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Cinema e realtà: il mobbing misurato da SDA Bocconi




Vengono resi noti i risultati preliminari di una ricerca della SDA Bocconi

IL MOBBING PUÒ COLPIRE CHIUNQUE
ANCHE NEL SETTORE PUBBLICO

Mentre esce il film Mi piace lavorare. Mobbing di Cristina Comencini con 
Nicoletta Braschi, i dati confermano che il fenomeno riguarda lavoratori di 
ogni età, formazione, posizione gerarchica e sesso. In Italia i superiori, 
e non i colleghi, sono i mobber più accaniti. I manager attaccano di 
preferenza la situazione lavorativa della vittima, muovendo le leve 
gerarchiche; i colleghi colpiscono la sfera relazionale. Individuata una 
sindrome del tutto particolare per il settore pubblico

Milano, 12 febbraio 2004: Il mobbing è percepito come un fenomeno figlio 
della competitività estrema del settore privato e, invece, è ampiamente 
diffuso anche nel settore pubblico. Si presenta in contesti diversi con 
caratteristiche diverse, ma può colpire chiunque, indipendentemente da età, 
sesso e posizione gerarchica. Se le caratteristiche personali sono 
ininfluenti, le vere cause e, perciò, le soluzioni, sono da ricercare 
all’interno delle organizzazioni aziendali.

Mentre l’uscita del film Mi piace lavorare. Mobbing di Cristina Comencini 
con Nicoletta Braschi fa discutere del tema, vengono resi noti i risultati 
preliminari di un’ampia ricerca in corso sul tema. Paola Caiozzo dell’Area 
Organizzazione & Personale della SDA Bocconi sta analizzando i casi di chi, 
dal 1996 a oggi, si è rivolto alla Clinica del Lavoro di Milano e, dopo un 
percorso diagnostico di tre giorni, si è dimostrato affetto da disturbo 
dell’adattamento (DDA) o disturbo post-traumatico da stress (DPTS), 
patologie per le quali la condizione di lavoro è considerata la causa più 
importante. Su circa 3.000 persone che si sono rivolte, negli anni, alla 
Clinica del Lavoro, un terzo rientra effettivamente nella categoria dei 
mobbizzati. L’analisi ha riguardato, finora, 102 casi, con una 
significatività statistica del 90% e si concluderà ai 300 casi, con una 
significatività del 99%.

Il mobbing è apparentemente meno diffuso in Italia che nel Nord Europa 
(TAB. 1), ma sul dato influiscono importanti fattori culturali: un 
comportamento considerato antisociale in un paese può essere tollerato in 
un altro, per una diversa visione del lavoro o una diversa sensibilità nei 
rapporti sociali; e, soprattutto, potrebbero esserci gap temporali nella 
diffusione del fenomeno o nella sua percezione e conoscenza. A conferma di 
ciò, la patologia di chi si rivolge alla Clinica del Lavoro oggi è, di 
solito, a uno stadio meno avanzato di quella di chi vi ricorreva qualche 
anno fa: chi ne viene colpito riconosce prima il mobbing e cerca di correre 
subito ai ripari.

La distribuzione del mobbing per età risulta piuttosto omogenea (TAB. 2), 
con la sola, significativa eccezione dei giovani tra i 21 e i 30 anni, che 
costituiscono un misero 5,9% dei mobbizzati. È l’età in cui, di fronte alle 
pressioni dell’ambiente lavorativo, è più facile attuare strategie di exit.

Uomini e donne, in Italia, sono colpiti dal mobbing in percentuale quasi 
equivalente (TAB. 3), a differenza di quanto accade nel resto d’Europa, 
dove le donne sono colpite più degli uomini. Il dato riflette, però, la 
minore partecipazione femminile al mercato del lavoro italiano.

I titoli di studio più bassi sembrano mettere al riparo dal mobbing (TAB. 
4): solo l’1% delle vittime possiede la licenza elementare e i titoli di 
studio superiori sono sovrarappresentati rispetto alla composizione del 
mercato del lavoro italiano.

La rilevazione rispetto all’inquadramento professionale conferma che il 
fenomeno è diffuso a tutti i livelli (TAB. 5), ma la percentuale di 
dirigenti colpiti, anche se più bassa rispetto a quella di chi occupa 
posizioni diverse, è comunque molto alta se confrontata alla percentuale di 
dirigenti impiegati dalle aziende.

Una specificità del tutto italiana è la massiccia diffusione del mobbing 
nel settore pubblico (TAB. 6). Come si vedrà, a tale diffusione corrisponde 
anche uno stile di mobbing specifico, che utilizza strumenti diversi da 
quelli diffusi nel privato.

Infine (TAB. 7), il mobbing risulta essere fenomeno da grande impresa 
piuttosto che da piccola. Il dato va, comunque, preso con beneficio di 
inventario perché le informazioni effettivamente a disposizione dei 
rispondenti rispetto alle dimensioni della propria azienda e alla 
definizione di piccola, media e grande azienda non sono verificabili.

