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La nonviolenza e' in cammino. 247
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 247 del 3 ottobre 2001
Sommario di questo numero:
1. Enrico Peyretti, gli imperi sono stupidi
2. Barbara Lee, sono morte gia' troppe persone innocenti
3. Peppe Sini, iniziando un digiuno
4. Valentina Duca, lo spazio in cui un vero dialogo puo' essere messo al
mondo
5. Davide Melodia, risposta nonviolenta al terrorismo
6. Giancarla Codrignani, la globalizzazione dell'orrore
7. Lidia Menapace, opposizione alla guerra e forme della politica
8. Emergency, un chiarimento al presidente del consiglio dei ministri
9. Helmuth Moroder, Sami Adwan e Dan Bar-On, premi "Alexander Langer" 2001,
a Roma l'11 ottobre
10. Silvano Tartarini, venerdi 12 ottobre a Perugia
11. Letture: Lia Levi, Che cos'e' l'antisemitismo? Per favore rispondete
12. Letture: Raissa Maritain, Diario di Raissa
13. Letture: Edoardo Martinelli (a cura di), Progetto Lorenzo Milani: il
maestro
14. "La rivista del Manifesto"
15. Per studiare la globalizzazione: da Francesco Santanera a Saskia Sassen
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'
1. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: GLI IMPERI SONO STUPIDI
[Enrico Peyretti e' una delle figure piu' fulgide della cultura della pace.
Per contatti: peyretti@tiscalinet.it]
E' vero. Questa non e' una guerra tra civilta'. E' una guerra tra barbarie.
In entrambe la parti oggi contrapposte ci sono vere civilta' umane, dunque
imperfette, cariche di errori e colpe, e tuttavia tentativi nobili di vivere
insieme con un senso umano in sviluppo, tentativi costruiti nella storia da
alcuni maestri e da popoli interi. Ma entrambe le parti sono in questo
momento minacciate, al loro stesso interno, e reciprocamente, da poteri
violenti, mortali, che spingono indietro l'umanita' di tutti.
Se per difendermi da un delinquente che vuole spingermi nell'abisso mi
legassi una corda al collo, credendo di assicurarmi, sarei uno stupido. Bush
fa questo. E la lega al collo dei paesi che fanno corpo unico con quello da
lui governato.
Ogni impero e' stupido: questo e quello che gli succedera'. Stupido di una
stupidaggine che fa molto male a molti. Ci sono stati-canaglia, si grida
oggi. Sicuramente ci sono sempre stati imperi-canaglia. I pericoli e dolori
maggiori, nella storia umana, sono venuti dai piu' potenti. Chi ha un
martello in mano scambia il mondo per un chiodo, dice un proverbio
americano. Si', americano.
Quel po' di saggezza che c'e' nel mondo (ma non e' poi cosi' poca,
altrimenti saremmo gia' finiti tutti) e' in chi ha potere su di se', non in
chi ha potere sugli altri. Aspettiamo che un (o una) grande giornalista o
intellettuale se ne accorga e lo spieghi (gratis) al popolo sbalordito.
Aspettiamo un capo di stato che faccia sua la preghiera di Salomone per
avere il dono della sapienza, o che si ricordi, o impari per la prima volta,
gli editti di Asoka.
La malvagita' esiste. Affrontare i malvagi con la violenza li rafforza, loro
o i loro eredi, proprio perche' parla l'unico linguaggio che conoscono, le
uniche ragioni che comprendono. Come ne ammazzi uno ne nascono due, magari
dentro di te. Dice infatti Kant perfettamente: "La guerra e' un male perche'
fa piu' malvagi di quanti ne toglie di mezzo". Cioe', fa il contrario di
quello che dice di voler fare. Nulla e' piu' fallimentare della guerra. La
guerra e' illusione. Col terrore delle grandi armi, alimenta il terrorismo,
la piccola arma facile.
La guerra e' sempre farsi giudici in causa propria. Cio' demolisce un
pilastro di ogni civilta', di ogni idea di giustizia. Se anche fosse vero
che non c'e' altro da fare, questa non sarebbe ragione sufficiente per
peggiorare la situazione. Ma ci sono alternative.
La democrazia, con tutti i suoi difetti, e' la scommessa che l'intelligenza
e la morale media dei popoli sia discreta o buona, e che comunque sappia
correggersi quando sbaglia una scelta. La malvagita' va affrontata con la
solidarieta' e il dialogo tra i popoli. E' l'unico modo per tagliare l'erba
sotto i piedi ai malvagi (e agli stupidi arroganti) che tentano di usare i
popoli per i loro calcoli, seducendoli e corrompendoli: la mafia, il
terrorismo, gli assolutismi religiosi e quelli economici.
Un'alleanza civile tra i popoli, una solidarieta' economica, una conferenza
internazionale il piu' possibile rappresentativa, sono l'unica risposta al
super-terrorismo del 2001 che abbia qualche speranza di efficacia. Sono
l'unica possibilita' di andare a rimuovere le cause profonde che il
terrorismo utilizza. Questa guerra e' piu' stupida di tutte le altre. E se
fosse, come appare sempre piu' possibile, un cogliere l'occasione per
estendere l'impero, sarebbe stupida e criminale, cannibalesca divoratrice
delle stesse vittime che ufficialmente piange e dice di vendicare. E'
stupida perche' impotente ma disastrosa. Impotente perche' la bomba-uomo e'
invincibile, come dimostro' per primo Sansone. Puo' solo essere disinnescata
nelle menti, nei cuori, nelle relazioni civili, nella giustizia fra i
popoli, nell'isolamento dei duci che mandano uomini a morire per loro, in
tutti i campi.
