Taranto: un nuovo dibattito sulla questione morale?



Un nuovo dibattito sulla questione morale? Per pietà, basta! La gente è stufa dei dotti e inutili interventi. Fate qualcosa se potete, altrimenti fate silenzio. Il silenzio è molto meglio dell'ipocrisia dei dibattiti. Ipocrisia. Si proprio ipocrisia. Propria di chi sa e finge di non sapere. Propria di chi può e si dichiara impossibilitato ad intervenire concretamente. Propria di chi, non avendo idee e validi argomenti politici, raccoglie il pattume e lo sventola al cielo per far vedere a tutti quanto sono sporchi gli altri. Propria di chi dice: le porte della politica sono aperte a tutti sapendo che si fa la tessera solo a chi, in stato di soggezione, viene a chiedere un posto di lavoro e non a chi recando qualche idea minaccia la leadership di partito. Propria di chi, sapendo dell'arte del potere di tacitare il sindacato, non fa nulla per spezzare l'infernale intreccio che genera silenzi e quindi corruzione.

Questa città ha bisogno di trasparenza, di chiarezza, di pulizia, di amministratori-buoni padri di famiglia. Queste cose si trovano in un contenitore dove sta scritto a chiare lettere: partecipazione.

Ma la partecipazione è una rogna. O almeno così la pensano gli amministratori. Loro accendono convenzioni con i più autorevoli tecnici (qualche volta niente affatto autorevoli) e si credono autorizzati dall'autorevolezza tecnica a prendere la decisione che a loro pare più giusta. La morte della democrazia è servita allorché ci si riunisce in sagrestia e,in quattro,si decide per duecentomila. Il seme della corruttela si sviluppa nelle conventicole, nei gruppetti. Per fortuna nei gruppetti la spartizione non è sempre adamantina. Chi ha avuto il boccone più piccolo qualche volta si ribella. Ciò porta alla luce molti dei misfatti. Ad evitare che finisca per essere uno sterile sermone diciamo quello che bisognerebbe fare. Come tradurre la, oggi, astratta parola partecipazione, in ordinario comportamento,costume sociale, pratica amministrativa. La partecipazione è irrimediabilmente in conflitto con la democrazia delegata ed aspira ad una democrazia diretta. Una delega ogni cinque anni non è partecipazione. Oggi gli amministratori realizzano un contatto con la cittadinanza attraverso i canali informativi unidirezionali. La televisione dice quello che il Palazzo manda a dire attraverso le veline. Qualche giornalista prova ad uscire dal coro, sapendo di incontrare mille difficoltà, e prima o poi fa marcia indietro perché anche lui, come tutti noi, ha famiglia. La gente deve essere informata, è giusto. Sono i contenuti che sono sbagliati. I cittadini vogliono conoscere le delibere, i mandati di pagamento, i progetti, i programmi veri (non quelli elettorali), i criteri con i quali si nomina un responsabile e non un altro, per quale ragione in presenza di palesi errori tecnico-professionali non viene esautorato il capo e promosso il numero due. La gente vuole i fatti non una edulcorata rappresentazione della realtà. Basterebbe un banale sito internet nel quale quotidianamente l'amministrazione inserisce le delibere licenziate e i mandati autorizzati, le spese effettuate, le fatture in attesa di essere pagate. La corretta informazione però è solo il primo passo verso la partecipazione; la indispensabile premessa. E non si dica che tutto ciò è complicato. O, ancora più risibilmente, che esistono problemi di privacy. Quei soldi sono di tutti, chi ne riceve una parte deve essere pronto a renderne conto pubblicamente. E' proprio difficile capire che un cittadino senza le più corrette informazioni non può delineare un proprio giudizio per cui si rassegna al sopore mentale che gli propongono i demenziali spettacoli televisivi serali. Date a questo cittadino elementi di conoscenza corretti e vi fornirà giudizi appropriati. Ma come deve raccogliere la volenterosa amministrazione i sacrosanti contributi della partecipazione della gente? Con una complessa rete di ricettori, vale adire di appositi uffici (gli impiegati degli attuali inutili uffici per le relazioni con il pubblico potrebbero essere adeguatamente formati per "contrattare e mediare idee"). Il progresso tecnologico è in grado di offrire già oggi una rete di ricettori telematici in grado di garantire una sistematica raccolta di pareri e di proposte. Ogni amministrazione deve attrezzarsi di gruppi di mediatori-comunicatori capaci di parlare all'amministrazione e ai cittadini. Presupposto ineludibile una forte e determinata volontà politica di trasparenza di chi amministra.

Ma la volontà di trasparenza non abita qui. Perché non si favorisce una vera partecipazione democratica dal basso a partire dalle circoscrizioni? Gruppi e associazioni di quartiere sono in grado di orientare al meglio le scelte amministrative e favorire il più corretto sviluppo territoriale.

La democrazia ha i suoi costi. La partecipazione, suo fondamento, pure. Tutte e due insieme non costano quanto le corruttele.

Giovanni Matichecchia