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La nonviolenza e' in cammino. 340
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 340 del 12 gennaio 2002
Sommario di questo numero:
1. Ettore Masina, sos per Safiya
2. Mao Valpiana risponde a Silvio Berlusconi
3. Walter Binni ricorda Aldo Capitini
4. "Un uomo, un voto": una proposta di lettera da inviare a governanti e
parlamentari
5. Un ponte per...: il 14 gennaio a Roma
6. Palermo anno uno: a Roma il 19 gennaio contro il razzismo e il 23
febbraio contro la mafia
7. Monica Farnetti presenta il nuovo libro di Chiara Zamboni
8. Barbara Raggi, la shoah attraverso gli occhi delle donne
9. Alcuni riferimenti per contattare il MIR
10. Aggiornamento del "C.O.S. in rete"
11. Letture: AA. VV., Mortedison (tutti assolti)
12. Letture: AA. VV., Sulla inutilita' del cristianesimo (settima settimana
alfonsiana)
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'
1. APPELLI. ETTORE MASINA: SOS PER SAFIYA
[Ettore Masina (per contatti: ettore.mas@libero.it) e' una delle figure piu'
rilevanti dell'impegno per la pace e i diritti umani]
Care amiche, cari amici,
soltanto in queste ultime ore abbiamo saputo che Safiya sara' giudicata in
appello lunedi prossimo.
La tesi della difesa si basera' sia sul fatto che si e' trattato di violenza
carnale sia sul fatto che in ogni caso il reato sarebbe stato compiuto
prima dell'introduzione della sharia.
Quanto al resto: il ministro federale nigeriano di grazia e giustizia, che
aveva garantito che Safiya non sarebbe stata uccisa, e' stato ammazzato il
23 dicembre scorso; ed e' stato assassinato tre giorni fa anche il
segretario particolare del presidente della Corte federale. Sono delitti
"comuni" o episodi legati al durissimo (anzi: sanguinoso) conflitto in atto
nel paese fra cristiani e musulmani? E' in questo clima che sara' esaminato
l'appello di Safiya.
Persone autorevoli mi consigliano di scrivere subito, e fare scrivere, nuovi
appelli in favore di Safiya mandandoli questa volta per e-mail, data la
ristrettezza dei tempi al seguente indirizzo:
www.nigerianmission.org/_vti_bin/shtml.dll/feedback.htm
Per chi e' poco pratico di Internet e/o non conosce l'inglese, spiego:
sulla pagina troverete la scritta: What kind of comment woud you like to
send?
Selezionate "suggestion"
What about us do you etc:
In "other" scrivete "Safiya Hussaini"
Nel riquadro successivo scrivete "We want Safiya Hussaini alive".
Completate con i vostri dati e spedite.
Ricordiamoci che nessuno fara' quello che potremmo fare noi.
Un caro saluto.
2. LETTERE. MAO VALPIANA RISPONDE A SILVIO BERLUSCONI
[Mao Valpiana e' il direttore di "Azione nonviolenta", il mensile fondato da
Aldo Capitini, voce del Movimento Nonviolento. Per contatti: e-mail:
azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org]
In questi giorni, come altri venti milioni di famiglie italiane, ho ricevuto
dal Presidente del Consiglio dei Ministri, un convertitore euro/lire
accompagnato da una lettera che inizia con "Cara amica, caro amico..." e
termina con la firma di Silvio Berlusconi.
Ho risposto cosi':
Egregio Signor Presidente Berlusconi,
trattengo il convertitore in quanto esso e' stato pagato con i soldi dello
Stato, e quindi dei contribuenti, categoria alla quale appartengo.
Le restituisco invece la lettera perche' - pur rispettandoLa per il consenso
elettorale che Ella ha ottenuto - non mi considero Suo amico.
Distinti saluti
Massimo Valpiana, cittadino italiano
P. S. Sono tante le cose che ci dividono. L'ultima, e la piu' grave, e' il
Suo appoggio - dato a nome dell'Italia e con il voto del Parlamento - al
conflitto in Afghanistan, calpestando l'articolo 11 della Costituzione che
"ripudia la guerra".
3. MAESTRI. WALTER BINNI RICORDA ALDO CAPITINI
[Riproduciamo ancora una volta le parole di commiato pronunciate da Walter
Binni in occasione delle esequie di Aldo Capitini, a Perugia, il 21 ottobre
1968. Il testo, gia' apparso nel fascicolo speciale di "Azione Nonviolenta"
del novembre-dicembre 1968, lo riprendiamo da Il messaggio di Aldo Capitini,
Lacaita, Manduria 1977, dove si trova con il titolo Un vero rivoluzionario
alle pagine 497-500.
Walter Binni e' nato a Perugia nel 1913, ha studiato alla Normale di Pisa,
antifascista, impegnato nella Resistenza, poi deputato alla Costituente.
Docente universitario, tra i massimi studiosi della letteratura italiana. E'
scomparso sul finire del novembre 1997. Tra le opere di Walter Binni (la sua
vastissima produzione e' tutta di grande valore) segnaliamo particolarmente
gli studi leopardiani: fondamentali La nuova poetica leopardiana, e La
protesta di Leopardi, editi da Sansoni; ed il giustamente celebre saggio
metodologico Poetica, critica e storia letteraria, edito da Laterza. Come e'
noto sono classici i suoi studi sulla poetica del decadentismo, il
preromanticismo italiano, Ariosto, Michelangelo scrittore, Metastasio,
Parini, Goldoni, Alfieri, Monti, Foscolo, Carducci, De Sanctis.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977;
recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza,
Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici,
Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991; e gli scritti sul
Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996. Presso la redazione di "Azione
nonviolenta" sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed
opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali
Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969).
Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte:
sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, e un volume di
Scritti filosofici e religiosi. Opere su Aldo Capitini: oltre alle
introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo
Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda: Giacomo Zanga, Aldo
Capitini, Bresci, Torino 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, ECP, S.
Domenico di Fiesole 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo
Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Rocco Altieri,
La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo
Capitini, BFS, Pisa 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata.
Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999]
Queste inadeguate parole che io pronuncio a nome degli amici piu' antichi e
piu' recenti che Aldo Capitini ebbe ed ha, per la sua eccezionale
disposizione verso gli altri, vorrebbero piu' che essere un saluto estremo e
un motivato omaggio alla sua presenza nella nostra storia privata e
generale, costituire solo un appoggio, per quanto esile e sproporzionato, ad
una tensione di concentrazione di tutti quanti lo conobbero e lo amarono:
tutti qui materialmente o idealmente raccolti in un intimo silenzio profondo
che queste parole vorrebbero non spezzare ma accentuare, portandoci tutti a
unirci a lui, nella nostra stessa intera unione con lui e in lui, unione cui
egli ci ha sollecitato e ci sollecita con la sua vita, con le sue opere, con
le sue possenti e geniali intuizioni.
Certo in questo "nobile e virile silenzio" suggerito, come egli diceva,
dalla morte di ogni essere umano, come potremmo facilmente bruciare il
momento struggente del dolore, della lacerazione profonda provocata in noi
dalla sua scomparsa? In noi che appassionatamente sentiamo e soffriamo la
assenza di quella irripetibile vitale presenza, con i suoi connotati
concreti per sempre sottratti al nostro sguardo affettuoso, al nostro
abbraccio fraterno, al nostro incontro, fonte per noi e per lui di
ineffabile gioia, di accrescimento continuo del nostro meglio e dei nostri
affetti piu' alti. Quel volto scavato, energico, supremamente cordiale,
quella fronte alta ed augusta, quelle mani pronte alla stretta leale e
confortatrice, quegli occhi profondi, severi, capaci di sondare fulminei
l'intimo dei nostri cuori ed intuire le nostre pene e le nostre
inquietudini, quel sorriso fraterno e luminoso, quel gestire sobrio e
composto, ma cosi' carico di intima forza di persuasione, quella voce dal
timbro chiaro e denso, scandito e posseduto fino alle sue minime vibrazioni.
Tutto cio' che era suo, inconfondibilmente e sensibilmente suo, ora ci
attrae e ci turba quanto piu' sappiamo che e' per sempre scomparso con il
suo corpo morto ed inanime, che non si offrira' mai piu' ai nostri incontri,
al nostro affetto, nella sua casa, o in questi luoghi da lui e da noi tanto
amati, su questi colli perugini, malinconici e sereni, in cui infinite volte
lo incontrammo e che ora ci sembrano improvvisamente privati della loro
bellezza intensa se da loro e' cancellata per sempre la luce umana della sua
figura e della sua parola.
Ed ognuno di noi, certo, in questo momento, e' come sopraffatto dall'onda
dei ricordi piu' minuti e percio' struggenti, quanto piu' remoti risorgono
dalla nostra memoria commossa in quei particolari fuggevoli e minimi, che
proprio dalla poesia del caduco, del sensibile, dell'irripetibile, traggono
la loro forza emotiva piu' sconvolgente e ci spingerebbero a rievocare, a
recuperare quel particolare luogo di incontro, quella stanzetta della torre
campanaria in cui un giorno -quel giorno lontano- parlammo per la prima
volta con lui, o quella piazzetta cittadina -quella piazzetta- in cui
improvvisamente ci venne incontro con la gioia dell'incontro inatteso, o
quel colle coronato di pini in cui insieme ci recammo con altri amici.
E ognuno di noi ripensa certo ora alla propria vicenda o al segno profondo
lasciato dall'incontro con Capitini, fino a dover riconoscere - il caso di
quanti furono giovani in anni lontani - che essa sarebbe per noi
incomprensibile e non ricostruibile come essa si e' svolta, senza l'
intervento di lui, senza la sua parola illuminante, senza i problemi che lui
ci aiuto' ad impostare e a chiarire, spesso contribuendo a decisive svolte
nella nostra formazione e nella nostra vita intellettuale, morale, politica.
Ma appunto proprio da questo, dalla considerazione dell'immenso debito
contratto con lui, dalla nostra gratitudine e riconoscenza per quanto, con
generosita' e disponibilita' inesauribile, egli ci ha dato, veniamo
riportati - al di la' del nostro dolore che sappiamo inesauribile e pronto a
risorgere ogni volta che ci colpira' un'immagine, un'eco, una labile traccia
della sua per sempre scomparsa consistenza concreta - a quel momento
ulteriore della nostra unione con lui, in occasione della sua morte, che
soprattutto dalle sue parole e dalle sue opere abbiamo appreso a considerare
come l'apertura del "muro del pianto", della buia barriera della morte.
Perche' qualunque siano attualmente le nostre diverse prospettive
ideologiche, esistenziali, religiose o non religiose (e cosi',
coerentemente, pratiche e politiche), una cosa abbiamo tutti, credo, da lui
imparata: la scontentezza profonda della realta' a tutti i suoi livelli, la
certezza dei suoi limiti e dei suoi errori profondi, la volonta' di
trasformarla, di aprirla, di liberarla.
E' qui che il ricordo e il dolore si tramutano in una tensione che ci unisce
con Aldo nella sua piu' vera presenza attuale, nella sua non caduca presenza
in noi e nella storia, e ci riempie di un sentimento e di una volonta' quale
egli ci chiede e ci domanda con tutta la sua vita e la sua opera piu'
persuasa di combattente per una verita' non immobile e ferma, ma profonda ed
attiva, concretata in quella prassi conseguente di cui egli sosteneva
proprio in questi ultimi giorni, parlando con me, l'assoluto primato. Il
morto, il crocifisso nella realta', come egli diceva, suggerisce infatti
insieme e il senso della nostra limitatezza individuale in una realta' di
per se' ostile e crudele (quante volte abbiamo insieme ripetuto i versi di
Montale con il loro circuito chiuso: la vita e' piu' vana che crudele, piu'
crudele che vana!) e la nostra possibilita' o almeno il nostro dovere di
tentare di spezzare, di aprire quella limitatezza, di trasformare la
realta', dalla societa' ingiusta e feroce alla natura indifferente alla
sorte dei singoli e al loro dolore. Li' e' il punto in cui convergono tutte
le folte componenti del pensiero originalissimo di Capitini: il tu e il
tu-tutti, il potere dal basso e di tutti, la nonviolenza, l'apertura e l'
aggiunta religiosa. Li' convergono in una profonda spinta rinnovatrice le
idee, le intuizioni (tese da una forza espressiva che tocca spesso la
poesia), gli atteggiamenti pratici di Capitini.