2. RIFLESSIONE. BARBARA LEE: SONO MORTE GIA' TROPPE PERSONE INNOCENTI
[Barbara Lee, delegata al Congresso americano per la California, ha
pronunciato nella seduta del 15 settembre scorso l'unico voto contrario alla
risoluzione che autorizzava il Presidente Bush all'uso della forza contro i
terroristi responsabili degli attentati dell'11 settembre. Riproponiamo il
testo del suo intervento, riprendendolo dal sito de "Il paese delle donne",
www.womenews.net]
Mi sono svegliata stamani con il cuore pesante, condividendo la tristezza
per le famiglie e l'amore per coloro che sono stati uccisi e feriti a New
York, Virginia e Pennsylvania. Solo i piu' folli, o i cuori piu' induriti,
possono non capire il dolore che ha colpito il popolo americano e milioni di
persone in tutto il mondo.
Questo indicibile attacco agli Stati Uniti mi ha forzato a riferirmi alle
mie convinzioni morali, alla mia coscienza e al mio Dio per avere
un'indicazione. L'11 settembre ha cambiato il mondo. Le nostre piu' profonde
paure ora ci incalzano. Tuttavia io sono convinta che l'azione militare non
servira' a prevenire altri atti di terrorismo internazionale contro gli Usa.
So che la risoluzione sull'uso della forza passera' lo stesso, e noi
sappiamo che il presidente puo' iniziare la guerra addirittura senza una
nostra risoluzione. Per quanto difficile sia questo voto, qualcuno deve
incitare a limitare l'uso della repressione. Deve esserci qualcuno di noi
che dica facciamo un passo indietro per un momento, pensiamo alle
implicazioni dell'azione che noi compiamo oggi - cerchiamo di capirne
pienamente le conseguenze.
Non siamo stati affrontati con una guerra tradizionale. Non possiamo
rispondere in maniera convenzionale. Non voglio vedere questa spirale
incontrollata. Questa crisi coinvolge questioni di sicurezza nazionale,
politica estera, protezione civile, intelligence, economia e morte.
La nostra risposta deve essere adeguata. Non dobbiamo precipitare il
giudizio. Sono morte gia' troppe persone innocenti. Il nostro paese e' in
cordoglio. Se ci affrettiamo a lanciare il contrattacco, corriamo il rischio
che donne, bambini e altri non combattenti, siano colpiti da un fuoco
incrociato. Ne' possiamo permettere che la nostra rabbia giustificata verso
questi atti oltraggiosi, condotti da degenerati assassini, infiammi il
pregiudizio contro gli arabi americani, i musulmani, i sudasiatici, o
qualsiasi altra persona a causa della sua razza, religione o etnia.
Ed infine, dobbiamo stare attenti a non imbarcarci in una guerra senza fine,
senza nemmeno una strategia per uscirne e un bersaglio ben individuato.
Non possiamo ripetere gli errori del passato.
Nel 1964 il Congresso diede al Presidente Lyndon Johnson, il potere di
prendere "tutte le misure necessarie" per respingere gli attacchi e
prevenire altre aggressioni. Cosi' facendo esso venne meno alle proprie
responsabilita' costituzionali e lancio' il nostro paese in un'annosa guerra
non dichiarata in Vietnam.
A quel tempo il senatore Wayne Morse, che pronuncio' uno dei due soli voti
che si levarono contro la risoluzione sul Golfo del Tonchino, ebbe a
dichiarare: "Io credo che la storia registrera' che abbiamo commesso un
grave errore sovvertendo e aggirando la Costituzione degli Stati Uniti.
Credo che ancora nel prossimo secolo le future generazioni guarderanno con
disgusto e gran disappunto al Congresso che e' ora sul punto di commettere
questo storico errore". Il senatore Morse aveva ragione, e io temo che noi
oggi possiamo ripetere lo stesso errore. E ne temo le conseguenze.
Mi sono dibattuta su questo voto. Sono arrivata a formularlo durante una
penosa, ma bella, funzione commemorativa alla National Cathedral, quando un
membro del clero ha cosi' eloquentemente detto: "Quando agiamo, Signore, non
farci diventare uguali ai demoni che deploriamo".
3. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: INIZIANDO UN DIGIUNO
[Oggi il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, Peppe
Sini, inizia un digiuno di condivisione, di meditazione e di preparazione
all'azione diretta nonviolenta contro la guerra]
L'orrore delle stragi dell'11 settembre ci interpella tutti.
Occorre che ognuno si impegni contro il terrorismo, contro le uccisioni,
contro la violenza, contro il fanatismo suicida, omicida, onnicida.
Il piano dei terroristi evidentemente mira a scatenare la violenza su scala
planetaria; quell'azione abominevole intende innescare un conflitto
mondiale.
Occorre opporsi al piano dei terroristi. Occorre opporsi alla guerra,
occorre opporsi a nuove stragi.
Occorre che la comunita' internazionale si impegni contro il terrorismo con
gli strumenti del diritto; occorre che la comunita' internazionale ripudi la
guerra, come stabilito dalla Carta delle Nazioni Unite.
Tutto in queste drammatiche ore lascia invece pensare che una guerra verra'
scatenata; tutto lascia pensare che anche il nostro paese vi verra'
coinvolto in violazione della legge fondamentale del nostro Stato; tutto
lascia pensare che il piano dei terroristi di scatenare una guerra senza
fine e senza confini si stia adempiendo con la complicita' stolta e
irresponsabile dei potenti del mondo.
Dobbiamo opporci. Dobbiamo opporci al terrorismo, e dobbiamo opporci alla
guerra che lo magnifica.
Ma per opporci efficacemente, limpidamente, coerentemente, concretamente,
dobbiamo scegliere la nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo' contrapporsi frontalmente, nitidamente,
consequenzialmente, intransigentemente, al terrorismo e alla guerra.
Ogni altra posizione e' ambigua e subalterna, ogni altra posizione rischia
di essere reduplicatrice o fiancheggiatrice della violenza.
Occorre opporci alla guerra e fare quanto e' in nostro potere: opporci nel
nostro paese sperando che tutti nei loro paesi si oppongano.
Opporci anche in nome di chi non vede riconosciuti i suoi inalienabili
diritti di essere umano, opporci anche in nome delle vittime delle
dittature, opprci anche in nome degli espropriati e dei diseredati, dei
rapinati dall'ordine iniquo della violenza oggi dominante sul mondo.
