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dossier globalizzazione (versione 2)



PeaceLink - telematica per la pace
http://www.peacelink.it/altrinformazione

DOSSIER GLOBALIZZAZIONE
Versione 2 del 19 luglio 2001


Questo dossier è basato sul sistema FAQ (Frequently Asked Questions, ossia "risposte alle domande più frequenti) e fa riferimento ad una pluralità di fonti che vengono man mano citate. Alcune fonti ricorrenti sono state ridotte a sigla e sono le seguenti:
(CICG) Jeremy Brecher, Tim Costello, "Contro il Capitale Globale", Feltrinelli, Milano, 1997
(CLG) AA.VV., "Capire la globalizzazione", CD-ROM di Le Monde Diplomatique, 1999
(DCM) Dossier Cem Mondialità sul debito estero, aprile 2000.
(GFP) AA.VV., "Global FP", agosto 2001, allegato a La Stampa
(IMICV) AA.VV., "Il mondo in cui viviamo", CD-ROM a cura di Mani Tese, 2000, www.manitese.it
(IPDS) AA.VV., "I popoli di Seattle", Limes 3/2001, Gruppo Editoriale l'Espresso, Milano
(NL) Naomi Klein, "No logo", Baldini&Castoldi, Milano, 2001
(NSPPEO) Centro Nuovo Modello di Sviluppo, "Nord Sud, predatori, predati e opportunisti", EMI, Bologna, 1993
(R) Report, programma di Raitre, sito internet http://www.report.rai.it
(SG8) Scheda G8, a cura di Lilliput Varese, www.vareseinsieme.net/lilliput
(SNP) Noam Chomsky, "Sulla nostra pelle. Mercato globale o movimento globale?", Marco Tropea Editore, Milano, 1999

Il dossier che state leggendo è stato scritto per inquadrare i motivi della contestazione al G8 di Genova ed è diffuso da PeaceLink nell'ambito dell'agenzia ALTRINFORMAZIONE, realizzata in collaborazione con la rivista Altreconomia.

Il dossier è stato curato da Alessandro Marescotti (a.marescotti@peacelink.it) ed è liberamente riproducibile.


Cosa è la globalizzazione?
La globalizzazione è un fenomeno di "annullamento" del tempo e dello spazio consentito dalle nuove tecnologie della comunicazione (Internet in primo luogo) e di superamento delle barriere allo spostamento delle merci e delle persone. L'interscambio delle merci è favorito dall'immediatezza di flussi finanziari "comandati" tramite reti telematiche.

La globalizzazione è negativa?
Di per sé non è per nulla un fenomeno negativo. Può essere gestita ad esempio per vendere le merci dei paesi poveri "saltando" l'intermediazione delle multinazionali. Ma può essere gestita anche con il fine di mettere i lavoratori di tutto il mondo in competizione fra loro; in tal modo le multinazionali producono con i costi del lavoro più bassi in assoluto presenti a livello mondiale. Per questo sarebbe corretto parlare di "globalizzazione del capitale" e non di generica globalizzazione.

Facciamo un esempio di globalizzazione del capitale?
Robert B. Reich spiega che, quando un cittadino statunitense acquista per 10.000 dollari  una Pontiac Le Mans della General Motors, "3000 dollari vanno in Corea del Sud per lavorazioni di routine e per operazioni di assemblaggio, 1750 in Giappone per componenti ad alta tecnologia (motori, trasmissioni e parti elettroniche), 750 in Germania per il design e per il progetto delle parti meccaniche, 4000 a Taiwan, Singapore e Giappone per piccoli componenti, 250 nel Regno Unito per pubblicità e servizi commerciali e altri 50 circa in Irlanda e nelle Barbados per l'esecuzione di calcoli al computer". Fonte: Robert B. Reich "L'economia delle nazioni. Come prepararsi al capitalismo del Duemila", Il Sole 24 Ore, Milano 1993.

Quale modificazione di fondo produce l'attuale globalizzazione a livello di produzione?
Sposta la produzione delle merci in paesi in cui il costo del lavoro è minore.
 
Perché le multinazionali trasferiscono all'estero le produzioni?
"Trasferendo all'estero le proprie strutture, le grandi imprese sono in grado di aggirare i controlli che una volta i governi e le organizzazioni di cittadini imponevano loro. Attualmente, se i governi e le organizzazioni dei lavoratori non offrono condizioni lavorative, ambientali, sociali e legislative gradite alle grandi imprese, esse hanno la possibilità di andarsene altrove, lasciando una scia di devastazione economica" (CICG p.31) In tal modo per chi investe non vi sono limiti alla "flessibilità" e di colpo vengono annullati decenni di lotte per i diritti sindacali, la tutela sociale e la salvaguardia dell'ambiente.

Il trasferimento delle produzioni in paesi poveri avviene anche per motivi fiscali?
Sì. Infatti nelle "zone franche" in cui investono le imprese collegate alle multinazionali esse godono di esenzioni fiscali; in tal modo i capitali stranieri vengono attirati ma non procurano un gettito fiscale per promuovere la costruzione di strade, scuole, ospedali ecc.

Quali vantaggi fiscali offre alle multinazionali l'attuale globalizzazione?
"Il grande capitalismo - scrive Giorgio Bocca - va dove vuole, e non paga più le tasse. In passato le pagava molto meno dei comuni mortali, ma ora, potendo stabilire la sua sede nei paesi dove le tasse non si pagano, mette assieme profitti enormi. La Bmw in quattro anni è scesa dai 435 milioni di marchi l'anno di tasse pagate ai 32 (…) Senza più frontiere le Guardie di finanza sono come fantasmi" (L'Espresso 11 dicembre 1997).