Non accettare nessuna ingiustizia e nessuna sopraffazione politica e
sociale, non accettare la legge egoistica del puro utile, non accettare la
realta' naturale grezza e sorda, e opporre a tutto cio' una volonta'
persuasa del valore dell'uomo e delle sue forze solidali e arricchite dalla
"compresenza" attiva dei vivi e dei morti, tutte immesse a forzare ed aprire
i limiti della realta' verso una societa' e una realta' resa liberata e
fraterna anzitutto dall'amore e dalla rinuncia alla soppressione fisica
dell'avversario e del dissenziente, sempre persuadibile e recuperabile nel
suo meglio, mai cancellabile con la violenza.
Di fronte a questo sforzo consapevole ed ai modi stessi della sua attuazione
e della sua configurazione precisa alcuni di noi possono essere anche
dissenzienti o diversamente disposti e operanti, ma nessuno che abbia
compreso l'enorme portata della lezione di Capitini puo' sfuggire a questo
nodo centrale del suo pensiero, nessuno puo' esimersi di dare ad esso
adesione o risposta, tanto esso e' stringente, perentorio, come perentoria
e' insieme la lezione di intransigenza morale e intellettuale di Capitini,
la sua netta distinzione di valore e disvalore, la severita' del suo stesso
amore, pur cosi' illimitatamente aperto e persuaso del valore implicito in
ogni essere umano.
Proprio per questo amore aperto e severo, questa nostra unione in lui e con
lui - in presenza della sua morte - non puo' lasciarci cosi' come siamo di
fronte alle cose e di fronte a noi stessi, non puo' non tradursi in un
impegno di suprema lealta', sincerita', volonta' di trasformazione.
Capitini fu un vero rivoluzionario nel senso piu' profondo di questa grande
parola: lo fu, sin dalla sua strenua opposizione al fascismo, di fronte ad
ogni negazione della liberta' e della democrazia (e ad ogni inganno
esercitato nel nome formale ed astratto di queste parole), lo fu di fronte
ad ogni violenza sopraffattrice, in sede politica e religiosa, cosi' come di
fronte ad ogni tipo di ordine e autorita' dogmatica ed ingiusta (qualunque
essa sia), lo fu persino, ripeto, di fronte alla stessa realta' e al suo
ordine di violenza e di crudelta'. Questo non dobbiamo dimenticare, facendo
di lui un sognatore ingenuo ed innocuo, e sfuggendo cosi' alle nostre stesse
responsabilita' piu' intere e rifugiandoci nel nostro cerchio
individualistico o nelle nostre abitudini e convenzioni non soggette ad una
continua critica e volonta' rinnovatrice.
Forse non a tutti noi si aprira' il regno luminoso della realta' liberata e
fraterna nei modi precisi in cui Capitini la concepiva e la promuoveva, ma
ad esso dobbiamo pur tendere con appassionata energia.
Solo cosi' il nostro compianto per la tua scomparsa, carissimo, fraterno,
indimenticabile amico, diviene concreto ringraziamento e la risposta alla
tua voce piu' profonda: solo cosi' non ti lasceremo ombra fra le ombre o
spoglia inerte e consumata negli oscuri silenzi della tomba, e proseguiremo
insieme, severamente rasserenati - come tu ci hai voluto - nel nostro
colloquio con te, con il tuo tu-tutti, attuandolo nel nostro faticoso e
fraterno impegno di uomini fra gli uomini, come tu ci hai chiesto e come tu
ci hai indicato con il tuo altissimo esempio.
4. APPELLI. "UN UOMO, UN VOTO": UNA PROPOSTA DI LETTERA DA INVIARE A
GOVERNANTI E PARLAMENTARI
[Questo appello abbiamo ripreso dal numero 28 del 24 ottobre 2000 del
notiziario "Un uomo, un voto" promosso dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo]
Egregi signori,
a) la Convenzione di Strasburgo del 5 febbraio 1992 sulla partecipazione
degli stranieri alla vita pubblica a livello locale prevede al capitolo C il
diritto di voto (elettorato attivo e passivo, ovvero la facoltà di eleggere
e di essere eletto) nelle elezioni locali per ogni straniero residente;
b) in altri paesi europei tale diritto e' garantito da vari decenni;
c) dal 1996 anche in Italia vi sono gia' degli stranieri residenti che
godono, come e' giusto, del diritto di voto per le elezioni amministrative:
tutti quelli provenienti da paesi della Comunita' Europea (e tale
riconoscimento del diritto di voto non ha richiesto alcuna modifica
costituzionale);
d) la bozza definitiva di quella che poi divenne la legge 40/98 prevedeva il
diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutti gli stranieri
residenti, e solo nell'ultima fase immediatamente antecedente l'approvazione
della legge tale ragionevole e doverosa norma fu proditoriamente e
vergognosamente cassata;
e) non vi e' dubbio che non occorre affatto modificare la Costituzione per
riconoscere finalmente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a
tutti gli stranieri legalmente residenti;
f) e' sufficiente una legge ordinaria.
Vi chiediamo pertanto di adoperarvi affinche' cessi questa sorta di
apartheid elettorale, affinché a tutte le persone legalmente residenti in
Italia sia finalmente riconosciuto il diritto di voto nelle elezioni
amministrative.
"Un uomo, un voto" e' stato lo storico motto del movimento antirazzista
sudafricano che Nelson Mandela ha guidato alla vittoria, per il suo popolo e
per l'umanita' intera; facciamolo valere anche in Italia.
