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La nonviolenza e' in cammino. 240



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 240 del 26 settembre 2001

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: tre cose da preparare, subito
2. War Resisters International: appello per l'obiezione di coscienza alla
guerra e ai preparativi bellici
3. Michele Di Schiena, preoccupazione "infinita"
4. Yukari Saito, qualcuno sa spiegarmi...
5. Ettore Masina, il sole oscurato
6. Mumia Abu-Jamal: "perche' ci odiano cosi' tanto?"
7. Lorenzo Milani: e noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o
no distruggere la specie umana?
8. Virginia Woolf: il modo migliore per aiutarvi a prevenire la guerra
9. Enrico Peyretti, Genova
10. Giovanni Benzoni, primo salone dell'editoria di pace in Italia
11. Una proposta dal gruppo di lavoro "Impronta ecologica" della Rete di
Lilliput
12. Letture: Alessandra Calzi, L'interculturalita' nella scuola elementare
13. Letture: Paul Roazen, Freud e i suoi seguaci
14. Letture: Margot Waddell, Mondi interni
15. Benito D'Ippolito, dopo l'esecuzione (della minaccia di Mr Rumsfeld)
16. Per studiare la globalizzazione: da Anna Rossi-Doria a Sheila Rowbotham
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. UN APPELLO. PEPPE SINI: TRE COSE DA PREPARARE, SUBITO
Siamo a un passo dall'inizio di una guerra mondiale.
Il governo italiano, violando la Costituzione, ci sta trascinando in una
follia di cui nessuno sa prevedere gli esiti, che possono essere
apocalittici.
Occorre prepararci ad organizzare una opposizione efficace che si colleghi
all'opposizione di tutte le donne e gli uomini di volonta' buona che hanno a
cuore il futuro della civilta' umana.
Non bastano le iniziative testimoniali ed ininfluenti; occorre difendere
concretamente la legalita' costituzionale, il diritto internazionale, la
vita delle persone minacciate dalla guerra, la dignita' nostra e di tutti
gli esseri umani.
Tre cose occorre preparare subito, bene, ovunque, capillarmente, con la
massima limpidezza, consapevolezza, responsabilita', onesta' intellettuale e
morale, per difendere la legalita' e la pace, contro il terrorismo da
chiunque agito, contro ogni guerra, per impedire un ulteriore crimine che
puo' scatenare una catastrofe di proporzioni inimmaginabili; occorre
preparare subito:
1. l'azione diretta nonviolenta per contrastare operativamente la macchina
bellica;
2. la disobbedienza civile di massa per rendere inefficace il potere di chi
avra' commesso il reato di alto tradimento della Costituzione della
Repubblica Italiana: nessuno sia complice degli stragisti, nessuno sia
complice dei fedifraghi, nessuno sia complice dei fuorilegge che vorranno
infrangere il fondamento del nostro ordinamento giuridico e trascinarci
nell'orrore;
3. lo sciopero generale contro la guerra per bloccare il paese e ricondurre
alla ragione il governo, il parlamento ed il presidente della Repubblica
qualora commettessero il crimine di violare la Costituzione e precipitarci
nella catastrofe bellica.

2. UN APPELLO. WAR RESISTERS INTERNATIONAL: APPELLO PER L'OBIEZIONE DI
COSCIENZA ALLA GUERRA E AI PREPARATIVI BELLICI
[Riceviamo e volentieri diffondiamo questo appello di una delle piu'
importanti organizzazioni pacifiste e nonviolente internazionali, la WRI
(War Resisters International), cui aderisce anche il Movimento Nonviolento
fondato da Aldo Capitini, che ne e' la sezione italiana (per contatti:
e-mail: azionenonviolenta@sis.it; sito: www.nonviolenti.org)]
L'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI), una rete internazionale
di organizzazioni pacifiste con 80 sezioni in piu' di 40 paesi, lancia un
appello per l'obiezione di coscienza in vista dei preparativi bellici
intrapresi dalla NATO, dall'Afghanistan e da molti altri paesi.
Sebbene ancora sconvolti dagli attacchi terroristici dell'11 settembre al
World Trade Centre e al Pentagono, siamo profondamente convinti che una
guerra di ritorsione andra' solo ad alimentare il circolo della violenza.
Combattere il crimine dell'attacco terroristico con il crimine del
bombardamento e dell'uccisione di persone ugualmente innocenti non serve a
"pareggiare i conti", ma solo a sommare sofferenza a sofferenza.
Noi chiediamo una giustizia senza guerra. E' responsabilita' di ciascuno di
noi opporsi alla guerra e ai suoi preparativi.
In questa situazione:
- l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI) chiede a tutti i
soldati - per qualsiasi forza siano chiamati a combattere - di dare ascolto
alla loro coscienza e di rifiutarsi di partecipare ai preparativi bellici o
alla guerra: disobbedire agli ordini, appellarsi alla possibilita' di
obiettare, disertare, dire no!
- l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI) chiede a tutti coloro
che sono implicati nei preparativi bellici, tanto a livello amministrativo
quanto nelle fabbriche: disobbedite agli ordini, dite no!
- l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI) fa appello ai
giornalisti e ai media, cui si richiede di sostenere i preparativi bellici e
di promuovere la guerra, affinche' si rifiutino di farlo, insistano a
scrivere la verita', dicano no!
- l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI) chiede a tutti i suoi
membri e a ciascuno, di sostenere questo rifiuto di prendere parte alla
guerra e ai suoi preparativi, e di impegnarsi in azioni dirette nonviolente
di resistenza alla guerra.