Che cosa sono le attività economiche offshore?
Vengono definite offshore le attività economiche delle imprese fuori dal proprio paese di origine e soprattutto in paesi con legislazioni permissive in materia fiscale e di diritti del lavoro. L'offshore banking è l'attività monetaria di banche operanti attraverso filiali nei paradisi fiscali; l'offshore production si concentra nei paesi a basso costo di manodopera governati da regimi repressivi. (CICG p.86)

Quali condizioni di lavoro vengono imposte dall'attuale globalizzazione?
Più o meno le stesse che vissero i lavoratori inglesi nei primi anni della rivoluzione industriale, quando mancavano i diritti sindacali e la previdenza sociale. Ad esempio nelle Filippine nella zona di Cavite "i turni regolari vanno dalle sette di mattino alle dieci di sera, ma alcune notti alla settimana le dipendenti devono lavorare fino alle due di mattino. Nei periodi di maggior lavoro non è raro avere due turni consecutivi di straordinari con la conseguenza che molte donne hanno solo due ore di sonno prima di ripartire da casa per tornare al lavoro (…) In Cina vi sono casi documentati di turni che durano tre giorni consecutivi durante i quali i lavoratori sono costretti a dormire sotto i macchinari". (NL p.196-7) Per non parlare dei bambini incatenati ai telai per produrre tappeti (emblematica è la storia di Iqbal Masih, bambino sindacalista assassinato in Pakistan).

Come mai i lavoratori accettano questi ritmi massacranti di lavoro?
La globalizzazione mette in competizione i lavoratori del sud del mondo, in una corsa che mira a raggiungere il minimo salario, le minime garanzie ambientali e sanitarie, il massimo orario di lavoro e il massimo profitto possibile. "Anche se tale processo è stato reso possibile dalle nuove tecnologie di trasporto, comunicazione e produzione, esso è stato largamente dominato dal desiderio di diminuire i costi di produzione". Inoltre "brandendo come una clava la minaccia di trasferirsi le grandi imprese possono estorcere ai lavoratori del loro paese di origine delle concessioni sui salari e sulle condizioni di lavoro" (CICG p.72).

Quali sono i maggiori squilibri mondiali?
Il 20% della popolazione mondiale - quella dei Paesi a capitalismo avanzato  consuma l'83% delle risorse planetarie; 11 milioni di bambini muoiono ogni anno per denutrizione e 1 miliardo e 300 milioni di persone hanno meno di un dollaro al giorno per vivere.
I summit dei G8 terminano sempre - dopo lauti pranzi, cerimonie e preparativi dai costi miliardari - con dichiarazioni ufficiali orientate allo sviluppo dei popoli ma nei fatti essi operano ed agiscono affinché sia il mercato a regolamentare ogni aspetto della vita creando così quegli squilibri che affamano i due terzi dell’umanità.

Sul Times lo statistico Bjorn Lomborg ha detto: "La quantità di cibo prodotto pro capite è in crescita". L'umanità in media sta meglio di una volta?
Su questa media uno statistico come Lomborg non specifica se i poveri oggi mangiano di più. Prodotto pro capite e consumo effettivo da parte dei più poveri sono concetti estremamente diversi: possiamo avere "in media" un pollo a testa e poi c'è chi ne mangia due e chi nessuno. Vi sono nazioni del Terzo Mondo che producono cibo in abbondanza, ma solo per l'esportazione: gli abitanti non possono acquistare il cibo prodotto in loco e muoiono. Il cibo esportato va spesso ad alimentare gli animali da allevamento: gli animali ingrassano (per poi diventare hamburger) e gli uomini muoiono.

Bush sostiene che la globalizzazione aiuta i poveri: è vero?
Su questo problema vi è una cospicua documentazione statistica su PeaceLink all'indirizzo http://www.peacelink.it/webgate/pcknews/msg00609.html   Da tale documentazione emergono dati preoccupanti. "Vi sono oggi nel mondo più esseri umani che soffrono la fame di quanti ve ne siano mai stati nella storia dell'umanità, e il loro numero è in aumento". Questa frase non è di un "giottino" ma della Commissione Brundtland, la commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo, che stilò il rapporto "Our Common Future" (edito nel 1987 da Oxford University Press). In seguito le cose non sono migliorate di molto. Infatti nel periodo 1990-2 nell'Africa Sud Sahariana i sottonutriti erano 196 milioni; nel 1994-6 erano saliti a 210 milioni. Nel Nord Africa e Medio Oriente - per gli stessi intervalli di tempo - i sottonutriti sono saliti da 34 a 42 milioni; nell'Asia Meridionale sono saliti da 237 a 254 milioni. Alcuni miglioramenti avvenuti stati invece nell'Asia Orientale e Pacifico (da 289 a 258 milioni) e nell'America Latina (da 64 a 63 milioni). La FAO evidenzia che vi è una stretta relazione tra la capacità di acquistare cibo e la sottoalimentazione: non a caso il gruppo dei paesi meno sviluppati "non è stato capace di ridurre il numero assoluto e percentuale dei propri sottoalimentati dagli anni 1969-71". L'ultimo rapporto FAO indica dei miglioramenti nella situazione mondiale globale per gli abitanti del pianeta con più di 300 dollari annui. Ma sotto i 300 dollari annui le statistiche indicano un aumento della percentuale dei sottonutriti. (IMICV) (CLG)