Cessi l'apartheid elettorale, sia riconosciuto finalmente il diritto di voto
nelle elezioni amministrative per tutte le persone residenti in Italia.
In attesa di un cenno di riscontro,
distinti saluti
Firma ed indirizzo del mittente
Luogo e data
5. INIZIATIVE. UN PONTE PER...: IL 14 GENNAIO A ROMA
[Dall'organizzazione umanitaria di solidaireta' internazionale "Un ponte
per..." (per contatti: posta.unponteper@tiscalinet.it) riceviamo e
diffondiamo]
Lunedi 14 gennaio dalle ore 15 alle ore 18 in Piazza Montecitorio a Roma,
sit-in durante la discussione sulla politica estera della Camera dei
Deputati. Per un'altra politica estera rispettosa dell'articolo 11 della
Costituzione che promuova lo sviluppo dei paesi del sud del mondo come base
della pace.
No alla partecipazione alla guerra in Afghanistan; no all'allargamento del
conflitto; revocare unilateralmente l'embargo all'Iraq; sostenere la
creazione dello stato di Palestina; cancellare il debito dei paesi del sud
del mondo; introdurre la Tobin Tax.
Durante la manifestazione verranno consegnate al Presidente del Consiglio
dei Ministri le cartoline contro l'embargo all'Iraq inviate dai cittadini
italiani al Ministro degli Esteri.
Prime adesioni: Altrimondi Roma, Associazione per la Pace, Attac Roma, ICS,
Roma Nordest Social Forum, Un ponte per..., Verdi, PdCI, Prc. Per adesioni:
posta.unponteper@tiscalinet.it
6. INIZIATIVE. PALERMO ANNO UNO: A ROMA IL 19 GENNAIO CONTRO IL RAZZISMO E
IL 23 FEBBRAIO CONTRO LA MAFIA
[Dall'associazione "Palermo anno uno" (per contatti:
palermoannouno@libero.it) riceviamo e diffondiamo, ed invitiamo i nostri
interlocutori ad aderire alle iniziative di seguito segnalate]
L'assemblea nazionale prevista a Roma il 19 gennaio prossimo e' stata
rinviata al 23 febbraio 2002 e si terra' in Campidoglio.
Il 19 gennaio infatti e' prevista, sempre a Roma, una grande manifestazione
a favore degli immigrati e contro il razzismo. Data l'evidente importanza di
questa iniziativa gia' confermata e alla quale intendiamo dare il nostro
contributo, riteniamo opportuno evitare la suddetta concomitanza che avrebbe
potuto provocare una sovrapposizione di eventi dagli effetti di per se'
depotenzianti per entrambe le iniziative e una minore visibilita' nei media.
Tra l'altro, negli ultimi giorni, sono state proposte, da piu' parti,
iniziative analoghe e pertanto per raggiungere una maggiore integrazione e
il massimo coinvolgimento delle diverse realta' - sia individuali che
associative e, comunque, sensibili ai temi della giustizia e della
democrazia - e per evitare una frammentazione di eventi, ci siamo raccordati
con "Libera" concordando di concentrare lo sforzo organizzativo in un'unica
iniziativa da tenersi a Roma, in Campidoglio, la mattina del 23 febbraio,
prima dell'assemblea nazionale di "Libera" che, per chi e' interessato,
proseguira' nel pomeriggio del 23 e nella giornata del 24 febbraio 2002.
Pertanto Palermo chiama... contro la mafia a Roma il 23 febbraio 2002.
Seguiranno nei prossimi giorni ulteriori informazioni su altri aspetti
organizzativi.
Un caro saluto a tutti,
Palermo Anno Uno
*
Palermo chiama... per esserci contro la mafia
"Si muore generalmente perche' si e' soli o perche' si e' entrati in un
gioco troppo grande. Si muore spesso perche' non si dispone delle necessarie
alleanze, perche' si e' privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i
servitori dello Stato che lo Stato non e' riuscito a proteggere" (Giovanni
Falcone).
Assistiamo ad un progressivo e costante smantellamento di tutti quegli
strumenti di contrasto alla criminalita' organizzata che, dopo le stragi del
'92, ci avevano fatto sperare di potere un giorno vivere in una societa'
libera dall'intimidazione mafiosa.
Sempre piu' difficile e' collaborare con la giustizia, sia da parte dei
pentiti che di imprenditori onesti e taglieggiati, sempre piu' sfumato e' il
reato di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre fioccano le
condanne di risarcimento a carico di chi racconta o analizza la mafia, e i
magistrati piu' esposti vengono costantemente attaccati e delegittimati.
Niente piu' falsi in bilancio, ostacoli insormontabili per le rogatorie
internazionali e un bel colpo di spugna per i reati finanziari. Dopo la
cessazione dell' operazione "Vespri Siciliani", ecco oggi la riduzione
della "vergogna nazionale", cioe' delle scorte ai magistrati. Imperativo
categorico e' diventato "imparare a convivere con la mafia", in attesa di
allentare la vigilanza sui grandi appalti.
Intendiamo esprimere non solo preoccupazione ma indignazione per il percorso
intrapreso verso una normalita' che somiglia troppo ad una
"normalizzazione".Oggi, come e piu' di ieri, e' necessario ribadire, con
forza e convinzione, che la mafia esiste ancora, e controlla il territorio.
La mafia non e' un'emergenza. La mafia e' un sistema criminale che trova la
sua forza nei legami ancora forti con pezzi della politica, delle
istituzioni, del mondo dell'economia ed in capitali immensi, appena scalfiti
da sequestri e confische.
Per questo e' assolutamente necessario rialzare la guardia, mobilitare le
coscienze e rendere evidente nel Paese la volonta' di liberarsi dal giogo
mafioso. E' ancor piu' necessario richiamare alle proprie responsabilita'
tutte le cariche istituzionali a garanzia della democrazia e della liberta'.