Contro la guerra, contro il terrorismo, contro tutte le uccisioni, e in
difesa della legalita' costituzionale, proponiamo (qualora la guerra venga
scatenata e l'Italia vi prenda parte in violazione di quanto disposto
dall'articolo 11 della Costituzione e di quanto stabilito dal diritto
internazionale) una strategia di lotta nonviolenta fondata su tre elementi:
- l'azione diretta nonviolenta;
- la disobbedienza civile;
- lo sciopero generale.
Occorre preparare queste iniziative e preparare noi stessi.
Occorre altresi' rendere consapevoli il governo, il parlamento ed il
presidente della Repubblica di questo nostro impegno in difesa della
legalita', della pace, del diritto alla vita di ogni essere umano.
Per condividere sia pure in minima parte l'angoscia dei sopravvissuti delle
stragi dell'11 settembre, quella dei familiari degli assassinati e quella
delle vittime designate della guerra in preparazione; per meditare sulle mie
responsabilita' e sui miei limiti; per pensare con attenzione a cio' che
occorre fare contro il terrorismo e contro la guerra; per prepararmi
all'azione nonviolenta e per poter esortare altri all'azione nonviolenta
sapendo di chiedere loro un impegno gravoso; per tutto questo intraprendo
ora un digiuno.
Un digiuno: che non e' rivolto contro nessuno, che non vuole convincere
nessuno di nulla, che non si pone ne' come sfida ne' come appello: che e'
invece momento di raccoglimento e di ricerca interiore, di attenzione e di
fortificazione in cio' che mi sembra essere vero e giusto. Perche' avremo
bisogno di tutta la nostra forza, di tutta la forza di tutti gli esseri
umani che vogliono vivere come individui e come umanita', per contrastare e
sconfiggere il terrore e la guerra.
4. RIFLESSIONE. VALENTINA DUCA: LO SPAZIO IN CUI UN VERO DIALOGO PUO' ESSERE
MESSO AL MONDO
[Questo intervento di Valentina Duca abbiamo ricevuto attraverso Tiziano
Tissino, che ringraziamo come ringraziamo l'autrice, impegnata per la
nonviolenza. Per contatti: vale_duca@yahoo.com]
Quando ho visto le immagini del crollo delle torri gemelle, la mia mente e'
corsa immediatamente in Sudan, in Palestina, in Algeria, in Kosovo, in
Cecenia, in Macedonia.
Non si tratta di un collegamento ragionato. Non c'e' dietro un'analisi
politica. Almeno all'inizio.
Quello che mi e' accaduto e' andare automaticamente con il pensiero e con il
cuore alle altre immagini di morte con cui ogni giorno conviviamo, e che
quindi ci sono familiari e formano il nostro immaginario.
La prima cosa cui ho pensato, non e' stato ne' definire il luogo dove questo
era accaduto, ne' chiedermi il perche', ma vedere dei volti segnati dalla
sofferenza, dal dolore della perdita e dalla disperazione. Ho lasciato che
quei volti mi penetrassero senza pensare, senza formulare ipotesi, senza
cercare colpevoli, senza farmi prendere dall'ansia di una risposta.
Ho lasciato che il dolore fluisse e mi invadesse il corpo.
Senza risposta, senza difese razionali.
E' la sensazione dell'essere espropriato.
La descrive bene Johannes Tauler, un mistico vissuto a Strasburgo nel '300,
nel suo "Cantico della nudita'":
Cantero' un canto nuovo: la nudita'.
La purezza reale e' vuota di pensiero.
Il pensiero deve tenersi alla larga.
E cosi', ho perduto quanto io ero.
Sono ridotto a nulla. (1)
Non a caso il cantico di Tauler si intitola "Cantico della nudita'", perche'
descrive uno stato in cui l'essere umano e' espropriato di tutto dall'altro
(qui Dio), spogliato di quello che e' di fronte all'altro.
In questo stato non si dice nulla e non si pensa a nulla, si resta.
Anche Paul Celan, poeta ebreo di lingua tedesca segnato dalla tragedia del
suo popolo, descrive questo stato, quello di chi, di fronte al dolore, si
lascia essere cosi' tanto da non poter pronunciare parola:
Se venisse,
verrebbe un uomo,
verrebbe un uomo al mondo, oggi, con
la barba di luce dei
Patriarchi: non potrebbe,
se parlasse di questo
tempo, non
potrebbe
che balbettare e balbettare,
sempre, sem-pre. (2)
Questo silenzio del giudicare, del conoscere, del voler comprendere, mette
l'Uomo al mondo.
Quell'uomo e' passato dal deserto. Se domani parlera', sara' solo perche' e'
passato da li', e il suo parlare sara' piu' veritiero.
Il silenzio di cui parla Celan e' quanto di piu' distante dal silenzio
complice della distruzione e dell'anti-vita che spesso attuiamo di fronte
alla sofferenza di altri, cosi' come da tutte le parole, le reazioni, i
giudizi e le ipotesi che formuliamo.
Credo che solo da questo tacere possano nascere parole e azioni capaci di
costruire un'alternativa credibile e duratura alla morte ed alla
distruzione. Parole cioe' che carichino le cose di senso, o meglio ne
riconoscano il senso, e che si facciano per questo costruzione, grido della
vita contro quanto non lo e', radici di albero, acqua nel deserto.
Ritengo che ogni parola, perche' sia radice ben piantata nel terreno, debba
per forza germogliare dall'essere espropriati di se', dal superamento della
paura di essere spogliati di quello che noi siamo.
E' l'accettazione del rischio di non possedere piu' nulla, di non dominare.
E' quello a cui sono costretti la maggioranza degli uomini.
E' l'abdicazione al dominio che mi costringe a riconoscere l'altro e a
divenire corresponsabile della vita, che non e' piu' la mia o la sua vita,
ma la Vita.
Invece ieri ho assistito a infiniti dibattiti televisivi su probabili
reazioni di guerra, sulla posizione della Nato, sul pericolo che attanaglia
l'Occidente. E sono corsa nauseata a rifugiarmi in camera mia. Era, ancora
una volta, il trionfo del possedere, del voler dominare e comprendere prima
di essere letteralmente attraversati dalla sofferenza scritta nello sguardo
dell'altro.
Se si lasciasse accadere questo, quello di ieri non sarebbe piu' letto come
un attacco all'America, alla civilta', ma all'uomo. E davvero sentiremmo
accadere, non fuori ma dentro di noi, un'apocalisse, vale a dire uno
svelamento. Ci lasceremmo sconvolgere da questo svelamento.
Alle lacrime di quei cittadini americani si sovrapporrebbero allora quelle
di tutti i sofferenti della storia, che continuano a vivere e a morire
nascosti, soli perche' noi non ci siamo, e non perche' un "destino
sgarbato", il male o quant'altro lo hanno voluto. Smetteremmo finalmente di
indignarci a sprazzi, solo per alcune cose, perche' il valore di un volto e'
il valore di un volto, e quanto esso valga non dipende dai suoi lineamenti,
ne' dalla simpatia che ci ispira. Ci renderemmo conto del potere che abbiamo
tra le mani, potere di curare o di distruggere, non altri poteri, ma solo
questi due, o l'uno o l'altro. Forse prenderemmo coscienza di quanto sia
impegnativo e splendido essere uomini e che, se il male c'e', e' perche' noi
non scegliamo il suo contrario.
Inizieremmo ad aprire gli occhi alla responsabilita', al prenderci cura,
alla dimensione del generare.
I berberi della Kabilia, i Kurdi, gli abitanti dei sobborghi fatiscenti di
Nairobi, i Rom di casa nostra, gli immigrati ed i nomadi di cui abbiamo
tanta paura, sono volti sfigurati come quelli dei cittadini americani morti
ieri. L'unica differenza e' che, se i secondi li abbiamo conosciuti nel
pieno delle loro forze e poi li abbiamo visti cadere sotto i nostri occhi, i
primi erano gia' a terra, gia' caduti da tempo.
Ma comunque li abbiamo conosciuti.
Se i secondi erano la nostra immagine, di cui abbiamo in questi giorni
scoperto la vulnerabilita', i primi non lo sono, sono l'irruzione devastante
dell'alterita', che come tale viene allontanata e relegata fuori le mura.
Nel sentire l'irruzione in me di quei volti, ho sentito con chiarezza che il
volto e' uno.
E' un cittadino degli Stati Uniti d'America nel momento in cui gli viene
negata la vita, ed e' un "cittadino" ruandese nel momento in cui gli viene
negata la vita. So che solo a partire da questa ammissione dolorosa potra'
nascere la vera giustizia, cosi' come la vera parola nasce dal silenzio e
non resta silenzio, ma diviene impegno.
Alla scoperta della nostra vulnerabilita' possiamo reagire in due modi.
Il primo e' difendersi a spada tratta, che e' quello che gli uomini hanno
sempre fatto. E' cio' a cui abbiamo assistito in questi giorni, la
demonizzazione dell'altro, l'invocazione di guerre giuste e, in questo caso,
la riduzione dell'Islam all'integrismo. E' la logica della contrapposizione
tra un presunto Occidente cristiano ed il Medioriente musulmano, una logica
che francamente ritengo mistificatoria, in primo luogo perche' non mi sembra
di vivere in una societa' evangelica. Anzi.
Il secondo e' il farsi espropriare cosi' profondamente dall'irrompere
dell'altro, da lasciar cadere le nostre difese e la nostra mania di
autoconservazione per provare la gioia di nascere uomini per la prima volta,
in un atteggiamento di nonviolenza e disponibilita' radicale.
Philippe Sers, un professore francese che non ha mai scritto un libro, ma
che studia sia Al-Hallaj che la Bibbia e sa raccontare splendide storie,
parlando cosi' piano che si e' costretti a tendere l'orecchio, un giorno ci
ha parlato del monaco brucia-capanna.
E' una storia dolce.
Il monaco brucia-capanna era un eremita che viveva in un bosco e ogni poco
tempo bruciava la sua capanna o la smontava per ricostruirla nello stesso
luogo di prima. Da quando aveva iniziato ad agire cosi', gli animali
accorrevano a lui piu' numerosi che a Sant'Antonio nella Tebaide. Un
uccellino lo svegliava al mattino e si era fatto amico sia i lupi che gli
agnelli.
Perche' bruciava la sua capanna? Perche' compiva un gesto tanto inutile per
poi ricostruirla?
Doveva creare lo spazio di cui parla Tauler, uno spazio di gratuita',
l'unico in cui un vero dialogo puo' essere messo al mondo.
* Note
1. In Hermes, Recherches sur l'experience spirituelle, Le Vide, experience
spirituelle en Orient et en Occident, n. 2, 1989, p. 123.
2. Paul Celan, La rose de personne, Christian Bourgois Editeur, Tubingen. In
italiano: Paul Celan, Poesie, Mondadori, Milano 1999.
5. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: RISPOSTA NONVIOLENTA AL TERRORISMO
[Da due lettere di Davide Melodia, che ringraziamo di tutto cuore,
riportiamo questi estratti. Per contatti: melody@libero.it]
Quale che sia il livello di terrorismo attuato da un gruppo violento, contro
qualsiasi obiettivo, e quale che possa essere la conseguenza in termini di
distruzione e di morte, la risposta dei nonviolenti si sviluppa con il
medesimo spirito.
E cioe': non scendere sul piano della violenza come i terroristi, evitare la
vendetta, cercare di non provocare una crescita irrefrenabile della
violenza, da una parte e dall'altra.
Non coltivare l'odio, ed invece ipotizzare un raffreddamento degli animi,
prevedere incontri di mediazione, scoprire le cause profonde della violenza
terroristica, mettere in campo operazioni di sostegno ai Paesi poveri, fare
giustizia dove giustizia non c'e'.
Far si' che i Paesi, dal cui seno sono nati i terroristi, li disconoscano e
li isolino essi stessi.