Come si può risolvere il problema della fame e della povertà nel mondo?
Il nono rapporto UNDP-ONU afferma: "Si stima che il costo addizionale per raggiungere e mantenere un accesso diffuso all'istruzione di base per tutti, alle cure sanitarie di base per tutti, alle cure mediche per la procreazione di tutte le donne, ad una adeguata alimentazione per tutti, ad acqua potabile e al miglioramento delle condizioni igieniche per tutti, si aggirerebbe intorno ai 40 miliardi di dollari l'anno: il che rappresenta meno del 4% della somma concentrata nelle mani delle 225 persone più ricche del mondo" (United Nations Development Program). C'è quindi un problema di più equa ripartizione delle ricchezze. Secondo le teorie liberiste sarebbe dannoso ideare sistemi (anche solo di tipo fiscale) per ridistribuire le ricchezze in quanto i ricchi saprebbero fare buon uso della loro ricchezza investendola e creando sviluppo per tutti, mentre i poveri la consumerebbero senza creare alcun circolo economico virtuoso. Pertanto il liberismo punta a limitare al massimo il prelievo fiscale e le spese sociali, unico strumento "statale" che nella società capitalistica permette uno spostamento di risorse a favore dei più poveri. Il liberismo ritiene che solo accelerando la globalizzazione e lo sviluppo economico anche i poveri, prima o poi, avranno dei benefici. "Nell'immediato, sono i paesi ricchi, che possiedono la tecnologia, a giovarsi dell'apertura dei mercati dei paesi poveri; più tardi, anche questi ultimi ne ricaveranno effetti positivi", spiega Mario Sarcinelli, già vicedirettore della Banca d'Italia. (GFP p.10)

Il divario fra ricchi e poveri sta aumentando?
"Nei calcoli di Angus Maddison, noto storico dell'economia, il divario tra i redditi pro capite delle aree più ricche e quelle più povere del mondo si era ridotto da 15 a 1 a 13 a 1 nel corso dell'"età d'oro" del capitalismo moderno, ovvero dal 1950 al 1973. Invece nel periodo dal 1973 a oggi è di nuovo cresciuto fino al valore di 19 a 1". Maddison è l'autore del rapporto appena pubblicato dall'Ocse "The World Economy: A Millennial Perspective" (GFP p.11).

In che misura i poveri sono diventati più marginali nella suddivisione della ricchezza?
Dal 1960 al 1997 il 20% della popolazione più povera è passata dal 2,3% della ricchezza globale all'1,1%. (DCM)

In che misura i ricchi sono diventati più ricchi?
Dal 1960 al 1997 il 20% della popolazione più ricca è passato dal 70,2% all'86% della ricchezza globale. (DCM)

Perché la globalizzazione del capitale può limitare la democrazia?
Perché introduce elementi di segretezza e di imposizione dall'alto che non si conciliano con la democrazia parlamentare. Uno degli strumenti principali della globalizzazione è l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), in lingua inglese WTO (World Trade Organization). "Al centro del potere del WTO stanno le 'commissioni di risoluzione delle vertenze', i cosiddetti panels. Le imputazioni (ossia le violazioni delle norme del WTO) vengono esaminate da queste commissioni segrete composte da tre esperti commerciali, senza che i cittadini e i loro rappresentanti abbiano la possibilità di testimoniare o anche solo di essere presenti. La decisione della commissione viene adottata automaticamente entro un certo numero di giorni a meno che tutti i membri dell'Organizzazione, compreso chi ha sollevato il caso, decidano di respingerla. Se si scopre che le leggi di uno stato violano i regolamenti dell'Organizzazione esse devono essere abrogate; se non lo sono, vengono automaticamente applicate delle sanzioni commerciali, a meno che tutti i membri votino contro. Le commissioni commerciali dispongono di veri e propri poteri dittatoriali sui governi". (CICG p.80)

L'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ha un enorme potere: perché?
Le nazioni che guidano il WTO hanno un mezzo di ricatto che suona così: "Chi sbarra l'ingresso ai nostri investimenti subirà delle ritorsioni commerciali da parte dei nostri paesi", spiega Francesco Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo.

Che effetti può avere questa globalizzazione sui diritti umani?
La pressione dell'Organizzazione Mondiale del Commercio è tale che produce effetti anche sui diritti democratici dei lavoratori e dei cittadini. In Sri Lanka, per fare un esempio, è illegale qualsiasi iniziativa che possa attentare ai profitti che il paese realizza grazie alle esportazioni, inclusa la pubblicazione e la distribuzione di materiale di dissenso. Ranjith Mudiyanselage, un lavoratore dello Sri Lanka, fu ucciso nel 1993 perché sospettato di contravvenire a queste disposizioni. L'avvocato che lo difendeva fu trovato carbonizzato. (NL p.195)

Questa globalizzazione può vanificare i diritti sindacali?
Sì. "In Kenya, ad esempio, la legge garantisce alcuni diritti sindacali e sociali solo a chi lavora in maniera continuativa per oltre 90 giorni. Perciò molti braccianti sono assunti per 89 giorni, stanno a casa un giorno e sono riassunti di nuovo come stagionali il giorno dopo". (NSPPEO p.177) Nelle nazioni dove vigono i diritti sindacali vengono a formarsi delle "zone franche" (dette "zone industriali di esportazione"); lì le  aziende che producono per le multinazionali possono violare i diritti sindacali sapendo di avere la compiacenza delle autorità. "In Cina, molti lavoratori delle zone industriali di esportazione non hanno alcun contratto e quindi nessun diritto né possibilità di rivendicazione". (NL p.199) Ma per le donne alcune aziende vanno oltre. "Nelle zone dell'Honduras si è saputo di casi in cui la Direzione ha costretto le lavoratrici ad abortire. In alcune maquiladoras messicane le donne devono dimostrare di avere il ciclo mestruale sottoponendosi a pratiche umilianti come il controllo mensile degli assorbenti. Le dipendenti hanno invece talvolta contratti di ventotto giorni, il periodo medio di un ciclo mestruale, in modo da poter essere licenziate non appena la gravidanza venga scoperta. In una zona industriale di esportazione dello Sri Lanka, è stato segnalato il caso di una lavoratrice che ha affogato il figlio appena nato in un gabinetto per il terrore di perdere il lavoro" (NL p.205)

