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La nonviolenza e' in cammino. 358




LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO



Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di 
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: <mailto:nbawac@tin.it>nbawac@tin.it



Numero 358 del 18 settembre 2002



Sommario di questo numero:

1. Abdessalam Najjar, una lettera al "Corriere della sera"

2. Mao Valpiana, Daniele Lugli: le dieci parole della nonviolenza, in 
cammino verso il lupo di Gubbio

3. Peppe Sini, di cosa parliamo quando parliamo di azione diretta 
nonviolenta contro la guerra

4. Giovanni Mandorino, "Quaderni Satyagraha"

5. Davide Melodia, un saggio su cristianesimo e pace

6. Enrico Euli, se io fossi... Lilliput

7. Hannah Arendt, l'idea di umanita'

8. Joseph Ki-Zerbo, appunti sulla storia dell'Africa e dell'umanita'

9. Vauro Senesi, un castoro per le strade di Kabul

10. Vito La Fata, un incontro a Palermo

11. Cinque assiomi della pragmatica della comunicazione umana

12. Letture: Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana

13. Letture: Liceo scientifico "Fermi" di Sulmona, Il sentiero della liberta'

14. Riletture: Carmela Baffioni, Storia della filosofia islamica

15. Riletture: Jan Kott, Shakespeare nostro contemporaneo

16. Da tradurre: Emilia Ferreiro, Pasado y presente de los verbos leer y 
escribir

17. La "Carta" del Movimento Nonviolento

18. Per saperne di piu'



1. ESPERIENZE. ABDESSALAM NAJJAR: UNA LETTERA AL "CORRIERE DELLA SERA"

[La seguente lettera e' stata inviata il 14 agosto da Abdessalam Najjar 
dell'ufficio per le pubbliche relazioni di Neve' Shalom / Wahat al-Salam, 
esperienza di convivenza nonviolenta, al direttore del "Corriere della 
Sera"; ringraziamo Elena Buccoliero (e-mail: e.buccoliero@comune.fe.it) per 
avercela trasmessa; per contatti: Bruno Segre, e-mail: segre-mos@iol.it]

Egregio Direttore,

noi di Neve' Shalom / Wahat al-Salam (Oasi di pace) siamo molto lieti per 
l'attenzione che l'autorevole giornale da Lei diretto ha voluto dedicare 
alla nostra piccola, singolarissima comunita'. L'articolo pubblicato dal 
Suo quotidiano nell'edizione del 12 agosto scorso ha il pregio di cogliere 
lo sforzo sincero e reale che gli ebrei e i palestinesi del nostro 
villaggio compiono per dare vita, assieme, a una "casa comune" fondata su 
principi di eguaglianza.

All'interno della nostra comunita', palestinesi ed ebrei concordano nel 
ritenere che il conflitto non vada ignorato e che non abbia senso, 
percio',  vivere come se il conflitto non esistesse. Al contrario, il 
nostro cooperare trae alimento dal comune impegno nell'affrontare il 
conflitto che divide i nostri due popoli, cercando di individuarne le 
complessita' e i paradossi proprio al livello del nostro vissuto 
quotidiano. Per un verso, la nostra a' una normale vita di villaggio, 
intessuta di normalissimi rapporti interpersonali. Sul versante opposto, ci 
confrontiamo a viso aperto con il prolungato e crudele conflitto che oppone 
l'uno all'altro i nostri gruppi nazionali; e nel fare cio' rileviamo che in 
piu' di un caso - come ben si puo' vedere nella vicenda della famiglia 
Kita'in - esistono fra noi acute divergenze.

Il significato profondo dell'esperienza di Neve' Shalom / Wahat al-Salam 
trova la sua espressione piu' autentica proprio nelle storie personali dei 
membri della nostra comunita' . A seguito della morte del figliolo, la 
famiglia Kita'in s'e' trovata ad affrontare una situazione particolarmente 
complessa. Onde riuscire a conservare la propria umanita' in un contesto 
tanto carico di tensioni e di contrasti, occorreva avere un enorme 
coraggio. Non conosco un altro luogo, in Israele o nel mondo intero, dove 
le persone si sentano chiamate con altrettanta urgenza a operare una 
delicatissima conciliazione tra le proprie istanze personali e una dinamica 
di gruppo tutt'altro che semplice.

Sfortunatamente, il titolo che e' stato dato all'articolo del "Corriere" 
non e' tale da rispecchiarne correttamente i contenuti e, soprattutto, 
getta un'ombra sugli aspetti positivi della nostra esperienza. Noi di Neve' 
Shalom / Wahat al-Salam siamo persone realistiche. Ai valori della 
fratellanza, dell'amore e dell'amicizia attribuiamo grande importanza. E 
tuttavia sappiamo che, all'interno della nostra realta', il percorso che ci 
porta a dare sostanza a quei valori e' irto di sofferenze e di difficolta'.

Ad onta delle infinite durezze della situazione entro cui ci muoviamo, la 
nostra comunita' continua a svilupparsi, a crescere, e - come si desume dal 
vostro stesso articolo - numerose sono le famiglie che vorrebbero unirsi a 
noi per condividere il nostro cammino. In Israele e all'estero (anche in 
Italia), vi sono molte persone e gruppi operativi che guardano alla nostra 
esperienza e alle nostre metodologie come a un modello. Il vero successo 
della sagace intuizione di Padre Bruno Hussar sta proprio in questa 
realta', che continua a vivere dopo di lui e a seguire le sue orme.

Ancora oggi Neve' Shalom / Wahat al-Salam e' l'unica, o quasi l'unica, 
esperienza positiva presente in questo contesto percorso dalla follia, nel 
quale entrambi i nostri popoli rischiano d'essere trascinati entro 
un'escalation carica di sangue, di odio, di paura e d'ira mentre l'intero 
mondo se ne sta, immobile, a guardare.

Voglia gradire l'espressione della piu' viva cordialita'.

Abdessalam Najjar



2. EDITORIALE. MAO VALPIANA, DANIELE LUGLI: LE DIECI PAROLE DELLA 
NONVIOLENZA, IN CAMMINO VERSO IL LUPO DI GUBBIO

[Ringraziamo Mao Valpiana per averci permesso di riprodurre come 
anticipazione l'editoriale del prossimo numero di "Azione nonviolenta", la 
rivista mensile fondata da Aldo Capitini e punto di riferimento 
fondamentale della nonviolenza in Italia (per contatti e per leggere on 
line i numeri arretrati: www.nonviolenti.org).

Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta@sis.it) e' il direttore di 
"Azione nonviolenta", Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli@libero.it) 
e' il segretario del Movimento Nonviolento]

Il Congresso del Movimento Nonviolento ha promosso, in continuita' e 
sviluppo della Marcia del 2000 Perugia e Assisi "Mai piu' eserciti e 
guerre", un appuntamento per tutti gli amici della nonviolenza a fine 
agosto 2003 (29, 30 e 31). Un cammino, un incontro. Tema centrale sara' il 
conflitto, nelle sue diverse manifestazioni e modalita' di affrontarlo. 
Approfondire e diffondere la proposta nonviolenta ci e' sembrato infatti 
necessario ed urgente, nella convinzione che "La nonviolenza e' il varco 
attuale della storia". Come luogo significativo abbiamo indicato Gubbio (la 
conversione del lupo), ma molto resta ancora da definire su modalita' e 
caratteristiche dell'iniziativa. Contiamo anche per questo importante 
aspetto sul contributo di tutti gli amici della nonviolenza. Pagine della 
rivista "Azione nonviolenta", sito del Movimento www.nonviolenti.org, 
componenti il Comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento sono a 
disposizione per illustrare la proposta, mano a mano che verra' 
precisandosi ed arricchendo, e raccogliere e confrontare idee e 
suggerimenti. Ci piace immaginare un cammino laico accessibile a tutti, un 
momento da vivere insieme per piu' giorni, e un appuntamento finale, al 
quale possa intervenire anche il "lupo" per un dialogo davvero aperto.