3. RIFLESSIONE: MICHELE DI SCHIENA: PREOCCUPAZIONE "INFINITA"
[Michele Di Schiena e' magistrato a Brindisi; questo suo intervento ci e'
stato trasmesso da Giancarlo Canuto, per contatti: giancanuto@inwind.it]
L'hanno chiamata "giustizia infinita" l'operazione di guerra contro il
terrorismo intrapresa dagli Stati Uniti con l'invio di centinaia di aerei da
bombardamento nel Golfo Persico. E' una operazione che si sa da dove viene,
e cioe' dal centro del potere politico-militare americano, ma non si sa dove
va, come fa temere l'aggettivo "infinita" che, aggiunto alla parola
"giustizia", la qualifica per una vastita' spaziale e temporale senza
limiti, per una pervasivita' che puo' fare innumerevoli vittime innocenti ed
accrescere (come sta gia' avvenendo in Afghanistan) la miseria e la
disperazione di popoli interi, per una intensita' che non esclude l'impiego
di strumenti terribili di morte e di devastazione ambientale, e per una
indeterminatezza che si sottrae ad ogni controllo e che puo' consentire
(come e' stato candidamente detto in sedi autorevoli) attivita' "sporche"
dei servizi segreti fatte di destabilizzazioni, complotti, attentati, colpi
di stato, uccisioni.
Ma se l'aggettivo preoccupa, il sostantivo allarma perche' non ci sono,
almeno per ora, risposte convincenti e rassicuranti alla domanda di quale
giustizia si tratti. Una domanda alla quale non si puo' non rispondere
considerando il quesito un lusso non consentito di fronte alla efferatezza
delle aggressioni terroristiche. E nemmeno si dovrebbe rispondere
identificando la giustizia con le proprie ragioni, per quanto valide, e con
la propria forza, per quanto posta al servizio di quelle ragioni, senza
indicare di questa giustizia i contenuti, gli strumenti e gli obiettivi piu'
immediati. La coscienza del mondo civile concepisce oggi la giustizia,
elevata peraltro dalla dottrina cristiana ad una delle quattro virtu'
cardinali, come la scelta e la volonta' di riconoscere  e rispettare il
diritto dei singoli uomini e delle comunita' mediante l'attribuzione di
quanto e' ad essi riconosciuto e dovuto secondo la ragione e la morale.
Ma la giustizia e' anche, su di un piano normativo, la conformita' dei
comportamenti dei cittadini e degli stati al diritto interno ed a quello
internazionale, codificato o consuetudinario. Ed e' infine, in una ottica
specificatamente punitiva, il potere di giudicare secondo legge ed equita' e
di infliggere sanzioni da parte di organi imparziali e sereni. Ora, come si
pone la "giustizia infinita" di Bush rispetto ai tre indicati livelli
(morale, giuridico e punitivo) di una Giustizia che per la sua natura deve
essere sempre super partes e che non puo' essere "infinita" (in termini di
valore lo e', per i credenti, solo quella di Dio) per non degenerare in un
arbitrio dovuto all'assenza di regole, limiti e confini?
Ed ancora: quali devono essere gli strumenti per assicurare alla giustizia i
responsabili dei terribili atti terroristici? Saranno rispettati gli statuti
dei singoli stati ed il diritto e le convenzioni internazionali in materia
di delitti contro l'umanita' e di conflitti bellici? Saranno gli organi di
giustizia internazionale quelli chiamati a giudicare sulla validita' delle
prove ai fini della incriminazione, prima, e della condanna, poi, delle
persone indiziate degli atti di terrorismo? Saranno questi organi a decidere
in merito alle responsabilita' di soggetti di diritto internazionale per il
loro eventuale coinvolgimento, diretto o indiretto, negli attentati?
Questi interrogativi, si sa, fanno storcere il naso e, forse, mandano in
bestia quanti stanno vivendo una specie di truce passione per la guerra che,
rompendo ogni argine di ragionevolezza e di prudenza, emerge incredibilmente
anche su bocche di solito traboccanti di parole in difesa della vita e,
soprattutto, della vita nascente. Ma i fatti sono argomenti testardi ed
insegnano che il terrorismo va combattuto non solo sul piano repressivo ma
anche su quello della rimozione delle cause politiche e sociali che rendono
fertile il terreno di degrado e di miseria sul quale il nefando fenomeno
attecchisce. E la storia ed il buon senso insegnano anche che la repressione
dei gravi fenomeni di criminalita' e di terrorismo non puo' mai giustificare
la sospensione del diritto, l'indebolimento dei diritti e l'"affievolimento"
della democrazia: una sospensione che in questa congiuntura storica,
rapportandosi al carattere "infinito" della operazione di "giustizia",
potrebbe diventare anch'essa "infinita" e sostanzialmente coincidente con la
cancellazione di conquiste di civilta' che si ritenevano per sempre
acquisite.
La speranza e' che le forze disarmate della giustizia e della pace abbiano
ancora qualcosa da dire per fermare un vortice di violenze che puo' spostare
indietro le lancette sull'orologio della storia.

4. RIFLESSIONE: YUKARI SAITO: QUALCUNO SA SPIEGARMI...
[Ringraziamo di cuore Yukari Saito per questo intervento. Yukari Saito e'
una giornalista e saggista giapponese che vive nel nostro paese e scrive per
importanti testate, tra cui l'ottima "Internazionale". Per contatti:
yukaris@tiscalinet.it]
Qualcuno sa spiegarmi come mai fino a ieri Bush ha aspettato a confiscare i
beni dei terroristi?
Ne' con Bush ne' con i terroristi, bensi' con i nordamericani che rifiutano
la logica della guerra e del terrorismo. Ecco, abbiamo anche questa scelta
che certamente non calpesta le vittime di New York e di Washington ne' puo'
essere bollata come "anti-americana". Noi abbiamo bisogno di loro e loro di
noi.
E questa nostra lotta sara' contro ogni violenza, sara' la prima lotta
mondiale contro la violenza, infinita molto piu' della guerra di Bush e di
Bin Laden.

5. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: IL SOLE OSCURATO
[Questo articolo di Ettore Masina apparira' sul settimanale dell'Azione
Cattolica, "Segno nel mondo". Ettore Masina e' un prestigioso giornalista e
un uomo attivamente impegnato nella solidarieta' concreta e per la pace. Per
contatti: ettore.mas@libero.it]
"C'e' un tempo per piangere e uno per gioire" dice il Qoelet, in un lungo
elenco delle possibili vicende della storia.  Ma c'e' un tempo che lo
scrittore biblico non aveva previsto ed e' il tempo dell'orrore e della
confusione. E' il tempo che stiamo vivendo. Anche quando il Qoe'let fu
composto, 2200 anni fa, la storia aveva pagine sanguinose: ma tutto era (o
sembrava) chiaro: l'eroismo e la ferocia, i volti degli uccisori e quelli
delle vittime, i loro nomi, le conseguenze di una strage. Oggi conosciamo
veramente soltanto la crudelta' del massacro, le emozioni che abbiamo
provato davanti alle immagini televisive, i sentimenti che si agitano ancora
in noi, la confusa certezza, dell'imminenza di una bufera nella quale
potremmo essere coinvolti come foglie secche.
Il primo superstite dell'orrore delle Torri che ho visto comparire sul mio
teleschermo era un negro, anziano, con un cappello a visiera. Che fosse un
negro, lo si scopriva soltanto guardando i suoi lineamenti, una polvere
compatta lo aveva rivestito di un bianco spettrale. L'uomo portava occhiali
e anche le lenti di quegli occhiali erano rese opache dalla polvere.
Tuttavia egli non accennava a pulirle. Sembrava che non volesse piu' vedere,
che andasse avanti come un automa e difatti sul suo volto non c'era altra
espressione che quella dello smarrimento. Penso che camminasse cercando un
luogo per dimenticare.
E anch'io vorrei camminare con lui, ma quel luogo non c'e'. Siamo tutti
costretti a ricordare. Ma ricordare non puo' voler dire rimanere incapsulati
in uno choc che ci impedisca di pensare e di agire razionalmente.
Nelle lunghe ore in cui sono rimasto, come centinaia di milioni di persone
di tutta la Terra, seduto davanti al televisore, quasi ipnotizzato,
guardando quel cielo senza luce mi e' capitato di ripensare a un verso di
Shakespeare: "Questo mattino reca una lugubre pace. Il sole, per il dolore,
non vuole mostrare il suo volto". Quel verso sta in "Romeo e Giulietta",
tenera storia di due giovani sposi ma anche terribile racconto di un odio
insensato; e certo la parola "pace" voleva dire silenzio stupefatto, orrore,
senso di inermita' davanti a un tetro capolavoro del male. E' la "pace" che
in queste ore inchioda anche noi: qualcuno in preghiera, qualcun altro ai
tavoli su cui i generali distendono le carte geografiche e scelgono dove
colpire, qualcun altro, infine - i piu' - in una fonda paura, paralizzante.
La tragedia contemplata in diretta sui nostri teleschermi sembra prepararne
un'altra, piu' vasta, planetaria. Ancora una guerra nella storia
dell'umanita'.
Penso che non possiamo dimenticare la tragedia ma dobbiamo "leggerla" in
tutti i suoi aspetti. Non soltanto, dunque, l'odio e la strage: ma anche la
generosita' con la quale il popolo di New York si e' mosso subito, cercando
in tutti i modi di esprimere una solidarieta' attiva  per le vittime del
massacro e per le loro famiglie. E' un esempio di fraternita' ma e' anche
un'indicazione politica e di sanita' psicologica. Come scrisse Sigmund Freud
a Einstein poco prima del secondo conflitto mondiale, alla distruttivita'
della propensione alla guerra si deve rispondere mobilitando l'Eros,
l'amore; e il fondatore della psicoanalisi citava il vangelo: "Ama il
prossimo tuo come te stesso". Che e' l'esatta antitesi del terrorismo, il
quale travolge nella stessa morte i suoi autori e le loro vittime.
E' soltanto con l'amore che si puo' vincere l'odio. I governanti e i
generali non vogliono capire che non e' con le armi che si sradichera' il
terrorismo: ci sara' sempre qualche disperato o qualche fanatico che
decidera' di diventare una bomba umana. Le Torri erano gia' state attaccate
(6 morti, 150 feriti) nel 1993 da un uomo - fu detto - di bin Laden. Due
anni piu' tardi una setta fondamentalista "cristiana" americana fece saltare
un grattacielo di Oklahoma City: 168 morti, 500 feriti. Quando (e se) bin
Laden sara' stato preso e, come merita, esemplarmente punito per il suo
crimine contro l'umanita', sara' fatta giustizia ma sradicata soltanto una
delle spaventose minacce che gravano sulla nostra civilta'. La guerra puo',
forse, distruggere alcuni governi favoreggiatori del terrorismo, ma non deve
toccarne i popoli. Se la nostra civilta' rispondera' alla orribile strage
delle Torri con altre stragi anche numericamente maggiori, come e' proprio
di ogni guerra, non soltanto sara' compiuto un peccato mortale collettivi ma
sara' piu' facile al terrorismo nascere e muoversi in un panorama popolare
di odio accresciuto.
Il miliardario bin Laden (tale per attivita' capitalistiche negli Stati
Uniti, in Giappone, in Norvegia, etc.) non rappresenta il Sud dei poveri. E'
una scheggia impazzita dell'Islam e una persona che puo' permettersi il
lusso di tessere una gigantesca rete di fanatici nel cuore stesso
dell'impero americano. Ma non e' un emissario dei poveri e non si cura del
loro destino. Lo spinge il fanatismo religioso, non lo spirito di giustizia.
Colpire il Sud dei poveri per distruggere il suo invisibile impero,
significherebbe compiere uníimmensa ingiustizia. "Rawa", l'associazione
delle donne afghane in esilio, ha pubblicato un appello in cui dice: "Il
governo degli USA e il popolo americano devono sapere che c'e' una grande
differenza tra la gente povera e martoriata dell'Afghanistan e i terroristi
criminali Talebani e Jehadi. (...) Attaccare l'Afghanistan e uccidere la sua
gente piu' derelitta e sofferente, non alleviera' in alcun modo il lutto del
popolo americano". Non aumentera' la sicurezza del Nord.
Quando sono andato a controllare la citazione di Shakespeare, ho trovato
che, subito dopo l'immagine del sole che non vuole vedere il massacro e dopo
il grido: "Povere vittime del nostro odio!", egli conclude la tragedia con
un incitamento rivolto alla folla che va addensandosi intorno ai corpi
esanimi dei protagonisti: "Partiamo di qua per parlare piu' a lungo di
questi tristi eventi". Io credo che sia un consiglio che ci riguarda.
E' impossibile cercare di ragionare sui luoghi della strage, mentre
riviviamo la tragedia del bambino che la madre strinse al seno mentre
l'aereo su cui viaggiavano si schiantava su una delle torri o quella del
marito che sapendo di dover morire entro pochi attimi telefono' alla moglie
chiedendo "Sono andate a scuola le bambine? Io vi amo, tu lo sai che voi
siete tutto il mio amore"; o contemplando per l'ennesima volta le immagini
delle decine di persone che si gettarono impazzite dalle finestre dei
grattacieli.
E' necessario scostarsi un po', non permettere che il lutto offuschi la
nostra vista perche' il lutto, talvolta, genera mostri, violenza, desiderio
di vendetta. E' necessario sapere che tutto e' cambiato per noi, gente del
Nord; aggredita nella nostra isola di benessere in mezzo a un oceano di
disperazione; ma nulla e' cambiato per la miseria del Sud. Oggi il Sud
sembra soltanto, sulle pagine dei giornali e nei torrenti di parole che
escono dai teleschermi, una giungla da bonificare non con i trattori e con
gli aratri ma con le armi piu' sofisticate; un cuore di tenebre da colpire a
morte. Follia! Gli studenti  di Berkeley scrivono sui cartelli delle loro
manifestazioni pacifiste una frase di Gandhi: "Occhio per occhio rende cieco
il mondo".
Noi che ci sforziamo di guardare la Terra con gli occhi del vangelo
dobbiamo, dopo la sosta sulle tombe, riprendere il lavoro per un mondo piu'
giusto. Dobbiamo reimparare l'amore e il coraggio dell'amore. Dobbiamo
testardamente aprire il cuore ai poveri, volere per loro una giustizia che
non e' quella "infinita" reclamata dai potenti offesi ma il diritto alla
vita, alla dignita' e alla liberta' di tutti gli esseri umani.