Il mobbing è un fenomeno psicologico e sofisticato: nella sua attuazione 
non si registra quasi mai l’uso di violenza fisica o molestia sessuale (i 
fenomeni sono chiaramente distinti). Gli attacchi ai quali è sottoposto il 
mobbizzato sono di tre tipi: attacchi alla persona, attacchi alla 
situazione lavorativa e azioni punitive. Tra gli attacchi alla persona sono 
diffusissimi (l’85% dei mobbizzati dichiara di averli subiti spesso o 
qualche volta) i comportamenti volti a istigare contro la vittima 
l’ambiente circostante e le provocazioni volte a fargli perdere il 
controllo, ma altrettanto tipici sono l’isolamento fisico, la creazione del 
silenzio intorno al soggetto, l’esclusione dalle attività ricreative e 
sociali, il rifiuto di collaborazione da parte dei colleghi.

Gli attacchi alla situazione lavorativa si esplicitano in attacchi a 
livello delle capacità e dell’immagine professionale (critiche continue, 
mancata considerazione delle proposte, basse valutazioni, attribuzione di 
colpe) e in attacchi penalizzanti in eccesso (assegnazione di carichi di 
lavoro e scadenze impossibili) o in difetto (demansionamento, mancata 
assegnazione di lavoro). Gli attacchi penalizzanti in difetto sono più 
diffusi di quelli in eccesso. L’attacco punitivo più diffuso è il rifiuto 
di permessi, ferie, trasferimenti.

Un’altra tipicità italiana è il fatto che gli aggressori siano 
riconosciuti, nella stragrande maggioranza dei casi, nei superiori (53,5%), 
mentre i colleghi partecipano pochissimo alle azioni di mobbing (7,1%). Il 
resto del campione indica come aggressori diverse combinazioni di 
superiori, colleghi e subalterni. Il mobbing, in alcuni casi, raggiunge una 
tale intensità emotiva che la vittima perde la lucidità e finisce per 
sentirsi accerchiata. Nonostante il questionario non comprendesse la voce 
“tutti” nell’indicazione dei mobber, più del 10% dei rispondenti ha 
raggiunto un tale grado di esasperazione da aggiungerla a penna.

A seconda dell’intensità della funzione di rinforzo dell’organizzazione, il 
mobbing può essere strategico, ovvero rispondente a un preciso disegno di 
esclusione di un lavoratore, o relazionale, ovvero derivante da 
un’alterazione delle relazioni interpersonali, sia gerarchiche sia coi 
colleghi. Nel mobbing strategico i mobber sono i manager e la ricerca 
conferma che le azioni più utilizzate sono quelle che incidono sulla sfera 
professionale: azioni che mirano a ridicolizzare, umiliare, offendere o 
provocare la vittima, critiche continue; sovraccarico di lavoro o 
demansionamento; negazione del diritto alla formazione e rifiuti ad 
ottenere permessi e ferie; eccessivo ricorso alle visite fiscali. Il 
mobbing relazionale tra colleghi si caratterizza, invece, per le critiche 
continue; il rifiuto di comunicazioni dirette; le azioni che mirano a 
ridicolizzare, umiliare, offendere; i comportamenti volti a istigare 
l’ambiente contro il mobbizzato.

La ricerca evidenzia, infine, una sindrome tipica per il mobbing nel 
settore pubblico, caratterizzato da azioni volte a ridicolizzare, umiliare, 
offendere; creare delle intromissioni nella vita privata; effettuare un 
controllo eccessivo delle comunicazioni personali; affiancare un 
collaboratore senza preavviso; rifiutare o fare molte difficoltà per 
permessi, ferie, trasferimenti.

TABELLA 1. Diffusione del mobbing nella UE

Paese           Percentuale di lavoratori
                         oggetto di mobbing
Gran Bretagna   16,3%
Svezia          10,2%
Francia           9,9%
Irlanda           9,4%
Germania                  7,3%
Spagna            5,5%
Belgio            4,8%
Grecia            4,7%
Italia                    4,2%
Fonte: European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions


TABELLA 2. Distribuzione del mobbing in Italia per età

Età                     Percentuale
Tra 21 e 30 anni                  5,9%
Tra 31 e 40 anni                32,7%
Tra 41 e 50 anni                33,7%
Tra 51 e 60 anni                23,8%
Oltre 61 anni             4,0%

TABELLA 3. Distribuzione del mobbing in Italia per genere

Sesso                   Percentuale
Uomini                  51%
Donne                   49%


TABELLA 4. Distribuzione del mobbing in Italia per titolo di studio

Titolo di studio                        Percentuale
Laurea                                  23%
Diploma media superiore                 50%
Diploma media inferiore                 26%
Licenza elementare                        1%


TABELLA 5. Distribuzione del mobbing in Italia per inquadramento

Inquadramento           Percentuale
Personale operativo             34%
Impiegati                               42%
Quadri                            9%
Dirigenti                               15%


TABELLA 6. Distribuzione del mobbing in Italia per settore lavorativo

Settore                 Percentuale
Pubblico                                40,6%
Industria                               25,0%
Commercio                               13,5%
Servizi                         20,8%


TABELLA 7. Distribuzione del mobbing in Italia per dimensione

Dimensione aziendale    Percentuale
Piccola                         18,8%
Media                           22,4%
Grande                          58,8%

Per ulteriori informazioni:
·       Fabio Todesco, Ufficio Relazioni con i Media
tel. 02/58362331, cell. 335/6429254, e-mail fabio.todesco@uni-bocconi.it


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