[TarantoOnLine] A dodici anni dalla sentenza di sequestro dell'ILVA



A dodici anni dalla tempesta giudiziaria sull'ILVA: il 26 luglio come simbolo di giustizia e lotta

Venerdì 26 luglio ricorrono dodici anni da quel giorno che ha segnato indelebilmente la storia industriale e ambientale di Taranto e dell'intero Paese. Il 26 luglio 2012, il giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco firmò l'ordinanza di sequestro dell'area a caldo dell'ILVA di Taranto, scatenando una tempesta giudiziaria senza precedenti in Italia.

Quel giorno, la decisione della giudice Patrizia Todisco rappresentò un atto di coraggio e di giustizia, in difesa della salute pubblica e dell'ambiente, contro un sistema industriale che per troppo tempo aveva ignorato i devastanti effetti della sua attività sull'ambiente e sulla popolazione. Il sequestro degli impianti dell'area a caldo senza facoltà d'uso, insieme agli arresti che colpirono i vertici aziendali, segnò l'inizio di un lungo percorso giudiziario culminato nel maxiprocesso "Ambiente Svenduto". Le accuse erano gravissime: disastro ambientale e "eventi di malattia e morte" tra la popolazione, conseguenze dirette delle emissioni inquinanti dell'acciaieria.

La data del 26 luglio 2012 è diventata un simbolo della lotta per la giustizia ambientale. Da allora, sono stati dodici anni di battaglie legali, e una lunga serie di decreti legge che spesso hanno vanificato i provvedimenti giudiziari. Governi di ogni colore politico hanno cercato di mantenere in vita la produzione dell'ILVA, emanando normative che hanno consentito la continuazione delle attività, nonostante l'impatto sanitario e ambientale.

Tuttavia, il 26 luglio resta un momento fondamentale di presa di coscienza collettiva. La decisione della giudice Todisco ha messo in luce la necessità di un cambiamento radicale che ponga al primo posto la legge e al centro la salute dei cittadini e dei lavoratori.

Se in questi 12 anni i soldi sperperati fossero stati usati per i lavoratori e non per la produzione, allora operai, impiegati e tecnici del centro siderurgico potrebbero vivere felicemente con un altro lavoro e un'altra prospettiva anziché dentro una fabbrica senza prospettiva.

Alessandro Marescotti 
Presidente PeaceLink