6. RIFLESSIONE. MUMIA ABU-JAMAL: "PERCHE' CI ODIANO COSI' TANTO?"
[Mumia Abu-Jamal e' un illustre giornalista afroamericano, scrittore,
militante per i diritti, detenuto in attesa di esecuzione capitale a seguito
di un processo fondato su menzogne, pregiudizi razzisti e scandalose
irregolarita'. Per salvare la sua vita da anni e' in corso una mobilitazione
dell'opinione pubblica mondiale. Questo articolo e' apparso in Italia sul
quotidiano "Il manifesto" del 25 settembre]
Al telefono, la voce della donna era tremolante come se piangesse, mentre
implorava il conduttore del talkshow di spiegarle "Perche', perche' ci
odiano tanto?". La sua domanda risuona come un'eco nella coscienza di
milioni di americani, che guardano la carneficina del World Trade Center,
tremano al pensiero stesso dell'audacia con la quale e' stata perpetrata e
ancora si chiedono "Perche'?".
E' un tipo di reazione tipicamente americana, tutt'uno con una cultura che
non ha ieri, ma solo un domani, costituito da generi di conforto, gelati
dietetici e macchine di lusso. La storia, per milioni di americani, e' John
Wayne o i tanto decantati Padri fondatori, senza macchia ne' paura. La gran
parte del mondo esterno non li interessa, poiche' gli altri sono i sudditi
dell'Impero, e come tali sacrificabili. Le loro storie, pur profondamente
intrecciate con quella degli Stati Uniti, non hanno grande importanza. Da
qui l'interrogativo "Perche'?". Questa ignoranza, quasi volontaria, di
milioni di americani permette loro di guardare all'attacco della Uss Cole e
ai dirottamenti degli aerei di linea dell'11 settembre e di chiedersi
"perche'".
Se voi, lettori, non volete ricevere una risposta a questa domanda retorica,
sentitevi liberi di voltare pagina, perche' la risposta dell'autore non vi
piacera'. Gli attacchi aerei alle torri del World Trade Center e al
Pentagono non hanno avuto inizio l'11 settembe 2001. E neppure sono stati,
come suggerito in modo disinvolto da alcuni politici, "una guerra contro la
civilizzazione". Ma non e' il mestiere dei politici informare. E' il compito
dei media, ma la loro principale preoccupazione e' vendere, e quindi non
vogliano sconvolgere i lettori. La loro responsabilita' primaria non e' nei
confronti dei lettori ma dei proprietari, o degli azionisti. Ed e'
nell'interesse del complesso militare industriale che milioni di persone
restino malinformate o disinformate del tutto.
I voli suicidi su New York, Washington e Pennsylvania hanno avuto origine
nei monti dell'Afghanistan, nella guerriglia, durata dieci anni, contro
l'allora Unione Sovietica. La guerra era sostenuta e aiutata dalla Cia, che
ha versato miliardi di dollari nelle tasche dell'insurrezione antisovietica.
Il risultato? Un sociologo algerino disse a un giornalista americano ad
Algeri "il tuo governo ha partecipato alla creazione di un mostro" e poi ha
aggiunto "Ora si e' rivoltato contro di voi e contro il mondo... 16.000
arabi sono stati addestrati in Afghanistan, trasformato in una vera e
propria macchina da guerra" ("Los Angeles Times", 4 settembre '96). Gli ha
fatto eco un diplomatico Usa in Pakistan che ha detto: "Questo e' un esempio
mal riuscito di un gallo che torna a cantare nel pollaio. Non si possono
immettere miliardi di dollari in una jihad anticomunista, coinvolgere il
mondo intero e poi ignorarne le conseguenze. Ma noi lo abbiamo fatto. I
nostri obiettivi non erano la pace e lo sviluppo in Afghanistan. Il nostro
scopo era uccidere i comunisti e buttare fuori i russi" ("Los Angeles
Times", 4 settembre '96).
Come hanno fatto gli afghani a pagare per avere le armi, in un paese cosi'
povero e devastato dalla guerra? Quante persone sanno che l'Afghanistan e'
il paese maggior produttore di eroina al mondo? A corto di liquidi, i
mujaheddin afghani scambiavano eroina contro armi con i fornitori della Cia,
dando vita cosi' al "Golden Crescent" il circuito islamico dell'eroina.
Quando i sovietici furono cacciati e la guerra fini', i ribelli si
guardarono attorno e si accorsero che non l'Urss ma gli Usa dominavano la
regione. Si accorsero della presenza militare statunitense nei luoghi sacri
dell'Arabia Saudita, del sostegno Usa agli stati antidemocratici, della
devastazione dell'Iraq e dell'appoggio unilaterale ad Israele, ottenuto a
spese dei palestinesi assediati. E quando si sono messi a studiare gli Stati
Uniti, si sono accorti delle forti somiglianze imperialiste con i sovietici.
L'Afghanistan, uno dei luoghi piu' poveri e devastati del mondo, ha una
popolazione maschile con un'aspettativa media di vita di 46 anni (45 per le
donne). Ha un tasso di alfabetizzazione del 29%. Guarda alla tronfia
opulenza americana, al dominio globale dell'impero statunitense, e va in
collera.
Questo divario nazionalista, culturale, religioso e di classe alimenta un
profondo e durevole astio nei confronti del dominio americano.
L'umiliazione, sentimento col quale il mondo islamico ha dovuto
familiarizzare fin dalla caduta dell'impero ottomano nel 1922 e poi con
l'era coloniale fino alla meta' del ventesimo secolo, costituisce una forza
potentissima. Essa porto' un uomo tedesco, umiliato, sull'orlo della
conquista del mondo dopo la prima guerra mondiale. Non e' quindi cosa da
prendersi alla leggera. L'Afghanistan potrebbe portare a un altro punto di
svolta nella storia del mondo e per questa ragione tutti noi dobbiamo
imparare a conoscerlo.

