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GLOBALIZZAZIONE: UN PO’ DI STORIA…
- Subject: GLOBALIZZAZIONE: UN PO’ DI STORIA…
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Tue, 16 Apr 2002 21:13:26 +0200
A Martina Franca (TA) si terranno i seguenti incontri a cura del Comitato locale per la Tassa Tobin (riferimento: m.marescotti at tiscali.it):
GIOVEDI’ 18 APRILE
GIOVEDI’ 2 MAGGIO
Tutti gli incontri si terranno alle ore 18.30 presso la sala della parrocchia di S.Francesco (piazza Mario Pagano, ingresso dalla discesa laterale) e sono aperti a chiunque. Diffondete quindi questo invito presso tutti coloro che ritenete interessati. Questi sono alcuni dei materiali che verranno diffusi.
GLOBALIZZAZIONE: UN PO’ DI STORIA…
1975 Per la prima volta si incontrano i rappresentanti dei 6 paesi
più sviluppati (G6) a Parigi e prendono due storiche decisioni, che
segneranno la storia dell’economia …1° liberalizzazione della circolazione dei capitali
2° privatizzazione di beni, imprese e attività dello Stato o di Enti pubblici
Queste due decisioni hanno innescato il processo di globalizzazione, accelerato enormemente dalle nuove tecnologie informatiche e telematiche: il mercato dei capitali è aperto virtualmente 24 ore su 24, per tutti i giorni dell’anno, lavorando su computer che “annullano” tempo e spazio.
LE CARATTERISTICHE DI QUESTA
GLOBALIZZAZIONE
CAMBIA IL MODO DI PRODURRE: prima un’impresa era saldamente ancorata al territorio e al suo tessuto sociale e l’imprenditore assumeva responsabilità nei confronti della società locale di riferimento.
Oggi un’impresa è “nomade”, può avere
il suo centro decisionale in una città mentre la produzione avviene magari a migliaia di km di distanza (delocalizzazione).
L’imprenditore così non ha più un contesto locale cui rispondere, bensì un universo di azionisti potenzialmente ‘dispersi’ in
tutto il mondo. Le imprese multinazionali, oggi, dovrebbero più propriamente essere ridefinite imprese transnazionali.
CAMBIA IL RAPPORTO TRA
POLITICA ED ECONOMIA: nella storia economica è sempre accaduto, dalla rivoluzione industriale in poi, che fosse il potere politico a fissare le priorità e le regole dell’attività economica e a farle rispettare. Oggi accade che i governi
eletti dai cittadini devono cedere ‘quote di sovranità’ ad altri organismi economici, con la conseguente prevalenza delle decisioni economiche su quelle politiche.
Ad esempio, un governo non può più
fissare in modo autonomo una politica valutaria o fiscale: è
impensabile, ad esempio, una pressione fiscale dissimile dagli altri
paesi (si avrebbe un abbandono da parte delle imprese di quel paese)
oppure una svalutazione della moneta per favorire le proprie esportazioni
(cosa che una volta avveniva). Vengono dunque meno alcuni strumenti che
tradizionalmente hanno reso importante l’intervento della politica nella
sfera dell’economia.AUMENTA LA RICCHEZZA E AUMENTA LA POVERTA’: la globalizzazione aumenta le ricchezze ma le distribuisce in modo non equo, creando disuguaglianze tra i diversi gruppi sociali, anche nelle nostre società del benessere. Oggi un licenziato di 40 o 50 anni ha molte difficoltà a reinserirsi nel mercato del lavoro, reso instabile e iperflessibile dai processi descritti, rischiando di alimentare nuove sacche di povertà. Aumentando le disuguaglianze, questa globalizzazione tende a diminuire la partecipazione alla vita democratica da parte delle fasce povere ed emarginate, con un rischioso deficit per la democrazia, nonché ad aumentare il rischio di guerre per l’accesso alle risorse primarie.
L’OMOLOGAZIONE CULTURALE: la trasmissione delle informazioni e la libera circolazione in tutto il pianeta di beni e servizi hanno reso possibile che gli stessi prodotti possano trovarsi in tutto il mondo, con le stesse caratteristiche e con lo stesso messaggio culturale di fondo (vedi Mc Donald’s, Coca Cola ecc,).
