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Come ridistribuire ricchezza e potere a livello globale?
HEADLINES 2004/India World Social Forum (FSM) 2004, edizione speciale n. 4:
Notizie dall’Apostolato Sociale della Compagnia di Gesù… per scambiare
notizie, condividere la spiritualità e favorire il lavoro in rete ...
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Notizie dal Forum Sociale Mondiale di Mumbai in India
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* Esprimere e rivelare la sofferenza
* Come ridistribuire ricchezza e potere a livello globale?
* Gioia, speranza e un po’ di delusione
* Quale futuro per il FSM?
* Il processo di pace in America Latina
* Lavorare su più livelli
* I malintesi da chiarire
* Vita di comunità
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* Esprimere e rivelare la sofferenza
Una delle caratteristiche principali della società dei consumi, qualcuno
aggiungerebbe della società “globalizzata”, è quella di dar voce solo a chi
possiede i mezzi e le risorse economiche per parteciparvi e
contemporaneamente quella di nascondere la realtà sociale e politica della
sofferenza e dell’emarginazione. Come ci fa notare la francese Anne Furst,
membro della delegazione internazionale, le centinaia di Dalit e Adivasi
“acquistano qui, al FSM, un volto concreto, un volto di celebrazione, di
dignità: essi diventano visibili all’interno dello spazio pubblico,
visibili a tutti, riconoscibili da tutti”. Le loro sofferenze e le loro
richieste sono portate in primo piano: in modo radicalmente diverso
rispetto ai processi della globalizzazione, il FSM e le persone che hanno
reso possibile tutto questo hanno dato voce a coloro che, secondo la logica
del mercato, non contano e la cui sofferenza politica e sociale è nascosta
dal disagio e dall’imbarazzo delle nostre “élite” e!
conomiche. [HL40120]
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* Come ridistribuire ricchezza e potere a livello globale?
Domenica 18 gennaio, nel pomeriggio, il CIDSE (Rete Internazionale delle
Organizzazioni Cattoliche per lo Sviluppo) e la Caritas Internazionale
hanno organizzato un seminario per discutere i possibili modi per ridurre
le disuguaglianze e la distribuzione iniqua delle risorse e della
ricchezza. In particolare la discussione si è incentrata sul ruolo che può
giocare in questo senso il conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo per il
Nuovo Millennio (MDG), proposti dall’ONU.
La discussione è stata aperta da un intervento interessante e dettagliato
di Duncan MacLaren, Segretario Generale della Caritas Internazionale, che
prendeva le mosse dai valori cristiani. Sono seguiti quattro brevi
interventi sul debito, la tassazione, la discriminazione sessuale e il
commercio, per illustrare il meccanismo attraverso il quale la
distribuzione della ricchezza e del potere rimane iniqua e soluzioni quali
quelle adottate nelle Filippine per risolvere i problemi
dell’approvvigionamento idrico e della protezione ambientale sono state
portate come esempio di soluzioni inefficaci e basate su criteri di esclusione.
C’è stato un consenso generale sul fatto che gli Obiettivi di Sviluppo per
il Nuovo Millennio non saranno raggiunti se non si raggiungerà prima
l’ottavo obiettivo, che riguarda le modifiche strutturali nelle politiche
sul debito e sul commercio, nel sistema degli aiuti internazionali e della
cooperazione in campo fiscale. Secondo il peruviano Javier Iguiñiz, il
raggiungimento degli obiettivi potrà avere un impatto forte e significativo
sulla ridistribuzione della ricchezza e del potere. Oded Grajew, uno degli
ideatori del FSM, ha concluso dicendo che la premessa di una nuova
relazione fra il Nord e il Sud del mondo è una democrazia vera e effettiva.
[HL40121]
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* Gioia, speranza e un po’ di delusione
Non è facile poter parlare in tranquillità con Padre Joe Xavier S.J.: la
sua attenzione è catturata dalle continue richieste che provengono da ogni
parte. Insieme con Padre Prakash Luis S.J., Padre Xavier è stato un po’
l’anima del South Asian People’s Initiative (SAPI). Quando gli abbiamo
chiesto quale fosse il motivo di maggior gioia di questi giorni, ha
risposto che uno dei risultati più soddisfacenti è stato il fatto che
“dalit e indigeni siano venuti qui insieme per discutere dei loro problemi
e condividere le proprie strategie: c’è una maggiore coscienza, nonostante
le difficoltà pratiche, della possibilità di diventare una forza unita. Ciò
va proprio nella direzione dell’obiettivo che, come Assistenza, ci siamo
posti: quello di lavorare in prevalenza con queste due comunità”. Il FSM ha
reso possibile la creazione di un fronte unito e secolare
(non-confessionale) in cui gesuiti, collaboratori laici e molte altre
piccole organizzazioni non-cristiane possono riconoscersi!
