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La nonviolenza e' in cammino. 713



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 713 del 26 ottobre 2003

Sommario di questo numero:
1. Lidia Menapace: un invito a Verona l'8 novembre
2. Enrico Peyretti: l'adesione di Anna Maria Bruzzone alla proposta di Lidia
Menapace
3. Bruno Giaccone: sulla proposta di Lidia Menapace
4. Rosangela Pesenti: sulla proposta di Lidia Menapace
5. Donne in nero di Reggio Emilia: ogni sabato in piazza contro la guerra
6. Gila Svirsky: una marcia internazionale per i diritti umani in Palestina
ed Israele
7. Paolo Naso, Brunetto Salvarani, Giovanni Sarubbi: per l'inizio del
Ramadan
8. Associazione "Un ponte per": datteri iracheni, contro l'occupazione, per
l'autodeterminazione
9. Ettore Masina: la lettera di ottobre
10. Peppe Sini: un ultimo saluto a Gaspare
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. LIDIA MENAPACE: UN INVITO A VERONA L'8 NOVEMBRE
[Ringraziamo di cuore Lidia Menapace per questo invito. Lidia Menapace (per
contatti: llidiamenapace@virgilio.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa
alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Carissime e carissimi che siete interessati a discutere di neutralita'
attiva e disarmata del continente europeo,
ci siamo gia' incontrati/e in tanti; prime quelle della "Convenzione
permanente di Donne contro le guerre", che siamo le proponenti del progetto,
reti di Donne in nero, sindacaliste, donne di varie organizzazioni, poi
associazioni miste, centri e singole persone, amici carissimi, nomi noti,
persone che non ho mai visto: come sapete su proposta di Mao Valpiana del
Movimento Nonviolento e col supporto informativo e promotore del notiziario
"La nonviolenza a' in cammino" e del suo animatore Peppe Sini e di Giovanni
Benzoni col suo Annuario della pace abbiamo preso la decisione e
l'iniziativa di vederci per decidere se siamo in grado di avviare una
campagna di azioni conseguenti.
Il momento e' propizio perche' la nostra iniziativa servira' se non altro
per suscitare un po' di curiosita' verso la Costituzione europea che
altrimenti, concepita in modo pressoche' "clandestino", ci cadra' in testa e
sara' una brutta sorpresa; servira' inoltre a conoscerci e a confrontare le
nostre posizioni che sono in larga misura usabili in modo collaborativo e
reciprocamente utile.
L'incontro e' previsto a Verona presso la Casa della nonviolenza, in via
Spagna 8, il giorno 8 novembre prossimo, e i lavori saranno dalle ore 11
alle ore 16.
Vi aspettiamo numerosi e numerose e ci auguriamo un bell'incontro.
Vi abbraccio,
Lidia Menapace

2. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: L'ADESIONE DI ANNA MARIA BRUZZONE ALLA
PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscali.it) per questa
bella notizia.
Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno
dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere",
Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998;
La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe
Grande, Torino 1999; della sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa
senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, una
edizione a stampa - ma il lavoro e' stato successivamente aggiornato - e' in
Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace. Italia /
maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001, un'edizione aggiornata e'
apparsa recentemente in questo stesso notiziario (e contiamo di presentarne
prossimamente un'edizione nuovamente aggiornata). Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 477 del 15
gennaio 2003 di questo notiziario.
Anna Maria Bruzzone e' nata a Mondovì e vive a Torino, dove insegna.
Storica, impegnata per la pace e la dignita' umana. Opere di Anna Maria
Bruzzone:  (con Rachele Farina), La Resistenza taciuta, Milano 1976, nuova
edizione Bollati Boringhieri, Torino 2003; (con Lidia Beccaria Rolfi), Le
donne di Ravensbrueck, Einaudi, Torino 1978; Ci chiamavano matti, Einaudi,
Torino 1979; (con Anna Bravo), In guerra senza armi. Storie di donne
1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995.
Segnaliamo che anche Anna Bravo, anch'essa citata nell'articolo seguente, ha
espresso disponibilita' a contribuire alla riflessione comune promossa da
Lidia Menapace. Anna Bravo, storica e docente universitaria. Si e' occupata
tra l'altro di Resistenza, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale. Ha
fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie
di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del
Piemonte. Opere di Anna Bravo: La vita offesa (con Daniele Jalla), Angeli,
Milano 1986; Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione
dall'Italia (con Daniele Jalla), Milano 1994; Donne e uomini nelle guerre
mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; In guerra senza armi. Storie di donne
1940-1945 (con Anna Maria Bruzzone), Laterza, Roma-Bari 1995]
Per l'incontro dell'8 novembre per un'Europa neutrale (al quale con
dispiacere non posso partecipare causa precedente impegno), mi incarica di
comunicare la sua adesione piena all'idea di Lidia Menapace, la scrittrice e
storica Anna Maria Bruzzone.
Anna Maria e' autrice di vari libri sulla Resistenza e la Shoah. Ha appena
ripubblicato (dopo la prima edizione del 1976, apprezzatissima) in edizione
nuova e bella, il libro scritto insieme a Rachele Farina, La Resistenza
taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi (Bollati Boringhieri, Torino
2003, pp. 312). Il libro verra' presentato a Torino il 15 dicembre. Questa
edizione e' arricchita da una intelligente prefazione di Anna Bravo
(coautrice, con Anna Maria Bruzzone di In guerra senza armi. Storie di
donne, 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995).
Queste opere d'inchiesta e testimonianza sulla partecipazione delle donne,
effettiva ma per lo piu' disarmata, alla lotta di Resistenza, hanno promosso
tra gli storici l'individuazione e il riconoscimento, dapprima gravemente
mancato, del fatto e del concetto di resistenza nonarmata e nonviolenta,
concetto "di valore euristico" (Claudio Pavone, "Il Ponte", n. 1/1995),
realta' ben diversa dalla resistenza passiva.
