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Dallo Zambia una lettera per Bush
Ciao a tutti. Ieri pomeriggio ispirato dalla pioggia che qui scende ormai
ininterrotta da 3 giorni e colpito dalle notizie dei vari telegiornali mi
sono senza volerlo trovato a scrivere una specie di lettera aperta al caro
vecchio George W. Bush.
Ve la mando cosi' come e' nata, con tutti i suoi limiti e le sue illusioni...
Francesco
Ndola (Zambia), 10/03/03
DALLO ZAMBIA, LETTERA APERTA A GEORGE W. BUSH
Egregio Presidente Bush,
chi Le scrive non è nessuno e come tale non ha senso nemmeno che si
presenti. L’unica cosa che posso dirLe è che Le scrivo da quelli che padre
Alex Zanotelli definisce “sotterranei del mondo”. Sì, ha presente quei
luoghi chiamati sottoscala, cantina o altro che nelle case vengono adibiti
a ripostiglio, dove si ammassano le cose vecchie o, perchè no, le cose che
si preferisce nascondere perchè non sta bene metterle in mostra? Quegli
angoli spesso buii, polverosi, silenziosi....sono certo che anche alla Casa
Bianca, se cerca bene, per quanto luminosa e lucente possa essere ogni
cosa, sono certo che anche lì esiste uno di questi angoli. La invito a
cercarlo, Signor Presidente, ed una volta trovato faccia come i bambini
quando vincono per la prima volta la paura di scendere le scale buie che
portano in cantina e si decidono finalmente ad affrontare i mostri che fino
al giorno prima! hanno popolato i loro incubi notturni. Siamo adulti, lei
più di me, lei con un’esperienza di vita infinitamente superiore alla mia,
ma per quanto io non sia nessuno, so bene che come adulti forse abbiamo
perduto la capacita’ di lasciarci impressionare e intimidire dai mostri, o
semplicemente non ci facciamo piu’ caso. E’ un peccato. Forza Presidente,
per una volta scenda le scale invece di salirle, per una volta apra Lei la
porta invece di farsela aprire e accenda quell’interrutore della luce per
vedere cosa c’è in quest’angolo di mondo. Che cosa eccezionale...scommetto
che mai avrebbe immaginato che dietro quella porta tenuta sempre chiusa,
giù per quelle scale di un legno ormai marcio e pericolante, vi potesse
essere un mondo che pulsa, un mondo che urla, un mondo nel quale i sensi
della vista, dell’udito e dell’olfatto sono quasi esaltati. Eppure è così e
sono certo, Signor Presidente, che proprio come il bambino di prima, una
volta vinta la paura di scendere le scale, s! i meraviglierà di trovarvi
cose che nemmeno si ricordava più di avere, cose che appartengono al
passato e che pensava di aver eliminato. La cosa importante è non fermarsi
alla semplice vista. Apra le orecchie, Presidente, ascolti questo silenzio
profondo, lacerante e lacerato, ascolti l’urlo silenzioso di un popolo che
muore, di bambini che nel terzo millenio muoiono di fame, di madri che a
volte sono costrette a sottrarre loro il cibo, di uomini che non hanno
nessuna aspettativa dalla vita. Ascolti Signor Presidente quest’urlo
soffocato, questi uomini che senza voce urlano a squarciagola. È
semplicemente l’urlo silenzioso che non fa piu’ notizia di quanti ogni
giorno sono vittime silenziose di un’altrettanto silenziosa guerra. È
semplicemente il silenzio urlato di centinaia di migliaia di innocenti. Ma
la cosa davvero sconvolgente è che a questa gente si è voluto anche
togliere la possibilità di urlare, perchè si è deciso che può urlare solo
chi ha l’autorità per farlo: ed ! ecco che Lei, Signor Presidente, ha
strappato dalla gola di queste persone l’urlo e l’ha messo in bocca ai Suoi
soldati, sì proprio quelle centinaia di migliaia di uomini e ragazzi, molti
dei quali miei coetanei, che ora, grazie a Lei, possono far sentire il loro
urlo, non piu soffocato ma soffocante al resto del mondo. A questa gente
non è rimasto che rispondere nella sola maniera in cui è in grado di
rispondere: e cioe’ cantando! E allora Signor Presidente, scendendo quelle
scale, sentira’ che quel silenzio che sembrava essere la struttura portante
di un mondo sotterraneo sul punto di crollare, quel silenzio, dicevo, non è
altro che un canto. Un canto di vita e di morte al tempo stesso, un canto
di lamento e di ringraziamento, un canto di gioia e di dolore, un canto per
dimenticare e per ricordare, un canto urlato e silenzioso. Ci siamo, Signor
Presidente, siamo pronti ad affrontare una nuova guerra, perchè lei possa
ristabilire quella “giustizia infinita” e quella “libert! à duratura” che
permettano al nostro bel mondo di tenere ben chiusa quella porta che
conduce nei sotterranei.