Quali sono le norme che regolano la globalizzazione del capitale?
Il 14 aprile 1994 il New York Times rivelava che il trattato costitutivo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio pesa 179 chili. Contiene norme che "danno forma ad un governo dell'economia mondiale dominato dai giganti dell'imprenditoria, senza fornire una parallela normativa giuridica democratica che ne permetta il controllo", sottolinea Ralph Nader, leader del movimento americano dei consumatori. (CICG p.81)

Quando esplose il "movimento di Seattle"?
L'evento avvenne nel novembre del 1999 quando a Seattle (USA) si riunì il vertice dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. La contestazione fu imponente e vi parteciparono anche i lavoratori americani (in Italia CGIL-CISL-UIL hanno invece dichiarato di non voler aderire alla mobilitazione anti-G8); il vertice di Seattle venne paralizzato e Bill Clinton ne prese atto tentando un tardivo dialogo con i manifestanti. Per evitare una simile eventualità il prossimo vertice si svolgerà nel novembre 2001 in Qatar, uno staterello circondato dal deserto dell'Arabia Saudita.

Che cosa è il G8?
Il G8 è un gruppo informale (non è una istituzione internazionale) e come tale non è legittimato a decisioni vincolanti per tutto il mondo. Esso riunisce annualmente i capi di stato e di governo delle maggiori democrazie industriali (Canada, Francia, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Italia, Russia e Stati Uniti) in accordo con l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) coadiuvati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Banca Mondiale (BM) e dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Esso è nato da una idea di Giscard d’Estaing (presidente francese) e di Schmitd (cancelliere tedesco) negli anni ’70 al fine di trovare nuove forme di coordinamento tra le politiche monetarie. I sei paesi del primo summit, tenutosi a Rambouillet in Francia nel 1975 erano la Francia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, il Giappone e l’Italia; in seguito nel 1976 si aggiunse il Canada diventando così G7. Dal vertice di Birmingham del 1998 la Russia partecipa pienamente alle attività del G7 dando origine al G8. Gli ultimi summit si sono tenuti a Colonia (Germania) nel 1999 ed a Okinawa (Giappone) nel 2000; il summit del 2001 si tiene a Genova dal 20 al 22 Luglio. (SG8)

A cosa serve il G8?
Le riunioni del G8 servono per discutere sulla gestione economica del mondo, sul commercio internazionale e sui rapporti con i paesi in via di sviluppo. Spesso l’ordine del giorno delle riunioni si è ampliato considerevolmente includendo le questioni relative all’occupazione, alle comunicazioni informatiche e le conseguenze planetarie di problemi quali l’ambiente, il crimine e le droghe. In realtà i summit dei G8 sono “spettacoli mediatici” in cui si tenta di far pensare alla gente che il mondo sia governato dai rappresentanti di otto Stati. (SG8)

Il G8, in quanto espressione delle principali democrazie mondiali, non è a sua volta un evento democratico?
Il G8 decide di fatto anche per chi non appartiene al G8 e ciò non rappresenta un esempio di democrazia. L'ONU, con i suoi limiti, è per sempre un organismo più rappresentativo del G8. Il G8 orienta in modo decisivo le scelte tecniche di fondo degli organismi economici internazionali sono spesso segrete e sfuggono al controllo dei parlamenti; vengono delegate a tecnocrati designati dai governi in stretto contatto con gruppi di pressione creati dalle aziende multinazionali; nella realtà chi comanda il mondo non è il popolo sovrano, seppure con la mediazione di uomini e donne eletti nelle sedi istituzionali, ma una ristretta aristocrazia economica che ha acquisito il controllo della finanza, del commercio  e dei mezzi di informazione. Le scelte dei G8 non verranno quasi mai ratificate dai parlamenti e tuttavia diventano accordi politici che condizionano le decisioni degli organismi sovranazionali di governo, e quindi gli sviluppi complessivi dell'intero pianeta. (SG8)

E' vero che vari tecnici designati dai governi negli organismi economici internazionali sono in realtà designati dalle multinazionali?
Per ottenere legislazioni che godano il consenso delle multinazionali molte decisioni vengono preventivamente sottoposte all'attenzione delle aziende attraverso reti informatiche a volte segrete, come ha scoperto la trasmissione televisiva della RAI "Report" nella puntata "I globalizzatori". Ma a volte si va oltre, come nel caso dei cibi transgenici. "Connivenze e collaborazioni tra dirigenti delle società e organismi istituzionali e politici si attuano attraverso scambi di ruoli: personaggi ai vertici dell'azienda leader del transgenico passano a ricoprire alti incarichi istituzionali e viceversa", scrive Silvia Trabalzini che si occupa della "massiccia attività di lobby nei confronti dei vertici politici e istituzionali". Tale denuncia - partita nei confronti della Monsanto da parte di Jannifer Ferrara sull'Ecologist - definisce questo scambio di ruoli come il "gioco delle porte scorrevoli". (IPDS p.122) Sui capi di stato del G8 Beppe Grillo ironizza: "Saranno anche grandi, governano, ma il potere è da un'altra parte. Anche il grande Bush è solo un impiegato delle grandi multinazionali che lo hanno sovvenzionato in campagna elettorale". (IPSDS p.93)

Perché viene contestato il G8 se il G8 affronta i temi della povertà nel mondo?
Il G8 è stato costretto ad affrontare tali temi proprio per via delle contestazioni. Una cosa è affrontare questi temi, un'altra è dar prova di volerli risolvere privilegiando - una volta tanto - i poveri della Terra e non gli interessi delle multinazionali che finanziano le campagne elettorali di molti leader che siedono al G8. Infine il G8 è contestato perché tenta di accreditarsi - anche attraverso dichiarazioni di facciata sulla povertà mondiale - come strumento ufficiale sostitutivo dell'Onu.