Chi acquista un bene di consumo acquista anche un modo di intendere, uno stile di vita, con un grande rischio…
… l’appiattimento, l’omologazione culturale, il livellamento tra diversi popoli, che dovrebbero invece valorizzare le proprie differenti matrici culturali, le tradizioni, le lingue, le abitudini (anche alimentari).
Fonte: Stefano Zamagni (docente di microeconomia, Univ.Bologna)
sintesi a cura di Marinella Marescotti e-mail: m.marescotti at tiscali.it
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IL CASO DELLA CARNE ESTROGENATA:
IL DIRITTO ALLA SALUTE PAGATO A CARO PREZZO
L'Europa ha decretato che la carne americana trattata con ormoni
artificiali, al contrario della nostra, e' pericolosa per la nostra
salute e ha deciso di non importarla. Una precauzione che pero' ci
costa molto cara: 340 miliardi di sanzioni americane contro il
Vecchio Continente. Una ritorsione decisa all'Organizzazione Mondiale
del Commercio (WTO) nel nome delle regole della Globalizzazione. Alla
fine degli anni '80 l'Unione Europea decise di vietare l'uso degli ormoni
nell'allevamento dei manzi da carne e soprattutto proibì le importazioni
di carne agli ormoni dagli Stati Uniti d'America. I nostri scienziati la
ritenevano pericolosa per la salute umana.IL DIRITTO ALLA SALUTE PAGATO A CARO PREZZO
Ma negli Stati Uniti questa decisione non fu affatto gradita. Nel 1996 il governo di Washington, brandendo uno dei potenti accordi di globalizzazione, trascino' l'Europa davanti ai giudici del WTO. Tuttavia, nel farlo, l'amministrazione Clinton aveva ceduto alle pressioni della piu' potente lobby di allevatori di bestiame statunitense: la National Cattleman Association, come dimostra un documento che ho ottenuto in via riservata, dove si legge:
"Al signor Bob Drake della National Cattleman Association: come lei ci ha espressamente richiesto, abbiamo iniziato una procedura presso il tribunale del WTO contro il divieto europeo di importare la nostra carne." Il documento di cui parlo non e' altro che una lettera autografa dell'allora ministro americano per il commercio Michael Kantor.
La procedura si concludera' con la condanna dell'Europa, una condanna inappellabile ottenuta grazie proprio a uno di quei potentissimi accordi del WTO di cui parlavo prima. L'Europa tuttavia non si e' piegata e ha continuato a tenere la carne agli ormoni fuori dai suoi mercati. Il WTO e' allora tornato alla carica e nel luglio del '99 i suoi giudici ci hanno condannati ancora, condannati a pagare un prezzo altissimo: 340 miliardi all'anno sotto forma di sanzioni commerciali americane.
Le sanzioni americane autorizzate dal WTO hanno colpito le esportazioni europee piu' pregiate, e fra le vittime italiane si contano i pomodori pelati, i succhi di frutta, il pane e soprattutto il tartufo.
Keith Rockwell, uno dei direttori del WTO, ammette che e' quasi impossibile spiegare la situazione a un produttore italiano di tartufi o di pomodori in scatola e aggiunge: "E' difficile, ed e' un problema che non avete solo voi in Italia. Io posso offrire a costoro tutta la mia comprensione, ma le regole sono queste."
Ritorniamo alla carne agli ormoni americana. Sulla base di quali prove il WTO condanno' l'Europa? A rispondere e' di nuovo Keith Rockwell: "Quello che le posso dire e' che il WTO nel caso di dispute sulla sicurezza degli alimenti decide in base al parere degli scienziati della FAO. A loro fu chiesto di emettere il verdetto sulla carne agli ormoni."
Ma gli scienziati della Fao erano davvero super partes, erano davvero imparziali?