7. MAESTRI. LORENZO MILANI: E NOI STIAMO QUI A QUESTIONARE SE AL SOLDATO SIA
LECITO O NO DISTRUGGERE LA SPECIE UMANA?
[Questo brano dalla "lettera ai giudici" del 18 ottobre 1965 di don Milani
si trova alle pp. 60-62 de L'obbedienza non e' piu' una virtu', LEF,
Firenze.
Lorenzo Milani: nato a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della
borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato
a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di
estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi
trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza
della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la
gerarchia ecclesiastica ordinerà il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la
lettera ai cappellani militari da cui deriverà il processo i cui atti sono
pubblicati ne L'obbedienza non è più una virtù. Muore dopo una lunga
malattia nel 1967: è appena uscita la Lettera a una professoressa della
scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di
classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia
della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui
la lezione di don Milani resta di grande valore. Opere di Lorenzo Milani e
della scuola di Barbiana: Esperienze pastorali, L'obbedienza non è più una
virtù, Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria
Editrice Fiorentina (LEF). Postume sono state pubblicate le raccolte di
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla
mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica,
integrale e annotata, Alla mamma - Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi
sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice
Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la
ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e
criticamente curate. La EMI ha appena pubblicato, a cura di Giorgio
Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel
volume I care ancora. Opere su Lorenzo Milani: sono ormai numerose;
fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte
dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era
costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don
Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'
insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco
Riccioni, La stampa e don Milani, LEF, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura
di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Un repertorio
bibliografico sintetico è in Peppe Sini, Don Milani e l'educazione alla
pace, CRP, Viterbo 1998. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo
monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il
fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di libertà, supplemento a "Conquiste
del lavoro", n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don
Milani di Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, ECP, S. Domenico
di Fiesole 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium,
Sotto il Monte (BG) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualità,
LEF, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo
don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998;
Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto
Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998. Indirizzi utili: Centro di
documentazione Don Milani, c/o biblioteca comunale, Vicchio di Mugello (FI);
Centro nuovo modello di sviluppo, via della barra 32, 56019 Vecchiano (PI);
Edoardo Martinelli: martinelli@dada.it; Giorgio Pecorini, piazza Libertà 21,
53031 Casole d'Elsa (SI); molti materiali di e su don Milani sono nel sito
http://www.etruria.org/nonsololibri/milani]
Che io sappia nessun teologo ammette che un soldato possa mirare
direttamente (si puo' ormai dire esclusivamente) ai civili. Dunque in casi
del genere il cristiano deve obiettare anche a costo della vita. Io
aggiungerei che mi pare coerente dire che a una guerra simile il cristiano
non potra' partecipare nemmeno come cuciniere.
Gandhi l'aveva gia' capito quando ancora non si parlava di armi atomiche.
"Io non traccio alcuna distinzione tra coloro che portano le armi di
distruzione e coloro che prestano servizio di Croce Rossa. Entrambi
partecipano alla guerra e ne promuovono la causa. Entrambi sono colpevoli
del crimine della guerra" (Non-violence in peace and war. Ahmedabad 14 vol.
1).
A questo punto mi domando se non sia accademia seguitare a discutere di
guerra con termini che servivano gia' male per la seconda guerra mondiale.
Eppure mi tocca parlare anche della guerra futura perche' accusandomi di
apologia di reato ci si riferisce appunto a quel che dovranno fare o non
fare i nostri ragazzi domani.
Ma nella guerra futura l'inadeguatezza dei termini della vostra teologia e
della vostra legislazione e' ancora piu' evidente.
E' noto che l'unica "difesa" possibile in una guerra di missili atomici
sara' di sparare circa 20 minuti prima dell'"aggressore". Ma in lingua
italiana lo sparare prima si chiama aggressione e non difesa.
Oppure immaginiamo uno Stato onestissimo che per sua "difesa" spari 20
minuti dopo. Cioe' che sparino i suoi sommergibili unici superstiti d'un
paese ormai cancellato dalla geografia. Ma in lingua italiana questo si
chiama vendetta non difesa.
Mi dispiace se il discorso prende un tono di fantascienza, ma Kennedy e
Krusciov (i due artefici della distensione!) si sono lanciati l'un l'altro
pubblicamente minacce del genere.
"Siamo pienamente consapevoli del fatto che questa guerra, se viene
scatenata, diventera' sin dalla primissima ora una guerra termonucleare e
una guerra mondiale. Cio' per noi e' perfettamente ovvio" (lettera di
Krusciov a B. Russell, 23 ottobre 1962).
Siamo dunque tragicamente nel reale.
Allora la guerra difensiva non esiste piu'. Allora non esiste piu' una
"guerra giusta" ne' per la Chiesa ne' per la Costituzione.
A piu' riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che e' in gioco la
sopravvivenza della specie umana.
(Per esempio Linus Pauling, premio Nobel per la chimica e per la pace).
E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la
specie umana?

8. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: IL MODO MIGLIORE PER AIUTARVI A PREVENIRE LA
GUERRA
[Questo brano e' tratto dalla conclusione delle "Tre ghinee".
Virginia Woolf: scrittrice tra le più grandi del Novecento, nacque a Londra
nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande
rilievo, oltre alle sue opere letterarie scrisse saggi di cui alcuni
fondamentali per una cultura della pace. Morì suicida nel 1941. Opere di
Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un'
edizione di Tutti i romanzi  (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte
e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le
onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) è stata recentemente pubblicata in
una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma. Tra i saggi due
sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta
per sé, Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987.
Opere su Virginia Woolf: Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano
1974; Mirella Manconi Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975;
Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980]
Il modo migliore per aiutarvi a prevenire la guerra non e' di ripetere le
vostre parole e seguire i vostri metodi, ma di trovare nuove parole e
inventare nuovi metodi. Non e' di entrare nella vostra associazione, ma di
rimanere fuori pur condividendone il fine. E il fine e' il medesimo:
affermare "il diritto di tutti - di tutti gli uomini e di tutte le donne - a
vedere rispettati nella propria persona i grandi principi della Giustizia,
dell'Uguaglianza e della Liberta'".

9. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: GENOVA
[Questa meditazione di Enrico Peyretti, scritta in agosto, e' apparsa su
"Rocca" del 15 settembre, insieme ad un altro suo stupendo testo, a p. 58.
Per contatti con Enrico Peyretti, uno dei piu' lucidi e limpidi costruttori
di pace: peyretti@tiscalinet.it; per contatti con "Rocca", una delle
migliori riviste di informazione: rocca@cittadella.org]
Genova e' stato un trauma profondo, psicologico e civile, per i moltissimi
che vi hanno partecipato con le piu' giuste e pulite intenzioni. Pochi
complici neri della grande violenza sistematica fingevano di opporvisi col
distruggere la citta'. La quasi totalita' dei manifestanti agiva con la
passione per la giustizia mondiale, senza alcuna violenza, ed ha subito
molta violenza. Sento persone pure e limpide contaminate dalla rabbia e
dall'odio per cio' che hanno visto, per lo scandalo civile sofferto, per il
terrore patito. E tutto questo da parte di chi deve garantire la legge della
convivenza civile. E' inevitabile porre il problema di troppa mentalita'
fascista, esibita senza pudore, tra le forze dell'ordine. Diversi giovani
manifestanti hanno parlato di "innocenza perduta".
Il trauma e' noto a quelli di noi che ricordano la guerra: il terrore che
viene dall'alto (i bombardamenti allora; i lacrimogeni sparati dagli
elicotteri rombanti a bassa quota a Genova); il veder uccidere vite umane
(la morte ovunque in guerra, la morte di un ragazzo in piazza a Genova, dove
si e' visto picchiare in modi che per un nulla potevano essere mortali,
quindi rivelavano direttive e animi disposti ad uccidere); il provare di
persona o sapere di offese profonde ai corpi, all'intimita', alla dignita';
il vedere qualcuno in totale balia di chi lo puo' anche uccidere. Come dice
Simone Weil, questi non e' morto, non e' ancora ridotto ad una cosa, ma
e'soggetto al potere di chi puo' "mutare in cosa un uomo che resta vivo. E'
vivo, ha un'anima; e', nondimeno, una cosa. (...). L'anima non e' fatta per
abitare una cosa: quando vi sia costretta, non vi e' piu' nulla in essa che
non patisca violenza. (.). Si tratta di un'altra specie umana, un
compromesso tra l'uomo e il cadavere" (Simone Weil, L'Iliade, poema della
forza).
Sentirsi in questa condizione, veder colpire, offendere, minacciare persone
inermi e innocue, toglie senso all'esistenza. Sono necessarie risorse molto
grandi e ricuperi interiori enormi per credere di nuovo alla vita e
dedicarsi a migliorarla. Chi ha assistito allo scandalo della violenza
disumanizzante e' colpito da un trauma, piu' o meno forte, ma di questa
orrenda qualita'. Questo danno umano e sociale profondo non e' abbastanza
considerato nei commenti correnti. Il pericolo, davvero mortale, e' che chi
viene cosi' violentato nell'anima, si inchini alla violenza riconoscendola
regina del mondo e della storia. E cio', o con la rinuncia rassegnata, fino
ad accettare o servire il potere violento, oppure col lasciar degenerare il
dolore e l'indignazione in odio, avviandosi a rispondere, all'occasione, con
l'anti-violenza, che e' violenza duplicata, trionfo della violenza che si
vorrebbe negare.
Contro il veleno dell'odio abbiamo solo la verita' e la compassione: la
maggior verita' possibile, la forza che viene del cercare la verita'
(satyagraha, forza gandhiana), la verita' dei fatti, la verita' nei pensieri
e negli atti; la compassione attiva anche per chi e' preda della violenza
(poliziotto o ribelle che sia), per proporgli la liberazione da quella
condizione indegna di un essere umano.
Il trauma di Genova e' di questa gravita', ma puo' essere dominato.
Guardiamo al processo lungo, non all'evento puntuale. Il processo e' il
lavoro multiforme e formicolare per costruire concrete relazioni di
giustizia tra persone e popoli. Questo lavoro c'e' piu' di ieri, e' avviato,
ha bisogno di tutte le nostre energie.