Il G8 indebolisce l'ONU e i principi della democrazia?
Il Giornale (di Paolo Berlusconi) in un editoriale del 19 giugno 2001 (a firma di Geronimo) spiega: "Sappiamo che il G8 svuota di parecchio la forza dell'ONU e la sua capacità di affrontare i grandi squilibri del mondo. Non è un caso che le proteste del 'popolo di Seattle' non si sono mai riversate contro l'Onu. E' il nodo della democrazia del mondo globalizzato". Lo stesso editorialista ammette la scarsa presentabilità di un G8 che escluda i paesi poveri dalle sue scelte e giunge a dire: "In democrazia anche l'occhio vuole la sua parte e non c'è dubbio che sale, nell'opinione pubblica mondiale, una voglia di democrazia".

Secondo gli Stati Uniti il G8 è uno strumento più democratico dell'ONU. Perché?
"Uno dei tradizionali motivi di diffidenza degli Usa verso l'Onu è che sarebbe espressione di poteri statali per la maggior parte non democratici ("meno di metà dei suoi membri sono vere democrazie" secondo l'esperto di politica estera del partito repubblicano Marc Thiessen). Questo è stato vero in passato, ma non lo è più. Sui 189 attuali stati membri dell'Onu, 120, ovvero il 63,5%, sono democrazie secondo le valutazioni più aggiornate della fondazione americana Freedom House". (GFP p.10)

Quale giudizio dà il Papa sull'attuale globalizzazione?
Giovanni Paolo II vede nell'attuale globalizzazione il rischio di un "nuovo colonialismo". Ha affermato: "La Chiesa continuerà a operare con tutte le persone di buona volontà per garantire che in questo processo di globalizzazione vinca l'umanità tutta e non solo un'elite prospera che controlla la scienza, la tecnologia, la comunicazione e le risorse del pianeta a detrimento della stragrande maggioranza dei suoi abitanti. La globalizzazione non deve diventare un nuovo tipo di colonialismo e la Chiesa si batterà per evitarlo" (discorso alla Pontificia accademia delle scienze sociali del 27 aprile 2001). L'8 luglio 2001, rivolto ai giovani e con esplicito riferimento al G8, ha affermato: "Non rassegnatevi a un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro (…) I potenti del mondo abbiamo un sussulto di nuova moralità di fronte ai drammatici problemi economici, sanitari, sociali, culturali e ambientali (…) La globalizzazione sia fortemente governata dalle ragioni del bene comune e dalle irrinunciabili esigenze della giustizia e della solidarietà".

Il capitalismo è basato sull'egoismo?
Sì, per ammissione degli stessi teorici del liberalismo i quali ritengono che senza egoismo non vi sarebbe iniziativa economica e senza iniziativa economica non vi sarebbe prosperità. A chi dice "occorre ridurre gli sfruttatori" i liberisti replicano che "occorre aumentare gli sfruttatori", perché solo così i paesi poveri potranno partecipare alla distribuzione della ricchezza. Questo principio ha antiche radici e risale all'economista Adam Smith che, nel suo saggio del 1776  "Indagine sulla natura e sulle cause delle ricchezza delle nazioni", elaborò una teoria basata sull'idea che tutto il sistema economico sia regolato da una "mano invisibile", ossia da un'inconsapevole regia che mantiene automaticamente in equilibrio il mercato. Nel massimizzare il profitto individuale - spiega Adam Smith - l'individuo è "come condotto da una mano invisibile" e involontariamente persegue un fine che non rientra nelle sue intenzioni, e cioè l'incremento della ricchezza complessiva, che rappresenta un obiettivo di cui finisce per beneficiare l'intera collettività.
Come spiega l'economista Augusto Graziani ("Teoria economica - prezzi e distribuzione") secondo la teoria liberista "tutti i soggetti economici desiderano conseguire il benessere più elevato, e considerano quindi come scopo ultimo dell'intera attività produttiva la produzione di beni di consumo, in quanto è la disponibilità di beni di consumo che determina (nel presente e nel futuro) il benessere della collettività" (p.22) In quest'ottica il prezzo delle merci - attraverso il mercato - risulta essere il raggiungimento ottimale di un equilibrio neutro che soddisfa simultaneamente le esigenze dei produttori e dei consumatori. Il risultato ottenuto è il frutto di un equilibrio fra egoismo contrapposti che, controbilanciandosi, ottengono il massimo dei risultati con il minimo dei costi. L'egoismo, in forma di convenienza e di esercizio dei propri legittimi interessi individuali, assurge in tal modo a motore regolativo e di ottimizzazione dell'intero sistema. Per cui l'ingerenza dell'etica in tale complesso equilibrio di pesi e contrappesi appare una variabile esogena che turba l'efficienza del sistema. Infatti l'interesse individuale sarebbe non in conflitto con l'interesse generale ma la base dell'interesse generale stesso: "I singoli operatori economici, nel tentativo di perseguire il proprio tornaconto personale, finiscono inconsapevolmente per realizzare una utilizzazione efficiente delle risorse" (p.24)
La società economica è concepita come un insieme di operatori che svolgono funzioni diverse ma che sono accomunati dalla medesima finalità: perseguire il massimo benessere individuale. "Il comportamento di ogni operatore viene analizzato supponendo che ogni individuo si comporti in modo da perseguire razionalmente il proprio scopo (ipotesi di razionalità): i consumatori si muovono in modo da perseguire la massima soddisfazione, gli imprenditori il massimo profitto". (p.24) In buona sostanza gli uni soddisfano le esigenze degli altri nel perseguire il soddisfacimento delle proprie. E' una sorta di sistema "altruistico" che si costruisce sugli egoismi contrapposti: "Se vuoi fare il bene degli altri, diventa egoista". In economia il liberismo insegna che per ottenere il risultato "altruistico" bisogna andare in una direzione esattamente opposta: il bene degli altri si ottiene dando sfogo economico al massimo di egoismo.