*

Abbiamo pensato ad un percorso che ci porti a quell'appuntamento: 10 
parole, una al mese, che ci accompagnino da ottobre 2002 ad agosto 2003. 
Ogni mese proporremo un tema di riflessione, illustrato da "Azione 
Nonviolenta" con articoli, citazioni di autori della nonviolenza, 
indicazioni bibliografiche. Le "parole" si rifanno alla tradizione laica e 
religiosa della nonviolenza in Francesco, Gandhi, Capitini e indicano degli 
ideali di riferimento.

E' un materiale che pensiamo possa essere utile a singoli e gruppi, che 
intendono prendere parte a questo percorso ed apportare il proprio 
contributo. Il collegamento sara' assicurato, oltre che dalla rivista, dal 
sito del Movimento, al quale si invita a comunicare le iniziative ispirate 
al tema del mese, che saranno intraprese. Ulteriore collegamento tra i 
partecipanti puo' essere l'effettuazione di un giorno di digiuno (dal cibo, 
dalla televisione) al mese (il secondo mercoledi'), che sottolinei il 
comune impegno. Confidiamo che la proposta sia accolta, arricchita, 
tradotta in concrete iniziative, tra loro comunicanti. Questo percorso, 
pensiamo, ci consentira' di precisare modalita' e contenuti della 
manifestazione conclusiva e ne costituira' assieme la miglior preparazione.

Le parole che ci accompagneranno sono (tra parentesi la data indicata per 
il digiuno ed eventuali iniziative pubbliche legate a quel tema):

- Forza della verita' (numero di ottobre 2002), digiuno e iniziativa il 
mercoledi' 13 novembre;

- Coscienza (numero di novembre 2002), digiuno e iniziativa il mercoledi' 
11 dicembre;

- Amore (numero di dicembre 2002), digiuno e iniziativa il mercoledi' 8 
gennaio;

- Festa (numero di gennaio-febbraio 2003)  digiuno e iniziativa il 
mercoledi' 12 febbraio;

- Sobrieta' (numero di gennaio-febbraio 2003), digiuno e iniziativa il 
mercoledi' 12 marzo;

- Giustizia (numero di marzo 2003), digiuno e iniziativa il mercoledi' 9 
aprile;

- Liberazione (numero di aprile 2003), digiuno e iniziativa il mercoledi' 
14 maggio;

- Potere di tutti (numero di maggio 2003), digiuno e iniziativa il 
mercoledi' 11 giugno;

- Bellezza (numero di giugno 2003), digiuno e iniziativa il mercoledi' 9 
luglio;

- Persuasione (numero di luglio 2003), digiuno e iniziativa il mercoledi' 
13 agosto.

*

Dal prossimo numero di "Azione nonviolenta", e per i nove successivi, 
dedicheremo almeno una pagina al tema del mese, cosi' da fornire adeguato 
materiale di approfondimento che ognuno potra' utilizzare per una 
iniziativa specifica, che potra' essere privata o pubblica (una riunione 
fra amici, una banchetto in piazza, un cartello esposto per strada, un 
messaggio al finestrino della macchina, ecc.) che abbia come titolo la 
parola del mese.

Inizieremo il mese prossimo con la riflessione su "La forza della verita'" 
per la quale si propone digiuno e iniziative il mercoledi' 13 novembre, 
concluderemo il 13 agosto con la "persuasione", per poi incontrarci tutti 
insieme a Gubbio a fine agosto 2003.

Ognuno di noi, ogni lettore di "Azione nonviolenta", ogni iscritto al 
Movimento Nonviolento, e' chiamato in questa occasione a "farsi centro" e 
promotore di una iniziativa, di una azione nonviolenta, anche se piccola e 
personale, o impegnativa e collettiva. Come diceva il titolo di una nostra 
marcia: "... A ognuno di fare qualcosa". Un modo per  sentirsi uniti, in 
movimento, e per far crescere la nonviolenza dentro e fuori di noi.

Mai piu' eserciti e guerre: la nonviolenza e' il varco attuale della storia.



3. UNA PROPOSTA. PEPPE SINI. DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI AZIONE 
DIRETTA NONVIOLENTA CONTRO LA GUERRA

[Il testo seguente publicammo un anno fa nel n. 237 del 23 settembre 2001 
de "La nonviolenza e' in cammino". Lo riproponiamo ai nostri interlocutori]

Non di azioni meramente simboliche ma operative ed efficaci. O l'azione 
nonviolenta sa contrastare concretamente la guerra o e' nella migliore 
delle ipotesi una testimonianza, nella peggiore una pagliacciata.

Due anni fa proponemmo, e realizzammo ad Aviano, l'azione diretta 
nonviolenta delle mongolfiere per la pace con cui ostruire lo spazio aereo 
di decollo antistante e sovrastante le basi dell'aviazione militare 
impedendo la partenza dei bombardieri.

Dimostrammo che e' possibile un'azione nonviolenta che 
contrasti  l'apparato bellico sul terreno, con la forza della nonviolenza, 
senza mettere in pericolo la vita di nessuno, nella massima limpidezza, 
riuscendo ad esempio a impedire i decolli dei bombardieri.

Se una nuova guerra dovesse essere scatenata ed il nostro paese dovesse 
prendervi parte, con cio' i decisori renderebbero l'Italia compartecipe di 
un'azione doppiamente criminale: poiche' guerra e' sempre omicidio di massa 
- la formula, definitiva, e' di Gandhi -, e poiche' la partecipazione 
italiana configurerebbe la violazione della nostra Costituzione. Cosicche' 
il governo, il parlamento e il presidente della Repubblica che facessero un 
tale passo si collocherebbero fuori della legge ed il popolo italiano 
sarebbe chiamato a ripristinare la legalita' e difendere l'ordinamento 
giuridico, lo stato di diritto e la democrazia impedendo la partecipazione 
del nostro paese al crimine bellico.

Dinanzi alla partecipazione italiana alla guerra avremmo tutti l'obbligo 
morale e giuridico di togliere il consenso ai decisori pubblici stragisti, 
e di opporci efficacemente alla guerra in nome del diritto, dell'umanita', 
della stessa legge fodnamentale della nostra Repubblica.