10. INIZIATIVE. GIOVANNI BENZONI: PRIMO SALONE DELL'EDITORIA DI PACE IN
ITALIA
[Da Giovanni Benzoni (responsabile del "progetto Iride" per la Fondazione
Venezia per la ricerca sulla pace; recapiti telefonici: 041.5206960,
328.2517362; e-mail: gbenzoni@tin.it) riceviamo e volentieri diffondiamo]
Nell'ambito delle attivita' della "Fondazione Venezia per la ricerca sulla
pace", da qualche tempo e' stata avviata la realizzazione del "progetto
Iride", formula tesa a racchiudere quelle attivita', iniziative e studi che
piu' direttamente si riferiscono alle diverse realta' ed anime che formano
anche in Italia e nel Veneto il "popolo della pace".
Entro l'anno giungono a conclusione due iniziative che si annunciano di gran
rilievo:
- La pubblicazione del primo Annuario di pace in Italia per l'editore
Asterios di Trieste (si tratta di un volume di non meno di 400 pagine con
cronologie, studi, analisi, redatte da un gruppo di studiosi e giornalisti
italiani e con la collaborazione di testata quali "Internazionale" e "
Nigrizia" e il sito storico del pacifismo italiano "Peacelink").
- La realizzazione del primo salone dell'editoria di pace in Italia,
"Fondaco di Venezia" che si terra' l'8 e 9 dicembre 2001 presso il Fondaco
dei Tedeschi a Rialto. Quest'ultima iniziativa e' possibile grazie alla
collaborazione di Poste Italiane che ha dato la disponibilita' al pieno
utilizzo espositivo del Fondaco dei Tedeschi, consentendo cosi' un percorso
del tutto inedito anche per i visitatori residenti in Venezia. Il supporto
tecnico ed organizzativo e' garantito da VeneziaFiere, che in citta'
rappresenta l'operatore piu' affidabile per tali iniziative di fieristica di
nicchia. L'Annuario sara' ovviamente presentato nella degna cornice del
Fondaco di Venezia.
Il bilancio complessivo dell'operazione - comprensiva del salone e
dell'annuario- e' dell'ordine dei cento milioni di cui solo venti sono gia'
stati destinati dalla Fondazione alla realizzazione dell'iniziativa.
Nella piu' rosea delle previsioni - i restanti 70-80 milioni saranno coperti
in larga misura dai proventi degli spazi acquistati dagli espositori - che
appartengono quasi tutti ad una realta' produttiva dalle molte esposizioni
(economiche) e dagli scarsi ricavi -, e in parte minima dai proventi della
vendita dell'annuario.
Contiamo che i tre Enti fondatori della Fondazione (Comune di Venezia,
Provincia di Venezia, Regione Veneto) cui abbiamo chiesto sia il patrocinio
sia un contributo straordinario per la realizzazione del progetto rispondano
con la ragionevolezza loro consueta, ma allo stato attuale non abbiamo che
una deliberazione dell'Amministrazione Provinciale ed una assicurazione
formale dell'Amministrazione Comunale.
Nel frattempo da parte di Poste italiane abbiamo avuto la conferma della
concessione per la realizzazione dei primo salone dell'editoria di pace in
Italia della sede del Fondaco dei Tedeschi, non invece quella - che pure
avevamo loro proposto - di essere lo sponsor unico dell'insieme del progetto
Iride.
Di qui, anche con un certo affanno, la richiesta di sostenere l'iniziativa
con una opera di sponsorizzazione,  che - ma non siamo noi a doverlo dire -
presenta piu' di un fondato motivo di interesse (novita', per certi aspetti,
assoluta  nel panorama italiano sia dell'annuario sia del salone
dell'editoria di pace; novita' dell'uso di tutto il Fondaco dei Tedeschi
come "naturale" spazio espositivo; qualita' del pubblico gia' interessato -
il cosiddetto "popolo della pace"; le potenzialita' di acquisire una nuova
fetta di pubblico locale data la familiarita' del Fondaco dei tedeschi ).
Suggeriamo infine anche la formula della "sponsorizzazione", vale a dire il
contributo per far parte del gruppo di sponsorizzatori.

11. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DAL GRUPPO DI LAVORO "IMPRONTA ECOLOGICA" DELLA
RETE DI LILLIPUT
[Riceviamo e volentieri diffondiamo. Il sito della Rete di Llliput e'
www.retelilliput.org; per contatti sull'argomento qui proposto: e-mail:
r.brambilla@mclink.it]
Proposta di indagine della Rete di Lilliput su cio' che si insegna nelle
facolta' di economia italiane
Il Gruppo di lavoro tematico "Impronta ecologica" della Rete di Lilliput ha
preparato un questionario per effettuare una prima indagine qualitativa e
non esaustiva sul tipo di impostazione economica che si insegna nelle
facolta' italiane di economia.  E' facile immaginare che se si continua a
formare studenti che non sanno nulla circa i limiti biofisici della natura,
sara' piuttosto difficile che in futuro si facciano passi avanti verso la
sostenibilita'.
La Rete di Lilliput, che si batte per una economia piu' giusta ed attenta al
sistema naturale, con questa indagine vuole quindi contribuire a mettere in
discussione a partire dal basso e con  particolare attenzione agli studenti,
l'attuale pensiero economico neoliberista che vede nel profitto a breve
termine e nelle cosiddette leggi di mercato i pilastri del nostro sistema
economico e della nostra societa'. Per fare questo, con la collaborazione
dei "nodi" della Rete di Lilliput, intende:
- effettuare una indagine su cio' che viene insegnato nelle Facolta'
italiane di economia;
- produrre un dossier (primi mesi del 2002) che ne riporti i risultati per
poi presentarlo alla stampa, agli studenti stessi e al corpo docente;
- effettuare - dopo una settimana dalla presentazione alla stampa - una
azione "visibile" di sensibilizzazione presso le universita' (es.: banchetti
e volantinaggi) per far conoscere i risultati e per diffondere libri ancora
troppo poco noti su argomenti quali la sostenibilita', l'impronta ecologica,
etc.
Coloro che avessero vicino una facolta' di economia e fossero in contatto
con studenti e professori "lillipuziani" e intendessero effettuare
l'indagine possono richiedere a Roberto Brambilla (e-mail:
r.brambilla@mclink.it) copia del testo del questionario da compilare. Non si
tratta affatto di fare una indagine che prevede l'intervista di decine di
studenti, si tratta di rispondere una sola volta e sulla base della propria
esperienza di studio o di lavoro in facolta' alle domande del questionario.
Il tempo a disposizione va da ottobre a novembre.

12. LETTURE. ALESSANDRA CALZI: L'INTERCULTURALITA' NELLA SCUOLA ELEMENTARE
Alessandra Calzi, L'interculturalita' nella scuola elementare, Emi, Bologna
1999, pp. 128, lire 12.000. Un utile volumetto dell'ottima collana dei
"Quaderni dell'interculturalita'" curata dal CEM (Centro Educazione alla
Mondialita').

13. LETTURE. PAUL ROAZEN: FREUD E I SUOI SEGUACI
Paul Roazen, Freud e i suoi seguaci, Einaudi, Torino 1998, pp. 658, lire
54.000. Un assai utile lavoro del docente universitario di Toronto,
importante storico della psicoanalisi.

14. LETTURE. MARGOT WADDELL: MONDI INTERNI
Margot Waddell, Mondi interni, Bruno Mondadori, Milano 2000, pp. 226, lire
30.000. Un libro appassionante; l'autrice e' psicoanalista e consultant
child psychotherapist presso l'Adolescent Department della prestigiosa
Tavistock Clinic.