Sottoponiamo il quesito a un uomo che desidera restare anonimo: un chimico farmaceutico che ha lavorato per 35 anni con la grande industria e che oggi ha deciso di raccontare tutto quello che sa sulla cosiddetta indipendenza degli scienziati della FAO. Trovarlo e' stata veramente un'impresa, attraverso una serie infinita di contatti. Perchè vuole parlare? "Il mondo sta cambiando, le multinazionali farmaceutiche e agroalimentari hanno assorbito ormai tutto....non so...forse perché mi sto per ritirare dalla scena...ma guardi, io ho visto troppe cose, e c'è un limite per tutti, o forse solo per me."
Inizia: "La documentazione che le mostro era in gran parte segreta, e infatti molti fogli portano il marchio declassificato. Ora, per dimostrarle quanto siano inaffidabili gli organi scientifici della FAO e' necessario che le racconti una vicenda parallela a quella che a lei interessa."
"Guardi questi documenti. E' il novembre del '97, e la FAO si sta preparando a giudicare la sicurezza degli ormoni nel latte, che sono prodotti dalla multinazionale Monsanto. Qui si legge che uno scienziato della FAO, il dott. Nick Weber, aveva passato a un esperto della Monsanto i documenti riservati che solo gli scienziati della FAO avrebbero dovuto leggere prima di emettere il verdetto. Fra questi documenti c'erano persino gli studi della Commissione Europea, che era contraria agli ormoni artificiali. Capisce? La Monsanto potè studiarsi con molto anticipo cosa avrebbero sostenuto i suoi critici durante i dibattimenti. Ma e' normale ciò?"
Prosegue: "La FAO esamino' gli ormoni nel latte e in un primo tempo espresse parere positivo. Un trionfo per la Monsanto, ma c'era una nota che stonava. Michael Hansen, un consulente della FAO, non era d'accordo e stava per lanciare un allarme. Ed ecco un fax che la Monsanto spedisce a un funzionario della sanità pubblica, dove si legge: Sembra che Michael Hansen non sia dei nostri. Dei nostri!!, capite che razza di mentalità? La Monsanto considerava gli esperti della FAO roba propria."
Il nostro chimico estrae dalla borsa altri fogli, altre prove inedite. E rincara la dose: "Ma alla FAO ci sono altri scienziati gravemente compromessi: sono Margaret Miller e Leonard Ritter. In questo documento riservato del Congresso degli Stati Uniti si legge che la dottoressa Miller era sotto inchiesta perchè, da dipendente pubblico, fu sorpresa a lavorare....indovini per chi? Per la Monsanto naturalmente, per conto della quale studiava gli ormoni. Veniamo al dottor Ritter: ho scoperto dagli archivi del parlamento canadese che Ritter è stato più volte pagato del CAHI, una grossa lobby nordamericana di industrie veterinarie favorevoli agli ormoni. Insomma, Miller e Ritter, due gioielli di indipendenza interni alla FAO, non le sembra?"
E allora ricapitoliamo: la mia fonte inglese ha dimostrato che alcuni scienziati consulenti della FAO, e specialmente Nick Weber, Margaret Miller e Leonard Ritter, erano da tempo collusi con una lobby e con una grande multinazionale interessate a vendere ormoni, e nonostante l'evidente conflitto di interessi hanno continuato a decidere della nostra salute per conto della FAO.
Lo scienziato inglese ora conclude e porta l'affondo decisivo: "E non è proprio la FAO che ha giudicato innocui anche gli ormoni della carne, permettendo cosi' al WTO di condannare l'Europa. Come ci si può fidare? E poi guardi le liste degli scienziati della FAO che nel '99 e nel 2000 hanno di nuovo esaminato gli ormoni americani nella carne: chi ci troviamo? Weber, Miller, Ritter e tutti gli altri. Sono tutti qui, sono sempre qui!"
Una storia pesantissima, in cui entrano in gioco interessi multimiliardari e soprattutto la nostra salute.