Riteniamo urgente e vitale organizzare una mobilitazione nazionale contro la
mafia che veda convergere associazioni, gruppi, movimenti e cittadini. Una
manifestazione che riteniamo opportuno proporre a Roma entro poche settimane
per sottolineare il senso di una battaglia contro la criminalita' che e'
dell'intero Paese. Per dimostrare a pezzi delle istituzioni non
coerentemente impegnati nel contrasto alla mafia la presenza determinata e
non rassegnata dei cittadini italiani.
Vi invitiamo ad inviare entro i prossimi giorni la vostra adesione insieme
alla disponibilita' a dare un contributo di idee ed un apporto organizzativo
per la riuscita dell'iniziativa.
Associazione "Palermo anno uno", e-mail: palermoannouno@libero.it, fax:
091340793.
[All'appello hanno gia' aderito molti movimenti della societa' civile,
autorevoli rappresentanti delle istituzioni e illustri personalita']
7. SEGNALAZIONI. MONICA FARNETTI PRESENTA IL NUOVO LIBRO DI CHIARA ZAMBONI
[Questa recensione abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" dell'11
gennaio]
C'e' un libro (fra altri) che mi ha sempre angosciato, Naufragio con
spettatore di Hans Blumenberg, dove la luttosa metafora, derivata da
Lucrezio, di una morte per acqua scortata dallo sguardo cinico di chi gode
per contrasto, da una riva lontana, della propria salvezza e' assunta
nientemeno che a "paradigma dell'esistenza". Nulla mi andava di quel
"paradigma": ne' che il mare fosse senz'altro luogo di morte ne' che lo
spettatore non avvertisse alcun istinto di soccorso ne', tantomeno, che del
disastro filosoficamente godesse, ne' infine che si parlasse di "paradigma",
e che ci venisse suggerito che quell'orribile scena ci riguardava tutti. Ma
mi sono occorse molte letture per argomentare il mio rifiuto, e piu' di
tutte quella del nuovo libro di Chiara Zamboni, Parole non consumate. Donne
e uomini nel linguaggio (Liguori Editore, pp. 157, lire 24.000), che della
metafora lucreziana a suo modo fa giustizia e, per quanto mi riguarda, di
quell'angoscia mi libera.
In questo libro, dove il mare e' l'immagine del tema principale, il
linguaggio, e specificamente della differenza del e nel linguaggio fra donne
e uomini, non c'e' naufragio, infatti, ma semmai l'offerta di una serie di
potenti mezzi di salvataggio, che corrispondono ai diversi modi di abitare
nel linguaggio stesso: di nuotarvi, anzi, visto che in esso siamo immersi e
nuotiamo - parliamo - di necessita', e senza intenzione, giusto per non
andare a fondo (anche se poi "a fondo", molto "a fondo", in questo libro
metaforicamente si va). Si nuota quindi - si parla - perche' "squilibrati e
senza luogo protetto in cui ritirarci", scrive Chiara Zamboni
nell'Introduzione, "intessuti" come ci ritroviamo nella situazione che
cerchiamo di rendere significativa. Ma questo "squilibrio", in cui si
riconosce chi parla da donna della differenza fra donne e uomini, non e' uno
smacco alla geometria ne' all'armonia delle sfere e alla loro musica
perfetta; non e', per l'appunto, fonte di angoscia ma semmai di allegria.
Perche', stando cosi' le cose ovvero i soggetti, galleggianti nell'oceano
del linguaggio e presi nella coincidenza fra il dire e il fare, si ha "un
pensiero che nasce a partire dall'esperienza e dalla sua verita' e che vi
ritorna con testardaggine. Un pensiero che si apre all'interno
dell'esperienza del vivere". Di qui la portentosa "allegria della mente"
(formula cosi' assonante ma cosi' diversa dalla "felicita' mentale" degli
antichi poeti, di Cavalcanti o di Dante, che era un'avventura
dell'"intelligenza" nel senso piu' ristretto del termine, una visione
tecnica, estatica e intellettuale dell'amore e della poesia). Di qui dunque
quell'allegria pervasiva, che ci inonda e fa si' che il parlare valga la
pena; che "sorge la' dove la disposizione del reale si trasforma" mentre
irrompono "modificazioni improvvise dell'essere segnalate da nuovi simboli";
allegria che si genera sostanzialmente da "parole antiche adoperate in modo
nuovo".
E' qui, credo, il nucleo del libro, e insieme dell'orizzonte di pensiero che
lo ospita e di tutto il lavoro sul linguaggio che lo precede: un lavoro che,
assieme alla comunita' filosofica di Diotima, Chiara Zamboni ha portato
avanti sempre (e chi ha partecipato almeno una volta ai suoi seminari lo sa
bene) con concentrazione, energia e magistrale sapienza. E' nell'impresa
della risignificazione delle parole antiche (vista peraltro, molto
pragmaticamente, la difficolta' di inventarne sempre di nuove) che si fonda
la possibilita' di un linguaggio della differenza, che dica e significhi
l'esperienza per come nella differenza e' vista e sentita. Il segreto del
risignificare, di far rinascere le parole a nuova vita, sta proprio nel
pensare il linguaggio come il mare e nel praticarlo come il nuoto, nel
vederlo come pratica e nel pensarlo nella pratica stessa, nel corso
dell'esperienza delle cose e degli altri e delle altre. Le parole cosi' si
rinnovano, ovvero rinnovano il mondo, perche' lo dislocano e indicano,
scrive Chiara, "una nuova densita' dell'essere, di cui partecipiamo". E non
si consumano, perche' non si sovrappongono a quello che viviamo e dunque non
le segnera' la fatica di quel carico.