*
Ne' "con i vendicatori" (sedicenti) della miseria del Terzo Mondo, i
terroristi, ne' "con i vendicatori" della civilta' opulenta occidentale, gli
specialisti anti-terrorismo piu' armati e potenti dei primi, capaci di
coinvolgere col richiamo emotivo il Primo, il Secondo, parti del Terzo e del
Quarto Mondo, mediante i loro mass-media planetari.
Ma "con la nonviolenza", per una giustizia sociale ed una giustizia
economica mondiale e riparatrice, la cui totale assenza e' la causa remota
di questa forma subdola, invisibile, vile e spietata di guerra.
Diamo un esempio ai giovani di una scelta fra le ragioni della forza e la
forza della ragione, seguendo la seconda, cosi' da prendere il sentiero
della verita' anziche' quello della menzogna militarista.
6. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: LA GLOBALIZZAZIONE DELL'ORRORE
[Giancarla Codrignani e' una delle voci piu' autorevoli dell'impegno per la
pace. Per contatti: giancodri@libero.it]
Dio, come stiamo male. Sapevamo che la microconflittualita' diffusa, che
invade anche in questo momento una cinquantina di paesi, e' gia' la terza
guerra mondiale, ma non potevamo immaginare quanto "globale" fosse questo
rischio.
Se si doveva avere una prova definitiva che il mondo e' tutto legato
insieme, basta quel che e' accaduto: globalizzato l'orrore.
C'e' stato chi si e' ricordato dell'attentato di Sarajevo: fu causa della
prima guerra mondiale, ma era morto un granduca, non migliaia e migliaia di
persone normali come noi. Dietro ci sono sempre cause remote che, poi, si
scopre che erano conosciute da tutti, anche da noi. Cosi' succede anche
questa volta.
Da quanti anni, - facendo i conti a partire da noi stesse - puntiamo il dito
sulla questione palestinese? quanti viaggi per capire, per fare
solidarieta', per contrapporre alla violenza la nostra presenza di donne
capaci di convivere con donne come noi, israeliane e palestinesi. Se
partissero da noi e dai nostri bisogni di pace nella vita quotidiana, anche
i governi potrebbero comprendere che l'intero problema di "due popoli su una
terra sola" si poteva o comporre negli accordi o decomporre nella guerra.
La pazienza era stata tanta da quando l'Onu aveva fissato perfino le regole
dei risarcimenti: occupazioni, guerre, Sabra e Chatila, la prima Intifada,
la seconda.
Erano nati bambini che conoscevano solo privazioni: vedevano crollare le
loro case, morire i fratelli e imparavano l'odio. Le donne dalla violenza
avevano avuto tutto da perdere, mentre il fondamentalismo rendeva fanatici
gli uomini di un popolo che era stato laico e che ora le metteva sotto la
legge del chador.
Le israeliane avevano imparato la paura ed erano entrate nel tunnel
dell'odio. Le poche che continuavano la fatica di ricercare la pace
sentivano che il nero delle vesti indossate per protestare significava il
lutto per il futuro. E anche noi abbiamo allentato le nostre spole.
Le afghane! I sovietici occupanti del loro paese avevano consentito loro di
studiare, di lavorare, di emanciparsi; la guerra "di liberazione" dei
talebani le aveva umiliate e recluse nel piu' crudele dei simboli, il burqa.
Non e' stato possibile fare nulla, perche' tutte le proteste femminili
occidentali cozzavano con una realta' dura: i diritti delle donne non
possono diventare punto di partenza per rivendicare la liberta' di un
popolo.
Le irachene non abbiamo potuto conoscerle direttamente, ma sappiamo bene che
in un paese petrolifero, senza la guerra, avrebbero potuto vivere meglio.
Oggi percepiamo su di noi il peso delle loro sofferenze, della loro vita
disperata, dei loro bambini stremati. Ma non possiamo spezzare la
maledizione della guerra.
Il TG1 delle 13,30 di oggi, 17 settembre, dice che piu' dell'80% degli
americani consente con le richieste bellicose di Bush: e che soprattutto le
donne vogliono la vendetta. Puo' darsi. Puo' darsi che si riesca a
ricondurci al vecchio ruolo della donna che ha paura, che incorpora il bene
dei suoi come fine patriottico e materno insieme, che ridiventa figlia delle
Furie.
Ma sono sempre i maschi che preoccupano. Questa mattina alla radio - rete 3,
ore 10 - il generale Jean proponeva di usare in Afghanistan l'arma nucleare.
Spero che, per quanto possa crescere il numero delle donne soldate e
l'avanzamento nei gradi delle loro carriere, nessuna si omologhi a questo
livello. Perche', se e' vero che moltissimi uomini sono ben diversi dal
generale in questione, agli uomini la guerra piace. Sono state create regole
perche' gli stati diano valore alla violenza, alla gerarchia, alla vendetta,
per fare impunemente quello che fanno volgari assassini e stupratori.
Adesso non e' ancora "la" guerra; ma se ne sente la presenza. E nessuno fa i
conti con le cause remote. Che sono quelle di sempre: lavorare per
guadagnare, per produrre, per consumare; cercare di competere nei beni,
nella carriera, nel sesso; stabilire con gli altri un rapporto di forza, per
definire il male, identificare il nemico ed esercitare la violenza
"legittima". Invece di avere come primo valore la vita, le relazioni eque
verso tutti, gli affetti, le passioni.
Vale per tutti, uomini e donne. Solo che noi donne, la vita la facciamo con
il nostro corpo (almeno per ora). E ci sembra di sapere meglio che e' questa
la priorita'.
Ma anche quando partecipiamo ai governi manca l'autorevolezza piena della
nostra cultura: ci prestiamo alla tradizione dominante, non siamo le
protagoniste nelle riforme. E cosi' le guerre ritrovano dignita', nonostante
tutti sappiano che sono infami. La vecchia, ipocrita violenza del masochismo
patriarcale che nomina invano anche il nome di un Dio che non e' il nostro.
7. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: OPPOSIZIONE ALLA GUERRA E FORME DELLA
POLITICA
[Lidia Menapace e' una delle nostre maestre migliori, da sempre. Questo suo
intervento e' apparso nel sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net)]
La riunione dell'Associazione Rosa Luxemburg (della Convenzione permanente
di donne contro le guerre) si e' svolta a Firenze il 22 settembre, il giorno
prima della riunione (nazionale) della Marcia mondiale delle donne. Questa
coincidenza di date, e la presenza alla riunione dell'Associazione di molte
donne che hanno condiviso sia il percorso della Marcia che quello della
Convenzione, ha portato ad affrontare il problema del rapporto fra queste
due realta'. Le partecipanti hanno ritenuto ancora valida l'ipotesi
formulata prima dell'estate. Si e' poi parlato della preparazione del
seminario sul pensiero di Rosa Luxemburg e sulle pratiche politiche che ne
possono derivare per noi oggi. Il seminario si svolgera' a Firenze nei
giorni 8 e 9 dicembre.
Poiche' la forza delle donne e' di provare sempre a vivere e a far vivere, e
per far questo bisogna lavarsi, cucinare, fare la spesa, anche se si e'
sotto il peso di dolore, lutto, disgrazia, scrivo quello che avevo promesso
al coordinamento nazionale della Marcia mondiale delle donne, riunitosi a
Firenze il giorno dopo l'incontro dell'Associazione Rosa Luxemburg e del
comitato promotore della Convenzione permanente di donne contro le guerre.
Ma mi pesa davvero moltissimo, mi sembra totalmente inutile. Pero' lo
faccio, come avevo promesso. Anche sotto minaccia o - fosse pure -
millantazione atomica, il dolore e la vergogna sono uguali, per
l'inettitudine e la vigliaccheria dei governanti e dei governati, di
maggioranza e opposizione, di papi e vescovi, fedeli e atei: tutti li'
imbambolati davanti al potere e alla follia del nuovo Nerone detto Bush, (si
assomigliano quasi in tutto, tranne che il vecchio era un uomo colto e
persino poeta, sia pure da strapazzo).
Orbene, mi ero impegnata a chiarire il senso delle forme politiche che vanno
circolando. Comincio da Rete, che sull'onda della telematica va forte. Una
forma politica a rete e' essenzialmente orizzontale, priva di gerarchia e si
tiene connessa per omogeneita'. Non si puo' fare una rete con corde di
diversa grossezza ne' con nodi non ben ordinati, viene una schifezza e non
becca nulla. Dunque e' giusto chiamare Rete quella delle Donne in nero, esse
sono la forma politica che piu' assomiglia al nome che si e' data;
Convenzione invece e' per definizione un patto tra forme, contenuti e
pratiche differenziate, purche' non contraddittorie.
Non potrebbe stare in una Convenzione contro le guerre un gruppo di donne
che hanno scelto di fare il militare ad esempio, ma potrebbero starci donne
agenti di polizia, purche' si impegnino ad usare la forza (cioe' la violenza
dello stato) nelle forme e nei limiti rigidamente previsti, cioe'
rigorosamente rispettando le procedure che la prevedono: non facendo cioe'
irruzione nella scuola Diaz e poi pretendendo che sia una perquisizione.
Gia' che ci sono, aggiungo quel che gia' dissi nella citata riunione. Sono
molto diffidente verso la corsa ai Forum sociali che sorgono qua e la' e
anche con una tendenza organizzativistica che sembra prevedere solo la
manifestazione o il corteo e mai un momento di riflessione su contenuti,
mete e pratiche. Inoltre, per quanto mi riguarda dico che il femminismo non
puo' stare in un forum "sociale", non perche' sia misto, ma perche' e'
sociale, e il femminismo o i femminismi sono un soggetto e una forma
politica. Non vorrei che piu' o meno innocentemente si ricadesse - magari
citando a sostegno Porto Alegre - nella dicotomia tra sociale e politico,
dove poi al politico (cioe' al partito) spetta sempre di dirigere, stabilire
le mete ultime, quando addirittura non di portare la coscienza. Mi pare ora
di finirla, abbiamo gia' dato.
Vi sono stati nella storia della sinistra protagonisti di lotte e
invidiabili rivoluzionari che pensavano che non ci volesse il partito e
nemmeno la conquista del potere statale identificato nel palazzo d'inverno.
E visto che l'altra ipotesi, di tipo militarista, di rivoluzione ha fatto un
tonfo dal quale non pare possa risuscitare, sara' meglio non ripercorre le
stesse strade: e' pero' tipico della cultura maschile di essere soggetta
alla coazione a ripetere: noi donne aiutare dai nostri "capricci", siamo
piu' propense a mutare.
Aggiungo conclusivamente che la Convenzione permanente di donne contro le
guerre non e' un semplice coordinamento di donne pacifiste, ne' una rete di
donne che lottano per la pace: la sua ragione sociale - come spero si
ricordera' - e' di costruire una cultura politica che escluda l'uso della
guerra e impari, inventi, insegni come si governano e gestiscono i
conflitti, appunto ne' rimovendoli, ne' uccidendoli con la guerra.
Bisogna incominciare a praticare tra noi la dichiarazione, la analisi, il
riconoscimento dei conflitti tra noi e le forme per gestirli, nel modo meno
abborracciato, emotivo o pasticciato: abbiamo spesso paura dei conflitti
aperti, ma lasciati li' fanno male e diventano grovigli inestricabili, e poi
arriva qualcuno con la spada e taglia i nodi. Siamo alla guerra.
8. RIFLESSIONE. EMERGENCY: UN CHIARIMENTO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI
[Riceviamo e diffondiamo. Emergency e' la straordinaria esperienza
umanitaria promossa da Gino Strada, chirurgo in zone di guerra. Sito:
www.emergency.it]
Il Presidente del Consiglio dei Ministri in Senato avrebbe parlato di "un
medico integerrimo ma di confuse idee, che non saprebbe scegliere tra gli
Stati Uniti e l'Afghanistan. Noi - avrebbe aggiunto - tra la grande
democrazia americana ed una teocrazia violenta che costringe le donne al
silenzio e alla segregazione, noi abbiamo gia' scelto e definitivamente".
