E'"colpa" degli operai



Fonte: il manifesto - 31 Luglio 2003

E'"colpa" degli operai

Pubblicato il dossier sullo stato dell'Ilva di Taranto, il nuovo regno dei Riva
Gli infortuni Per i padroni sono frutto dei prepensionamenti con la legge amianto. Nello stabilimento troppi in "formazione lavoro"

ORNELLA BELLUCCI
TARANTO

"Puntiamo sulla sostenibilita' economica, ambientale e sociale. Sara' questo il criterio di riferimento delle nostre azioni future". A parlare cosi' e' Pietro De Biasi, responsabile delle relazioni industriali del gruppo Riva. Il cuore del sistema e' l'Ilva di Taranto, "lo stabilimento piu' grande d'Italia", spiega Giorgio Zambeletti, responsabile delle relazioni esterne che aggiunge: "Merito nostro, ma anche della deindustrializzazione degli altri". Ieri il "gotha dell'Ilva" ha presentato il bilancio sociale dello stabilimento. I dati del dossier, curato dal gruppo Comunita' & Impresa, sono del 2001. Lo stabilimento tarantino produce sette milioni di tonnellate di acciaio annui per un valore aggiunto netto di 632,7 milioni di euro. Gli introiti sono cosi' suddivisi: 58,5 per salari e stipendi, 9,9 per i creditori, 11,3 allo stato (imposte dirette), 19,2 all'impresa. I Riva hanno concentrato l'85% del totale degli investimenti sull'Ilva di Taranto, un vero regno dell'acciaio.

A produrre lamine e tubi sono impiegati tredicimila dipendenti, meta' dei quali assunti con contratti a termine. Dopo la privatizzazione del 1995 il turn over e' stato impressionante. "Colpa dei prepensionamenti per amianto", dice Alberto Martinelli del gruppo Comunita' & Impresa, etichettando quindi come una "colpa" il fatto di potersi ammalare lavorando in fabbrica. E De Biasi rincara la dose: "In nessuno stabilimento italiano la legge sull'amianto e' stata applicata tanto massicciamente. Usciti i cinquantenni, ci siamo ritrovati con una fabbrica di contratti di formazione lavoro. Questa e' la principale causa degli infortuni".

L'Ilva cita di sfuggita che i pensionamenti per amianto pesano sulla previdenza statale. Ma omette che, con ottomila contratti a termine, ha beneficiato di una feroce contrazione del costo del lavoro, e di un'enorme arma di ricatto nei confronti dei nuovi assunti, chiamati con un bell'eufemismo stakeholder.

Il piano industriale 2003-2007 prevede lo stanziamento di 1.088 milioni di euro per la bonifica dello stabilimento. Perche' i lavori comincino e' necessario che il ministero dell'Industria recepisca le "Bat", norme europee che stabiliscono l'ecocompatibilita' degli impianti. Ma il decreto ancora non c'e', cosi' Riva puo' continuare a temporeggiare su quei punti dell'accordo di tutela ambientale siglato l'8 gennaio con sindacati e enti locali.

Ma perche' il governo temporeggia sulle "Bat"?"Perche' ogni regolamentazione non e' vista di buon occhio", spiega Riccardo Nencini, segretario nazionale della Fiom: "L'arretratezza culturale dell'esecutivo non coglie l'urgenza di definire standard per l'industria. Sarebbe un modo serio per irrobustire le imprese". Patron Riva, pero', pone un'altra pesante condizione: "che gli impianti siano liberi da vincoli amministrativi e giudiziari". Il riferimento e' alla magistratura tarantina che ha gia' imposto la chiusura di 4 batterie e ha sequestrato i parchi minerari. Il cruccio dei Riva e' solo economico. La crisi del mercato siderurgico sembra aver violato anche i bilanci dell'ottavo produttore mondiale d'acciaio. Romolo Vescovi, responsabile delle relazioni istituzionali del gruppo, parla di perdite per 81 milioni di euro nel 2001, e di trend in discesa dal 2002: "Se a livello internazionale non si punta alla ripresa dell'economia andra' sempre peggio". Sul disastro ambientale e' silenzio. Al massimo per l'Ilva "le emissioni di polveri producono disagi agli abitanti delle aree limitrofe alla fabbrica". Poco se si considera che a Taranto, area ad elevato rischio di crisi ambientale dal `94, le morti per tumore dal `71 al `98 sono raddoppiate (da 124 a 244). Decessi nel 40% dei casi attribuibili all'inquinamento industriale. Sulle emissioni il dossier e' vago. L'unico dato che l'Ilva si lascia sfuggire riguarda le polveri: 14 mila tonnellate prodotte nel solo 2001.