le altre zone, sotto la bandiera Nato. Questi mezzi poi dovevano essere sottoposti a bonifica nucleare, biologica e chimica prima di essere imbarcati di nuovo per l'Italia». La sua denuncia arriva dopo una pensione rifiutata, potrebbe essere considerata poco credibile, la vendetta da un muretto a secco. «Tutto questo è vero e avviene tutti i giorni, lo sa chi va sul campo e non sta dietro un ufficio in caserma. E di fronte a certe parole la mia unica difesa è dire e provare la verità. Ma tutto questo avviene perché nell' Esercito non esiste un sindacato, si è sempre sotto schiaffo, in balia dei superiori, se pretendi di far rispettare le leggi sulla sicurezza magari ti rovinano con le note caratteristiche. E allora ubbidisci, in silenzio. E non è il discorso di un maresciallo: lo stesso vale per i tenenti, i colonnelli e per i generali, che poi devono rendere conto ai politici. Tutto sulle spalle dei poveri soldati che magari dovevano lavorare in missione operativa in Africa sui carri armati vecchi, superati, senza nessuno schermo protettivo per le radiazioni elettromagnetiche, malgrado la presenza pochi metri di ponti radio che arrivavano sino all'Italia e negli Usa. E tutti sanno gli effetti di certe esposizioni ai campi magnetici». Quello che lei sostiene verrà negato. O sminuito. «Io, purtroppo, sono la prova vivente, non so ancora per quanto, di tutto. Sono disposto anche a incatenarmi davanti al Campidoglio a Roma pur di ottenere giustizia. Ma alla fine il problema è di natura economica: se dovessero riconoscere a me, maresciallo dei Granatieri di Sardegna, il danno biologico per il cancro causato dal servizio nell'Esercito, dovrebbero scucire tanti soldi anche per gli altri ragazzi che sono morti e che moriranno per colpa dello Stato e della guerra». Paolo Carta SULCISPagina 18 VILLAMASSARGIA. Marco Diana lancia un appello a tutti coloro che sono disposti ad aiutarlo. «Sono rimasto senza una lira - dichiara il maresciallo dell'Esercito malato di cancro - non so più come andare avanti. Sto vivendo con 150 mila lire al mese, ciò che mi rimane dopo che restituisco la rata del prestito di 20 milioni che chiesi per potermi curare. Mi trovo in serissime difficoltà economiche e non posso nemmeno acquistare le vitamine che mi servono per andare avanti e combattere la malattia. Proprio in questi giorni ho chiesto un ulteriore prestito in banca di 12 milioni di lire.». Quello del maresciallo Diana è un appello che viene dal cuore. I genitori, anche loro pensionati, non possono certo contribuire alle spese del figlio per poter sopravvivere. Una situazione davvero difficile. Chi volesse aiutare Marco Diana può farlo con un contributo economico intestato a Diana Marco- c/c 11509/00-Coordinate bancarie: Abi 2008-Cab 43910. La banca è il Credito Italiano di Iglesias. Altrimenti può inviare il contributo economico in Piazza Gramsci 1, 09010 Villamassargia. (p. cab.)
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