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cokeria e leggende metropolitane
- Subject: cokeria e leggende metropolitane
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Fri, 14 Jun 2002 11:14:35 +0200
A Genova lo scorso febbraio è stata "spenta" la cokeria Ilva di Cornigliano perché inquinava troppo. Quanti operai hanno perso il posto di lavoro? Nessuno. Nonostante ciò a Taranto gli "agitatori di spettri" prevedono 6.000 licenziamenti se nella locale cokeria verrà applicato il provvedimento della magistratura di riduzione di un terzo dell'inquinamento. Agli "agitatori di spettri" Taranto Sera ha ieri dedicando un puntuale commento che concludeva così: "Qui si vuole soltanto che i posti di lavoro non debbano necessariamente costare sacrifici in termini di vite umane". Ma chi sono questi catastrofisti dell'occupazione che, paradossalmente, accusano gli ambientalisti di "catastrofismo"? Gli "agitatori di spettri" sono tutti coloro i quali, di fronte alle ordinanze del sindaco prima e al provvedimento della magistratura ora, agitano lo spauracchio di licenziamenti a valanga senza minimamente fare i conti con i dati di fatto. Manca meno di una settimana alla data del 20 giugno, data in cui la magistratura di Taranto verificherà il rispetto del provvedimento che impone la riduzione del 33% dell'inquinamento della cokeria. Ed eccoli spuntare, puntuali, gli agitatori di spettri. Vogliamo ragionare con i dati fatto anziché con le paure? In primo luogo va detto che il provvedimento di riduzione della produzione di carbon coke tocca solo 150 operai e non 6.000; infatti l'organico della cokeria si aggira sulle 400 unità. In secondo luogo va detto che - anche se tutta la cokeria venisse fermata - il resto dell'Ilva può funzionare con carbon coke comprato, come fa adesso l'Ilva di Cornigliano. A Taranto Riva ha bisogno - lo ricaviamo dai dati ufficiali presentati dall'azienza - di 3.000 lavoratori all'anno, inseriti con contratti di formazione-lavoro. Non potrebbe quindi licenziare 150 lavoratori delle batterie 3-4-4-6 della cokeria senza violare l'articolo 18 dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori. Sono stupito che da parte sindacale non vi sia una netta critica verso gli "agitatori di spettri" nonostante vi sia una forte mobilitazione sindacale in difesa di quell'articolo 18 che recita: "Il giudice con la sentenza (…) annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa". Non vi sarebbe infatti "giusta causa o giustificato motivo" se Riva dovesse licenziare 150 operai della cokeria per poi assumerne 3.000 in formazione lavoro. Ecco perché è una leggenda metropolitana la previsione di 6.000 licenziamenti in caso di applicazione dell'attuale provvedimento della magistratura. Queste cose vanno dette chiare e forti ai lavoratori altrimenti serpeggia la paura della perdita del posto. E arriviamo alla domanda fondamentale: a chi giova la paura? E' presto detto. Riva a Genova, in cambio dello spegnimento della cokeria, è riuscito ad ottenere il possesso delle aree su cui poggiano i suoi impianti, attraverso un accordo tutto politico. Gli agitatori di spettri giocano oggettivamente il ruolo di facilitatori di questo scambio politico per cui si alza il prezzo su una cosa su cui non si dovrebbe trattare (il rispetto della legge e della salute) in cambio di una contropartita. Ma ritornando sull'inconsistenza del ricatto occupazionale. Occorre segnalare che recentemente sono fuoriusciti quasi 4 mila operai dall'Ilva di Taranto molti dei quali usufruendo della legge sull'amianto. L'Ilva - per quanto subisca gli effetti congiunturali della recessione - ha oggi più che mai bisogno di compensare questa emorragia di lavoratori. Non va dimenticato inoltre che la messa in sicurezza degli impianti spenti e la bonifica richiedono mano d'opera come pure richiede mano d'opera l'intero stabilimento se venissero imposte le manutenzioni su cui si risparmia per non impegnare soldi e operai. Con più manutenzioni vi sarebbero meno infortuni e più lavoro. In caso di estrema necessità, ridurre gli straordinari è un altro modo per compensare gli effetti della chiusura delle