Il linguaggio-acqua marina, fatto di parole che senza consumarsi, con
leggerezza, toccano il mondo e l'"altro" mondo, la coscienza e l'inconscio,
il reale e i suoi inquietanti dintorni, e' dunque un linguaggio degno di
essere vissuto. E' un'eccedenza, un dono, un canto, un gioco, un'emozione,
una magia, un'allegria. Lo dicono, con "parole" di volta in volta diverse -
parole-chiave, che si dimostrano tutte strettamente solidali e che
compongono un compatto thesaurus in miniatura -, oltre all'introduzione
tutti e cinque i capitoli del libro. A cominciare dal primo, bellissimo, su
Walter Benjamin riletto a partire dalla beatitudine nominalistica e
descrittiva dei suoi anni infantili, di quando praticava la paradisiaca,
magica lingua "della domenica": la lingua materna, vicina alle cose e
sensualmente cosi' travolgente da segnare in seguito tutto il suo percorso
intellettuale e politico. Il secondo capitolo e' dedicato invece a Françoise
Dolto e all'esperienza del desiderio, della sua messa in movimento e della
sua dicibilita'. Il terzo capitolo e' intitolato La lingua gioca col mondo,
e raccorda tutti i lemmi del lessico - allegria e magia, canto e
controcanto, emozione, dono ed eccedenza - nella dimensione materiale,
avvolgente e letteralmente esplosiva del gioco.
Segue il quarto capitolo sul Parlare di donne e uomini nel mondo, essendo
una donna, nevralgico per la dimensione politico-filosofica su cui
dichiaratamente si concentra, dedicato al tema-principe della relazione. Qui
e' la testimonianza di Mary Daly che ci aiuta ad accettare lo squilibrio del
linguaggio di cui si diceva, e a rilanciare in positivo la mancanza di un
linguaggio che ci rappresenti in quanto donne: insistendo (in Al di la' di
Dio Padre, e poi in altri suoi testi) sulla provvidenzialita' dello
squilibrio, fertile di fatto di creativita' e di pensiero, e
sull'importanza, piu' che non delle parole in se stesse, del contesto in cui
sono scelte, adoperate e fatte proprie.
L'ultimo capitolo, il mio preferito, e' infine una sorta di magnifico
corollario a questa serrata apologia dello squilibrio, e a questa messa a
fuoco del contesto emozionale delle parole. Intitolato Brillio dell'essere,
e' dedicato a Virginia Woolf, alla sua definizione dei "momenti di essere" e
alla sua suprema pratica della conversazione, profondamente orientata, al
pari della sua scrittura, da quegli stessi "momenti" estatici e sensuali di
esperienza della realta'. E' questo non per caso il capitolo piu' letterario
del libro: potenza della metafora, e di quella in particolare, il "brillio
dell'essere", che da' scintillanza all'idea centrale del linguaggio,
nell'accezione della conversazione, come eccedenza che supera il semplice
"stare insieme", e che porta senza deviazioni nell'ambito del dono.
Conversare e' un dono, nel senso che e' farsi dono (fare dono di se', darsi
in una relazione in presenza) e farsi un dono, regalarsi la possibilita' di
conoscere, attraverso la ricerca di intensita' che il conversare comporta,
il proprio desiderio e i suoi orientamenti. Nella conversazione l'essere
parla ed e' presente e la sua presenza accanto all'altro o all'altra
scintilla: di desiderio, di verita', di emozione.
E' qui, forse, cio' che piu' di tutto mi sta a cuore in questo libro: la
possibilita' che si diano linguaggi - e scritture - che sfuggono alla teoria
severissima dell'"autonomia del significante", in base alla quale fra la
parola e la cosa c'e' sempre e sempre rimarra' una lacuna incolmabile.
Chiara Zamboni, recuperando il Peirce non a caso piu' censurato, rimette in
discussione l'influenza dell'oggetto sul linguaggio, la sua attivita' nel
processo del significare e la sua viva partecipazione all'universo dei
segni. Ci si apre cosi' all'ascolto, e alla lettura, di innumerevoli
linguaggi nei quali sentiamo senz'ombra di dubbio che il "significante" non
e' vuoto, che non puo' esser vero che i segni rimandino solo ad altri segni
(e i libri ad altri libri), ne' che parlare e scrivere sia necessariamente
un prendere congedo dal reale.
Quando l'essere brilla (di emozioni, o passioni, di desiderio, di "verita'")
la lingua brilla a sua volta, e quel brillio contagia chi legge e ascolta e
cosi' via all'infinito. I "segni" e i loro "oggetti" circolano intrecciati,
c'e' traccia pesante di questi in quelli, e le parole e la vita si fanno
compagnia.
Il segreto e' nella conversazione, e' - una volta di piu' - nella relazione:
una relazione "di fiducia", come l'autrice non manca di precisare, con una
definizione indispensabile per tappare finalmente la bocca anche a Lacan.
Giacche' se e' vero che c'e' "un godimento femminile... che rimane muto",
come ripete a sufficienza il Seminario XX, e' vero anche, afferma Chiara
Zamboni, che "la pratica del venir chiamate a dire in una relazione di
fiducia, nella quale sia in gioco un incommensurabile al legame, apre al
parlare dell'esperienza, in quanto portatrici di un particolare accesso
all'essere e al suo godimento". Ma piu' che sul rapporto specifico fra
parola e godimento vorrei chiudere sul rapporto piu' generale fra parole e
cose: la cui classica contrapposizione, o scorporazione, ci ha impedito
tante volte di render conto di noi stesse nonche' delle nostre scrittrici
piu' amate. Mentre invece immaginare in qualche forma una loro intimita',
ammettere il loro toccarsi, improvvisamente ci restituisce voce e parola, e
per soprammercato anche il mondo della letteratura femminile.
8. SEGNALAZIONI. BARBARA RAGGI: LA SHOAH ATTRAVERSO GLI OCCHI DELLE DONNE
[Questa recensione e' apparsa sul quotidiano "Il manifesto" del 4 gennaio]
Sulla banchina di Auschwitz, mentre i prigionieri si guardavano intorno dopo
un viaggio estenuante, i vecchi del campo cercavano di mandare un messaggio
alle donne: affidate i bambini alle nonne. I piccoli e i vecchi sarebbero
stati immediatamente inviati nelle camere a gas insieme alle madri. Separare
le madri dai figli era l'unico modo per dare una chance alle giovani donne.