Chi, come noi tutti, lavora per la trasformazione nonviolenta della gestione
dei conflitti acuti, e cioe' per l'eliminazione del disumano infelice
giudizio delle armi nelle contese umane, trova in questi lavori storici, che
danno il giusto riconoscimento al contributo delle donne alla civilizzazione
umana, motivo di profonda gratitudine e ammirazione per l'insegnamento
prezioso che ci danno.

3. RIFLESSIONE. BRUNO GIACCONE: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Ringraziamo Bruno Giaccone (per contatti: brunogiaccone@tin.it) per questo
appassionato e nitido intervento. Bruno Giaccone e' pastore, da sempre
impegnato nella solidarieta', per la pace e i diritti]
Le recenti elezioni in Svizzera non sono di buon augurio per chi da anni si
batte "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale
e nonviolenta". La Svizzera non e' uno stato membro dell'Unione Europea, ma
vi soffia lo stesso vento gelido che imperversa per il continente e che
spinge gli elettorati a chiudere le porte - sempre piu' blindate - alla
giustizia, alla pace e alla solidarieta'.
Ho aggiunto "giustizia" pensando non di riproporre quanto tutti gia' sanno:
debito dei paesi poveri, interessi delle multinazionali, sfruttamento delle
altrui risorse, ecc.; ma pensando piuttosto di guardarmi in faccia e di
guardarmi dentro con il massimo di sincerita', e con freddezza quando serve.
Ogni volta che faccio questa operazione mi allontano un po' di piu' dalle
vecchie convinzioni secondo le quali la colpa e' sempre (e solo) dei
"padroni", che noi facciamo le lotte, ma che il potere economico e' piu'
forte e il popolo e' disinformato. Intendiamoci, continuo a pensare le
stesse cose, ma in modo diverso, piu' disincantato, forse.
In questi giorni ho seguito gli eventi della Bolivia e il dramma dei
lavoratori di quel lontano paese, gia': lontano, non meno lontano del Cile,
con la differenza che un giorno i lavoratori europei si mobilitarono per i
lavoratori cileni sui quali sparavano i soldati di Pinochet, oggi invece
chiudono le porte delle loro case.
Si chiudono le porte delle case dei lavoratori europei, e sono porte
blindate, perche' le nostre case, a confronto delle case dei lavoratori del
terzo mondo (per favore non chiedetemi di scriverlo con la maiuscola), sono
dei forzieri che contengono ogni sorta di oggetti preziosi: cibo in
abbondanza, acqua potabile, acqua calda, vestiti, coperte (pardon: piumini),
televisore, lettore dvd, orologi, lavatrice, lavastoviglie, aspirapolvere,
ventilatore (per i piu' poveri), frigorifero, medicinali (vado a caso),
continuo? Non e' il caso, vi suggerisco soltanto di dare un'occhiata ai
cassetti della vostra cucina e guardare quanti attrezzi ci sono e di
domandarvi quante volte li avete usati, eppure li avete comprati perche' non
ne potevate proprio farne a meno. Vi risparmio di guardare in garage.
Non vi risparmio invece la tendenza al diffondersi della cosiddetta badante
"per il vecchio che e' rimbambito" anche nelle famiglie non proprio agiate.
Vedete che anche noi facciamo qualcosa per i poveri del mondo? Che volete?
Che diventiamo poveri anche noi?
Certo non tutti la pensano cosi', grazie a Dio, ma cio' che mi fa
intristire, e molto, e' che a pensarla cosi' sono sempre di piu' le classi
sociali economicamente piu' basse. Sempre di piu' sono i lavoratori
dipendenti, quelli che si dicono poveri, a votare per i partiti xenofobi e a
sostenere gli investimenti nelle produzioni di armamenti, di prodotti
inquinanti, ecc.
Ci consoliamo spesso con la questione dell'informazione, ed e' un problema
vero, ma e' anche vero che chi vuole informarsi oggi dispone di molti piu'
strumenti di quanti ne aveva mia madre che sciopero' piu' volte per motivi
di solidarieta' internazionale.
Non si potra' parlare di "un'Europa neutrale e attiva, disarmata e
smilitarizzata, solidale e nonviolenta" finche' non ci assumeremo
personalmente le responsabilita' che ci competono anche individualmente.
La denuncia delle ingiustizie dei potenti deve essere accompagnata da una
severa analisi dei nostri comportamenti con conseguente con-versione del
nostro stile di vita: se e' vero che l'Occidente consuma l'ottanta per cento
delle risorse del pianeta generando squilibri, guerre, migrazioni ecc., e'
altrettanto vero che quell'Occidente siamo anche noi con il nostro tenore di
vita chiaramente insostenibile per quell'ottanta per cento di umanita' a cui
rimangono le briciole.
Concretamente: per "un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata,
solidale e nonviolenta", di quale percentuale siamo disposti a ridurre il
nostro tenore di vita e avviare in questo modo una reale riconciliazione con
quelli che spesso, da buoni cristiani/e ma altrettanto ipocriti/e, chiamiamo
nostri fratelli e nostre sorelle.
Con amicizia
Bruno Giaccone, pastore

4. RIFLESSIONE. ROSANGELA PESENTI: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Ringraziamo Rosangela Pesenti (per contatti: rosangela_pesenti@libero.it)
per questo intervento - in forma di lettera personale, di grande tenerezza,
e profondita', e nitore di dettato. Rosangela Pesenti e' una delle figure
piu' autorevoli e prestigiose del movimento delle donne in Italia]
Sono ovviamente d'accordo con la proposta di Lidia e non ho risposto subito,
oltre che per i soliti ritmi di vita, a causa di un pensiero che
interferisce con forza sempre maggiore con la mia voglia di scrivere.
Ho la sensazione di essere soverchiata da un eccesso di scrittura, che
prolifera come una tra le molte merci di quel mercato invasivo che e'
diventato il nostro mondo. La scrittura come una delle forme
dell'esposizione di se' in una gara della sopravvivenza che ha perso le
coordinate della realta' delle nostre singole vite.
Sento il bisogno di sobrieta' anche nella "produzione e consumo" delle
parole perche' penso che scrivere pubblicamente significa chiedere all'altro
(altre e altri che conosciamo) di dedicarci una porzione del suo tempo, un
bene prezioso e precario perche' disponibile in quantita' limitata.
