[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Taranto e il dibattito sull'Ilva
- Subject: Taranto e il dibattito sull'Ilva
- From: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Sun, 1 Apr 2007 00:26:26 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
“L’ineluttabile destino dell’Ilva di Taranto” Intervento di Biagio De Marzo, già dirigente dell’Ufficio Tecnico dell’Ilva di Taranto Il Convegno “Polveri sospese, polveri in sospeso”, tenuto il 23 marzo nell’Aula Magna dell’Istituto “Pertini – Fermi” di Taranto, è stato registrato interamente. A Girolamo Albano e Roberto Petrachi, impagabili ed appassionati “tarantini all’estero” fondatori dell’Associazione TarantoViva che ha organizzato il Convegno, mi permetto di chiedere di fare un altro sforzo organizzativo: mandare la cassetta del Convegno ai Candidati Sindaci ed agli esponenti politici, istituzionali, sindacali e sociali di questa città. E’ necessario che essi conoscano per intero le relazioni ricche di dati e di vissuto presentate al Convegno e, soprattutto, è necessario che riflettano sulle inedite esternazioni del Procuratore della Repubblica dr. Aldo Petrucci e del Procuratore Aggiunto dr. Franco Sebastio. Con il volto illuminato da un sorriso amaro, il dr. Petrucci ha raccontato che, nel corso di una recente indagine della Procura della Repubblica, ai suoi Consulenti Prof. Giorgio Assennato (attuale Direttore Generale di ARPA Puglia) e Prof. Lorenzo Liberti (già Preside della Facoltà di Ingegneria di Taranto) è mancata la collaborazione degli addetti alle cokerie; “fuggivano” lontano dai Consulenti proprio quelle persone che prima e più degli altri sono esposte alle condizioni di insalubrità che i Consulenti dovevano accertare, per il loro bene, per proteggerli. Avendo vissuto a lungo in Ilva, ho sottolineato che, prima della privatizzazione, a nessuno, dal Direttore Generale al più giovane addetto, sarebbe venuto in mente di non collaborare con la Magistratura. Lo “smarcamento” dai Consulenti della Procura della Repubblica praticato autonomamente dagli uomini delle cokerie la dice lunga sul “clima” attuale nello stabilimento dell’Ilva di Taranto: su questo grave fatto vorremmo sentire il parere della Direzione Aziendale e dei Sindacati, entrambi non presenti al Convegno. Il dr. Sebastio è intervenuto dopo la relazione del sig. Alessandro Frisone, Consulente scientifico del “Comitato Salute e Ambiente di Cornigliano (Genova)”, che ci aveva raccontato la loro storia, iniziata da un gruppo di “mamme veramente incazzate” e poi allargata a tutta la città ed alle Istituzioni, fino alla “vittoria finale”. Il dr. Sebastio ha espresso tutta la sua amarezza per la nostra città insensibile, sorda ed assente, amarezza ancor più accresciuta dal confronto con quanto ha fatto la comunità di Genova Cornigliano in circostanze analoghe. Il Magistrato ha ricordato i suoi 25 anni di lotta e di solitudine. Al comprensibile scoramento dell’Alto Magistrato abbiamo reagito con un caloroso applauso di solidarietà ed incoraggiamento che poi Michele Tursi ha sintetizzato nel suo “Resistere, resistere, resistere” sul Corriere del 24 marzo. Tra gli interventi dei due Magistrati ci sono state le relazioni scientifiche, ricche di dati oltremodo allarmanti, del dr. Roberto Petrachi, del dr. Fernando Logli e del Prof. Giorgio Assennato e le mie considerazioni sull’ “ineluttabile destino dell’Ilva”, sostanzialmente le stesse pubblicate sul Corriere del Giorno del 9 gennaio 2007 ed ispirate da “I have a dream” di Michele Tursi. In questo scenario, è sorprendente la posizione espressa dal Segretario Generale FIM CISL Giuseppe Lazzaro, che pare ignorare lo stato reale delle cose di Taranto nel 2007 e si attarda a rinverdire i fasti della mitica Hamilton canadese, lontana anni luce da noi. Vorremmo che tutto il Sindacato si affrancasse dal terrore della perdita di posti di lavoro e ragionasse con noi su scenari realistici, per spingere a progettare il futuro, non a subirlo passivamente, arroccati in “difesa del fortino”. Forte di una credibilità e competenza conquistate sul campo in oltre quaranta anni di attività lavorativa (ho avuto responsabilità dirette anche nell’area dei parchi primari dell’Ilva, a fianco di un collega molto vicino proprio al Segretario Lazzaro), ho sottolineato che la gran parte delle emissioni nocive alla salute rinvenienti dallo stabilimento Ilva sono neutralizzabili a fronte di soluzioni tecniche, già esistenti nello scenario siderurgico mondiale, che richiederebbero impegno ed investimenti colossali, con significativi ritorni “sociali” ma, ahimè, non economici e