Mi sono chiesto spesso come dorma un uomo come Lei alla vigilia di
decisioni come quella che si prendera’ tra pochi giorni all’ONU in grado di
cambiare le sorti del mondo, mi sono chiesto soprattutto “se” dorma.
L’augurio che Le faccio, Signor Presidente, non e’ quello di restare
sveglio ma e’ quello di dormire e di sognare. Le auguro di tutto cuore di
sognare stanotte quei mostri che sono certo da bambino almeno una volta
avra’ sognato. Li guardi con attenzione perche’ non saranno mostri a tre
teste o che sputano fuoco, nossignore, avranno le sembianze di bimbi
dell’eta’ di 2 anni che pesano non piu’ di 6 kg, avranno le sembianze delle
loro madri malate di AIDS, avranno le sembianze dei loro padri che hanno
perso ogni speranza nella vita. Mi chiedo se si porra’ mai la domanda “ma
ne vale davvero la pena?” e mi chiedo se dara’ mai una risposta affermativa
come fece nel 1996 Madeleine Albright, al tempo ambasciatore Usa all’ONU,
intervistata da una televisione americana sull’embargo all’Iraq. Se la
ricorda? Io sinceramente l’avevo dimenticata e l’ho riletta qualche giorno
fa in una lettera scritta da Gino Strada. Le assicuro che fa un effetto
diverso riletta qui nel sotterraneo del mondo, Signor Presidente...ed è
diventata il mio mostro notturno. La signora Albright, piu’ tardi
Segretario di Stato durante la presidenza Clinton, alla domanda
dell’intervistatore se ne valesse davvero la pena, se fosse necessario un
embargo che aveva procurato la morte di mezzo milione di bambini,
rispondeva “penso che sia stata una scelta molto dura, ma pensiamo che per
quella posta ne sia valsa la pena”....esattamente disse “we think the price
is worth it!”....gliela ripeto Presidente... “we think the price is worth
it!”. Oggi questa frase risuona dentro di me ogni volta che cammino per i
gironi infernali di questo mondo ! che si chiamano baraccopoli, risuona
dentro di me prima di addormentarmi ed il motivo di tale risonanza e’ che
qui sotto, qui nei sotterranei, di bambini ne muoino in continuazione, e
non a causa di uno sporco embargo deciso da paesi civili, no, Signor
Presidente, qui muoiono a causa di una guerra se possibile ancora più
sporca di quella che Lei sta per combattere, una guerra tenuta chiusa a
chiave e al buio dietro una porta sprangata! La guerra quotidiana della
fame, la guerra quotidiana dell’AIDS, la guerra quotidiana del degrado,
della violenza e degli abusi. La guerra delle madri che vedono morire i
propri figli e quella dei figli che vedono morire le proprie madri; la
guerra di chi non puo’ pagarsi il trasporto verso l’ospedale piu’ vicino e
la guerra di chi all’ospedale ci arriva ma tanto mancano i farmaci e poco
cambia...gia’ proprio quei farmaci protetti dai brevetti industriali che la
piu’ potente democrazia mondiale non vuole assolutamente cedere. Qui si
muore perc! hè un’altra parte di mondo possa vivere, possa sfruttare le
risorse presenti in questa parte di mondo, possa scaricare qui i suoi
rifiuti, possa testare nuovi prodotti, possa urlare a pieni polmoni quello
stesso urlo che ha strappato dalle gole di questa gente. “We think the
price is worth it”...me lo chiedo anch’io che non sono nessuno: mi chiedo
se ne valga la pena prestare servizio civile in nome di un Paese, l’Italia,
che sembra volerLa appoggiare nella guerra di difesa del mondo occidentale
dal terrorismo internazionale.....giu’ la maschera Signor Presidente, se
c’e’ una cosa che qui nei sotterranei si impara presto a fare e’ guardare
in faccia la realta’. Dura, sporca, violenta, cattiva e fastidiosa. E
allora chiamiamo le cose con il proprio nome: cosi’ come qui si dice
chiaramente che si muore di fame e di AIDS, cosi’ altrettanto chiaramente
bisogna avere il coraggio di dire che tra poco un’altra parte del mondo
morira’ per un altro flagello che si chiama “petrolio”. ! Diciamolo, Signor
Presidente, almeno dichiariamolo una volta per tutte, giochiamo a carte
scoperte, senza dover creare un universo parallelo di nobili motivazioni
che dovrebbero fungere da quelle che Rumiz, in un libro sulla guerra nella
ex-Jugoslavia, definiva “maschere per un massacro”. Alla fine di tutto, la
mia risposta alla domanda se personalmente valga la pena di prestare
servizio qui nei sotterranei del mondo in nome di un Paese come l’Italia e’
“SI’”, ed il motivo e’ che nonostante le scelte del suo governo credo
ancora nel mio Paese, credo in quanti scendono in piazza a urlare il loro
“no” a questa guerra e credo anche in coloro che sono ancora vittime
dell’illusione che questa guerra serva davvero a fermare il terrorismo.
Credo in tutte queste persone che, come me, sono figlie di quella
Costituzione Italiana che all’articolo 11 afferma che l’Italia ripudia la
guerra come strumento di offesa alla liberta’ di altri popoli e come mezzo
di risoluzione delle controvers! ie internazionali. E allora se e’ cosi’ Le
diro’ di piu’, Signor Presidente: Le diro’ che non solo ne vale la pena ma
che sono fiero di farlo in nome di un Paese che nella sua Costituzione non
afferma semplicemente di “non volere” la guerra, ma di “ripudiarla”, e
continuero’ a crederci anche se il governo italiano, contro la volonta’
della maggioranza della popolazione, ma soprattutto contro quanto affermato
nella Costituzione, decidera’ di appoggiarLa nel folle piano per la difesa
dei Suoi interessi economici. “We think the price is worth it”....sia
sincero Presidente, mi dica che almeno una volta, almeno per una frazione
di secondo, anche Lei ha pensato che in fondo non ne valesse la pena di
radere al suolo l’Afghanistan e prepararsi a fare piazza pulita di
colpevoli e innocenti in Iraq semplicemente per vendicare le vittime di
quel tragico 11 settembre: vittime che hanno tutto il mio rispetto cosi’
come ce l’hanno le vittime al! trettanto innocenti degli “effetti
collaterali” delle bombe sganciate dai Suoi uomini in Afghanistan, in Iraq
e in qualsiasi altro posto al mondo siano cadute o cadranno. Si’ proprio
quegli “effetti collaterali” dei quali non piu tardi di due giorni fa, in
una conferenza stampa al Pentagono trasmessa dalla CNN, sia Rumsfeld che il
generale Clark non hanno escluso il possibile ripetersi qualora un
criminale efferato come Saddam Hussein ponga degli scudi umani nei pressi
di obiettivi sensibili.
E’ tardi Signor Presidente. Domani sara’ una lunga giornata e cosi’ anche
le prossime. Nei prossimi giorni, nelle prossime ore al Palazzo di vetro
Colin Powell cerchera’, a nome Suo, una legittimazione per la difesa degli
interessi di pochi al prezzo della vita di molti. Che ci sia o no tale
legittimazione, che ci sia o no questa “maschera per un massacro” poco
importa, voi andrete avanti lo stesso.
Sono un ingenuo e un illuso, mi aggrappo ancora con tutte le mie forze ad
un fondamento come la Costituzione Italiana, quando qualcuno che ne ha il
potere ma, badi bene, non l’autorita’e’ gia’ pronto a violare il diritto
internazionale.
Pazienza, qui nei sotterranei si trova di tutto, quindi che differenza fa
che ci sia un ingenuo e un illuso in piu’?
Buonanotte Signor Presidente. Anche quei mostri che Le ho descritto prima,
questa notte si addormenteranno, molti di loro ignari di quanto accadra’
domani e nei prossimi giorni. Anzi per loro tutto rimane uguale, tutto
rimane sempre drammaticamente uguale. Ma se non altro questa notte come
ogni notte si addormenteranno sotto un cielo stellato, un cielo nel quale
le stelle sono infinite....lo faccia per loro Signor Presidente, non tolga
loro anche questa piccola grande soddisfazione di avere un cielo che brilla
tutto per loro, non li costringa dopo tutto quello a cui gia’ sono stati
costretti, ad addormentarsi sotto un cielo formato non piu’ da infinite
stelle ma solo dalle cinquanta stelle della bandiera americana. Ci pensi,
Signor Presidente, anche solo per un attimo, ci pensi....ne vale la pena....
Francesco Strobbe