Certo ognuno puo' scegliere di non leggere, ma c'e' qualcosa di inquietante
in tutta questa scrittura che circola ignorata (migliaia di libri che
pochissimi leggeranno) e ancora piu' inquietante e' la necessita' di
scegliere che ci porta a preferire il conosciuto rispetto allo sconosciuto.
Avverto un grande senso di spreco in chi scrive e in chi non legge
(appartengo all'una e all'altra delle due schiere), gli uni e gli altri
(anche nella declinazione femminile) collocati nel proprio bisogno di
esistere e nel limite di tempo a disposizione per praticarlo.
Per sobrieta' sulla proposta di Lidia avrei dovuto scrivere che sono
d'accordo e basta, ma capisco che tu implicitamente mi chiedi perche' sono
d'accordo e forse soprattutto come.
Cerchero' di dire il piu' brevemente possibile.
*
1. Penso che noi, abitanti del benessere, abbiamo urgente bisogno di
ritrovare il senso del nostro esistere come collettivita'.
Le Costituzioni prodotte nei vari Stati europei sono figlie di una storia
(ovviamente generalizzo) che guardava con speranza alla democrazia, ma
ancora non ne conosceva la fatica della pratica.
Assumere un'identita' europea "disarmata" puo' essere un modo di, o
un'indicazione per, diventare collettivamente adulti e adulte e quindi
imparare a mettere il passato in valigia come bagaglio utile rinunciando ad
utilizzarlo come paterna e materna protettiva sicurezza per giocarci
interamente nella responsabilita' di pensare e praticare un concreto
progetto di futuro.
Siamo mortali non solo come individui ma anche come specie, e nessun
possesso come nessun potere, sulla terra e i suoi beni, garantisce
l'immortalita', e questa a me sembra una cosa positiva perche' garantisce
invece alle nostre vite una porzione di liberta'.
La rinuncia all'uso della violenza e delle armi nelle controversie tra
persone e tra piccole/grandi collettivita' puo' aiutarci a ripensare la
nostra identita' individuale e collettiva a partire dalla straordinaria
fragilita' del corpo che solo senza armatura puo' percepire e conoscere il
mondo con ogni centimetro di pelle. Per proteggerci bastano dei buoni abiti,
adeguati alle stagioni e ai luoghi, e qualche sedimentata, creativa
competenza nelle relazioni, vale per le persone e vale per i gruppi.
*
2. Sento la responsabilita', come donna adulta, di fare i conti con la mia
storia, personale e generazionale, senza reticenze o manipolazioni, e di
recuperare da questo processo, che in realta' dura quanto la nostra vita, un
piccolo "lascito" di parole e di pratiche utilizzabile da chi verra' dopo e
gia' mi cresce accanto.
La pace non e' un'utopia e non e' una norma, e' il contenuto della
democrazia e quindi una pratica che puo' trovare diversi livelli di
esperienza e di "formalizzazione".
La neutralita' attiva scritta nella Costituzione europea puo' diventare un
elemento di orientamento sociale, una direzione che ognuno puo' percorrere
secondo le proprie inclinazioni e scegliendo la strada che preferisce, ma
senza rischio di perdersi.
Scegliere un orientamento, una direzione significa cominciare a camminare.
*
3. Sul "come", oltre alla disponibilita' a pensare insieme agli altri alle
forme pubbliche praticabili e congruenti con la proposta, ritengo che il
contributo piu' significativo che posso dare sia il mio quotidiano, anonimo,
modo di vivere.
Non c'e' scrittura che possa dire davvero, se non come evocazione
letteraria, lo scorrere dei giorni in cui misuro se e come diventa
praticabile, in ogni frammento del qui ed ora, il futuro che abita i miei
pensieri.
*
Sono, per storia personale, una femminista non pentita, e per stravaganti
vicende biografiche sono stata per qualche tempo una dirigente dell'Udi
(definizione arcaica ma sinteticamente efficace), ma sento davvero di
appartenere soltanto a quel mondo di gente comune che vive e lavora
percorrendo tutta la vita piccoli territori senza mai dimenticare che
abitiamo in molti un unico pianeta.

5. INIZIATIVE. DONNE IN NERO DI REGGIO EMILIA: OGNI SABATO IN PIAZZA CONTRO
LA GUERRA
[Da Letizia Valli, delle Donne in nero di Reggio Emilia (per contatti:
letizia.valli@libero.it), riceviamo e diffondiamo]
Ci hanno detto che la guerra in Afghanistan era necessaria per liberare la
popolazione dalla tirannia dei talebani e portare liberta' e progresso.
Oggi in Afghanistan, paese dimenticato dai piu', il governo ufficiale e'
puramente di facciata e il controllo effettivo del paese e' in mano ai
signori della guerra portati al potere dagli Stati Uniti e dagli altri
membri della coalizione.
Il paese e' nella miseria piu' assoluta.
Le donne, della cui liberazione ci si e' fatto tanto vanto, vengono
arrestate se si azzardano a guidare, non possono viaggiare se non
accompagnate da parenti maschi, se vengono fermate sono sottoposte a un test
di castita'.
Sima Samar, nominata alla fine della guerra ministro degli affari femminili,
e' stata costretta a ritirarsi dopo pochi mesi e vive nascosta, nel timore
costante per le minacce alla propria vita. Le leggi che vietavano alle donne
di andare a scuola, di lavorare, e imponevano il burqa, sono state abolite
solo formalmente, ma nulla e' cambiato.
L'unica cosa che e' cambiata e' che l'Occidente oggi tace sulla natura
atroce dell'attuale regime.
*
Poi ci hanno detto che occorreva fare la guerra all'Iraq perche' Saddam
avrebbe usato le armi di distruzione di massa.
Le armi di distruzione di massa non sono state trovate, ma abbiamo visto
missili e bombe uccidere ogni giorno la popolazione inerme, distruggere
case, mercati, quartieri, portare fame, sete, miseria, malattie.
Al posto della democrazia abbiamo visto una forza di invasione straniera.