Secondo agenzie di stampa il Presidente del Consiglio si riferirebbe a Gino
Strada che ha dichiarato "io non mi sento piu' americano di quanto non mi
senta afghano".
Emergency, di cui Gino Strada fa parte, sta con gli indifesi, con le vittime
civili delle guerre; non ha mai preso posizione in favore o contro qualche
governo o Paese.
Una vita persa americana ha lo stesso valore assoluto della vita di un
cambogiano, di un iracheno, di un italiano.
Con la "teocrazia violenta" della quale parla il Presidente del Consiglio
Emergency ha avuto molte difficolta' per il rispetto che nell'ospedale di
Kabul abbiamo voluto fosse portato alla dignita' e al lavoro delle donne.
Il rispetto integrale dei diritti dell'uomo proclamati nel 1948 (non votati
dai paesi arabi musulmani) e' stato e costituisce un criterio fondamentale
del comportamento di Emergency.
Chiediamo che questa precisazione sia intesa esclusivamente per quel
chiarimento che vuol essere: siamo assolutamente estranei e contrari a
qualsiasi guerra, anche di parole.
9. INCONTRI. HELMUTH MORODER: SAMI ADWAN E DAN BAR-ON, PREMI "ALEXANDER
LANGER" 2001, A ROMA L'11 OTTOBRE
[Dalla Fondazione "Alexander Langer" riceviamo e diffondiamo. Per contatti:
langer.foundation@tin.it]
Care/cari amici/ della Fondazione "Alexander Langer",
il palestinese Sami Adwan e l'israeliano Dan Bar-On, saranno in Italia
dall'11 al 14 ottobre per partecipare, all'interno della Fiera delle utopie
concrete di Citta' di Castello (vedi programma in www.utopieconcrete.it), il
13 mattina ad un seminario di drammatica attualita' dopo l'attentato che ha
colpito l'America e sta ridisegnando politiche internazionali, attivita'
diplomatiche, alleanze e impegno delle societa' civili, e domenica 14 alla
cerimonia di consegna ufficiale del premio internazionale "Alexander Langer"
2001 di cui sono destinatari. In ambedue le occasioni si incontreranno e
confronteranno pubblicamente con Natasa Kandic e Vjosa Dobruna che hanno
vissuto il loro stesso dramma e sono impegnate a costruire "vie di pace"
nelle loro martoriate regioni. Potete trovare notizie su di loro nel sito
della fondazione www.alexanderlanger.org .
Vi scriviamo per una altrettanto importante ragione. Riprendendo una
tradizionale inaugurata dall'on. Violante (con Khalida Messaoudi, Jacqueline
Mukansonera e Yolande Mukagasana), i nostri premiati 2001 Dan Bar-On e Sami
Adwan, verranno ricevuti alle ore 11 di giovedi 11 ottobre dal presidente
della Camera Casini, come un modo per onorare Alex Langer e dare piu' forza
e sostegno al messaggio di cui sono portatori, in un momento cosi' delicato
delle relazioni nei loro paesi.
Con l'aiuto di Marco Boato (ed in particolare di Luca al gruppo misto
0667609660), di Gianclaudio Bressa (Margherita), Grazia Barbiero (Ds), Uwe
Staffler (Verdi), stiamo cercando di promuovere alle ore 12 o 13 dello
stesso giorno, in una sala della Camera ancora da precisare, un incontro
piu' pubblico, riservato ad altri parlamentari, giornalisti, amici ed
interessati.
Vi invitiamo calorosamente a prendere nota e a partecipare a questo
importante appuntamento, ad allargare l'invito, a valutare la possibilita'
di farne oggetto di notizie e servizi giornalistici.
Faremo avere piu' precise informazioni a chi dara' un segno di vita e di
interesse.
Grazie di cuore e saluti.
10. INCONTRI. SILVANO TARTARINI: VENERDI 12 OTTOBRE A PERUGIA
[Silvano Tartarini e' impegnato nell'esperienza dei "Berretti Bianchi". Per
contatti: tel. 3357660623, fax 0584735682, e-mail: bebitartari@bcc.tin.it,
sito: www.peacelink.it/users/berrettibianchi]
Cari amici,
vi confermo che la nostra richiesta di un incontro specifico dei movimenti e
delle associazioni degli amici della nonviolenza e' stata accolta dagli
organizzatori della quarta assemblea dell'ONU dei popoli, e il nostro
incontro di riflessione si terra' il giorno venerdi 12 dalle ore 20,30 alle
22,30 a Perugia presso il Palazzo dei Priori (non sappiamo ancora in quale
sala ci potremo riunire. Per questo devo richiamare mercoledi. Lo faro'
sapere poi).
Ricordo che e' prevista la partecipazione di un massimo di due persone per
associazione.
Invito chi intendesse partecipare e ancora non ha dato la propria adesione a
farlo rapidamente indicando, se possibile, il nome o i nomi dei
partecipanti. Il nostro incontro di amici della nonviolenza sara' introdotto
da Alberto L'Abate.
Un caro saluto a tutti.
11. LETTURE. LIA LEVI: CHE COS'E' L'ANTISEMITISMO? PER FAVORE RISPONDETE
Lia Levi, Che cos'e' l'antisemitismo? Per favore rispondete, Mondadori,
Milano 2001, pp. 84, lire 12.000. L'autrice di "Una bambina e basta"
risponde alle venti domande piu' frequenti negli incontri avuti nelle
scuole.
12. LETTURE. RAISSA MARITAIN: DIARIO DI RAISSA
Raissa Maritain, Diario di Raissa, Morcelliana, Brescia 2000, pp. 416, lire
35.000. Tredicesima edizione ampliata della raccolta, curata dal marito
Jacques Maritain, di carte inedite della pensatrice, mistica e poetessa.