MERCI LIBERE DI CIRCOLARE… ANCHE SE
TOSSICHE
La parola a Susan George, direttrice del Transnational Institute di
Amsterdam e considerata oggi il critico piu' autorevole del sistema
globalizzato: "L' arma più tagliente del WTO e' l'accordo sulle
Barriere Tecniche al Commercio, che può annullare le leggi degli
Stati, quelle delle amministrazioni locali e persino le regole delle
piccole organizzazioni non governative. Esso colpisce particolarmente il
diritto dei cittadini di sapere come sono fatte le merci che
acquistano e da chi sono fatte."E infatti questo accordo prende di mira proprio le etichette: le etichette che ci dovrebbero dire se nei giocattoli che diamo ai nostri piccoli ci sono sostanze tossiche, se nei cibi che mangiamo ci sono ingredienti geneticamente modificati, o se i palloni che compriamo sono fatti da bambini sfruttati nei paesi poveri. Iniziamo proprio da questo esempio. Susan George spiega: "Il calcio e' sicuramente un grande sport, anche se io sono americana! Ma l'accordo WTO sulle Barriere Tecniche al Commercio ci impedisce proprio di rifiutarci di importare palloni da calcio cuciti dai bambini sfruttati in Asia. Per i globalizzatori un pallone e' un prodotto e lo possiamo rifiutare solo se e' di cattiva qualità e non se è fatto da piccoli schiavi."
Nel frattempo al WTO qualcuno sta gia' protestando contro le regole europee che vietano nei nostri giocattoli l'uso di ammorbidenti tossici. Me ne parla Fabrizio Fabbri, uno dei responsabili di Green Peace Italia: "Sta succedendo che Hong Kong e il Brasile stanno invocando l'intervento del WTO per annullare il provvedimento europeo che vieta i composti chimici pericolosi nei giocattoli per bambini. Il WTO potrebbe ritenere questa misura di tutela della salute un ostacolo alle leggi del libero commercio, in base a un accordo sottoscritto anche dall'Italia che prevede il non utilizzo di ragioni sociali o ambientali come discriminazione commerciale." Fabbri apre una borsa e fa cadere sulla scrivania una miriade di pupazzetti e bamboline colorati, quelli tossici appunto. Ma dovessero tornare questi giocattoli pericolosi, almeno che ci sia un'etichetta che ce li fa distinguere. Fabbri scuote il capo: "Teoricamente sarebbe la misura minima di tutela dei consumatori, ma e' quella maggiormente contestata proprio dal WTO."
Guerra dunque persino alle etichette che ci dovrebbero informare su quello che acquistiamo, ma non solo. Ciò' che veramente stupisce e' scoprire che chi ha scritto gli accordi di globalizzazione ha voluto che il loro potente braccio si estendesse ben oltre i governi nazionali, e che raggiungesse persino le piccole organizzazioni volontarie. Persino loro. Per capire meglio ciò che ho detto seguiamo la signora Luciana Giordano nello shopping. Questa giovane linguista di Bologna fa parte della nutrita schiera di italiani che acquistano regolarmente il caffè equo & solidale, e questo significa che Luciana sa che il suo caffè è prodotto da lavoratori del terzo mondo tutelati nella dignità e nei diritti fondamentali. Ma come fa a saperlo? Attraverso la presenza sulla confezione dell'etichetta Transfair, oppure comprando il macinato nelle cosiddette Botteghe del mondo. Si tratta di piccole organizzazioni non a fine di lucro, ma sembra proprio che sia loro che le loro etichette violino i contenuti del solito accordo WTO sulle Barriere tecniche al commercio.
Etichettare le merci, cosi' che il cittadino possa rifiutare quelle che violano i principi etici, o di protezione dell'ambiente e della propria salute e' un diritto fondamentale che il WTO sembra volerci togliere. In tutto ciò sono chiare le pressioni esercitate dai colossi industriali, e non sono illazioni: ho trovato due documenti che non lasciano dubbi.
Il primo, stilato dalla Camera di Commercio Internazionale (un'altra lobby di multinazionali che comprende anche la Pirelli e la nostra Confindustria) chiedeva al cancelliere tedesco Schroeder (poco prima della storica conferenza del WTO a Seattle) quanto segue: i programmi di etichettatura ecologica dei prodotti possono creare barriere al libero commercio, e vogliamo su questo una urgente applicazione degli accordi del WTO.
Nel secondo documento ho trovato un'esplicita richiesta del Trans Atlantic Business Dialogue, che recita: alla Commissione Europea chiediamo che un accordo internazionale sugli investimenti non sia indebolito da clausole sui diritti dei lavoratori o sulla tutela dell'ambiente.
Si comprende cosi' come anche la legge europea sull'etichettatura obbligatoria dei cibi contenenti geni modificati sia finita nel mirino del WTO. Eppure quella legge non e' poi cosi' severa: essa infatti dice che se i geni modificati sono presenti nei cibi sotto la quantita' dell'1%, non vanno dichiarati in etichetta. E io ho voluto fare una prova. Ho infatti comprato alcuni prodotti contenenti soia: dicono che la soia oggi sia quasi tutta geneticamente modificata, ma nelle etichette dei biscotti VitaSystem, dei crackers Misura, di quelli della Cereal e del pane a fette della Barilla non e' segnalato alcunche'. E allora sono andato a farli anlizzare. Ecco i risultati delle analisi. Pane alla soia della Barilla: nessuna presenza di soia transgenica; crackers della Misura, anche qui nulla di geneticamente modificato; veniamo alla Cereal: idem come prima, e cioe' niente geni manipolati; e infine abbiamo i biscotti della VitaSystem, e qui la soia transgenica c'era, ma nella percentuale dello
0,6%, e la legge europea, come dicevo, non prevede che questa quantita' si debba segnalare in etichetta. Cio' significa che noi consumatori stiamo comunque ingerendo e sperimentando cibo transgenico, anche se in piccole quantita', e questo prima che la scienza sappia con certezza quali saranno gli effetti sulla nostra salute.
(tratto da REPORT giugno 2000 - l'intero testo si può scaricare da www.report.rai.it)
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TOBIN TAX in Italia e in Europa: tutti insieme è possibile
Attac Italia lancia una campagna nazionale per promuovere una legge di iniziativa popolare in favore della istituzione di una tassa sulle transazioni valutarie (Tassa Tobin) il cui gettito sia effettivamente ridistribuito in favore dei cittadini. La legge di iniziativa popolare è l’unico potere legislativo in mano ai cittadini (a parte quello abrogativo del referendum) e consente, con 50.000 firme autenticate, di portare in Parlamento una proposta di legge.
Che cosa chiede esattamente la proposta di legge sulla Tassa Tobin?
Chiede che venga istituita una Commissione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri composta da rappresentanti ministeriali, della Banca d’Italia, da esperti e da rappresentanti del Comitato promotore. Il suo compito è quello di presentare, entro sei mesi, una proposta particolareggiata per l’introduzione in Europa di una tassa sulle transazioni valutarie.
Che cosa si intende per transazione valutaria?
Si intende qualunque contratto che comporti scambio di valute, in contanti o a termine, da qualunque soggetto effettuato (ad esclusione delle banche centrali e le autorità di politica economica nazionale e internazionale)
L’aliquota da applicare alle transazioni valutarie sarebbe pari allo 0,1 % almeno. Il gettito servirebbe a:
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Che cosa dovrebbe produrre esattamente la Commissione prevista dalla proposta di legge?
Uno studio particolareggiato che consenta di:
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Questo studio deve essere trasmesso al Parlamento per l’espressione delle Commissioni competenti ai fini di una adozione in sede comunitaria presso il Consiglio dei Ministri dell’UE.
Che cosa accade se a livello di Unione Europea non viene emanata questa legge?
La proposta è che, in mancanza di un’iniziativa legislativa da parte dell’UE, l’imposta sulle transazioni valutarie sia comunque applicata in Italia, con un’aliquota dello 0,02% del valore della transazione effettuata.
Le modalità sarebbero simili a quelle illustrate prima, con la differenza che i proventi del gettito sarebbero gestiti a livello ministeriale. La destinazione sarebbe:
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CHE COS’E’ ATTAC?
Associazione per la Tassazione delle Transazioni finanziarie in Aiuto ai Cittadini.
ATTAC è una associazione di dimensione internazionale, una rete di corpi, idee, desideri e conoscenze per battere la dittatura dei mercati. La radicalità dei temi e delle proposte fanno di ATTAC un’associazione che pensa e agisce contemporaneamente nel locale e nel globale Informazioni: www.tassatobin.it