*

E per contrastare praticamente, e non solo a chiacchiere, la guerra, 
riteniamo ed abbiamo piu' volte gia' detto che tre sono le cose da fare:

a) l'azione diretta nonviolenta con cui bloccare l'apparato bellico: 
bloccando le catene di comando, bloccando le basi militari, bloccando la 
produzione e il traffico delle armi; si potrebbe cominciare ancora con 
l'azione del blocco nonviolento dei decolli dei bombardieri.

b) la disobbedienza civile di massa: mettendo i decisori fuorilegge 
nell'impossibilita' di avvalersi del consenso e della passivita' della 
popolazione, nell'impossibilita' di avvalersi degli strumenti della 
macchina amministrativa e dei poteri e degli spazi pubblici; ed impedendo 
loro di dar seguito ai loro piani incostituzionali dagli esiti stragisti;

c) lo sciopero generale contro la guerra: puntando a bloccare tutte le 
attivita' del paese, chiamando l'intera popolazione del nostro paese a 
resistere a un governo fuorilegge, chiamando il popolo italiano ad 
esercitare la sua sovranita' in difesa della Costituzione, della pace, del 
diritto alla vita di tutti gli esseri umani.

*

Qui intendiamo offrire alcuni materiali di riflessione ulteriori 
sull'azione diretta nonviolenta.

Ed in primo luogo diciamo che all'azione diretta nonviolenta contro la 
guerra possono partecipare solo persone persuase della nonviolenza e 
adeguatamente preparate.

Come esempio su cui riflettere riproduciamo qui le regole di condotta dei 
partecipanti all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace 
ad Aviano due anni fa.

*

Quattro regole di condotta obbligatorie per partecipare all’azione diretta 
nonviolenta delle mongolfiere per la pace:

I. A un’iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che 
accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza.

II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, 
con tranquillità, con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno.

III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso e fini di 
questa azione diretta nonviolenta delle “mongolfiere per la pace”, vale a dire:

a) fare un’azione nonviolenta concreta:

- per impedire il decollo dei bombardieri;

- opporsi alla guerra, alle stragi, alle deportazioni, alle devastazioni, 
al razzismo;

- chiedere il rispetto della legalità costituzionale e del diritto 
internazionale che proibiscono questa guerra;

b) le conseguenze cui ogni singolo partecipante può andare incontro 
(possibilità di fermo e di arresto), conseguenze che vanno accettate 
pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi.

IV. Tutti devono rispettare i seguenti princìpi della nonviolenza:

- non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle 
stupidaggini, o una sola persona si fa male, la nostra azione diretta 
nonviolenta è irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere 
immediatamente sospesa);

- spiegare a tutti (amici, autorità, interlocutori, interpositori, 
eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l’azione diretta 
nonviolenta non è rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza (in questo 
caso lo scopo è fermare la guerra, cercar di impedire che avvengano altre 
stragi ed atrocità);

- dire sempre e solo la verità;

- fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed 
annunciate pubblicamente (cioè a tutti note e da tutti condivise); nessuno 
deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza 
richiede lealtà e disciplina;

- assumersi la responsabilità delle proprie azioni e quindi subire anche le 
conseguenze che ne derivano;

- mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all’eventuale violenza 
altrui.

Chi non accetta queste regole non può partecipare all’azione diretta 
nonviolenta, poiché sarebbe di pericolo per sé, per gli altri e per la 
riuscita dell’iniziativa che è rigorosamente nonviolenta.

*

Per chi volesse saperne di piu', un ampio dossier su quella esperienza e' 
dsponibile nella rete telematica, in due parti:

- parte prima: www.peacelink.it/webgate/pace/msg00745.html

- parte seconda: www.peacelink.it/webgate/pace/msg00744.html

*

Si tratta dunque di iniziare subito i training di preparazione; si tratta 
inoltre di iniziare subito a formare alla conoscenza e all'uso della 
nonviolenza quante piu' persone e' possibile; si tratta di iniziare subito 
a prendere le distanze da quei sedicenti pacifisti che si lasciano invece 
ubriacare dalla violenza e dai pregiudizi o si lasciano corrompere dalle 
prebende, dalla manipolazione o dalla "cultura del branco".

*

Inoltre occorre iniziare subito a proporre la preparazione dello sciopero 
generale in difesa della Costituzione e della vita degli esseri umani 
vittime innocenti della guerra; occorre iniziare subito a spiegare cosa sia 
davvero la disobbedienza civile (non la caricaturale sfigurazione di cui 
hanno cianciato degli irresponsabili nei mesi scorsi) e come essa possa 
essere praticata da un movimento di massa; occorre iniziare subito 
un'azione di chiarificazione intellettuale e di illimpidimento morale per 
opporsi efficacemente alla macchina propagandistica che entra in azione 
parallelamente ai bombardieri par narcotizzare i complici passivi della guerra.

C'e' molto da fare, ed occorre fare presto.



4. RIVISTE. GIOVANNI MANDORINO: "QUADERNI SATYAGRAHA"

[Giovanni Mandorino e' impegnato nell'esperienza del Centro Gandhi di Pisa 
(e-mail: pdpace@interfree.it) che realizza i "Quaderni Satyagraha". 
Invitiamo i nostro interlocutori ad abbonarsi alla pregevole rivista (sito: 
http://pdpace.interfree.it)]

Cari amici,

mentre la situazione internazionale volge in una direzione contro la quale 
ciascuno di noi cerca di opporre la resistenza che puo', noi del Centro 
Gandhi di Pisa stiamo lavorando all'uscita del secondo numero di "Quaderni 
Satyagraha".

In questi mesi dopo l'uscita del primo numero abbiamo costruito un piccolo 
e spartano sito web che speriamo di poter meglio curare in futuro e far 
diventare uno strumento di discussione e di crescita della nonviolenza e 
dell'opposizione alla guerra.

Potete visitarlo all'indirizzo http://pdpace.interfree.it

Sul sito, per ora, troverete l'indice ed alcune parti scelte del primo 
numero. A breve introdurremo l'indice del secondo e, speriamo, le 
considerazioni e le opinioni che i lettori vorranno farci pervenire, 
nonche` quei materiali che non avremo potuto pubblicare su carta.

A breve esporremo anche il rendiconto finanziario del primo anno di attivita`.

Il nuovo numero uscira` a fine ottobre e verra` inviato a quanti avranno 
sottoscritto l'abbonamento.

Se avete ricevuto il primo numero e siete interessati a ricevere il 
successivo dovete quindi affrettarvi a sottoscrivere l'abbonamento e a 
farcelo sapere: i tempi dei conti correnti postali sono tali per cui la 
notifica degli abbonamenti ci perviene anche con sessanta giorni e piu` di 
ritardo rispetto alla data del versamento.

Vi ricordiamo che per sottoscrivere l'abbonamento e` necessario effettuare 
un versamento di 30 euro sul ccp n. 19254531 intestato a "Centro Gandhi - 
Associazione per la Nonviolenza Onlus", Largo Duca D'Aosta 11, 56123 Pisa, 
specificando come causale "Abbonamento per due numeri di Quaderni 
Satyagraha". (15 euro e` invece il costo di una sola uscita della rivista).

Per chi fosse interessato a riceverlo, sono ancora disponibili alcune copie 
del primo numero.

Se invece avete ritenuto non soddisfacente o comunque imperfetto (lo e' 
sempre) il nostro lavoro, vi saremo grati se vorrete permetterci di 
migliorarlo inviandoci le vostre osservazioni e le vostre critiche.

Chi non avesse ricevuto il primo numero e fosse interessato a ricevere il 
secondo puo` richiedercene una copia saggio: come nel caso del primo 
invieremo la copia chiedendovi di valutare il lavoro che stiamo cercando di 
fare e contribuire con idee, proposte di pubblicazione ed anche con denaro 
alla prosecuzione di questo lavoro.