Sono evidenti le contestazioni al G8: ma quali sono le proposte?
Le proposte della maggioranza dei gruppi sono centrate sull'adozione a livello mondiale di interventi per:
·       Ridurre l'effetto serra;
·       Bloccare il progetto di "guerre stellari" di Bush e la vendita di armi alle nazioni in guerra per spostare risorse dagli eserciti all'istruzione e alla sanità;
·       Adottare delle norme che tutelino il consumatore di fronte ai cibi geneticamente manipolati, a partire dall'obbligo di etichettare gli alimenti contenenti OGM (organismi geneticamente manipolati);
·       Adottare la Tobin Tax, ossia una lieve tassazione (ideata dall'economista Jimmy Tobin, premio Nobel per l'economia) sui trasferimenti internazionali di denaro i movimenti speculativi internazionali di capitali che generano instabilità; tale tassa può recuperare risorse per intervenire sui problemi della povertà mondiale;
·       Ridurre al massimo il debito dei paesi poveri che ne blocca lo sviluppo e che risale a governi passati e decisioni di cui i popoli del Terzo Mondo non portano alcuna responsabilità;
·       Dare priorità alla lotta alla fame e al restringimento dello squilibrio Nord/Sud del mondo.

Come si potrebbe contrastare lo sfruttamento mondiale dei lavoratori?
Naomi Klein, autrice del libro "No Logo", punta molto sulla creazione di lotte di lavoratori che reclamino "l'applicazione di trattati già esistenti dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro con lo stesso impegno oggi profuso dall'Organizzazione Mondiale del Commercio per far rispettare le regole del commercio globale". (NL p.410-11)

Cosa ha fatto fino ad ora il G8 per il debito estero dei paesi poveri?
Nel vertice dei G8 tenutosi a Colonia nel 1999, le Istituzioni Finanziarie Internazionali (Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale) in seguito alle critiche a loro mosse dai G8 e di fronte al fallimento delle loro strategie, erano state costrette a rinforzare le proposte di riduzione del debito estero dei paesi poveri maggiormente indebitati (HIPC). L’anno successivo, a Okinawa, i G8 si sono limitati a confermare le decisioni precedentemente prese e ad ufficializzare i risultati dell’HIPC che rimangono pesantemente insufficienti: ad oggi, un  solo paese ha ottenuto la cancellazione totale del debito, l’Uganda, solo 12 paesi su 41 del gruppo HIPC stanno ora beneficiando di una riduzione del servizio del debito (ossia la somma versata ogni anno per rimborsare i capitali ricevuti e pagare gli interessi); per questi paesi in ogni caso, la riduzione del debito è stata in media del 30 % e la spesa per il servizio del debito continua ad essere superiore a quella per l’assistenza sanitaria. (SG8)

Il problema AIDS sembra uno dei temi centrali dei G8: quale impegno concreto hanno dimostrato i leader del G8 per la lotta alle malattie?
Nel summit di Okinawa i G8 hanno affrontato il problema delle malattie infettive (in particolare l’AIDS) e parassitarie che  colpiscono mortalmente soprattutto le popolazioni più povere le quali hanno grossi problemi all’accesso ai farmaci per il loro elevato costo. Quindici milioni di persone muoiono ogni anno a causa di malattie infettive: è la prima causa di morte nel mondo. I G8 si sono impegnati a facilitare l’accesso ai farmaci ma a tutt’oggi i risultati sono deludenti. Basta pensare a quello che succede nel Sud Africa ove 39 multinazionali farmaceutiche avevano attivato azioni legali contro il governo sudafricano, "colpevole" di avere varato norme che consentono la produzione, in forma economica, di medicinali anti-AIDS. (SG8) La vittoria contro l'arroganza delle multinazionali - che anteponevano i propri profitti alla difesa della vita - è stata ottenuta dalla mobilitazione lanciata da Nelson Mandela e dalle organizzazioni non governative in tutto il mondo, non certo per l'iniziativa del G8.

Quali problemi relativi all’ambiente affronterà il G8?
La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici con il relativo protocollo di Kyoto del 1997 rappresenta, a livello internazionale, il tentativo più avanzato di affrontare una tematica ambientale di interesse planetario in un’ottica di sostenibilità, anche se le riduzioni di inquinamento in esso richieste (5-6 %) sono decisamente inferiori a quelle richieste dagli scienziati (60-80%). Purtroppo la Conferenza dell’Aia del 2000, che avrebbe dovuto definire le procedure di attuazione del Protocollo di Kyoto, ha messo chiaramente in evidenza che non tutti i paesi industrializzati sono pronti ad impegnarsi per una riduzione del proprio impatto sul sistema climatico. Nonostante la gravissima situazione ambientale sia sotto gli occhi di tutti, il G8 sembra non abbiano nessuna intenzione di dare risposte serie a questo problema. (SG8) Vi sono solo alcune indiscrezioni di corridoio, riportate sul sito Internet del Washington Post del 15/7/2001, secondo cui i capi di governo dei paesi europei starebbero tentando di "ammorbidire" le posizioni di Bush, indisponibile ad accettare il Protocollo di Kyoto.
Fonte: http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A66-2001Jul15.html

E' vero che esiste un'Internet segreta che serve a comunicare ai "potenti" i desiderata delle multinazionali?
Sì, l'ha scoperta un'inchiesta televisiva di “Report” (http://www.report.rai.it) dal titolo “I Globalizzatori”, curata dal giornalista Paolo Barnard (e-mail: dpbarnard@tin.it). Barnard ha scoperto che esiste una sorta di “Internet delle lobby” che mantiene in contatto permanente la Commissione Europea e i grandi gruppi di servizi, come le finanziarie, le grandi assicurazioni o le banche. Essi vengono consultati in tempo reale da un sistema elettronico che si chiama S.I.S., messo in opera dalla Commissione Europea, come prova un documento firmato Direttorato Generale1, che recita: "La Commissione Europea ha creato un sistema di consultazione con le industrie dei servizi che permette ai negoziatori della Commissione di consultare rapidamente le aziende e anche i singoli azionisti." (R) 