Ci hanno anche detto che la guerra in Iraq era finita con la vittoria su
Baghdad, ma noi vediamo tutti i giorni aumentare il numero di morti in una
sanguinosa guerriglia contro una occupazione militare illegittima a cui
partecipa anche l'Italia con 3.000 soldati.
Oggi vogliono farci credere che l'occupazione dell'Iraq e' diventata
legittima perche' l'Onu si e' piegata al volere americano e ha avallato una
situazione di predominio imperiale.
Ma non abbiamo visto nulla di buono in questa risoluzione, nulla che faccia
prevedere un percorso verso la democrazia, nessuna data, nessun impegno
preciso per arrivare ad una nuova Costituzione irachena e all'organizzazione
di libere elezioni.
*
Vogliono farci credere che cercano una strada di pace per Palestina e
Israele e che vogliono far rispettare i trattati internazionali.
Noi vediamo sorgere, nel silenzio e nella complicita' internazionale, un
muro che una volta completato permettera' ad Israele di controllare
definitivamente piu' di meta' della Cisgiordania. Un muro che rendera'
impossibile la nascita di uno stato palestinese, una soluzione negoziata del
conflitto, e soprattutto la vita della popolazione locale, imprigionata nei
propri villaggi come in vere e proprie riserve, con un'unica porta di
entrata e di uscita, come avveniva nei ghetti ebraici nei tempi piu' bui
della storia europea.
*
Nello stesso tempo l'Europa ha deciso di creare per difendersi una nuova
forza militare di 60.000 soldati entro il 2005.
Noi non ci stiamo. Noi non crediamo piu' alle bugie.
Non crediamo che con le bombe si possa combattere il terrorismo e portare la
democrazia.
Non crediamo che le guerre vengano fatte per motivi umanitari, ma per
calcoli economici e di supremazia politica.
*
Per salvare bambini e diritti umani non si fanno guerre.
Per costruire un mondo possibile non servono altri soldati e altre armi,
occorre la cooperazione internazionale, la solidarieta' civile, l'opera
umanitaria delle associazioni fuori da ogni logica militare e di potere.
Chiediamo il ritiro delle truppe di occupazione da tutti i territori di
conflitto armato.
Chiediamo di inserire il ripudio della guerra nelle Costituzioni di tutti
gli Stati.
Chiediamo che il parlamento italiano ritiri i contingenti militari e che i
soldi stanziati per il mantenimento delle truppe (in Iraq 250 milioni di
euro solo per i primi sei mesi) vengano usati per interventi umanitari
direttamente rivolti alla popolazione.
Non vogliamo un governo che investe sulla guerra invece che su scuole,
ospedali, servizi.
Vogliamo vivere in un paese, in un mondo solidale, accogliente, nonviolento,
che rifiuta il razzismo e le discriminazioni, che riconosce e rispetta i
diritti dei migranti e il diritto d'asilo ai profughi e ai rifugiati in fuga
dalla guerra, dalla violenza, dalla fame.
Abbiamo bisogno di costruire insieme un ordine mondiale pacifico e
democratico, basato sul rispetto dei diritti umani, che contrasti ogni piano
di guerra infinita.
Per non abituarci alla normalita' della guerra quotidiana, per ribadire che
noi non ci stiamo, continueremo a testimoniare la nostra volonta' di pace,
tutti i sabato dalle ore 17 alle roe 18 in piazza Prampolinia  Reggio
Emilia.

6. INIZIATIVE. GILA SVIRSKY: UNA MARCIA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI UMANI
IN PALESTINA ED ISRAELE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
averci inviato la traduzione di questo intervento di Gila Svirsky del 16
ottobre 2003, ripreso da "Awakened Woman". Gila Svirsky vive a Gerusalemme
ed e' una delle figure piu' note del movimento per la pace in Israele]
Care amiche,
vi prego di prendere seriamente in considerazione l'idea di unirvi, questo
inverno, alla marcia delle donne per i diritti umani in Israele e Palestina.
Come, non ne avete ancora sentito parlare? Allora, ecco un sommario.
Un intraprendente gruppo di donne di Oslo, che hanno al loro attivo
impressionanti marce per i diritti umani in Centro America, Russia, ed altri
luoghi, hanno deciso di mettere a disposizione le loro capacita' nel
conflitto in Medio Oriente. Le organizzazioni di donne in Israele e in
Palestina si sono mobilitate per sostenere ed organizzare questo progetto in
loco.
Dopo molti rinvii, dovuti alla fluida situazione della regione, ora siamo
tutte d'accordo sulle date seguenti: dal 20 dicembre 2003 all'11 gennaio
2004.
Durante questo periodo di tre settimane abbiamo pianificato un itinerario
che includera' giornalmente: una marcia (camminata) per chiedere pace e
diritti umani, dialoghi con individui ed organizzazioni della societa'
civile, scambio culturale e musicale (portate i vostri strumenti e le vostre
voci), e naturalmente qualche giro turistico di base.
E cammineremo in Israele e in Palestina, dividendoci equamente i giorni fra
i due paesi. Abbiamo chiamato questo nostro progetto "Marcia internazionale
per i diritti umani in Palestina ed Israele".
Centinaia di donne da tutto il mondo hanno gia' cominciato ad annunciare la
loro presenza. Naturalmente, piu' siamo e meglio e', rispetto al trasmettere
il nostro messaggio.
Per favore, date un'occhiata al sito www.humanrightsmarch.org  per avere le
informazioni essenziali; consultate la pagina delle faq (domande poste piu'
frequentemente) che contiene l'essenziale della faccenda. Se poi avete altre
domande, scrivete al comitato organizzatore del vostro paese, che pure
trovate segnalato sul sito.
Nel frattempo, queste sono le risposte che il comitato israeliano ha
preparato per noi.