Per qualunque informazione restiamo a vostra disposizione.



5. MATERIALI. DAVIDE MELODIA: UN SAGGIO SU CRISTIANESIMO E PACE

[Davide Melodia (per contatti: melody@libero.it) presenta il suo piu' 
recente libro. Davide Melodia e' una delle figure piu' prestigiose 
dell'impegno nonviolento nel nostro paese]

Se fossi un giornalista che ha letto "Introduzione al cristianesimo 
pacifista" di Davide Melodia, cioe' io, malgrado il sottotitolo che 
chiarisce essere il saggio dedicato a mettere in evidenza sia le luci che 
le ombre delle chiese cristiane in merito alla pace, obietterei sulla 
eccessiva brevita' dell'operetta.

Non si puo' pretendere di dare una panoramica completa e obiettiva della 
bimillenaria storia del cristianesimo nella spinosa questione della guerra 
e della pace, senza cadere in gravi omissioni ed esclusioni di concetti, di 
eventi e di personaggi anch'essi importanti.

Avrei da dire sul titolo che utilizza il vecchio termine pacifismo, ben 
sapendo, l'autore, che esso e' superato da quello piu' vasto, comprensivo, 
attivo e al di sopra delle parti che e' la nonviolenza.

E infine non sarei tanto sicuro che l'autore, protestante d'origine e 
quacchero  per recente scelta, sia stato veramente obiettivo 
nell'affrontare le colpe dirette e le responsabilita' indirette della 
Chiesa piu' grande e piu' centrale nel mondo cristiano, ovvero la chiesa 
cattolica.

Mi seccherebbe moltissimo dovermi ricredere su tutti i punti, cosa che puo' 
valutare il lettore, ammesso e non concesso che acquisti il volumetto, ma 
ammetto che e' possibile in linea di principio.

Posso dire soltanto che dopo averlo letto - io l'ho riletto dieci volte per 
evitare contestazioni per quanto riguarda la verita' storica - mi e' 
apparso, piu' che un saggio, una sorta di manuale per il nonviolento che 
voglia avere una infarinatura storica dei pro e dei contro del pensiero e 
dell'azione del cristianesimo di fronte a questa complessa e drammatica 
tematica.

*

Il saggio di Davide Melodia, Introduzione al cristianesimo pacifista, puo' 
essere ordinato presso la casa editrice Costruttori di Pace, viale Dante 
53, int. A, 21016 Luino (Va), tel. 0332.534311, fax 0332.535293.

L'autore e' disponibile per presentazioni pubbliche del volume.



6. DIBATTITO. ENRICO EULI: SE IO FOSSI... LILLIPUT

[Enrico Euli (per contatti: diabeulik@libero.it) interviene con questo 
scritto nella riflessione in corso nella Rete Lilliput. Enrico Euli e' tra 
i piu' noti formatori alla nonviolenza; per contattare la Rete Lilliput se 
ne visiti il sito: www.retelilliput.org]

Alcune riflessioni, spero pacate e chiare, alla luce di quel che vedo e 
leggo, dentro e fuori di me. Un contributo alla discussione pre-assembleare.

* Essere rete

A neppure sei mesi (reali) dall'inizio della sperimentazione proposta e 
scaturita da Marina di Massa 2 si va gia' verso una nuova assemblea 
nazionale, iniziano a girare nuovi documenti, richieste di verifica, 
proponimenti e attese...

Segno di vitalita' e democrazia vera, certo. Buon segno.

Ma sinceramente non sentivo e non sento l'esigenza di accelerare troppo.

Mi sarei data ancora un po' di respiro, sinceramente...

Un esperimento di "rete-senza rete" come e' il nostro, merita pazienza, 
ascolto profondo, attenzione...

I bambini e le bambine hanno bisogno di fiducia e di tempo, per poter fare 
- apparentemente all'improvviso - dei salti...

Io sto procedendo verso la posizione eretta, ma senza rinunciare mai alla 
bellezza e ai vantaggi del bighellonare carponi, mi raccomando...

* Essere in rete

Le scelte avviate a gennaio scorso mi hanno messo in difficolta' nei miei 
rapporti di parentela, anche quelli piu' prossimi:

- con gli zii paterni e materni che sedevano al Tavolo, che mi sembrano 
ancora straniti e perplessi...si aspettavano forse una nipotina piu' lenta 
nello sviluppo, piu' remissiva, piu' riconoscente?

- con i cuginetti  e le cuginette dei Social Forum, stanchi di aspettare 
che spunti finalmente anche in me qualcosa che assomigli alla loro idea di 
"come si fa politica" (leadership riconosciuta, assemblee fiume, 
manifestazioni di piazza per ogni dove, operazioni di forte impatto 
mediatico...); nel frattempo, iniziano a litigare tra loro (e forse e' un 
bene...) e proseguono a fare politica a modo loro (e forse non e' un bene...);

- con i fratellastri e le sorellastre "disobbedienti" (la mamma l'abbiamo 
in comune, ma i papa' restano incerti...): i miei nodini si preparano 
all'azione diretta nonviolenta per anni e poi magari ne fanno una soltanto, 
mentre loro ne fanno una al mese e l'unica formazione che conoscono e' 
l'azione stessa; eppure sarebbe importante imparare qualcosa gli uni dagli 
altri...;

- con i nonnini e i padrini della politica "ufficiale", che non riescono 
neppure a star dietro ai girotondi (che in fondo e' un un gioco da bambini, 
un semplice cerchio che ruota...), figurati se possono davvero capire una 
rete di lillipuziani (roba davvero di un altro pianeta...!).

* Le reti intorno

Tante cose accadono intorno a me... i girotondi vanno e vengono, a ciascuno 
di fare qualcosa, quel che vuole e che puo', che si metta in gioco, e che 
il gioco duri... altre piccole reti crescono e si collegano dal basso... 
l'area nonviolenta, dopo decenni di divisioni e di personalismi, prova ad 
incontrarsi... le impronte ecologiche iniziano a lasciare tracce sul 
terreno... la disobbedienza potenziale e dichiarata alle leggi razziste si 
allarga... la berlusconite ha smesso di impazzare, insieme alle borse... i 
vertici di parata non possono piu' dissimulare i loro premeditati 
fallimenti... la guerra al terrorismo incomincia a dare la nausea anche 
agli stomaci piu' coriacei...

Tutto bene, quindi? No di certo, la situazione e' disperata, credetemi. Non 
e' mai andata cosi' male, l'umanita' non e' mai stata cosi' prossima alla 
catastrofe. Sino a quando l'Occidente non arrivera' davvero al suo Ground 
Zero e non accettera' di deprimersi e di rifarsi, come direbbe Hillman, il 
rischio e' e restera' altissimo.

Ma, la' dove c'e' il massimo pericolo, la' si puo' trovare anche la 
salvezza (non e' mia, e' di un poeta folle, ma mi piace...).

L'importante e' che io continui a crederci.

* Irretimenti

Da cosa vorrei essere ancora piu' irretita?

Vorrei che iniziassero davvero a proliferare gli sciami delle azioni 
dirette, che fecondassero le fertili campagne della disobbedienza civile, 
punteggiate da ironici boicottaggi e sabotaggi giocosi...