. Interrogato su questo tema, Joe ha detto: “i membri del Comitato
Indiano del FSM hanno sottolineato che, grazie a questo sforzo, siamo stati
in grado di giocare un ruolo e acquistare un posto all’interno della
società civile indiana”. Joe si sente un po’ deluso del fatto che “solo un
piccolo numero di gesuiti che lavorano in altri settori apostolici sia
potuto venire qui a Mumbai e vivere questa esperienza insieme a noi; forse
abbiamo perso una buona occasione per rafforzare la dimensione sociale in
tutte le nostre attività e per costruire ponti fra noi”. [HL40122]
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* Quale futuro per il Forum Sociale Mondiale?
E’ troppo resto per dare una risposta a questa domanda. Ma dal momento in
cui si è presa la decisione di venire qui a Mumbai, questa domanda è nella
mente e sulle labbra di ciascuno. Dopo quasi tre giorni di seminari,
workshop, conferenze e sessioni plenarie, la domanda non può essere più
ignorata. I contrasti sono forti: fra le strade della zona in cui si svolge
il Forum, con marce, danze e gruppi musicali, e gli spazi per le conferenze
più o meno organizzati per la traduzione e permettere la riflessione; fra i
gruppi indiani e coloro che vengono dall’estero; fra quelli che amano la
festa, la gioia di stare insieme, il non essere mai isolati e quelli che
riflettono e pensano al domani, che preparano il dopodomani. Oggi, a questo
livello di scambio che stiamo vivendo, si possono percepire vari tipi di
forum all’interno del Forum stesso. Dove ci porterà tutto questo?
Il forum dello sviluppo è il più conosciuto. Non ci sono dibattiti teorici,
teorie o modelli di sviluppo; solo alcune esperienze che funzionano, come,
ad esempio, quella di un filippino che ha elaborato dei criteri per
valutare il modo in cui diritti umani, sociali ed economici vengono
rispettati nel proprio paese; ma più di tutto, una ripetuta denuncia,
giusta o sbagliata che sia, della globalizzazione, delle istituzioni
internazionali e delle multinazionali.
Un secondo forum è quello dei diritti umani. Dopo molto tempo le relazioni
fra le varie ONG si sono rafforzate: non c’è più bisogno di provare
l’efficacia di una lotta ben strutturata e che coloro che difendono i
diritti umani sono più protetti e più preparati quando ricevono un supporto
adeguato. La lotta mondiale contro il terrorismo ha aumentato la paura di
nuovi attacchi ai diritti umani, in particolare da parte di governi
autoritari, e ciò richiede nuove strategie. A questo gruppo si possono
associare i vari militanti pacifisti, soprattutto provenienti da paesi
asiatici: Timor, Corea, Nepal, Tibet; anche la Palestina è ben rappresentata.
Il terzo forum è quello indiano: contadini del Kerala arrivati a Mumbai per
la prima volta; pescatori della costa; artigiani, guidatori di risciò,
paladini degli Adivasi e dei Dalit, militanti pacifisti del Gujarat. Pur
nella loro diversità tutti questi gruppi parlano dell’India: sarà questo il
loro primo e ultimo incontro? I più fortunati che hanno ricevuto un aiuto
finanziario da parte di fondazioni o istituzioni, sono ben rappresentati
sulla scena internazionale e si incontreranno ancora, ma gli altri sono
quelli che più hanno beneficiato di questo incontro. In un certo senso, il
Forum di Mumbai è divenuto indiano.
Tutto questo ci ha indicato una strada per il futuro? Possiamo sognare un
incontro simile a Dakar, Nairobi o Johannesburg? E perché non in Africa?
Già s’incomincia ad inventare altri slogan, colori e argomenti di
discussione. L’idea di cambiare luogo può evitare un’eccessiva
radicalizzazione e di cadere nella trappola di una contestazione troppo
estremista. Ci si sforza ad aprire gli spazi per lo scambio di idee, ad
essere recettivi verso nuove problematiche e a dare continuità al
movimento. Questo costituisce già qualcosa di promettente di per sé!
(Pierre Martinot-Lagarde S.J.). [HL40123]
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* Il processo di pace in America Latina
Il processo di pace in Messico, Guatemala e Colombia era il tema di un
seminario condotto dai padri Ricardo Falla S.J. (Centro America), Alfredo
Zepeda S.J. (Messico) e José Oscar de Choco, un sacerdote colombiano
afro-americano. Gli oratori hanno raccontato la loro esperienza con gli
indigeni e la popolazione afro-americana e la risposta del pubblico è stata
molto positiva. La presenza di alcuni asiatici ha contribuito a rendere
ancora più stimolante l’incontro. [HL40124]
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* Lavorare su più livelli
Un gesuita della delegazione internazionale ha partecipato ad un convegno
in un lussuoso hotel con vista sulla bella spiaggia di Juhu, a Mumbai.
