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Auguri di Pasqua




>From: "Daniele D'Elia" <danieledelia@email.it>
>To: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti@peacelink.it>
>Subject: Auguri
>Date: Sat, 30 Mar 2002 01:29:45 +0100
>X-Mailer: Microsoft Outlook Express 6.00.2600.0000
>
>In occasione della Pasqua imminente consentitemi una riflessione. Vale 
>come augurio per tutti noi. Una riflessione sulla pace...e su questa 
>Europa che nasce a confronto con i Crocifissi di questa nostra storia 
>attuale.Nel corso della storia le nazioni europee hanno lottato fra loro 
>ed hanno invaso, depredato e annientato il Terzo mondo. Il grido dei 
>Crocifissi innalzati sul legno dalle nostre pretese giunge ancora vivo 
>alle orecchie di chi è capace di ascoltarlo.Quanto è cambiata quell'Europa 
>che noi diciamo libera e democratica? Forse è opportuno guardare da 
>un'altra prospettiva che non sia la nostra; proviamo a guardare dalla 
>prospettiva delle vittime.
>
>
>
>
>abbiamo dimenticato i numerosi conflitti che si perpetuano in ogni parte 
>del mondo abbiamo dimenticato la distribuzione geopolitica delle aree 
>operata da alcuni anni dai paesi europei, e a proprio favore;  ...la 
>sottomissione alla politica statunitense per cui l'Europa non è apparsa 
>come un'efficace alternativa alle superpotenze;  la cooperazione materiale 
>con uomini, armi, installazioni militari è risorse finanziarie a un atto 
>delle spaventose tragedie
>  (ricordiamo le 80.000 incursioni aeree sull'Irak)
>  il conferimento di una legittimità morale alle guerre che si è voluto 
> giustificare invocando ipocritamente principi disattesi in situazioni 
> simili o più chiare: l'ingiustizia delle invasioni, che dimentica le 
> decine di invasioni e di interventi statunitensi e sovietici (due potenze 
> ora unite), ultima fra quelle statunitensi l'invasione di Panama nel 
> Dicembre 1989; le gravi violazioni dei diritti umani da parte di un 
> governante nei confronti del suo stesso popolo, senza che alcuna nazione 
> gli abbia dichiarato guerra; di certo non l' hanno fatto gli Stati Uniti, 
> che hanno decisamente appoggiato successivi governi ed eserciti 
> latino-americani che hanno assassinato, massacrato, torturato e fatto 
> sparire centinaia di migliaia di latino-americani; e la necessità di 
> ottemperare alle risoluzioni delle Nazioni Unite, cosi disattese quando 
> si tratta di sanzioni verso lo stato di Israele;  la priorità del ''fare 
> affari” , anche facilitando ai governi persino la costruzione di armi 
> nucleari e chimiche;  infine, l'Europa secolarizzata, sebbene non abbia 
> invocato Dio come ha invece fatto il presidente degli Stati Uniti, ha 
> dimostrato come al suo interno esistano idoli - il petrolio, qualcosa 'di 
> ultimo e intoccabile - e lo ha fatto con le vittime da essi provocate, 
> anche se incomprensibilmente queste  non sono apparse sugli schermi 
> televisivi delle guerre più teletrasmesse della storia.
>Quanto ancora vogliamo discutere sulle legittimità di queste azioni? 
>Un'Europa libera e democratica ha dimenticato la fraternità e la giustizia 
>e si è svenduta al crimine in nome delle sue presunte ricchezze. Somiglia 
>all'Europa di sempre se non è capace di ascoltare il grido delle vittime 
>che grida vendetta al cospetto di Dio. Considerazioni di questo tipo 
>sorprendono e sorprende pensare che si possa credere ancora alla pace in 
>un mondo come questo
>
>Cecità o colpevolezza, ignoranza? Forse è cosi. Non conosciamo le numerose 
>tragedie, non le conosciamo davvero.
>
>
>  Quanti sanno, nella nuova Europa, quanti milioni di poveri vi esistono, 
> se costituiscano l'eccezione, se siano pochi oppure la maggioranza, 
> migliaia di milioni, e che trenta milioni di loro muoiono di fame ogni 
> anno? chi conosce il numero delle guerre successive alla seconda guerra 
> mondiale: più di cento, e tutte nel Terzo mondo, con un numero di vittime 
> che ammonta a decine di milioni? È  vero che l'Europa ha notizia del 
> Terzo mondo, e che sugli schermi televisivi si affacciano avvenimenti 
> quali l'assassinio dei gesuiti nel Salvador e, naturalmente, la guerra in 
> Irak. Ma vi si affacciano come notizia, non come realtà; e le due cose 
> non si equivalgono. I bambini affamati dell'Etiopia o i contadini 
> decapitati del Salvador possono far notizia per un po' di tempo, ma per 
> lo spettatore la verità più profonda dei paesi del Terzo mondo non 
> diviene realtà.
>
>
>
>Il fatto è che persino attraverso la notizia si giunge a nascondere la 
>realtà. La notizia dura poco, e poiché nella nostra cultura ciò che non è 
>comunicato dai media non è reale, con la scomparsa della notizia è come se 
>non esistesse più il Terzo mondo, con la sua povertà e la sua oppressione 
>quotidiana. L'industria delle comunicazioni è solita inoltre trasformare 
>la notizia in merce comunicata strategicamente a seconda che da parte 
>degli ascoltatori si desiderino l'una o l'altra reazione. Perciò alla 
>lunga - e molto spesso anche a breve termine - la notizia rimane perduta e 
>affogata nella molteplicità delle notizie, e cosi quelle relative al Terzo 
>mondo spesso muoiono della morte di mille interpretazioni e della 
>competizione con altre notizie che con esso non hanno nulla a che vedere. 