pertanto difficilmente affrontabili spontaneamente dai proprietari privati. A proposito di soluzioni tecniche “avveniristiche”, oltre 20 anni fa, feci parte di una delegazione degli stabilimenti siderurgici italiani che si recò in Giappone, nello stabilimento di Kimitzu, gemello di Taranto, centrata proprio sulle questioni dell’inquinamento ambientale. Ricordo che, giunti vicino alle cokerie, con il collega Tafuri, responsabile di “ordine e pulizia” dello stabilimento di Taranto, ci chiedemmo se i giapponesi ci stessero prendendo per i fondelli, portandoci su cokerie spente: non si vedeva un granello di polvere, un filo di fumo, non c’erano cattivi odori, niente di niente. Poi ci fu lo sfornamento del coke perfettamente controllato e constatammo così che quegli impianti, che sembravano spenti tanto erano in ordine, producevano a tutta forza. E qui da noi, nel 2007, si aspettano le mitiche B.A.T. per migliorare le cokerie. Ma per piacere! La rimozione della polvere da capannoni, strutture, strade e piazzali, il contenimento della polverosità dagli scaricatori degli impianti marittimi, la “neutralizzazione” della miriade di “emissioni consapevoli” e di “emissioni fuggitive”, provocate tutte da fatti tecnici quali usure, invecchiamento, mancata manutenzione, errata progettazione, manovre errate ed altro, sono tutte cose tecnicamente affrontabili con investimenti pesanti ma non “impossibili”. Clamoroso, ad esempio, è il caso della ciminiera di 220 metri di AGL/2, quella sul lato Statte, che spande polveri e fumi fino a distanze inusitate: mi chiedo che fine hanno fatta gli elettrofiltri, che ai nostri tempi riuscivamo a tenere efficienti ed efficaci. Di ben altro peso è l’imbrattamento da polveri rinvenienti dai parchi primari. I parchi primari sono il peccato mortale originale che ha mandato (o manderà) all’inferno i progettisti responsabili, cinquanta anni fa, di una scelta sciagurata ed irrimediabile: per quell’imbrattamento non c’è soluzione radicale economicamente sostenibile (vedi l’articolo pubblicato sul Corriere del Giorno del 9 gennaio 2007, ispirato da “I have a dream” di Michele Tursi). Tutto questo è ben noto alla Proprietà che certamente tiene sotto controllo i costi di produzione, oltre che i processi in Tribunale. Realisticamente, nessuno potrà impedire che …. mollino gli ormeggi non appena il costo di produzione delle bramme di Taranto sarà maggiore del prezzo di acquisto delle bramme sul mercato mondiale, magari in Cina o in India. Chi potrà convincere Riva a non chiudere a Taranto prima l’area a caldo e poi il resto a seguire? E’ per questo che dobbiamo spingere tutti insieme per un progetto di ristrutturazione pilotato, costoso anche in termini di posti di lavoro. In tal modo avremo affermato tutti, non il solo Magistrato Sebastio, che “il diritto alla vita e alla salute è un diritto primario, insuscettibile, quindi, di <contemperamenti>. E allora, occorre fare molta attenzione allorché si parla di ecocompatibilità: questa possibilità si può accettare allorché ci si riferisce a diritti <comprimibili>. Ma quando le “esternalità negative” si concretizzano in danni, o pericolo di danni, al bene primario della salute e, quindi, della vita, contemperamenti ed equilibrismi non sono possibili. Quante malattie sarebbero accettabili a fronte di alcuni posti di lavoro? Ci si può ammalare ma …. <poco poco>?” (pag. 97 di “Un nodo d’acciaio” – Associazione TarantoViva – ExCogita Editore). La nostra classe dirigente, a tutti i livelli incluso quello sindacale, deve avere la piena consapevolezza che il diritto alla vita e alla salute è un diritto non negoziabile e, contemporaneamente, che l’evoluzione dell’economia mondiale segna il destino ineluttabile della siderurgia di massa. Questo comparto è stato già ridimensionato ferocemente in Europa e subirà la stessa sorte di tanti altri comparti dove, un tempo, l’Italia e l’Europa avevano una grande presenza: penso alla cantieristica navale, alle macchine fotografiche, all’elettromeccanica, alle grandi costruzioni, al tessile, ecc.. Non è infilando la testa nella sabbia che “potremo dare un futuro alle giovani generazioni”. Su questo tema centrale per la nostra città ci aspettiamo di sentire i Candidati Sindaci, i Sindacati, i Partiti, la Confindustria, la Provincia, la Regione, le Università, le Associazioni sociali e culturali. Questo tema non deve rimanere nel chiuso dei Convegni, con pochi addetti ai lavori, ma deve coinvolgere tutti i Cittadini; confidiamo che scendano in campo le mamme del rione Tamburi e di tutta Taranto, “veramente incazzate” come quelle di Cornigliano e di Genova.