1) Chi in Israele sponsorizza la marcia? La Coalizione di donne per la pace,
che rappresenta nove organizzazioni femminili israeliane. Per conoscerci
meglio visitate il nostro sito: www.coalitionofwomen4peace.org
2) Chi in Palestina sponsorizza la marcia? L'Unione generale delle donne
palestinesi, una vasta organizzazione di cui potete sapere di piu' andando
a: www.gupw.net, assieme al Centro per le donne di Gerusalemme, di cui
potete sapere di piu' a: www.jcw.org
3) Quali sono gli scopi della marcia da una prospettiva israeliana? Da parte
nostra, li abbiamo individuati come segue: informare le donne a livello
internazionale sulle realta' del conflitto politico in questa regione; farvi
conoscere le (meravigliose) donne dei movimenti per la pace in Israele ed in
Palestina, farvi conoscere la nostra visione femminista della pace, e
mobilitare il vostro sostegno internazionale per tale visione.
4) Posso venire solo per parte della marcia? Certo che si'. Saremo felici di
darti il benvenuto in qualsivoglia momento tu decida di venire, e per
qualsivoglia periodo tu decida di rimanere durante i giorni della marcia. Il
tempo totale della marcia ha inizio il 21 dicembre a Tel Aviv e termina il
10 gennaio a Gerusalemme (per rimanere dall'inizio alla fine, pianifica di
arrivare il 20 a Tel Aviv e di partire l'11). Se vuoi arrivare in un altro
giorno, informaci e verremo all'aeroporto a prenderti, o ti daremo
dettagliate istruzioni su come unirti al gruppo.
5) Qual e' l'itinerario? Cominciamo a Tel Aviv e passiamo i primi quattro
giorni in Israele, manifestando e visitando Tel Aviv, Jaffa, Beersheba, e le
aree dei Beduini nel sud. Dopo di che, il gruppo si spostera' a Betlemme,
Nablus, Ramallah, Hebron, e altre zone limitrofe per circa 10 giorni. Poi il
gruppo tornera' in Israele attraverso Nazareth, Tiberiade, Galilea, Haifa, e
finira' a Gerusalemme il 10 gennaio. Questo itinerario, a seconda delle
circostanze, puo' essere soggetto a cambiamenti, ma noi tenteremo di
mantenerlo come lo abbiamo fissato.
6) Ci sara' pericolo? Stiamo facendo tutto il possibile perche' chi
partecipa sia al sicuro in tutte le aree che visiteremo. Naturalmente non
possiamo garantire che la situazione, in quel periodo, sara' tranquilla:
percio' potremmo dover cambiare piani, a seconda delle circostante, per
garantire la massima sicurezza.
7) Mi sara' permesso entrare in Israele e nei territori? Abbiamo tutte le
ragioni per credere che ce la farai ad entrare in Israele e nei territori.
Il periodo che abbiamo scelto e' quello natalizio, in cui molti turisti e
pellegrini raggiungono questa regione per visitare siti religiosi. Se questo
va bene per te, e te lo chiedono, puoi dire che e' per tale ragione che
intendi visitare Israele.
Qui in Israele siamo molto entusiaste rispetto alla marcia, e speriamo
davvero di incontrare quante piu' possibile di voi, il prossimo dicembre.
Il Comitato organizzatore israeliano: Omaima abu-Ras, Taibe; Nicole
Cohen-Addad, Tel-Aviv; Rachel Amram, Jerusalem; Yvonne Deutsch, Jerusalem;
Pnina Firestone, Jerusalem; Yana Knopova, Haifa; Gili Pliskin, Tel-Aviv;
Taghrid Shbeita, Tira; Aliyah Strauss, Jaffa; Gila Svirsky, Jerusalem; Alix
Weizmann, Tel-Aviv.
P. S.: sentitevi libere di girare queste informazioni alle vostre amiche.

7. AMICIZIA. PAOLO NASO, BRUNETTO SALVARANI, GIOVANNI SARUBBI: PER L'INIZIO
DEL RAMADAM
[Dagli amici promotori dell'appello ecumenico al dialogo cristianoislamico
(per contatti: redazione@ildialogo.org) riceviamo e diffondiamo questo
comunicato - diffuso in occasione dell'inizio del Ramadam e inviato a tutte
le organizzazioni islamiche italiane - con l'invito a diffonderlo e ad
usarlo per promuovere incontri per il 21 novembre prossimo, per la
celebrazione della seconda giornata nazionale del dialogo cristianoislamico.
Paolo Naso e' autorevole figura della cultura evangelica, costruttore di
pace, promotore di dialogo, direttore di "Confronti" e di "Protestantesimo",
autore di molte pubblicazioni.
Brunetto Salvarani (per contatti: b.salvarani@carpi.nettuno.it), teologo ed
educatore, da tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo
fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani "Qol"; ha diretto dal
1987 al 1995 il Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena;
saggista, scrittore e giornalista pubblicista, collabora con varie testate e
fa parte del Comitato "Bibbia cultura scuola", che si propone di favorire la
presenza del testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum
delle nostre istituzioni scolastiche; e' direttore della "Fondazione ex
campo Fossoli", vicepresidente dell'Associazione italiana degli "Amici di
Neve' Shalom - Waahat as-Salaam", il "villaggio della pace" fondato in
Israele da padre Bruno Hussar. Ha pubblicato vari libri presso gli editori
Morcelliana, Emi, Tempi di Fraternita', Marietti, Paoline.
Giovanni Sarubbi (per contatti: gsarubb@tin.it), amico della nonviolenza,
promotore del dialogo interreligioso, dirige l'eccellente rivista e sito de
"Il dialogo" (www.ildialogo.org)]
Cari amici, care amiche,
fra pochi giorni iniziera' il vostro Ramadan.
E' un momento importante per tutti gli uomini e le donne dell'islam che
durante tale periodo compiono un grande sforzo per migliorare se stessi ed
il propria rapporto con Iddio, con gli altri fratelli e con tutta
l'umanita'.
Come negli anni scorsi vogliamo augurarvi un buon Ramadan 2003. Per noi, che
da tempo siamo impegnati nel dialogo fra cristiani e musulmani, non si
tratta di un augurio formale. Sentiamo grave il peso di una situazione
complessa, resa ancora piu' difficile dagli strascichi di una guerra, dalla
violenza del terrore, dall'innalzamento di muri di pregiudizio.