Vorrei che crescesse il numero delle api, delle cicale e delle zanzare 
formatrici, e che girassero giorno e notte per ogni dove, ronzando sulle 
teste dei lillipuziani pensanti...

Vorrei che ogni nido, nodo o tana, per quanto comodi e sicuri, si aprissero 
al sole e al vento, con piu' curiosita' e meno prudenza...

Vorrei che io stessa, con le mie calde maglie, divenissi piu' capace di 
accogliere e di invitare, piu' confidente in me, ancora piu' aperta e vitale...

Vorrei sempre ricordare che i mondi possibili sono gia' qui, basta solo 
vederli...



7. MAESTRE. HANNAH ARENDT: L'IDEA DI UMANITA'

[Da Hannah Arendt, Ebraismo e modernita', Feltrinelli, Milano 1993, p. 75.

Hannah Arendt è nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva 
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l’ascesa del nazismo la costringe 
all’esilio, dapprima è profuga in Francia, poi esule in America. E’ tra le 
massime pensatrici politiche del Novecento. Docente, scrittrice, intervenne 
ripetutamente sulle questioni di attualità da un punto di vista 
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani. Morì a New York nel 
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti 
tradotti in italiano è spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo 
l’anno di pubblicazione dell’edizione italiana, ma solo l’anno 
dell’edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima 
edizione 1951), Comunità, Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra 
passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalità del male. Eichmann a 
Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), 
Comunità, Milano; postumo e incompiuto è apparso La vita della mente 
(1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento 
politico è Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i 
carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, 
Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La 
corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, 
Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 
1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale è 
la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, 
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, 
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L’origine della politica: 
Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d’Arcais, 
Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Augusto Illuminati, Esercizi politici: 
quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. 
Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco 
due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato 
iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei 
Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, DTV, München 2000]

L'idea di umanita', una volta liberata da tutti i sentimentalismi, implica 
questa gravissima conseguenza: che gli uomini, in una forma o nell'altra, 
devono assumere la responsabilita' di tutti i crimini commessi dagli uomini 
e che tutte le nazioni devono sopportare il peso del male commesso da tutte 
le altre.



8. MAESTRI: JOSEPH KI-ZERBO: APPUNTI SULLA STORIA DELL'AFRICA E DELL'UMANITA'

[Da "Chiama l'Africa news" (per contatti: chiamafrica@domeus.it) del 13 
settembre riprendiamo questi "Appunti sulla storia dell'Africa e 
dell'umanita'" dall'incontro con Joseph Ki-Zerbo svoltosi a Roma l'11 
settembre 2002. Joseph Ki-Zerbo e' uno dei piu' grandi intellettuali africani]

Spero che dopo che avro' parlato non saro' piu' uno straniero e avro' dato 
e ricevuto qualche cosa.

Mi piace considerare l'Africa come un discorso, perche' questo mi ricorda 
la forza, l'energia, la ricchezza che sono nella parola creatrice, nel 
verbo. E se l'Africa e' come un discorso che e' stato scritto dai nostri 
antenati, dobbiamo sapere che la storia non e' terminata, che il discorso 
va proseguito.

Ho avuto la fortuna di studiare il latino: Cicerone, Sallustio, Tacito. 
Eppure mi rendo conto che cio' che e' importante non e' quello che abbiamo 
imparato in latino, ma cio' che abbiamo dimenticato in africano. Dobbiamo 
considerare la storia autoctona, non quella che ci hanno imposto da fuori.

Cio' che contraddistingue l'uomo dagli altri animali non e' tanto il 
presente, quanto le altre due dimensioni della storia, cioe' il passato e 
il futuro. La storia, infatti, non e' soltanto il passato; essa e' come un 
motore a tre tempi: il tempo del presente non e' abbastanza significativo, 
qualificante, indicatore dell'umanita'. Gli animali sono molto concentrati 
sul presente. Per esempio il fatto che alcuni quadrupedi abbiano la testa 
rivolta verso il suolo indica l'importanza che ha per loro il presente del 
qui ed ora.

Un momento decisivo nella storia dell'umanita' fu quello in cui l'uomo 
assunse la posizione eretta, e cio' e' avvenuto in Africa. Questa tappa 
dell'evoluzione e' considerata come un inizio di liberazione dell'uomo. 
Infatti prima di allora l'uomo era costretto a dedicarsi completamente al 
presente. Ma dal momento in cui ha assunto la posizione eretta ha potuto 
finalmente utilizzare le sue mani, e attraverso di esse iniziare la sua 
civilizzazione. Nel frattempo la parte inferiore del cranio ha assunto 
dimensioni piu' piccole dando spazio all'encefalo, che si e' accresciuto, 
ed egli ha imparato a guardare altrettanto bene davanti e dietro di se', 
cioe' a contemplare il suo passato e a prevedere il suo avvenire.

Gli avvenimenti che conosciamo, confermati dalla recente scoperta in Ciad 
di un cranio risalente a 7 milioni di anni fa, ci dicono che la storia e' 
iniziata in Africa ben prima che in altri continenti.

Non dobbiamo studiare la storia per contemplare il passato, bensi' per 
incontrare noi stessi. Il processo evolutivo e' una parte essenziale della 
nostra identita' e se recuperiamo la storia lo facciamo anche per i nostri 
posteri, per i nostri discendenti, per i nostri nipoti.

Questa storia non e' di nostra proprieta', e' di proprieta' del mondo. Essa 
e' in accordo con la concezione africana della proprieta', che non e' 
fondata soltanto sulla dimensione del presente, ma evoca gli antenati - per 
esempio con la concezione della terra che appartiene agli avi - e contempla 
ancora di piu' i discendenti, i figli, ai quali viene trasmessa.

Io penso che cio' che ci interessa oggi della storia e' proprio questa 
capacita' di reinvestire il passato nel presente e nell'avvenire. Non per 
riprodurre la storia in maniera meccanica e robotica, non per dare vita a 
dei cloni delle societa' africane di un tempo, ma per fondarci 
credibilmente sulle nostre proprie radici, senza esserne schiavi.

Ho appena terminato di scrivere un saggio dal titolo "Storia critica 
dell'Africa nera" - inserito nell'opera piu' vasta "Storia critica 
dell'umanita'" - il cui scopo e' quello di determinare i periodi di rottura 
e i periodi di ascesa della storia africana.

Non vogliamo coltivare la recriminazione e l'odio, ma rifondarci e 
ritrovare la nostra identita'.

Nella storia africana - come in quella europea - ci sono stati dei periodi 
di ascesa e di sviluppo, cosi' come periodi di decadenza, a volte 
infernale. Ma questi periodi di rottura erano i nostri.

Per centinaia di migliaia di anni, fino al XV secolo, l'Africa - anche 
quella sahariana - si e' evoluta, tanto da essere alla pari con le civilta' 
di altri continenti, o addirittura alla loro testa.

Il termine "preistoria", inventato dai miei colleghi europei, non e' 
esatto. Io non lo accetto. Esso si basa sul presupposto che fino a che un 
fatto non e' riportato per iscritto esso non puo' essere considerato come 
un fatto storico, ma preistorico. Io preferisco definirlo protostorico. Dal 
momento in cui c'e' l'uomo c'e' storia. Non c'e' motivo per considerare 
preistoria il momento in cui l'umanita' ha inventato la parola, l'arte, la 
religione, l'agricoltura. E' ridicolo. Dovremmo dire che tutti i popoli che 
ancora oggi sono analfabeti e che non hanno una cultura scritta sono dei 
popoli preistorici, e questo non ha senso.

