Peacelink, libertà e indipendenza



Peacelink, libertà e indipendenza

Poniamo che troviate su Internet un chiaro e puntuale documento sulla tutela dell’ambiente con tanto di autorevole primo firmatario, Giorgio Nebbia per esempio.

Poniamo che pensiate di rilanciarlo sul vostro sito personale o aziendale o della vostra associazione preferita indicando con precisione la fonte a cui si è attinto.

Poniamo che dopo oltre due anni dalla pubblicazione sul sito da voi scelto, uno dei firmatari, negando la veridicità della propria firma, vi faccia pervenire una citazione per danni, per essere stato menzionato tra i firmatari, così come indicato nel documento originario.

Poniamo che sul sito originario compaia ancora oggi il documento con il nome del risentito firmatario.

Poniamo che la richiesta di danni equivalga ad un indebitamento insostenibile per le vostre casse. Poniamo che l’obbiettivo sia quello di escludervi da un circuito informativo nel quale rappresentate un’autorevole voce fuori dal coro.

Cosa fareste? Posto che in giudizio bisogna andarci, pena la condanna automatica per non essersi presentati in Tribunale.

Io comincerei a chiedermi perché questo signore lascia che il documento originario continui ad essere diffuso con la propria “preziosa” firma e si accanisca invece con un organo che adopera in seconda battuta il documento.

Mi chiederei se l’onere della prova circa la reale esistenza della firma non spetti al primo diffusore del documento, se questi abbia l’obbligo di conservare o meno il documento cartaceo con la firma autografa di ogni firmatario.

Mi chiederei se il “danneggiato” abbia mai fatto richiesta di rettifica al sito originario.

Mi chiederei se abbia mai fatto richiesta di rettifica al sito riproponente, prima di citarlo per danni.

Mi chiederei perché non rivolga analoga richiesta di danni ai diffusori in prima battuta del documento.

Mi chiederei se costui possa dimostrare di non aver mai realmente acconsentito alla diffusione della propria firma. Se cioè sia totalmente estraneo e sconosciuto agli altri firmatari che avrebbero potuto impropriamente dare adesione al documento in sua vece. Se così fosse saremmo in presenza di un architettato stratagemma per far soldi.

Mi chiederei se invece non abbia avuto un ripensamento.

Mi chiederei poi se esiste congruità tra la richiesta di risarcimento e il danno dal momento che apporre la propria firma, in un documento che approfondisce temi come la salvaguardia ambientale planetaria, accanto a quella di Giorgio Nebbia, non è proprio un disonore.

Mi chiederei se siamo realmente in presenza di un autorevole personaggio agevolmente rintracciabile per tentare una verifica circa la veridicità della firma o se non risulti invece irrintracciabile impossibilitando quindi chiunque a fare un qualsiasi tipo di verifica.

Mi chiederei se non possiamo invece cominciare a parlare di forme di censura e di imbavagliamento degli organi di informazione libera e indipendente con stratagemmi di questo tipo.

Mi chiederei se non si tratti di un’operazione pubblicitaria per far circolare ad arte il proprio nome grazie alla massiccia campagna d’informazione condotta dalla controparte per scongiurare il pagamento di un danno che, tutto da dimostrare, potrebbe risultare studiato a tavolino.