Quest'anno piu' di altri anni ci rendiamo conto che il richiamo alla
giustizia dei profeti e' ancora attuale ed inascoltato. Ci sovvengono allora
le parole di Isaia: "Non e' piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi
gli oppressi e spezzare ogni giogo?" (Is 58, 6).
Ed e' per questo che guardiamo con stima ed amicizia fraterna al vostro
Ramadan che lega lo sforzo di purificazione personale all'impegno per la
giustizia. E come nello scorso anno vi chiediamo di dedicare l'ultimo
venerdi' di questo mese a voi sacro ad un momento di dialogo e di amicizia
fraterna con i fratelli di tutte le confessioni cristiane che anche
quest'anno si stanno mobilitando per realizzare tale giornata il prossimo 21
novembre, ultimo venerdi' del Ramadan 2003.
Per la giornata del 21 novembre sono previste iniziative di preghiera e di
digiuno in molte parti d'Italia ed in tutte le confessioni cristiane di cui
stiamo dando man mano conto sul sito www.ildialogo.org
Quest'anno l'iniziativa per il 21 novembre si avvarra' del sostegno di
diverse istituzioni del mondo cristiano italiano, sia cattolico che
protestante. Alcune riviste come Confronti (www.confronti.net) e Tempi di
Fraternita' (www.tempidifraternita.it) si sono rese disponibili a
collaborare  all'organizzazione dei diversi incontri.
E' con questi sentimenti e con questo augurio che vi diciamo: buon Ramadan.
Che Iddio accolga le vostre e le nostre preghiere per la pace.

8. INIZIATIVE. ASSOCIAZIONE "UN PONTE PER": DATTERI IRACHENI, CONTRO
L'OCCUPAZIONE, PER L'AUTODETERMINAZIONE
[Dagli amici dell'associazione umanitaria "Un ponte per" (per contatti:
posta@unponteper.it) riceviamo e diffondiamo]
Una guerra immorale e illegale ha sostituito in Iraq un embargo crudele, che
durava da 12 anni, con una occupazione militare guidata dagli Stati Uniti.
Le condizioni di vita di milioni di iracheni, rei solo di essere nati nella
terra del petrolio, non sono cambiate, anzi peggiorano di giorno in giorno.
Alla giu' grave situazione umanitaria si e' aggiunta una insostenibile
carenza di sicurezza. A cinque mesi dalla fine ufficiale del conflitto gran
parte della popolazione e' ancora senza lavoro, senza elettricita',
senz'acqua, e si profila una grave crisi alimentare. La pretesa statunitense
di far ricostruire il paese alle multinazionali invece che agli iracheni ha
impedito sinora ogni significativo miglioramento della situazione.
La promessa di democrazia si e' rivelata uno specchietto per le allodole, e
la restituzione di sovranita' alla popolazione irachena e' sempre piu'
rinviata nel tempo. Intanto si costruiscono basi militari destinate a
restare a lungo per controllare il petrolio mediorientale e, attraverso
questo, l'economia mondiale.
Il diritto all'autodeterminazione del popolo iracheno e' una variabile a cui
nessuno bada.
Per il quarto anno consecutivo l'associazione "Un ponte per..." propone la
campagna "Datteri made in Iraq" in occasione del Natale.
Si tratta della prima volta che questa iniziativa si svolge legalmente. Sino
al maggio 2003 l'embargo vietava ogni importazione di merci dall'Iraq.
Nonostante questo divieto, come atto di disobbedienza civile ad una legge
che condannava un intero popolo alla fame, sulle tavole di decine di
migliaia di italiani sono arrivati i datteri dei contadini iracheni.
Le campagne degli scorsi anni hanno sostenuto progetti di emergenza di aiuto
umanitario. Vogliamo ora investire sul futuro dell'Iraq, sul suo sviluppo,
sulla sua autodeterminazione.
I datteri, di qualita' behri (la piu' pregiata), in confezioni da 250 gr. -
500 gr. in cartone e 250 gr. in cestini di foglia di palma, sono stati
acquistati direttamente da piccoli gruppi di coltivatori, cosi' come i
cestini fatti a mano da un gruppo di donne.
Il ricavato della iniziativa di quest'anno sara' utilizzato per sostenere lo
sviluppo della societa' civile irachena attraverso un "centro servizi" per
l'associazionismo e le ong locali a Baghdad, e per avviare un progetto di
sostegno ai piccoli coltivatori di datteri a Bassora.
I datteri saranno venduti attraverso le botteghe del commercio equo e
aolidale e tutte le associazioni e gruppi locali che vorranno sostenere la
"campagna datteri".
Facciamo appello al movimento, le associazioni, i partiti, ed alla societa'
civile tutta, ad essere protagonisti della distribuzione dei datteri nelle
piazze italiane il 21 dicembre 2003, giornata di mobilitazione per
l'autodeterminazione del popolo iracheno.
*
I risultati delle campagne precedenti:
- 2000: 27.000 euro a sostegno del dispensario medico Sindbad;
- 2001: 39.000 euro per la riabilitazione di un centro sanitario di base a
Bassora;
- 2002: 38.000 euro a sostegno del dispensario medico Sindbad.
*
Per aderire e per informazioni visita il sito www.unponteper.it oppure
contattaci dal lunedi' al venerdi' (ore10-14, 15,30-19,30) al numero
telefonico 0815749320, fax: 0815748213.

9. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: LA LETTERA DI OTTOBRE
[Il seguente testo di Ettore Masina (per contatti: ettore.mas@libero.it)
abbiamo ripreso dalla sua "Lettera" mensile, n. 94 dell'ottobre 2003. Come
e' noto la "Lettera" di Ettore Masina viene inviata anche per posta a
chiunque ne faccia richiesta; l'indirizzo e': via Cinigiano 13, 00139 Roma,
tel. 068102216; un contributo alle spese di fotocopiatura  e postali e'
assai gradito; i versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006
intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma. Nato a Breno
(Bs) il 4 settembre 1928, Ettore Masina - giornalista, scrittore, fondatore
della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare - e' una delle figure piu' vive
della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si
vedano innanzitutto i suoi due libri autobiografici: Diario di un cattolico
errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997) e Il
prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000). Tra gli
altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto
in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele
(Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del
terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno
al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo
deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della
pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni
Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero
(San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il
Vincere (San Paolo, 2002)]
1. Almeno sui teleschermi, li abbiamo visti piu' e piu' volte, quei fuochi,
nell'estate e nel primo autunno. Le fiamme che ardevano sui rami piu' alti,
guizzando come bandiere di fuoco agitate da un vento avvelenato dai fumi. Il
sottobosco diventato un tappeto rovente. I cespugli che scomparivano in un
turbinio di scintille e i vecchi tronchi che si arrendevano in una lunga
agonia. Poi la foresta morta: un immenso fotogramma in bianco e nero. Se  ne
sono andati cosi', distrutti, dal primo gennaio al 14 settembre di
quest'anno piu' di ottantaquattromila ettari di selva: e non e' finita,
continua in questi giorni. Molti, e diversi fra loro, gli autori di quegli
undicimila incendi: i bambinoni idioti che fanno un pic-nic e non
controllano il terreno intorno a loro; gli incoscienti che gettano un
mozzicone di sigaretta; i pervertiti; qualche pastore che sogna un pascolo
piu' vasto; qualche lavoratore forestale che spera di difendere il suo
precario lavoro. Poi ci sono i peggiori di tutti, i "dritti": quelli che
distruggono un bosco per cementificare, a proprio vantaggio o per conto
terzi.
Per evitare questo lucroso vandalismo, una legge del 2000 aveva disposto il
divieto di costruzione per dieci anni sui terreni devastati da incendi
dolosi. L'altra notte al Senato, votandosi la legge finanziaria, quattro
parlamentari della maggioranza (i poco onorevoli Grillo (Fi), Pedrazzini
(Lega),. Eufemi (Udc)  e Menardi (An), sono riusciti a far approvare un
emendamento che sopprime quel divieto.
Sono stato deputato per dieci anni e so bene che le votazioni dei singoli
punti della legge finanziaria sono, per usare un linguaggio  appropriato,
fitti boschi favorevoli alle imboscate dei masnadieri. Si vota per ore ed
ore, talvolta sino al mattino. E' impossibile che il singolo parlamentare
conosca il documento in tutte le sue migliaia di pieghe; percio',
soprattutto nei momenti di stanchezza, ci si affida ai colleghi competenti
nell'uno o l'altro argomento: sono loro che segnalano con ampi gesti della
mano il voto positivo o negativo da esprimere - o l'astensione. (Una volta
"La Repubblica" pubblico' una mia foto in cui risultava che io sbadigliavo -
fu l'unico caso in cui quel giornale si occupo' di me. Mi ero accorto del
teleobiettivo puntato sul mio settore, ma lo sbadiglio era stato
irrefrenabile: in quel momento si prolungava una discussione
sull'allevamento  dei mitili nella laguna veneta. E la mia Commissione di
lavoro era quella degli Affari esteri). Non mi scandalizza, dunque .il voto
dell'aula; ma la proposta e l'assenso dei capigruppi  la dice lunga
sull'ideologia  della Casa delle liberta'.
*
2. Tutta la finanziaria la dice lunga su questa ideologia: si sono aboliti
l'imposta di successione e il reato di falso in bilancio, si sono diminuite
le imposte soprattutto ai ricchi, e adesso Berlusconi & Co. raschiano il
barile, aggredendo innanzitutto il sistema previdenziale. Hanno gettato i
giovani in un marasma di condizioni lavorative "flessibili", cioe' precarie,
e poi vorrebbero imporre quarant'anni di contributi per avere una pensione
di vecchiaia: esultano, ovviamente, le assicurazioni private e le
finanziarie di investimento, in cui l'onorevole Berlusconi ha qualche
propaggine. E ancora: rapinano alle regioni 19 miliardi per la sanita'.
Svendono beni culturali di valore artistico. Tagliano la ricerca e
strangolano le universita', impedendo persino le assunzioni di chi ha vinto
i concorsi. Condonano gli abusi edilizi e quelli fiscali, a umiliazione dei
cittadini onesti. Tengono in stato di miseria i tribunali (del resto covi di
comunisti). Finanziano la scuola privata mentre non hanno ancora "coperto"
le spese affrontate dagli istituti lo scorso anno. Tutto cio' che e'
pubblico e' in pericolo. Berlusconi sta per blindare il suo monopolio
mass-mediatico e ha gia' dato un esempio a reti unificate delle sue
tentazioni peroniste o peggio. Abbiamo avuto per tanti anni paura di morire
democristiani, ma adesso cominciamo a temere di morire menemizzati.
*
3. Domani, a Bolzano (scrivo il 25 ottobre), elezioni provinciali. Sono
stato in quella citta' e  a Merano a dare la mia solidarieta', per quel che
vale, a una lista che mi pare un piccolo laboratorio politico tale da
interessare molti luoghi d'Italia. Si chiama "Pace e diritti. Insieme a
sinistra" e ne fanno parte non solo Ds, Rifondazione comunista e Sdi, ma
anche i rappresentanti di numerose associazioni e movimenti. In una terra in
cui fascisti e forzitalioti cercano una rissa squallidamente nazionalista
con la Volkspartei, "Pace e diritti. Insieme a sinistra" propone con forza i
temi della contiguita' fra locale e globale, della chiara comprensione che i
fenomeni del neoliberismo e della guerra invadono anche le autonomie. Della
serie "facciamoci del male": i giornali della sinistra hanno quasi
("l'Unita'") o del tutto ("il manifesto") ignorata questa formazione.
*
4. Snobismo salottiero (ancorche' "progressista") o decadimento senile di
interesse per realta' che non recano visibilmente un rassicurante  copyright
o non hanno un pedigree "aristocratico" (ben diverso era Luigi Pintor) la
stampa di sinistra o di centro-sinistra  (se "La Repubblica" puo' essere
cosi' etichettata) finiscono per saldarsi obiettivamente al Corrierone e ai
giornali di destra nel tenere nascosta una rete pulsante di movimenti e di
associazioni, di tentativi di novita', di vitalita' della cosiddetta
"societa' civile". Tristissimo fenomeno di autoreferenzialita' che non aiuta
certamente l'opposizione al regime di Berlusconi.