batterie cancerogene della cokeria. Mi spiace essere così schematico ma credo che non occorra infierire oltre sullo stereotipo "più salute più licenziamenti". Il ricatto occupazionale a Taranto è un bluff, è anzi il Bluff con la B maiuscola. I fantomatici licenziamenti "da cokeria" mai sono avvenuti a Genova e mai avverranno a Taranto. Se licenziamenti ci dovessero essere in futuro, essi saranno il risultato di equazioni matematiche a più variabili, in cui le variabili che pesano di più sono connesse alla domanda mondiale di acciaio, ai costi delle materie prime, alla globalizzazione dell'economia, all'andamento delle borse, all'oscillazione del dollaro, al debito estero del Terzo Mondo, all'andamento del PIL, alle innovazioni di processo e di prodotto, alle nuove tecnologie ecc. Sono tutte cose che si studiano all'università e che sono impostate sui fogli elettronici di Excel nei computer dell'Ilva. Vi è poi una seconda leggenda metropolitana che svolazza nell'aria inquinata di questa città: "la cokeria è un inferno che quasi nessuno è in grado di spegnere". Come i pozzi del Kuwait incendiati da Saddam Hussein. Questa leggenda metropolitana è stata sfatata a Cornigliano quando i tecnici dell'associazione "Per Cornigliano ONLUS" presentarono una relazione che prevedeva tempi di spegnimento nell'ordine di un massimo di 48 ore. Noi a Taranto pensavamo che le ordinanze del Sindaco non si potessero applicare per insormontabili difficoltà tecniche; poi abbiamo dovuto prendere atto che erano tutte balle. PeaceLink è riuscita ad ottenere quella relazione tecnica con cui si spiega come spegnere la cokeria in 48 ore. E' una relazione confermata dal fatto che Riva, una volta ottenuto la promessa dello "scambio" ha effettivamente spento la cokeria in 48 ore. Per cui a Taranto lo spegnimento di 4 batterie dovrebbe essere immediato se Riva dovesse disobbedire al provvedimento della magistratura. E PeaceLink ha fatto pervenire alla Procura della Repubblica la relazione tecnica con cui si elencano le operazioni di spegnimento della cokeria di Cornigliano in 48 ore. PeaceLink ha oggi messo quella relazione su Internet all'indirizzo http://www.peacelink.it/webgate/taranto/maillist.html
a disposizione di tutti i giornali che la vogliano pubblicare. E veniamo al vero spettro: l'inquinamento cancerogeno della cokeria.La Repubblica, nella sua edizione genovese del 12 febbraio 2002, titolava: "Cornigliano, crolla lo smog. Tre giorni senza coke 83% di benzene in meno". Ricordo che il benzene è un potente cancerogeno che può essere fatale anche alla prima inalazione. A Cornigliano (quartiere genovese a ridosso della cokeria, un po' come i Tamburi) questo era il dato tre giorni dopo che la cokeria era stata spenta. A Taranto tale riduzione potrebbe attestarsi sul 33% chiudendo 4 batterie su 10 e comprando il coke. Occorre costruire una cultura più articolata ed avanzata: vogliamo essere competitivi con la Cina o la Polonia nella produzione del coke scegliendo di giocare la nostra competitività sul terreno del rischio salute? Pensata così, questa competizione la perderemo di sicuro. Se puntiamo invece su altre variabili forse avremo pensato veramente al futuro e non ad una mortificante e mortifera sconfitta. La globalizzazione ci spazzerà via se ci specializzeremo nei mestieri cancerogeni; perché nel terzo mondo si troverà sempre una città più disperata di Taranto disposta a sacrificarsi con minori tutele e con paghe minori. Per questo è importante oggi puntare ad uno sviluppo pulito e di qualità, ora che l'industria pesante non è in grado di ricattare ma è "debole" dato che ha bisogno di mano d'opera per rimpiazzare la fuga degli esposti all'amianto. Riva oggi non tratta da posizioni di forza; pertanto confida in aiuti politici e in una consolidata tendenza alla rassegnazione dei tarantini. Ma spetta proprio a noi tarantini decidere se essere cavie o cittadini. Se rassegnarci a respirare il benzene dei potenti o se rialzare la testa e rivendicare i nostri diritti.
Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink a.marescotti at peacelink.it
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