lettera al Corriere: "I parlamentari interventisti vadano in guerra se hanno coraggio"



Gentile direttore,
abbiamo assistito alla votazione in Parlamento: via libera alla partecipazione italiana alla guerra, dunque. Nessun partito che ha votato a favore della guerra si è preoccupato di spiegare la compatibilità di quel voto con l'articolo 11 della Costituzione: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione della controversie internazionali". La guerra a cui offriamo uomini e mezzi è la negazione del diritto alla vita, di quella vita senza la quale è illusorio parlare di ogni aspirazione alla libertà. E quindi è negazione della libertà. Noi andiamo lì dicendo di liberarli, e li massacriamo con "bombe blu" da 7 tonnellate. Non c'è proporzione fra costi e benefici della guerra: si usa la forza non per ridurre la violenza ma per portarla al massimo livello. Ciò contrasta con i criteri degli stessi sostenitori della "guerra giusta", la cui logica giustifica uno spargimento di sangue solo per evitarne uno maggiore. Che andiamo a fare in Afghanistan? Ci andiamo non per limitare ma per completare un massacro da cui gli afghani non hanno scampo. Ci andiamo per pareggiare e oltrepassare la barbarie delle Torri Gemelle. Un giorno dovremo chiedere perdono al popolo afghano. Dovremo fare il nostro minuto di silenzio anche per questi poveracci la cui colpa - come gli innocenti delle Torri Gemelle - è quella di essere al momento sbagliato nel posto sbagliato. Frontiere sigillate e inverno alle porte, abbiamo da offrire al popolo più povero della Terra solo la retorica dei soliti discorsi e qualche pacchetto di viveri buttato sui campi minati. Gli afghani non hanno via di scampo, dovranno scegliere solo se morire di freddo lontano dalle bombe o al riparo sotto le macerie, arrostiti dalle bombe. C'è chi dice: "Perché non si ribellano?" Ci si ribella se si ha di fronte un'alternativa. Hanno di fronte un'alternativa? Siamo pronti ad accogliere milioni di rifugiati e ad appoggiarli per farli ritornare nella loro patria "liberata" dai talebani e ricostruita? No. Oggi a 7 milioni di profughi si dice: "Arrangiatevi". E' difficile pensare che non ci maledicano. E' difficile pensare che non si batteranno fino all'ultimo, e non per difendere il regime ma per difendere semplicemente se stessi. Questa guerra sarà probabilmente "troppo lunga" e alla fine qualcuno dirà: "Questi afghani sono come i giapponesi di 60 anni fa, si arrendono solo con l'atomica". Anzi, qualcuno già lo sta bisbigliando. E' un dovere di tutti opporsi a questa guerra perché essa genera automaticamente nuovi terroristi, nuovi kamikaze, nuovi disperati. Lo hanno capito anche i più stupidi. I favorevoli alla guerra diminuiscono di giorno in giorno anche perché le ragioni per cui era nata non sono più quelle per cui oggi si combatte. Ormai non si parla più della cattura di Bin Laden. Non potendo fare ciò che desidera, Bush desidera ciò che fa: la logica si ribalta.
E la gente se ne accorge.
I sondaggi ci dicono che il 55% degli italiani non appoggia questa guerra.
E' quindi evidente che questo Parlamento non rappresenta - almeno su tale scelta cruciale - il volere del Paese, non rispecchia l'opinione pubblica e neppure la consulta. Se ci fosse oggi un referendum consultivo apparirebbe netto lo scollamento fra gran parte della classe politica e la maggioranza dei cittadini. Alla base di tutto credo ci sia l'insincerità di tanti politici. Mi sbaglio? Verifichiamo subito. Propongo pertanto l'arruolamento immediato dei parlamentari filo-interventisti e il loro impiego per l'attacco di terra in Afghanistan. Diano esempio di coraggio. E se qualcuno non potesse per ragioni di età ci mandasse i propri figli o desse almeno la metà dello stipendio di parlamentare per la Patria visto che la missione ci costerà trecento miliardi al mese.

Alessandro Marescotti