In Africa ha dunque avuto inizio la storia dell'umanita', che e' poi 
proseguita nell'antico Egitto, nella cui civilta' ritroviamo molti elementi 
religiosi e della struttura sociale propri dell'Africa nera. L'Africa ha 
continuato a svilupparsi fino al XIV-XV secolo. In questo periodo alcuni 
grandi imperi africani potevano rivaleggiare con l'Europa.

Le statistiche dimostrano che le capitali dell'impero del Mali e del Ghana 
erano piu' popolate di quanto lo fosse Londra nello stesso periodo. Ho 
condotto personalmente una ricerca sulla densita' della popolazione 
scolastica in quei tempi nella regione: tra i cittadini liberi 
l'insegnamento primario era piu' diffuso di quanto non lo fosse in Europa 
nello stesso periodo. Vi invito di approfondire questo argomento nella mia 
"Storia dell'Africa nera".

Non e' per non parlare degli orrori, ma in Africa esistevano molti fattori 
positivi di sviluppo in ogni campo, anche in quello del diritto. Possiamo 
per esempio citare un motto che esprime uno dei fondamenti del diritto 
pubblico di quel tempo: non e' il re che ha la sovranita', ma e' la 
sovranita' che ha il re. Cio' significa che ci sono delle norme superiori 
che si impongono a tutta la comunita', a cominciare dal principale 
responsabile, che e' appunto il sovrano.

C'erano inoltre dei sistemi di riproduzione sociale, per la formazione e la 
trasformazione delle societa' ed esistevano dei veri e propri istituti per 
la formazione specifica,  per esempio dei griot, coloro i quali avevano 
l'incarico di tramandare la memoria storica.

I miei ascoltatori si stupiscono sempre quando racconto che l'inno 
nazionale del Mali di oggi e' un antico canto del XIII secolo intonato 
dalla madre di Sundiata, un ragazzo handicappato. Per riscattare l'onore 
della madre, derisa dalle altre donne del villaggio, Sundiata si ripropose 
di drizzarsi e di camminare correttamente e quando riusci' a farlo, 
sorreggendosi al bastone che la madre gli aveva donato, ella intono' un 
canto, che oggi, dopo sette secoli, e' ancora importantissimo, tanto da 
essere l'inno nazionale del Mali. Si tratta di una narrazione in cui il 
mito si unisce alla storia.

Anche l'Africa dunque ha avuto l'idea di reinvestire il passato nel 
presente per il futuro.

Personalmente ho la sensazione che una delle cause interne del 
rallentamento dello sviluppo in Africa sia da ricercarsi nella 
disponibilita' di spazi immensi; quando all'interno delle societa' 
nascevano dei contrasti essi venivano risolti con la partenza di coloro che 
erano in minoranza. Questa soluzione era favorita dalla certezza che 
dovunque fossero andati avrebbero trovato una terra e che avrebbero avuto 
diritto al territorio su cui si fossero insediati. Tutti gli "stranieri" 
che arrivavano avevano diritto al suolo, poiche' non esisteva il concetto 
di "proprieta' privata". La terra era una proprieta' collettiva a 
disposizione degli autoctoni e degli stranieri. Dunque i conflitti non 
venivano risolti con la guerra, ma in maniera "orizzontale", attraverso 
l'allontanamento di una parte della comunita' e delle ragioni del contrasto.

Al contrario, nella Valle del Nilo e nell'antico Egitto lo spazio era 
limitato; qui le contraddizioni non potevano essere risolte sfruttando le 
terre circostanti, ma solo attraverso la guerra, o attraverso le 
innovazioni tecnologiche, o ancora attraverso la riorganizzazione sociale. 
Si e' cosi' passati ad un livello di societa' superiore a causa dei 
conflitti e attraverso i conflitti.

I conflitti africani interni all'Africa sono sempre stati risolti dagli 
africani stessi e hanno portato alla configurazione di grandi realta' 
sociali e politiche come l'Impero del Mali o l'Impero del Ghana, cosi' come 
sono descritti dagli scrittori arabi o dagli stessi scrittori africani del 
XV, XVI e XVII secolo.

Alcune carte geografiche europee del tempo mostrano l'imperatore del Mali 
seduto su un trono, con la dicitura "Re del Mali", a testimonianza del 
fatto che esso veniva considerato alla pari di un qualsiasi altro sovrano. 
L'imperatore del Mali e in seguito quello del Ghana andando in 
pellegrinaggio alla Mecca portavano con se' tonnellate di oro, tanto da 
influenzare il prezzo del prezioso metallo in tutta la regione. Il re del 
Ghana era considerato il "re dell'oro". Si trattava dunque di una regione 
molto sviluppata dal punto di vista economico, dove si producevano 
anche  merci con valore aggiunto, come tessuti, oggetti metallici, vetro. 
In alcune importanti citta', ad esempio della Nigeria, si produceva cosi' 
tanto che l'intera regione fu soprannominata la "Bisanzio nera".

Quando i primi Portoghesi arrivarono in Congo, essi rimasero talmente 
impressionati al cospetto del re che lo salutarono e gli resero omaggio 
come se si trattasse del proprio re.

Sono solito dire che l'incontro tra Africa ed Europa fu un incontro 
storicamente mancato, perche' le cose potevano andare ben diversamente. 
Quando il re congolese Alfonso chiese dei tecnici europei per l'educazione, 
le infrastrutture, le costruzioni, ci si e' rifiutati di inviarglieli. Lui 
desiderava importare dall'Europa cio' che avrebbe potuto migliorare la 
situazione del suo regno, ma gli e' stato rifiutato qualsiasi aiuto, 
perche' in quel periodo iniziava la tratta degli schiavi.

Re Alfonso si era convertito al Cristianesimo ed era molto rispettoso dei 
principi della religione cattolica, che faceva osservare anche con la 
forza; aveva favorito la distruzione degli oggetti di culto e delle 
scritture legate alle tradizioni degli antenati. Ma malgrado tutto egli non 
si e' meritato la fiducia di coloro che lo avevano convertito, al punto che 
essi tentarono di ucciderlo durante la celebrazione di una messa pasquale, 
perche' i negrieri lo volevano.

Lo stesso Vasco De Gama commise molte atrocita', organizzo' e diresse non 
pochi massacri, alla pari dei conquistatori del continente americano, 
perche' voleva a tutti i costi impedire agli arabi di dominare l'Oceano 
Indiano.

L'Africa non ha potuto costruire la sua storia beneficiando di un dialogo 
autentico con l'Europa, un dialogo che favorisse una vera civilizzazione.

I progressi civili tecnici e materiali dell'Europa erano nettamente 
superiori, e l'Europa ne ha approfittato per molto tempo, al pari di quanto 
ha fatto con altri continenti.

L'Europa ha ricevuto molto da ogni parte del mondo: dall'Africa; dal Medio 
Oriente, che ha rappresentato l'anello di congiunzione tra la cultura 
greco-romana e l'Europa occidentale (molti testi greci arrivarono infatti 
in occidente proprio grazie agli arabi); dall'Estremo Oriente, con i 
cinesi, dai quali hanno preso la polvere da sparo. Questa e  altre 
invenzioni sono state portate in Europa, dove gli europei vi hanno aggiunto 
la loro creativita'. Cosi' si e' arrivati all'invenzione delle armi da 
fuoco, che in Africa hanno fatto la differenza, anche se il continente era 
gia ridotto alla sottomissione a causa della schiavitu'.