L’incontro, promosso dal governo finlandese, era un’occasione per portare
avanti il Processo di pace di Helsinki. Erano presenti ministri provenienti
dall’India e dall’estero, professionisti ed accademici. Un esempio
ulteriore di come i gesuiti possono essere coinvolti nel costruire ponti
fra varie sponde ed essere presenti in questo processo. [HL40125]
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* I malintesi da chiarire
Parlando del “brillante ruolo” che l’India può giocare nel rafforzare il
potere della società civile nel mondo, l’editoriale del Times of India del
20 gennaio, lamentava il fatto che il maggior quotidiano dell’India avesse
dato così poca attenzione al FSM. L’editoriale spiegava anche quattro
malintesi circa le richieste del FSM, che devono essere risolti prima di
poter iniziare un qualsiasi dialogo con tra le parti interessate. Un gruppo
considerevole presente al FSM non è contrario al mercato, ma al
“fondamentalismo del mercato”, la loro alternativa non è un ritorno cieco
alla centralizzazione, al controllo dello stato sull’economia, ma una
combinazione di norme ed istituzioni (governance) che renda capaci le
persone di partecipare in modo più giusto; non sono favorevoli ad una forma
di “isolamento”, ma difendono un “localismo cosmopolita”; e ciò che essi
vogliono in modo forte è una “globalizzazione dei valori” e un deciso
impegno a muoversi verso “un’economia della speran!
za” dove i redditi, inclusi i profitti, includano, nel loro calcolo i
benefici in termini di benessere umano e di preservazione dell’equilibrio
ecologico. Molti partecipanti al FSM sarebbero d’accordo con questo
editoriale. [HL40126]
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* Vita di comunità
La delegazione internazionale si è ormai abituata alla routine giornaliera.
Le giornate iniziano con un’Eucaristia comune in una delle tante stanze o
Cappelle dove i gesuiti e le altre persone presenti si ritrovano per
esprimere e condividere insieme la nostra comune fonte di energia. Dopo una
veloce colazione nell’atrio della vecchia scuola con tutta la delegazione
SAPI, ci muoviamo verso la sede del FSM. Ci ritroviamo alla sera, per una
cena, insieme a tutti gli altri delegati e alla fine della giornata con una
riflessione e una condivisione comune. Il trovarsi insieme la sera è stato
un momento molto utile per raccogliere le informazioni su quegli eventi
che, necessariamente, scappano all’attenzione del singolo. Abbiamo raccolto
una piccola serie di preziosi contributi che sono stati condivisi in questi
momenti.
“Una sindacalista belga mi ha detto che è rimasta molto colpita
dall’onnipresenza di marce e rappresentazioni teatrali tradizionali
all’aperto; è un linguaggio comprensibile a tutti; dobbiamo lamentarci o
applaudire di questa riappropriazione da parte dei senza voce?” Alcuni sono
rimasti colpiti dalla terribile situazione dei rifugiati del Bhutan e dello
SriLanka (Tamil) che hanno toccato i nostri cuori quando hanno parlato ad
uno dei workshop organizzati dal JRS dell’Asia Meridionale. Un ascoltatore
ha commentato: “mi rendo conto solo ora della necessità di fermare tutte le
guerre presenti nel mondo”. Un altro ha notato “l’enfasi posta
sull’identità e le forme orizzontali di organizzazione”. Un membro delle
Comunità di Vita Cristiana (CVX) è rimasto colpito “dal banchetto artistico
aperto a tutti, dato gratuitamente con grazia e allegria”. Un altro
scriveva nel suo diario “posso portare con me in Australia l’impegno nella
costruzione di una solidarietà capace di respirare v!
ita, tanto necessaria in questo mondo; siamo testimoni della capacità di
leadership dei gesuiti indiani, e siamo molto grati di questo”.
La stanchezza incomincia a farsi sentire, ma domani, ultimo giorno,
promette di essere una giornata di consolidamento. Al 8.30 si incontrerà
l’intero gruppo dei coordinatori; alle 9.15 è stato proposto un incontro
fra tutti i gesuiti che lavorano con le popolazioni indigene; alle 10.00 ci
sarà la cerimonia conclusiva di SAPI e alle 16.00 la cerimonia conclusiva
del FSM. Nel prossimo numero cercheremo di fornirvi uno sguardo su questa
valutazione finale. [HL40127]
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