15. RIFLESSIONE. BENITO D'IPPOLITO: DOPO L'ESECUZIONE (DELLA MINACCIA DI Mr
RUMSFELD)
[Benito D'Ippolito ci invia questo falso sonetto - o sonetto impoverito -
che scarta e scade di ritmo e di metro, perche' - e' ben noto - dopo
Auschwitz ed Hiroshima le composte forme classiche non reggono piu'. Si sono
deteriorate, come la vita, la vita vieppiu' minacciata]

"Quanto sofferser l'ossa sanza polpe" (Dante, Purg., XXXII, 123)

Forse un giorno, tornando alla ragione
intorno a un fuoco ci rincontreremo
sapremo dirci allora ancora fremo
per la vergogna innanzi a quell'ustione.

Di tanto cruda rabbia cercheremo
nella gelida notte la ragione
nei ricordi nebbiosi, nelle icone
che vaniscono in acque nello stremo.

E riandremo traendo a fatica
le memorie sbriciolate piu' dei muri
alla vita di prima, all'amica

confidente vita dei puri
idioti  che fummo nell'antica
quiete dei complici e dei morituri.

16. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA ANNA ROSSI-DORIA A SHEILA
ROWBOTHAM

* ANNA ROSSI-DORIA
Profilo: intellettuale italiana di forte impegno civile. Opere di Anna
Rossi-Doria: La libertà delle donne, Rosenberg e Sellier, Torino 1990.

* MANLIO ROSSI-DORIA
Profilo: economista, meridionalista illustre.

* RENATO ROSSO
Profilo: nato nel 1945, prete dal 1972, per una dozzina d'anni ha dedicato
interamente il suo servizio di prete agli zingari del Piemonte, spostandosi
da un accampamento all'altro con un carro da cavalli trascinato a mano. Dal
1984 in Brasile chiamatovi da un vescovo di quel paese per il popolo zingaro
che vive là; in questi ultimi anni in India e Bangladesh. Opere di Renato
Rosso: Il vangelo dei nomadi, Edizioni Tempi di Fraternità, Torino 1976; L'
uomo nostra seconda eucaristia, Edizioni Dehoniane, Bologna 1983; La
consegna, Edizioni Dehoniane, Bologna 1987; Messale festivo dei laici,
Edizioni Tempi di Fraternità, Torino 1988.

* MAURO ROSTAGNO
Profilo: militante politico, dirigente del '68 e della nuova sinistra, poi
impegnato in una comunita' terapeutica. Assassinato dalla mafia.

* ELISABETH ROUDINESCO
Profilo: dall'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riportiamo
questo breve profilo: "Elisabeth Roudinesco e' nata nel 1944. Storica,
psicoanalista, scrittrice, e' autrice di molte opere di critica letteraria e
di storia del pensiero soprattutto francese. Dal 1969 al 1981 e' stata
membro dell'Ecole freudienne de Paris, diretta da Jacques Lacan (sciolta
dallo stesso Lacan nel 1981). Attualmente e' direttrice di ricerche al
dipartimento di Storia dell'Universita' di Paris VII e chargee de
conferences all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales. E' inoltre
Vicepresidente della Societe' Internationale d'Histoire de la Psychiatrie et
de la Psychanalyse (diretta dallo psicoanalista Rene' Major). Collabora
regolarmente al quotidiano "Liberation". Ad un tempo storica della
psicoanalisi e psicoanalista, Elisabeth Roudinesco va considerata come la
piu' importante storica della psicoanalisi francese, e in particolare dell'
analista a cui si e' sentita piu' affine, Jacques Lacan. Il suo approccio
storico e' influenzato dal clima culturale del post-strutturalismo parigino
degli anni '70, e in particolare dal pensiero di Jacques Derrida.
Attualmente sta preparando un'opera di sintesi sullo stato della
psicoanalisi in tutto il mondo, e sul sapere psicoanalitico da cento anni a
questa parte". Opere di Elisabeth Roudinesco: riportiamo sempre dalla Emsf:
"Histoire de la psychanalyse en France, Ramsay, Paris, 1982; II ed. Seuil,
Paris,1986; III ed. Paris, Fayard, 1995; il secondo volume e' stato tradotto
in inglese dalla Chicago University Press nel 1990. Ha pubblicato inoltre:
Theroigne de Mericourt. Une femme melancolique sous la Revolution, Seuil,
Parigi, 1989; trad. ingl. Verso, 1991; Jacques Lacan. Esquisse d'une vie,
histoire d'un systeme de pensee, Fayard, Parigi, 1993; trad. it. Jacques
Lacan, Raffaello Cortina, Milano, 1995; trad. ingl. Columbia University
Press, 1996; Genealogies, Fayard, Parigi, 1994".

* DAVID ROUSSET
Profilo: nato nei 1912, militante della sinistra francese, nel corso della
Resistenza viene arrestato e deportato in un campo di sterminio.
Sopravvissuto, ha scritto importanti libri di testimonianza e di denuncia
del totalitarismo. Opere di David Rousset: L'universo concentrazionario,
Baldini & Castoldi, Milano 1997.

* ROBERTO ROVERSI
Profilo: nato a Bologna nel 1923, partecipe delle esperienze di riviste
culturali come "Officina" e "Rendiconti", poeta di forte impegno civile.
Opere di Roberto Roversi: Dopo Campoformio, Einaudi, Torino; Le descrizioni
in atto, ciclostilato in proprio, Bologna (una quarta edizione - finalmente
a stampa ma sempre a diffusione gratuita - per I quaderni de "Lo
 spartivento", Bologna 1990); cfr. anche i testi - alcuni bellissimi - delle
canzoni scritte per Lucio Dalla (una collaborazione musicale che ha dato
frutti notevoli). Opere su Roberto Roversi: Luciano Caruso e Stelio M.
Martini, Roberto Roversi, La Nuova Italia, Firenze 1978.

* SHEILA ROWBOTHAM
Profilo: nata a Leeds nel 1943, insegnante alla Workers' Education
Association, impegnata nel Women's Liberation Workshop. Opere di Sheila
Rowbotham: Donne, resistenza e rivoluzione, Einaudi, Torino 1976; Esclusa
dalla storia, Editori Riuniti, Roma 1977. Opere su Sheila Rowbotham: cfr. il
fascicolo n. 14/1980 di "Nuova  dwf", monografico sul tema
Femminismo/socialismo partiti/movimento, che contiene ampi brani di un
saggio della Rowbotham, tre interventi su di esso di Margherita Repetto,
Giovanna Fiume, Mariella Gramaglia, ed altri materiali.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 240 del 26 settembre 2001