>Infine, è come se le notizie sul Terzo mondo - che dovrebbero rafforzarsi 
>a vicenda - si annullassero, di modo che la notizia di un massacro in 
>Guatemala fa dimenticare l'esistenza in India di milioni di individui 
>ciechi per mancanza di vitamine. E se tutte le notizie sul Terzo mondo 
>vengono prese nel loro insieme, sembra si giunga più al ''cosi vanno le 
>cose” che  alla protesta e alla decisione di agire per cambiarle. La 
>realtà vuole prendere la parola, come diceva Rahner, in un mondo di 
>intercomunicazione la notizia dovrebbe esserne il sacramento: ma non è 
>cosi. Gli oppressi della terra continuano a gridare e il sangue delle 
>vittime continua ad invocare il cielo ma l'Europa - antica o nuova - 
>prosegue senza, mai rendersi conto.
>
>
>
>In Europa non conosciamo e non potremo mai conoscere il vero "volto" del 
>terzo mondo. La nostra è un'immagine sbiadita, un ricordo molto vago. In 
>nome del progresso abbiamo dimenticato ed emarginato la sofferenza, quella 
>sofferenza che in Africa si legge molto bene sugli occhi di chiunque e che 
>è cara a chiunque l'abbia guardata. Difficile da dimenticare...
>
>
>In Europa accade che si dia per scontata la vita, che è proprio quello che 
>nel Terzo mondo non si dà mai per scontato, ma diviene il massimo affanno; 
>la vita è il problema e l'utopia, il minimo e il massimo, da cui si guarda 
>tutto. Cosi, povertà non è soltanto non aver raggiunto il tenore di vita 
>medio, ma è vicinanza della morte, in forma lenta o violenta. Da un punto 
>di vista storico ed esistenziale, l 'analogia di concetti fondamentali 
>quali vita e morte, dignità e indegnità, libertà e oppressione, nella 
>pratica diventa equivoco. Semplicemente, da un punto di vista storico il 
>''tutti nasciamo uguali, con gli stessi diritti e la stessa dignità non è 
>vero, poiché per godere realmente di possibilità di vita, di diritti e 
>dignità è molto più importante essere nati a Berlino, Madrid o Roma che ad 
>Haiti, nel Biafra o in Pakistan. Ma se abbiamo detto ciò a discolpa dell’ 
>Europa, bisogna anche metterne in evidenza la mancanza di volontà di 
>verità, volontà di conoscere la realtà del Terzo mondo, la colpevole 
>cecità. Per l'Europa il Terzo mondo non è soltanto l'ambito sconosciuto e 
>difficilmente conoscibile, ma prima di tutto quello nascosto e che non si 
>desidera scoprire. Nei suoi riguardi, dunque, non c'è solo ignoranza, ma 
>anche menzogna. Ecco, qui agiscono la fondamentale peccaminosità che 
>opprime la verità per dirla con Paolo, e il maligno assassino e mentitore 
>ad un tempo, con le parole di Giovanni. Ellacuria diceva che nel 1492 è 
>stata scoperta non la realtà dell'America Latina (che rimase celata), ma 
>quella dell’Europa (Spagna e Portogallo). Questo accade ancor oggi, ed è 
>alla radice ultima della pretesa ignoranza - voluta e colpevole - relativa 
>al Terzo mondo: come in uno specchio rovesciato o nelle feci che mostrano 
>lo stato di salute del paziente (entrambe metafore dello stesso Ellacuria, 
>nelle vittime si conosce la propria realtà. In parole povere, se davvero 
>non si nascondono .. ma si guardano, le vittime rendono in eludibile la 
>grande domanda: ''che ne hai fatto di tuo fratello? È quel che non si 
>vuole udire, e perciò non si vuole guardare.
>
>
>
>
>
>
>
>Ascoltare le grida, almeno per questa Pasqua. Ecco ciò che si chiede. E' 
>necessario farlo quest'atto di umanità
>
>
>Occore poter pensare ad una "una civiltà della povertà che sostituisca 
>l'attuale civiltà della ricchezza (...) una civiltà del lavoro che 
>sostituisca la dominante civiltà del capitale. Si tratta, dunque, di 
>un'utopia del minimo per l'Europa, ma anche di un'utopia del massimo per 
>qualità, poiché garantisce la vita dei poveri, e per quantità, poiché è 
>ciò a cui aspira la maggioranza del mondo. Ed è un'utopia per tutti, 
>poiché lo sforzo per ottenere il minimo vitale per i poveri comporta, da 
>un lato, l'austerità, ma dall’altro l'austerità condivisa, ossia la 
>fraternità. Sono state le vittime del Terzo mondo ad aver reso possibili 
>queste riflessioni, poiché continuiamo a far teologia e a pensare non 
>dopo, ma piuttosto in Auschwitz. Diciamo, per concludere, che sono i 
>popoli crocifissi ad illuminare positivamente tanto la profezia quanto 
>l'utopia. Ecco come, lapidariamente, lo ha detto I. Ellacuria: “Il popolo 
>crocifisso è la vittima del peccato del mondo, ed è anche colui che ne 
>porterà la salvezza.”
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>Un augurio di cuore e un abbraccio a quanti credono ancora nella pace e 
>nella giustizia, nell'uomo libero.
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>Sorrido pensando all'immagine della "colomba" e all'immagine 
>dell'"agnello" tipiche della Pasqua cristiana e che ci richiamano la 
>"mansuetudine" di Cristo, la forza della "nonviolenza" la forza 
>dell"Amore". A chi ci crede ancora, di nuovo auguri. E coraggio! Daniele D'Elia
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