[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Inquinamento: una strategia per l'Ilva di Taranto
- Subject: Inquinamento: una strategia per l'Ilva di Taranto
- From: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Wed, 25 Apr 2007 17:56:54 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Non una ma cento copertine di rotocalchi nazionali o locali possano affiancarsi ad organi di informazioni qui esistenti che da anni si spendono su tali questioni se serve a contribuire alla soluzione del grave ed improrogabile dramma dell’inquinamento a Taranto. Non è catastrofismo,né estremismo politico o radicalismo ambientalista,occorre aggredire il problema non le aziende che lo producono in quanto, ad esempio l’acciaio,è dimostrato nel mondo,lo si può fare in modo diverso e ciò non è una utopia ma realtà verificabile. Occorre imporre a coloro,i preposti, che nell’azienda e nelle istituzioni hanno il dovere della incolumità sancita per legge dei lavoratori e dei cittadini , di rispondere nei doverosi e giusti modi con i necessari investimenti e soluzioni dei problemi causati. Non è un caso che la questione è tornata prepotentemente alla ribalta per indubbi meriti di associazioni come Legambiente e TarantoViva a cui deve andare la gratitudine delle forze sinceramente democratiche di Taranto per il loro impegno continuo a difesa dell’ambiente. Esse, insieme con altre ed ai mezzi di comunicazione, hanno dovuto in questi anni occupare anche spazi politici di una sinistra troppo spesso latitante su tali questioni. Anche per questo le amministrative della nostra città possono finalmente rappresentare una svolta oramai inprocastinabile. Nell’ultima iniziativa dell’associazione TarantoViva: ”Polveri sospese e polveri in sospeso”,ricca di competenze e passione sincera, sono stati affrontati diversi aspetti interessanti del rapporto tra la fabbrica Ilva ed il territorio. A me preme in questo momento, affrontarne uno, ritengo non di poco conto, presente anch’esso nel dibattito: come conciliare il diritto alla salute ed alla vita dei lavoratori e dei cittadini con quello riguardante il mantenimento dei posti di lavoro, la proprietà privata e l’impresa. Ciò perché si obietta da alcune parti, ma sembra opinione diffusa ancora oggi,di una certa strumentalità nei confronti dell’imprenditore Riva dimenticando che questa fabbrica esiste da quasi cinquanta anni con il suo carico di inquinamento. La Costituzione Italiana, difesa in un recente referendum da un attacco premeditato di forze politiche e sociali ben individuate,prevede il legittimo e gratuito diritto al lavoro ed alla salute dei cittadini , dei lavoratori ma anche il fine sociale della proprietà e dell’impresa. In alcuni casi,è noto, è possibile confiscare ai privati loro beni per il benessere collettivo, ciò avviene normalmente, ad esempio, per i terreni dove costruire opere di pubblica utilità. Nel caso dell’area industriale di Taranto, ovviamente in misura maggiore rispetto a tutte le altre in Italia per la sua vastità, sono le aziende private ad aver confiscato nei fatti i beni pubblici, quella proprietà di tutti rappresentata dall’aria, dall’acqua, dal suolo e dal sottosuolo. Quindi è come se la nostra vita di lavoratori,cittadini, anziani e bambini, legittimi proprietari di quel capitale naturale in cui viviamo o sopravviviamo, come nel nostro caso, venga sempre più impoverita e resa precaria insieme a quei beni. Non è demagogia, ma la drammatica realtà in cui si vive, basta guardare dentro di noi stessi, nelle proprie famiglie, tra i propri conoscenti. La novità degli ultimi anni è però rappresentata da una consapevolezza sempre più diffusa tra la gente ed i mezzi di comunicazione di massa svolgono per questo un ruolo straordinario. La questione ambientale e quell’occupazionale diventano facce della stessa medaglia e non fattori in competizione tra loro. E’oggi certamente più difficile insediare industrie inquinanti senza il consenso dei cittadini, si parla oggi del vincolo dell’“ecocompatibilità”. Viene diffondendosi quindi un’informazione ed una cultura tra la gente che oramai comprende bene che una centrale elettrica, ad esempio, ovunque si metta produce ricchezza per altri e povertà, in termini ambientali, per la realtà che la ospita. Tutti noi abbiamo capito anche che oggi il Mercato “tira” per l’acciaio, l’energia ed il metano, del domani non si sa. Inoltre è il Mercato che propone i siti per gli impianti, quindi la convenienza di un investimento, non le amministrazioni locali o le istituzioni in genere. Semmai il loro compito è quello di verificare che alla crescita economica delle aziende, proposta dai loro investimenti, corrisponda un reale sviluppo della città, cosa che da decenni a Taranto non è più avvenuta per una sostanziale subalternità delle forze politiche a quelle economiche e quindi al mercato. La contraddizione su menzionata però ovviamente è sempre esistita, ma nel passato era mitigata dal fatto che l’impresa pubblica investiva per creare occupazione là dove essa era carente,nel mezzogiorno nel nostro caso, creando con l’Iri megaimpianti come l’Ilva e l’Eni ,ovviamente strategici ieri come oggi. Essa è esplosa non a caso con la proprietà privata d’Emilio Riva. Occorre riconoscergli il merito di aver fatto cadere il velo dell’ambiguità nel porre in modo brutale, con il suo capitalismo primitivo e predatorio di stampo fine ottocentesco, il rapporto costi-benefici, l’utile di esserci, di giustificare solo la sua presenza per i massimi guadagni da conseguire e reinvestendo sulla quantità del prodotto, basare la produzione dell’acciaio, nel suo caso, sui bassi salari, i più bassi d’Europa, e sui bassi vincoli ambientali,sostanzialmente un inquinamento senza controllo per l’assenza di “controllori”. Oggi appare normale e legittimo porre dal nostro punto di vista di cittadini tale rapporto, perciò a fronte d’alcune migliaia di posti di lavoro,per la città, noi contiamo danni sociali ed umani enormemente superiori ai benefici, sempre più in crescita. Possiamo,tutelando la nostra vita,la nostra salute e dignità, affermare che sino a quando in altre parti del mondo esistono impianti ecocompatibili che producano acciaio, ed è vero, una trasformazione radicale del rapporto tra Ilva e città è fondamentale, in alternativa la chiusura dall’area a caldo rappresenta l’obiettivo chiaro a cui tendere. Mi rendo conto che investire nell’ecocompatibilità ha costi rilevanti per l’azienda, significa in ogni modo creare altro tipo d’occupazione convertendo cospicui utili, essere meno presenti sul mercato, ma bonificare sin da ora lo sterminato territorio occupato rappresenta il fine sociale che la Costituzione Italiana conferisce all’impresa privata, esso deve essere fatto! In alternativa si attenderà che la chiusura dell’area più inquinante d’Europa sarà determinata prima o poi dal mercato globale in quanto le bramme sarà più conveniente importarle invece che produrle. Ciò sposterebbe in avanti negli anni ed a carico dello Stato gli elevatissimi costi sociali per la città e la bonifica dei siti e non già da porsi ora a carico di Emilio Riva come è giusto che sia. La posta in gioco a me sembra oggi sia fondamentalmente questa. Giancarlo Girardi
- Prev by Date: Ambiente, comunicato amici di Beppe Grillo di Taranto
- Next by Date: Forum telematici per l'ambiente , perché la Regione Puglia non li attiva?
- Previous by thread: Ambiente, comunicato amici di Beppe Grillo di Taranto
- Next by thread: Forum telematici per l'ambiente , perché la Regione Puglia non li attiva?
- Indice: