fate il forno elettrico a taranto



dal secolo xix

27.11.01

DA TARANTO UN'OFFERTA A ILVA: FATE QUI IL FORNO ELETTRICO

Taranto. «Vediamo quali sono le esigenze di Genova. Vediamo
quali sono le esigenze di Taranto. Cerchiamo di renderle
compatibili». Dopo la rottura con Emilio e Claudio Riva («Ma
sono loro che non vogliono parlare con me») il sindaco di Taranto
Rossana Di Bello lancia una proposta che potrebbe essere raccolta, nei
prossimi giorni, dal tavolo sulla siderurgia convocato a Roma.
Uno, due, tre forni elettrici. A Taranto sono altrettanti gli altiforni
in funzione (più due non operativi) e la sopportazione del quartiere
Tamburi, omologo di Cornigliano, è arrivata al limite. La cokeria è
stata messa anche qui sotto sequestro dall’autorità giudiziaria, «ma
noi — inorgoglisce il sindaco — sappiamo come fare per spegnerla.
Abbiamo assunto come consulente l’ingegner Guido Colavini, l’ex
direttore dell’Ilva di Taranto».
Forzista, biologa nella vita privata, Rossana Bello rivendica il merito
di aver chiesto per prima «un confronto nazionale sulla siderurgia,
con la presenza contemporanea del ministro dell’industria e di quello
dell’ambiente». Il motivo? «Genova e Taranto non sono due situazioni
distinte. Ma da noi l'Ilva garantisce lo stipendio a dodicimila e
ottocento persone e non possiamo permetterci di snobbare l’industria
pesante».
Da una parte quasi tredicimila posti di lavoro,  per una produzione di
otto milioni e mezzo di tonnellate l’anno; dall’altra mille posti di
lavoro e un milione di tonnellate. Da una parte una furibonda polemica
sul forno elettrico, non voluto prima di tutto dalla Regione Liguria;
dall’altra la necessità di limitare l’inquinamento che ogni giorno
avvolge Taranto in una nube rossastra. «Un punto d’incontro ci deve
essere», sospira Rossana Di Bello: «E il governo lo sa».
Il governo schiera ministri omologhi al sindaco tarantino e al
governatore della Liguria Sandro Biasotti, che non ha dimenticato le
promesse elettorali di Berlusconi: «Ridaremo a Cornigliano l’azzurro
del suo mare e del suo cielo». Il governo affronterà nei prossimi giorni
la questione della siderurgia ben sapendo che si gioca la faccia e non
solo.
Dell’acciaio (l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la
Germania) ha fame l’industria meccanica, il primo comparto industriale
del Paese. Consegnarsi all’import sarebbe una catastrofe, a cominciare
dalle conseguenze che avrebbe sulla bilancia dei pagamenti. Dunque
la siderurgia è una necessità. Sul come e dove farlo, però, la partita
è aperta più che mai.

Paolo Crecchi
Antonio Bruno vice presidente del Consiglio Comunale di Genova antonio.bruno01 at libero.it antonio.bruno at katamail.com bruno at aleph.it