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LIBERAZIONE RISPONDE SUL LICENZIAMENTO DI GRIMALDI
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LIBERAZIONE RISPONDE SUL LICENZIAMENTO DI GRIMALDI
Nella rubrica delle lettere del 30.5, finalmente Liberazione pubblica
alcune proteste per il licenziamento di Fulvio Grimaldi e risponde alle
contestazioni dei lettori. Ecco il testo della risposta di Liberazione.
Con queste lettere (dalle argomentazioni e dalle parole pressoché
identiche) non solo ci si domanda quali siano le ragioni della sospensione
della rubrica curata da Fulvio Grimaldi, ma ci si accusa, nientemeno, di
censura e di stalinismo. Parlare di censura per un giornale che, nel suo
piccolo, si è sforzato di dare spazio alle diverse posizioni e impostazioni
politiche - ovviamente all'interno di un "campo" specifico, quello dei
movimenti e della sinistra alternativa - sarebbe ridicolo se, a volte, non
sfiorasse la paranoia. Le ragioni di quella sospensione sono molto più
semplici: il modo in cui era fatta la rubrica non ha soddisfatto i
requisiti concordati. A Grimaldi (ex noto giornalista "ambientalista" del
Tg3) avevamo chiesto, appunto, una rubrica dedicata alle questioni
dell'ambiente. Volevamo dare a questo tipo di articoli settimanali (come si
può vedere dall'insieme delle rubriche stesse), una precisa
caratterizzazione tematica, sganciata dalle cronache della quotidianità e
legata alle competenze specifiche degli autori. Il fatto è che Grimaldi non
ha quasi mai rispettato questo impegno, trasgredendo quindi, non a una
"direttiva" politica, ma a una specifica esigenza e scelta editoriale e
giornalistica. In questi anni abbiamo più volte discusso con l'autore di
questo ma, nonostante ogni accordo per reimpostare la collaborazione, il
nostro obiettivo è stato puntualmente disatteso. Per queste ragioni, la
rubrica è stata sospesa e sostituita con "Rossoverde" di Fabrizio Giovenale
che, come stabilito, si occuperà di ambiente. Ringraziamo Fulvio Grimaldi
per la collaborazione e gli auguriamo nuovi successi professionali.
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La motivazione addotta dall'anonimo redattore di Liberazione è un
capolavoro di ipocrisia. Se fossimo a scuola, potremmo dire che il discolo
Grimaldi è stato sospeso perché andava ostinatamente fuori tema. Ma
Liberazione non è una quinta elementare, per cui la spiegazione di una
maestrina un po' rigida non tiene.
La burocratica fiscalità con la quale ci si lamenta di un Grimaldi assunto
per dedicarsi alle questioni dell'ambiente e che, invece, ha osato
spaziare, inserendo le tematiche ambientali nei contesti in cui si
manifestano - guerre, scelte politiche, liberismo, ecc. - ricorda
sinistramente non tanto Stalin o la stagnazione brezneviana, quanto
piuttosto il tecnocrate Deng Hsiao Ping, quello che diceva "non importa se
il gatto è bianco o nero, l'importante è che acchiappi il topo". Qualcuno
ricorderà che quel tipo, chiamato con disprezzo "il topo sordo" dai
sostenitori della Rivoluzione Culturale e dalle Guardie Rosse, non ha
esitato a far cannoneggiare qualche migliaio di studenti che chiedevano
maggiore democrazia e non solo liberalizzazione economica.
Non sappiamo chi sia l'anonimo topo sordo che ha materialmente redatto la
risposta di Liberazione alle proteste per il licenziamento di Fulvio
Grimaldi, ma una cosa ci sembra certa: chi gestisce in questa maniera i
rapporti al proprio interno non ha alcun titolo per dare lezioni di
democrazia a nessuno. Leggere su Liberazione gli articoli contro la censura
RAI, contro l'allontanamento di De Bortoli dal Corriere della Sera, contro
il linciaggio di Santoro, Biagi e Luttazzi ha preso il sapore amaro della
beffa. Altrettanto, leggere su Liberazione gli appelli a votare per
l'estensione dell'articolo 18, contro la libertà di licenziamento.
Noi pensiamo che Grimaldi sia stato licenziato perché troppo amico dei
Palestinesi, a differenza del colono Ariel Caldiron, molto amico degli
Israeliani e che dunque non rischia il posto di lavoro; noi pensiamo che
Grimaldi sia stato licenziato perché troppo amico dei Cubani, degli Irakeni
e degli Jugoslavi e soprattutto perché troppo comunista, il che non sta
bene in un giornale vice-diretto da quel Turiddu Cannavò che pochi mesi fa,
al cospetto di un ghignante Giuliano Ferrara, liquidava il Comunismo come
roba del passato. Così stanno le cose.
P.S. A scanso di equivoci, ribadiamo l'invito a votare SI al referendum per
l'estensione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori... nonostante la
nuova linea di Liberazione, siamo contrari alla libertà di licenziamento,
soprattutto per motivi politici o di opinione. Una volta, lo era anche
Bertinotti.