I quattro secoli di tratta degli schiavi hanno letteralmente bloccato 
l'Africa, ma hanno fatto meno danni di quanti ne ha fatti un secolo di 
colonizzazione, sia perche' a quel punto gli europei disponevano di mezzi 
tecnicamente troppo superiori, sia perche' si tratto' di una vera e propria 
sostituzione della civilizzazione africana da parte di quella europea, in 
tutti i campi, religioso, politico, culturale. La tratta degli schiavi 
rappresento' una profonda ferita nel corpo dell'Africa, ma il 
condizionamento fu piu' marginale, e il sistema africano resto' strutturato 
secondo la propria tradizione.

Durante la colonizzazione invece l'Africa smise di vivere e di produrre per 
se stessa, e il concetto di sviluppo endogeno fu completamente abolito. Ha 
servito gli altri invece di servire se stessa, in vista di un cambiamento o 
di un'evoluzione, che avrebbero potuto compiersi, nel bene o nel male, e 
che le furono impediti, almeno fino alle lotte di liberazione, negli anni 
Sessanta. Le indipendenze furono in buona parte delle false "liberazioni"; 
il neocolonialismo ha infatti sostituito il colonialismo, e ancora oggi non 
possiamo dire che il colonialismo e' stato sradicato in Africa.

Non voglio terminare in un'ottica afropessimista.

L'Europa ha portato molti elementi positivi: la scienza, la religione, la 
coscientizzazione, le lingue, attraverso le quali possiamo attingere 
all'enorme ricchezza culturale e intellettuale a livello mondiale. Tutto 
questo pesa in modo positivo sul piatto della bilancia. Ma quello che noi 
avvertiamo ancora oggi e' che per la massa della popolazione - non per i 
privilegiati che hanno potuto emergere, per gli intellettuali, come me, che 
hanno potuto beneficiare di questa eredita' positiva - ma per la stragrande 
maggioranza della gente, la bilancia continua a pendere dalla parte negativa.



9. TESTIMONIANZE. VAURO SENESI: UN CASTORO PER LE STRADE DI KABUL

[Questa recensione del recente libro di Gino Strada e' apparsa sul 
quotidiano "Il manifesto" del 13 settembre. Vauro Senesi e' vignettista e 
giornalista del "Manifesto", durante la guerra ha condiviso l'esperienza di 
Emergency a Kabul; Gino Strda e' il medico fondatore di Emergency (per 
contatti: www.emergency.it)]

Mi e' capitato aprendo l'ultimo libro di Gino Strada, Buskashi' 
(Feltrinelli, pp. 144, euro 12), di avere la sensazione di aprire una porta 
di legno incardinata su pareti di fango secco dipinte di bianco posta 
all'ingresso della casa di Emergency ad Hanaba nel Panshir, nelle vicinanze 
dell'ospedale. Una volta aperta, mi sembra di vedere, accoccolati sui 
tappeti stesi sul pavimento di una stanza, tra il fumo delle troppe 
sigarette che si addensa sul soffitto basso, Gino, Coco Jalil, Marco 
Garatti, Kate Rowlands, Fabrizio Lazzaretti, Alberto Vendemmiati, Maso 
Notarianni, Giulietto Chiesa. Alla sera, quando l'unico rumore che 
proveniva dall'esterno era il rombo cupo dei bombardieri d'alta quota, ci 
ritrovavamo proprio in quella casa. Eravamo in quella stanza la sera del 
giorno in cui due bombe "amiche" erano cadute per "errore" su un villaggio 
nella zona di Kapisa e dove il chirurgo Marco Garatti, cosi' stanco dopo 
un'intera giornata passata a tentare di ricucire carni dilaniate di povera 
gente, mangiava il pane piatto afghano senza nemmeno aver avuto la forza di 
lavarsi gli schizzi di sangue dal volto e dalle braccia. L'indomani dell'11 
settembre Strada aveva una fretta dannata di raggiungere quella stanza ad 
Hanaba ed ancor piu' di raggiungere Kabul. Kabul era gia' stata condannata 
e per questo rapidamente abbandonata da tutte le varie organizzazioni 
umanitarie, in primis dalla Croce rossa internazionale. "Sarebbe una 
immagine disdicevole quella che daremmo se sullo stesso aereo che va a 
Kabul ad evacuare il nostro personale dalla citta' portassimo personale di 
un'altra organizzazione sanitaria": con questa parole un alto funzionario 
della Croce rossa internazionale aveva negato loro un passaggio. Cosi' 
l'ultimo aereo per Kabul parti' vuoto e Gino e Kate Rowlands furono 
costretti a valicare a cavallo passi di montagna a 5.000 metri di 
altitudine per entrare in Afghanistan e raggiungere i loro ospedali. 
Avevano fretta di arrivare a Kabul. La fretta di chi sa di avere una 
ragione inconfutabile, quella dell'uomo, del valore assoluto della vita 
umana, di ogni singola persona umana. Ma la loro e' una fretta capace di 
dotarsi di pazienza, ironia, fantasia e soprattutto amore. Gino ha sempre 
fretta di arrivare a Kabul, di riaprire l'ospedale non dopo ma mentre la 
citta' e' sotto le bombe, perche' dopo e' sempre troppo tardi. Sicuramente 
la stessa fretta che ha spinto Gino a scrivere questo libro per raccontare 
la piu' banale e la piu' negata delle verita': che la guerra, qualsiasi 
guerra e con qualsiasi nome e' solo e nient'altro che un massacro 
soprattutto di persone innocenti. Proprio la banalita' di questa verita' 
negata impone la necessita' di chiedersi "perche'?".

Il comandante Massud, l'unico leader afghano ad avere avuto un senso dello 
stato e dell'identita' del proprio popolo al di la' delle divisioni 
tribali, viene ucciso pochi giorni prima dell'attentato al World Trade 
Center. Gino Strada Strada si chiede "perche' e' stato ucciso?". Nel libro 
questo e altri interrogativi si intrecciano al racconto delle semplici e 
spesso drammatiche vicende della quotidianita' della guerra. Ma e' dalla 
quotidianita', lontana dagli astrusi ragionamenti di geopolitica, che 
scaturiscono le risposte giuste, anche per chi, come Gino, ha scelto di 
lavorare piu' con il bisturi che con la politica.

Il libro di Strada inizia con la descrizione di un buffo castoro che va a 
spasso con un ombrellone da spiaggia. Gino lo vede svegliandosi nel 
padiglione per i bambini dell'ospedale di Kabul dove si era rifugiato la 
notte prima della presa della citta'. Per un attimo non riesce a capire 
dove si trova. Quel castoro, insieme ad altri allegri personaggi, lo 
disegnai nel febbraio scorso sulle pareti di quel padiglione. Sono contento 
che quel disegno lo abbia distratto un attimo, perche' spero che possa 
distrarre anche i bambini feriti di cui l'ospedale e' pieno. Loro hanno 
diritto ad un attimo di distrazione. Siamo noi che non vogliamo piu' 
ospedali pieni di bambini feriti a non doverci lasciare distrarre da chi 
vorrebbe che guardassimo altrove. Il libro di Gino Strada ci aiuta a non farlo.