Che cosa è la Commissione Europea?
Per comprendere il peso politico della Commissione Europea occorre dire che essa è composta di 20 membri (il presidente attuale è Romano Prodi) ed è l'organo esecutivo dell'Unione; oltre a vigilare sull’applicazione dei trattati europei e a gestire i fondi comunitari, essa prepara le proposte di legge che passano all’esame prima del Parlamento europeo e poi del Consiglio dei ministri. Il suo potere è enorme e qui converge la rete S.I.S. che fa pervenire le opinioni e i “consigli” dei grandi gruppi di affari.  (R)

La Commissione Europea è collegata alle lobby delle multinazionali?
Paolo Barnard racconta nella sua inchiesta sulla rete S.I.S.: “Chiedo spiegazioni al responsabile di questa iniziativa, Dietrich Barth, nel suo ufficio al quinto piano della Commissione. Barth candidamente conferma: "Quest'anno sono previsti i negoziati del WTO per la liberalizzazione dei servizi. La Commissione ha un assoluto bisogno di conoscere gli interessi dei grandi gruppi d'affari di questo settore." Ma perché Barth, che lavora per i politici, non menziona anche gli interessi dei semplici cittadini? Gli chiedo provocatoriamente: "Sono sicuro che vorrete conoscere anche gli interessi delle persone comuni, o dei gruppi che li rappresentano. Dov'è il sistema elettronico per consultare anche loro?" "Il S.I.S è accessibile anche ai sindacati e ai gruppi di attivisti, non solo all'industria." Risponde sicuro. Non mi rimaneva che chiedere conferma di questo sia ai sindacati che agli attivisti. Inizio da Cecilia Brighi, una esperta di globalizzazione dell'Ufficio Internazionale della Cisl, che ribatte seccamente: "Purtoppo i contatti voluti dalla Commissione con i sindacati sui temi della globalizzazione non sono così spinti come quelli che avvengono con le multinazionali; anzi, praticamente non esistono." "Signora Brighi, lei ha mai sentito parlare del S.I.S.?", chiedo a bruciapelo. "No, mai." "Vi hanno informati dell'esistenza di questo sistema?", insisto. "Credo di poter affermare con certezza che le organizzazioni sindacali italiane non siano mai state informate di questo sistema di consultazione." Il giornalista di Report ha aperto con la sua inchiesta uno squarcio sul tema delicatissimo dell’informazione e della sua segretezza che, al di là della retorica sulla "trasparenza delle istituzioni", resta in realtà un cardine delle decisioni del potere dominante.  Barnard continua: “L'Italia è lontana da Brussell, e allora torno in Belgio per chiedere a Friends of the Earth, uno dei più grandi gruppi ambientalisti del mondo, se almeno loro, che hanno la sede a due passi dalla Commissione Europea, hanno mai sentito pronunciare il fatidico nome S.I.S. Mi risponde Alexandra Wandell, e lo fa con grande stupore: "Sfortunatamente è la prima volta che sento parlare di questo sistema di consultazione, me lo sta dicendo lei, a noi non l'hanno mai comunicato”. “ (R)

Che ha detto Prodi di questa Internet segreta pro-multinazionali?
Il presidente della Commissione Europea Romano Prodi - di fronte alle telecamere di Report - ha negato di essere a conoscenza di questa rete informativa creata dalla stessa Commissione Europea: "Se esiste io francamente non glielo so dire, non lo sapevo, non sapevo neanche che esistessero sondaggi per le imprese, me lo fa vedere lei adesso. Ma se stesse qui dentro lei vedrebbe quanto dialogo c'è con le organizzazioni non governative e con i sindacati." Cecilia Brighi, a distanza, replica con altrettanta sicurezza: "Non c'è ancora nulla, non lo hanno assolutamente ancora fatto, non c'è nulla, noi non sappiamo quali sono gli impatti degli accordi già sottoscritti, per esempio in tema di agricoltura o di occupazione, come per esempio non c'è consultazione sui temi sociali nel mondo. Tutto questo va costruito in tempi rapidissimi." (R)

Perché alcuni studiosi della globalizzazione accusano il WTO di preparare un "colpo di stato globale"?
Scrivono due studiosi statunitensi, Brecher e Costello: "Il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) è frutto dell''Uruguay round', una tornata negoziale del Gatt. Il nuovo organismo ridefinisce il 'libero scambio' come diritto delle imprese di andare dove vogliono, incontrando il minor numero possibile di ostacoli da qualunque parte essi provengano. Una simile 'libertà' per le grandi imprese si configura come una restrizione delle libertà dei governi e dei cittadini. L'istituzione del WTO rappresenta in effetti un audace colpo di stato globale". (CICG p.79) In particolare il progetto di esautorare i parlamenti nazionali per ciò che concerne la globalizzazione economica è stato tentato con il MAI, ossia il Multilateral Agreement on Investment. Ma per ora è stato bloccato grazie ad una mobilitazione internazionale.