13. LETTURE. EDOARDO MARTINELLI (A CURA DI): PROGETTO LORENZO MILANI: IL
MAESTRO
Edoardo Martinelli (a cura di), Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Centro
documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Firenze 1998, pp.
304, s. i. p. Una raccolta di materiali e testimonianze di grande interesse.
Per contatti con l'editore: barbiana@dada.it
14. RIVISTE. "LA RIVISTA DEL MANIFESTO"
E' in edicola in questi giorni e fino a venerdi, in supplemento al
quotidiano "Il manifesto", "La rivista del manifesto", il bel mensile di
approfondimento diretto da Lucio Magri (in rete:
www.larivistadelmanifesto.it); si apre con un ricordo di Sergio Garavini,
seguono testi di Magri, Raniero La Valle, Isidoro Mortellaro, Gino Barsella
e Jean-Leonard Touadi, Perry Anderson, Franco Fortini, Andre' Brie, Maurizio
Matteuzzi, Hermann Sheer, Giuseppe Chiarante, Enrico Pugliese, Maurizio
Zipponi, David Bidussa.
15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA FRANCESCO SANTANERA A
SASKIA SASSEN
* FRANCESCO SANTANERA
Profilo: impegnato nell'Associazione nazionale famiglie adottive e
affidatarie, e nell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale.
Opere di Francesco Santanera: Il paese dei celestini (a cura di, con Bianca
Guidetti Serra), Einaudi; Assistenza, emarginazione e lotta di classe (con
G. Alasia, G. Freccero, M. Gallina), Feltrinelli; Vecchi da morire (con
Maria Grazia Breda), Rosenberg & Sellier.
* ENZO SANTARELLI
Profilo: storico, nato ad Ancona nel 1922, docente di storia contemporanea
all'Università di Urbino, ha preso parte alla Resistenza. Opere di Enzo
Santarelli: La rivoluzione femminile, Parma 1950; Il socialismo anarchico in
Italia, Milano 1959; La revisione del marxismo in Italia, Milano 1964;
Storia sociale del mondo contemporaneo, Milano 1982; Storia critica della
repubblica. L'Italia dal 1945 al 1994, Milano 1996.
* UMBERTO SANTINO
Profilo: ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato" di Palermo. Da decenni uno dei militanti democratici più
impegnati contro la mafia ed i suoi complici. È uno dei massimi studiosi di
questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra
economia, politica e criminalità. Opere di Umberto Santino: La violenza
programmata, L'impresa mafiosa, Gabbie vuote, presso Angeli, Milano; Dietro
la droga, Edizioni Gruppo Abele, Torino; L'antimafia difficile, La borghesia
mafiosa, Casa Europa, La mafia come soggetto politico, Sicilia 102, Oltre la
legalità, presso il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato",
Palermo; La mafia interpretata, La democrazia bloccata, L'alleanza e il
compromesso, presso Rubbettino, Soveria Mannelli; Storia del movimento
antimafia, Editori Riuniti, Roma; La cosa e il nome, Rubbettino, Soveria
Mannelli. Indirizzi utili: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, e-mail: csdgi@tin.it
* ANTONIO SANTONI RUGIU
Profilo: docente universitario di pedagogia, direttore della rivista "Scuola
e città". Opere di Antonio Santoni Rugiu: tra le sue molte pubblicazioni
segnaliamo Guida alle scienze dell'educazione, Sansoni, Firenze 1974; Storia
sociale dell'educazione, Principato, Milano 1987.
* CHIARA SARACENO
Profilo: illustre sociologa Opere di Chiara Saraceno: segnaliamo almeno
Dalla parte della donna, De Donato, Bari 1971.
* JOSE' SARAMAGO
Profilo: scrittore portoghese di forte impegno civile, premio Nobel per la
letteratura nel 1998.
* MICHELE SARFATTI
Profilo: nato nel 1952, lavora presso il "Centro di documentazione ebraica
contemporanea", è membro della commissione governativa di indagine su cosa è
accaduto ai beni degli ebrei in Italia durante la persecuzione. Opere di
Michele Sarfatti: Mussolini contro gli ebrei, Zamorani, 1944; Gli ebrei
nell'Italia fascista, Einaudi, 2000.
* NATHALIE SARRAUTE
Profilo: scrittrice francese, deceduta nell'ottobre 1999.
* DIANA SARTORI
Profilo: filosofa, fa parte della comunità filosofica femminile "Diotima" e
della comunità scientifica femminile "Ipazia". Opere di Diana Sartori: ha
contribuito a vari volumi collettanei, tra cui: Mettere al mondo il mondo,
La Tartaruga, Milano 1990; Autorità scientifica, autorità femminile, Editori
Riuniti, Roma 1992; Oltre l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995.
* JEAN-PAUL SARTRE
Profilo: nato a Parigi nel 1905, scomparso nel 1980, filosofo, scrittore,
simbolo dell'intellettuale impegnato. Nel 1964 rifiutò il Nobel per la
letteratura. Opere di Jean-Paul Sartre: dal punto di vita che qui più ci
interessa segnaliamo almeno: tra i testi filosofici L'essere e il nulla, L'
esistenzialismo è un umanismo, Critica della ragion dialettica; tra i testi
letterari e drammaturgici: Le mani sporche; tra i testi critici e politici:
L'Antisemitismo. Opere su Jean-Paul Sartre: per la biografia cfr. Annie
Cohen-Solal, Sartre, Il Saggiatore; ovviamente si veda anche l'opera
autobiografica di Simone de Beauvoir; per un'introduzione al pensiero
filosofico cfr. Sergio Moravia, Introduzione a Sartre, Laterza.
* SASKIA SASSEN
Profilo: sociologa, docente in varie università americane. Opere di Saskia
Sassen: Città globali, Utet, Torino 1997; Fuori controllo, Il Saggiatore,
Milano 1998; Le città nell'economia globale, Il Mulino, Bologna 1998;
Migranti, Feltrinelli, Milano 1999.
16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 247 del 3 ottobre 2001