Per fortuna, hanno cominciato a levare la voce in pubbliche cerimonie alcuni
nostri grandi intellettuali. Dopo il duro discorso di Sanguineti al Premio
Campiello (che ha gettato in confusione il presidente del Senato, Pera),
adesso e' stata la volta di Claudio Abbado. Ritirando a Tokyo il Praemium
imperiale per la musica, il grande musicista ha detto di voler leggere
alcune parole dello studioso tedesco Peter Schneider, le seguenti: "E'
compatibile che nella parte piu' antica e nel cuore culturale del continente
europeo ci sia un uomo che controlla l'80% dei mezzi d'informazione e che
per di piu' quest'uomo sia il primo ministro?".
Abbado ha aggiunto: "Sono preoccupato: nel mio paese e nel mondo intero non
si fa abbastanza per la cultura. Arrivano al potere persone ignoranti che ci
raccontano cose alle quali finiamo per credere, come quella della guerra
umanitaria... Mi preoccupa anche che nel  governo italiano vi siano ministri
che non conoscono la ricchezza delle culture, in Italia e fuori d'Italia".
*
5. Forse persino chi ricorda con nostalgia l'avventura eroica di
"Avvenimenti", un settimanale che avrebbe meritata ben altra sorte, non sa
che accanto a Claudio Fracassi, con una volonta' anche piu' forte della sua
di riuscire nell'impresa di dare ai giovani la sacrosanta bussola di
un'informazione alternativa, c'era sua moglie Miria, una donna affascinante,
talora imperiosa nel chiedere collaborazione per il suo-nostro giornale,
altre volte amica dolcissima. Adesso Miria se n'e' andata, a poco a poco,
lottando contro il male ma senza disperazione, cercando, come sempre, di
vedere avanti. La ricorderemo a lungo.
*
6. I libri. Nel 1970  Mondadori pubblico' un libro intitolato Dai
sotterranei della storia, che conteneva le lettere scritte dal carcere da un
frate domenicano, Carlos Alberto Libanio Christo, soprannominato "Frei
Betto". Leggendolo, la mia impressione fu che ci fosse in Brasile una Chiesa
di poveri che riviveva il periodo delle persecuzioni della Chiesa primitiva.
Per la difesa dei diritti umani, per la passione evangelica della causa dei
piu' poveri, non solo laici ma anche sacerdoti finivano in prigioni
spaventose, in cui le camere di tortura funzionavano giorno e notte. Piu'
tardi seppi che in quella regione atroce e luminosa si muoveva con coraggio
evangelico un prete fiorentino, don Renzo Rossi. Con astuzia, candore,
buonsenso, spirito d'avventura e una buona dose di santa incoscienza, don
Renzo era riuscito a diventare, di fatto, senza nomine ne' decreti, il
cappellano dei prigionieri politici brasiliani, straziati dalla ferocia
della dittatura militare. Sono trascorsi trent'anni: don Renzo ha
ottant'anni, e' tornato a Firenze, il Brasile e' finalmente una democrazia,
e Frei Betto, oggi il principale  collaboratore di Lula, firma la
presentazione di un libro pubblicato dalla San Paolo: Don Renzo Rossi. Un
prete fiorentino nelle carceri del Brasile. Il libro, scritto da un ex
"preso", Emiliano Jose', e', per cosi' dire, il concentrato di un libro ben
piu' ampio: As asas invisiveis do padre Renzo (Le ali invisibili di padre
Renzo) pubblicato in Brasile. E' il racconto di quindici anni di terrore e
di gloria, di ferocia e di donazione di se'. Emiliano narra questa storia,
don Renzo la contrappunta con la sua incessante meditazione su monsignor
Romero, modello di tutti gli evangelizzatori latinoamericani. Un libro da
non mancare.

10. LUTTI. PEPPE SINI: UN ULTIMO SALUTO A GASPARE
In un piovigginoso pomeriggio al cimitero di Viterbo in tanti abbiamo reso
l'ultimo saluto al nostro indimenticabile compagno Gaspare Bocchini.
Antifascista fin dall'infanzia, resistente contro il nazifascismo, per tutta
la vita militante del movimento operaio, operaio lui stesso, militante
comunista, sindacalista della Cgil, autorevole dirigente dell'Anpi, persuaso
e coraggioso pacifista fin dai tempi dei "partigiani della pace" (a Viterbo
e' restata leggendaria una sua impresa di mezzo secolo fa, quando innalzo'
la bandiera della pace sulla ciminiera dello zuccherificio), una intera vita
dedicata alla lotta per la dignita' umana di tutti gli esseri umani, per la
giustizia e la liberta'.
Sempre presente ogni volta che c'era da lottare per la buona causa, sempre
generoso nell'impegno politico come nella vita quotidiana (e molti gesti
luminosamente magnanimi da Gapare compiuti ti capitava di venirli a sapere
per caso da altre persone, poiche' lui sempre rifuggiva dall'esibire i suoi
meriti e i suoi gesti forse piu' grandi); sempre umile, sempre modesto,
sempre all'ascolto dell'altro; sempre sollecito del bene comune, di un
rigore morale fiero e intransigente, di un incondizionato amore per la
verita', e misericordioso sempre. Una persona buona.
Cosi' con il canto antico dell'Internazionale oggi abbiamo accompagnato
Gaspare, con i vecchi antifascisti dell'Associazione nazionale partigiani e
con i ragazzi del centro sociale che lo hanno conosciuto ed amato come un
anziano, saggio, gentile, generoso fratello.
Alla moglie amatissima e ai familiari tutti va il nostro abbraccio in questo
straziante momento.
Ci manchera', Gaspare. Ed ora e' anche nel suo ricordo che continua la lotta
per un'umanita' di liberi ed eguali, la lotta per la pace e la giustizia, la
lotta perche' ogni essere umano e l'umanita' intera possa vivere una vita
degna e felice.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 713 del 26 ottobre 2003