Non sappiamo quante abbiano risposto a quest'appello e ignoriamo quante di
loro abbiano compreso cosa dicevano quegli uomini in lingue sconosciute. Ma
l'episodio illustra come persone sottoposte alla stessa brutale
persecuzione - segregati e assassinati in quanto ebrei - la subissero in
modo diversamente articolato: a seconda del sesso, della classe sociale,
dell'eta' e di altri fattori come, ad esempio, quello linguistico. Entrare
in un lager conoscendo il tedesco o con un figlio piccolo al seguito poteva
fare la differenza tra la possibilita' di sopravvivere o la morte immediata.
Per indagare la shoah con gli strumenti dell'analisi di genere e' uscito -
per i tipi di Le lettere - il volume collettivo Donne nell'Olocausto, curato
da Dalia Ofer e Leonor J. Weitzman. Ricostruire la storia della persecuzione
contro gli ebrei e il successivo sterminio attraverso gli occhi delle donne,
significa seguire un preciso iter cronologico i cui momenti salienti sono
dati dalla ripartizione stessa dello studio: prima della guerra, la vita nei
ghetti, resistenza e salvezza, campi di lavoro e campi di concentramento.
Una ripartizione che consente anche di seguire i vari destini degli ebrei
europei: solo i paesi dell'Europa dell'est conoscono i ghetti e le risposte
politiche allo sterminio che, proprio nei ghetti, presero vita. Nell'Europa
dell'est, inoltre, sulle donne gravava la responsabilita' di mantenere la
famiglia mentre gli uomini si dedicavano allo studio della Torah. Le stesse
famiglie ortodosse, nei paesi orientali, tendevano a far studiare le bambine
nelle scuole pubbliche riservando ai maschi il percorso tradizionale degli
studi ebraici. Questo consenti' alle donne una migliore integrazione e
maggiori chances di salvezza: avere un amico o un conoscente non ebreo
disposto a rischiare faceva la differenza.
D'altro canto, soprattutto in Germania, la percezione che fossero gli uomini
quelli piu' esposti alle persecuzioni - perche' si pensava che persino i
nazisti avrebbero rispettato le donne e i bambini - rallento' l'emigrazione
femminile anche tra coloro che avrebbe avuto le possibilita' economiche per
farlo. E tuttavia, via via che il cerchio della persecuzione si strinse le
differenze di genere sembrarono da un lato annullarsi e dall'altro
allargarsi. Le donne avevano meno possibilita' di essere scoperte come ebree
se vivevano in una zona "ariana" perche' non erano circoncise; d'altra
parte, per quelle che erano rimaste l'unico membro adulto di un intero
nucleo familiare, era impossibile cercare una via di salvezza. Ma chi puo'
dire che quest'ultimo caso sia accaduto solo alle donne? Gli archivi di
Ringelblum raccontano di padri che morirono perche' non volevano separarsi
dai propri figli. Certo e' che nessuno, uomo o donna che fosse, poteva
determinare in autonomia la propria sorte: era la macchina nazista a
decidere. E chi e' scampato ha solo avuto la fortuna di incappare in una
smagliatura del meccanismo costruito per annientare tutti e tutte.
Diverso il caso dell'occidente dove le donne - ebree o no - conducevano vite
assai simili. Nei paesi dell'ovest, soprattutto in ambienti di piccola e
media borghesia, le famiglie avevano un modello organizzativo condiviso che
vedeva le donne casalinghe o, al massimo, impegnate in attivita' che oggi
chiameremmo di volontariato sociale.
La conoscenza profonda dell'antisemitismo eliminazionista dei nazisti pone
gli autori del volume di fronte a un interrogativo: ha senso una storia di
genere della shoah? Alcuni autori e alcune autrici - compresa Ruth Blody che
ricostruisce in modo eccellente le vicende di Terezin e del campo familiare
di Birkenau - contestano l'importanza del genere durante lo sterminio e
tuttavia rilevano delle differenze. Per esempio, prima della liquidazione
del campo familiare di Birkenau solo alle donne fu offerta un'alternativa:
passare la selezione per un campo di lavoro abbandonando i figli o andare in
gas con loro. Dai documenti soltanto due donne accettarono lo scambio,
mentre alcune provarono a passare la selezione assieme alle figlie. Tutte le
altre furono assassinate con i propri figli e di certo erano consapevoli del
destino che le aspettava: il campo delle famiglie di Birkenau era situato
nei pressi dei crematori di Auschwitz. In questo particolare contesto non
deve essere dimenticato Freddy Hirsch, maestro di scuola elementare del
campo familiare, che, informato della liquidazione del campo, scelse di
suicidarsi per non lasciare soli i bambini e per l'impossibilita' di aderire
a una rivolta che, a suo parere, non avrebbe lasciato scampo ai piccoli.
In realta', si tratta di indagare quanto il genere abbia pesato all'interno
di un progetto genocida portato alle estreme conseguenze con tutti gli
strumenti che la tecnologia offriva. Uno sguardo che ci consente di mettere
un'altro tassello nella comprensione e nella ricostruzione di un fenomeno
che, piu' lo si indaga, piu' risulta complesso.
Per di piu' il volume consente, al lettore italiano, di accedere a una
scelta di parte della memorialistica dei ghetti, scritta in jiddish o in
polacco e mai tradotta in italiano. Un lavoro storiografico che aggiunge
conoscenza e amplia il nostro sguardo su quanto accaduto durante la seconda
guerra mondiale. Uno sguardo che non potra' mai essere esaustivo perche' non
e' possibile scrivere il testo che contenga i sei milioni di storie perdute
per sempre nei campi della morte.
9. INDIRIZZI UTILI. ALCUNI RIFERIMENTI PER CONTATTARE IL MIR
[Il MIR, Movimento Internazionale della Riconciliazione, e' uno dei
principali movimenti nonviolenti. Il seguente elenco di riferimenti abbiamo
estratto dall'utilissimo indirizzario contenuto nell'agenda "Giorni
nonviolenti 2002" edita dalle edizioni Qualevita (per richieste e per
contatti: Edizioni Qualevita, via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi
(AQ), tel. 086446448, 3495843946, e-mail: sudest@iol.it)]
- Presidenza: Luciano Benini, Fano (PS), tel. 0721830265, fax 0721825662,
e-mail: lucben@libero.it
- segreteria: Beppe Marasso, Neive, e-mail: angelaebeppe@libero.it
- segreteria operativa: Maria Chiara e Alvise Alba, Alba (CN), tel.