10. INCONTRI. VITO LA FATA: UN INCONTRO A PALERMO

[Ringraziamo Vito La Fata (per contatti: vitofata@inwind.it) per questo 
resoconto. Vito La Fata e' tra gli animatori dell'impegno nonviolento in 
Sicilia]

"Union Get Peace" e' stato un progetto di scambio culturale multilaterale 
con paesi europei e paesi dell'area Euromed che si e' svolto a Palermo dal 
15 al 27 Agosto 2002.

Il progetto e' stato promosso e coordinato dal Cesie Onlus - Centro Studi 
ed Iniziative Europeo - con la collaborazione del Centro per lo sviluppo 
creativo "Danilo Dolci", il Movimento Nonviolento e il MIR. L'iniziativa e' 
stata finanziata dall'Agenzia Europea Meda e sponsorizzato dall'Aapit di 
Palermo, dalla Banca Don Rizzo di Alcamo e dall'Opera Universitaria di Palermo.

I paesi coinvolti sono stati Germania, Spagna, Italia, Turchia, Tunisia, 
Israele e Palestina, con la partecipazione in totale di 60 giovani dai 18 
ai 25 anni e di 10 leaders.

Il progetto e' stato realizzato presso il pensionato universitario di 
Palermo "San Saverio", ma le attivita' si sono svolte in diverse localita'.

Lo scambio si e' concretizzato in una serie di workshops su arte, teatro, 
musica e scrittura attraverso i quali si sono sviluppati rispettivamente i 
temi di "metodo nonviolento", "no alla guerra", "cos'e' pace?", "un futuro 
di pace". Grazie a questi incontri i giovani hanno potuto scambiare le 
proprie idee, ascoltare le opinioni degli altri, rimuovere alcuni 
pregiudizi che potevano avere all'inizio, far sentire la propria voce e 
conoscere delle realta' diverse da poter mettere in relazione con la loro.

Alla fine dello scambio e' stata organizzata una serata durante la quale si 
sono presentati i lavori dei workshop in una sede pubblica.

Le sessioni di discussione organizzate durante le giornate dello scambio 
hanno creato le condizioni necessarie per l'interazione dei giovani 
provenienti da sette paesi diversi e l'occasione per discutere le tematiche 
della guerra e della violenza nel mondo da vari punti vista.

Quindi il carico di valori naturali, culturali e sociali che ogni 
partecipante aveva insito in se' all'inizio degli incontri e' stato 
arricchito grazie allo scambio reciproco avuto con gli altri, occasione 
unica di crescita e maturazione per ognuno di loro.

I giovani hanno anche creato un video, un sito internet e un album 
fotografico sullo scambio e hanno dato vita alla nascita di un forum di 
discussione e di analisi sulla pace nel mondo anche perche' sin dallo 
svolgimento dello scambio i partecipanti cercavano di proiettare il loro 
lavoro in una prospettiva futura. E' stato infatti loro espresso desiderio 
la possibilita' di continuare con attivita' di questo tipo e di ripetere 
un'esperienza Euromed gia' dall'anno prossimo.

L'amicizia, la comunicazione, la voglia di capirsi e di capire gli altri 
hanno fatto la pace. E' questo l'obiettivo del Cesie, educare alla pace e 
alla nonviolenza, per crescere insieme verso l'unico futuro possibile: la 
pace e l'amicizia tra i popoli.



11. MATERIALI. CINQUE ASSIOMI DELLA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

[I seguenti assiomi abbiamo estratto da Paul Watzlawick, Janet Helmick 
Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, 
Astrolabio-Ubaldini, Roma 1971, alle pp. 44, 47, 52, 59, 62. E' un libro 
che e' necessario aver letto]

- Non si puo' non comunicare.

- Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione 
di modo che il secondo classifica il primo ed e' quindi metacomunicazionale.

- La natura di una comunicazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze 
di comunicazione tra i comunicanti.

- Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello 
analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e 
di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata nel settore della 
relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha alcuna 
sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura 
delle relazioni.

- Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a 
seconda che siano basati sull'uguaglianza o sulla differenza.



12. LETTURE. LUIGI DI LEMBO: GUERRA DI CLASSE E LOTTA UMANA

Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana, Biblioteca Franco 
Serantini, Pisa 2001, pp. 232, euro 15,49. Una dettagliata, accurata, 
appassionata ricostruzione della storia dell'anarchismo italiano dal 1919 
al 1939. Per richieste: Biblioteca Franco Serantini, tel. 050570995, 
e-mail: bfspisa@tin.it



13. LETTURE: LICEO SCIENTIFICO "FERMI" DI SULMONA: IL SENTIERO DELLA LIBERTA'

Liceo scientifico "Fermi" di Sulmona, Il sentiero della liberta', Edizioni 
Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001, pp. 160. Il libro e' uno dei frutti 
di una vasta ricerca a cura del Laboratorio distrettuale di storia di 
Sulmona e Castel di Sangro e si collega al progetto "Il sentiero della 
liberta'" proposto dalle associazioni internazionali di ex-prigionieri 
della seconda guerra mondiale. Nella prima parte viene tra l'altro 
pubblicato per gentile concessione parte del diario del '44 finora inedito 
di Carlo Azeglio Ciampi; nella seconda parte una serie di profili di eroi 
antifascisti, nella terza parte si ricostruisce la vicenda dell'esperienza 
liberalsocialista. Per richieste: Edizioni Qualevita, via Buonconsiglio 2, 
67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 086446448, 3495843946, e-mail: sudest@iol.it



14. RILETTURE. CARMELA BAFFIONI: STORIA DELLA FILOSOFIA ISLAMICA

Carmela Baffioni, Storia della filosofia islamica, Mondadori, Milano 1991, 
pp. 440, lire 16.000. Una accurata monografia con molti brani delle opere 
esaminate.



15. RILETTURE: JAN KOTT: SHAKESPEARE NOSTRO CONTEMPORANEO

Jan Kott, Shakespeare nostro contemporaneo, Feltrinelli, Milano 1964, 2002, 
pp. XXVI + 254, euro 9,50. Opportunamente ripubblicato in edizione 
economica; alcuni dei capitoli di questo libro sono una lettura di grande 
utilita' per quanti sono impegnati contro la violenza.



16. DA TRADURRE. EMILIA FERREIRO: PASADO Y PRESENTE DE LOS VERBOS LEER Y 
ESCRIBIR

Emilia Ferreiro, Pasado y presente de los verbos leer y escribir, Fondo de 
cultura economica, Buenos Aires - Cita' del Messico 2002, pp. 96. Tre 
interventi della grande studiosa, autrice (con Ana Teberosky) dell'ormai 
classico La costruzione della lingua scritta nel bambino.



17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale 
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale 
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae 
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo 
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova 
il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, 
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di 
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza 
geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e 
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e 
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio 
comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono 
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e 
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto 
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, 
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, 
l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la 
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione 
di organi di governo paralleli.



18. PER SAPERNE DI PIU'

* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org 
; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it

* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della 
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in 
Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it 
; angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it

* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista 
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati 
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per 
contatti: info@peacelink.it



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO



Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di 
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it



Numero 358 del 18 settembre 2002