0173440345, e-mail: a.alba@areacom.it
- sito: www.peacelink.it/users/mir
- e-mail della segreteria: mir@peacelink.it
- a Riesi (CL), tel. 0934928123
- a Palermo: Enzo Sanfilippo, tel. 091226513
- a Napoli: Giuliana Martirani, tel. 0817875268
- a Padova: tel. e fax: 0498075964, sito: www.intercity.it/associazioni/mir
- a Brescia: centro per la nonviolenza, tel. 030317474, fax: 030318558
- ad Aosta: Andrea Asiatici, tel. 0165239942
- a Torino: Centro "Sereno Regis", tel. 011532824, fax: 0115158000
- a Ivrea: Centro Gandhi, tel. 012543460
- a Roma: tel. 069343715, e-mail: colanton@macronet.it
- a Pachino (SR): N. e G. Gullotta, tel. 0931592249
- a Cosenza: Nicola Cupelli, tel. 098473141
- a Marcellina (CS): Sergio Maradei, tel. 098542647
- a S. Marco in Lamis: Gabriele Tardio, tel. 0882833907
- a Grottaglie (TA): Etta Ragusa, Casa per la pace, e-mail:
casaxpace@criptanet.it
- a Torre dei Nolfi (AQ): Pasquale Iannamorelli, tel. 086453309, 086446448,
3495843946, e-mail: sudest@iol.it
- a Fano: Barbara e Luciano Benini, tel. 0721825662
- a Viareggio (LU): Paola Bittini, tel. 0584940576
- a Bagnacavallo (RA): Francesco e Mariarosa Giacomoni, tel. 054563489
- a Roncoscaglia (MO): Vittorio Merlini, tel. 053661062
- a Bolzano: Leone Sticcotti, tel. 0471912593
- a Trieste: Massimo Chersicla, via delle Campanelle 74, 34149 Trieste
- a Verbania: famiglia Rinaldelli, tel. 0323405887
- ad Alba (CN): Mariachiara e Alvise Alba, tel. 0173440345
- a Forano Sabino (RI), Eugenio Rivor, tel. 0765570018
- a Vicenza: Giovanni Giuliari, tel. 0444512726
- ad Arezzo: famiglia Vadala', tel. 0575295482
10. SITI: AGGIORNAMENTO DEL "C.O.S.IN RETE"
[Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (e-mail:
capitini@tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo questa notizia sull'utimo
aggiornamento dell'utilissimo sito del "C.O.S. in rete" da cui si accede
anche alle numerose ed eccellenti pagine web dedicate alla figura e
all'opera di Capitini]
Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento del "C.O.S. in rete",
www.cosinrete.it, riflessioni nella stampa italiana sui temi capitiniani di
nonviolenza, difesa della pace, partecipazione al potere di tutti, controllo
dal basso, religione aperta, antifascismo; tra cui l'eresia di Capitini,
l'eresia di Thomas Merton, vangelo e nonviolenza, l'aggiunta religiosa di
Giovanni Bazoli, il parere degli intellettuali, la memoria del fascismo, la
destra e l'euro, gli obiettivi di Porto Alegre, buttiamola in politica e
altri.
Ricordiamo che la partecipazione al "C.O.S. in rete" e' ancora libera e
possibile.
11. LETTURE. AA. VV.: MORTEDISON (TUTTI ASSOLTI)
AA. VV., Mortedison (tutti assolti), Tam tam libri, Mestre 2001, pp. 40, 2
euro. Nella bella collana di opuscoli "Tam tam libri" editi dall'Ecoistituto
del Veneto "Alex Langer" (e diffusi anche come inserto a "Gaia", la rivista
trimestrale di ecologia, nonviolenza e tecnologie appropriate diretta da
Michele Boato e Gianfranco Zavalloni) segnaliamo particolarmente questo
recente volumetto che raccoglie poesie di Antonella Barina, Ferruccio
Brugnaro, Michele Boato, Jack Hirschman, Anna Lombardo, con una nota di
Francesco Moisio, foto di Stefano Bertolucci, ed una scheda a cura di "Parte
civile, comitato per la giustizia e la verita' su Porto Marghera" sul
processo per le morti di esseri umani e i danni all'ambiente causati dal
Petrolchimico di Porto Marghera. Per richieste: tel. 041935666, e-mail:
info@ecoistituto.veneto.it
12. LETTURE. AA. VV.: SULLA INUTILITA' DEL CRISTIANESIMO (SETTIMA SETTIMANA
ALFONSIANA)
AA. VV., Sulla inutilita' del cristianesimo (settima settimana alfonsiana),
fascicolo monografico di "Segno", n. 230 del novembre-dicembre 2001, pp.
208, euro 9,30, lire 18.000. Questo volume dell'ottima rivista mensile
palermitana diretta da padre Nino Fasullo reca gli atti della settimana
alfonsiana tenutasi a Palermo dal 22 al 30 settembre 2001. Relazioni di Nino
Fasullo, Roberto Ando', Adriana Valerio, Giovanni Ruffino, Giancarlo Zizola,
Luigi Tine', Massimo Naro, Massimo Cacciari, Maria Cristina Laurenzi, Paolo
De Benedetti, Remo Bodei, Silvio Perrella, Gaetano Gucciardo, Pietro Percont
i, Pasquale Colella, Alfonso Maurizio Iacono, Stefano Ceccanti, Luca
Diotallevi, Nicolo' Madonia, Giuseppe Silvestri, Antonio Di Masi, Martin
McKeever, Letizia Tomassone, Raniero La Valle. Una lettura appassionante.
"Segno" e' da quasi trent'anni una delle migliori riviste di riflessione ed
impegno morale, culturale e civile disponibili in Italia. Per contatti e
richieste: tel. e fax 091228317, e-mail: rivistasegno@tin.it
13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 340 del 12 gennaio 2002