Cosa prevedeva il MAI per limitare la sovranità nazionale e l'autonomia dei parlamenti?
Il MAI è stato strutturato come un progetto, elaborato con trattative segrete, volto a limitare la democrazia e i diritti dei cittadini trasferendo l’autorità decisionale a istituzioni internazionali (WTO, FMI, Banca Mondiale) che decidono a porte chiuse e che non rendono conto ai cittadini ma ai poteri economici forti di cui si rendono strumento esecutivo. “Il trattato MAI  spiega Noam Chomsky - è concepito in modo da produrre un “effetto blocco”, in quanto contiene norme di “inibizione” e di “adattamento retroattivo”. La norma di “Inibizione” o “standstill” vieta l’approvazione di ogni legge non conforme al MAI. La norma di “adattamento retroattivo” prevede che i governi elimino le leggi già in vigore che siano ritenuti “non conformi”. I firmatari dell’accordo ne sono vincolati per vent’anni”. Negli Stati Uniti, continua Chomsky, “il Congresso non era stato informato e la popolazione petulante  l’”arma decisiva”  era stata tenuta accuratamente nell’ignoranza”. Il MAI era il frutto di negoziazioni segrete, tanto che Jack Straw, ministro laburista inglese, confessò alla BBC di non averne mai sentito parlare. La scadenza prevista per la firma del MAI era il 27 aprile 1998. (SNP)

In che modo il MAI è stato bloccato?
Un gruppo di attivisti riuscì a procurarsi le carte segrete del MAI e a pubblicarle su Internet. E i cittadini furono posti nella condizione di sapere. Coloro che Chomsky definisce come “l’arma decisiva”, ripresero in mano la sovranità persa e questa "riappropriazione di sovranità" avvenne grazie all’informazione. Il giornale “Toronto Globe and Mail” scrisse che i governi europei “non erano in grado di competere con l’accozzaglia variegata di organizzazioni popolari che stavano cercando di far fallire il progetto di un’intesa con il solo ausilio di qualche computer e dell’accesso a Internet”. Sul “Financial Time”  il quotidiano economico più prestigioso del mondo  apparve con il titolo “Network Guerrillas” un articolo disperato: “Gli accordi del MAI sono stati fatti fallire da orde di ficcanaso impiccioni”. Gli unici che potevano mettere il naso legittimamente erano infatti le multinazionali e le loro lobby di rappresentanza. (SNP)

Che lezione possiamo trarre dalla lotta contro il MAI?
La morale che possiamo trarre da storie come questa è semplicissima. La nuova frontiera della lotta per la democrazia internazionale si gioca su Internet, sui media e sul terreno dell’opinione pubblica: occorre creare "orde di ficcanaso" che aprano una breccia nel muro di segretezza. La "zona rossa" da violare è il segreto che avvolge i progetti che - come il MAI - intendono espropriare i popoli della possibilità di conoscere, controllare e decidere.

Anche un politologo liberale con Ralf Dahrendorf critica l'attuale "governo della globalizzazione": perché?
Dahrendorf afferma: "Oggi come oggi, i governi prendono decisioni delle quali non sono chiamati a rendere conto ai loro elettori. Nel mondo ci sono milioni di persone che non hanno la minima intenzione di assaltare i cordoni della polizia o di rompere le vetrine, ma avvertono che i manifestanti in qualche modo esprimono le loro stesse ansie, le loro frustrazioni. Democratizzare il processo decisionale internazionale è la più grande sfida posta alla nostra inventiva politica. E oggi ci servono dei cittadini del mondo pronti a rivendicare i loro diritti". 

Alcuni gruppi estremisti antiglobalizzazione hanno usato la violenza: cosa ne pensa Susan George, una delle figure guida del "movimento di Seattle"?
Susan George ha affermato: "Le violenze fanno invariabilmente il gioco dell'avversario. Anche in caso di provocazioni e quando la polizia è responsabile nell'aprire le ostilità, come spesso avviene, ci si mette tutti nello stesso sacco. I media evidentemente non parlano che di questo. Le idee, le ragioni della nostra opposizione, le proposte vengono completamente nascoste. Lo Stato si definisce per il suo "monopolio della violenza legittima". Chiunque pensi di poterlo affrontare e vincere su questo terreno non ha fatto molta strada nell'analisi politica. Chiunque pensi che rompere vetrine e picchiare poliziotti "minacci il capitalismo" non ha per niente un pensiero politico. Noi non possiamo costruire un movimento largo e popolare sulla base di una cultura di giovani e persone che sono pronti a farsi spaccare la faccia. Tutte le persone che hanno paura dei lacrimogeni, della violenza - le persone della mia età, le famiglie con bambini, le persone meno in forma fisicamente - si asterranno e non verranno a nessuna nostra manifestazione. Questo non è democratico. Francamente ne ho abbastanza di questi gruppi che non ci sono mai per il lavoro preparatorio, che non fanno mai nulla nella politica quotidiana ma che arrivano nelle manifestazioni come fiori ("velenosi") per distruggere, quali che siano gli accordi negoziati dagli altri. In una parola, ne ho abbastanza di questi tirannelli e temo che se si continua a lasciarli fare finiranno per distruggere il movimento. La più bella speranza politica da trent'anni a questa parte". Susan George, economista, è tra i maggiori esperti internazionali dei rapporti Nord/Sud ed è direttrice del Transnational Institute di Amsterdam. E' impegnata nei movimenti ambientalisti, pacifisti, nonviolenti, di solidarietà. Tra le opere di Susan George: Come muore l'altra metà del mondo, Feltrinelli, Milano 1978; Il debito del Terzo Mondo, Edizioni Lavoro, Roma 1989; Il boomerang del debito, Edizioni Lavoro, Roma 1992; Il boomerang del debito estero, in Susan George, Massimo Micarelli, Antonio Papisca, Un'economia che uccide, L'altrapagina, Città di Castello 1993.

Cosa si può fare per migliorare il mondo?
Si possono promuovere azioni concrete come il commercio equo e solidale, la finanza etica, il microcredito nelle aree povere, le produzioni agricole biologiche, i gruppi di acquisto solidali, il consumo critico, le iniziative in difesa dei lavoratori sfruttati, la proposta della Tobin Tax, la cancellazione del debito estero dei paesi poveri, la proposta di riforma nel senso di un maggior controllo democratico della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale e della Organizzazione Mondiale del Commercio, le Campagne contro il commercio delle armi, per la bonifica delle mine, la lotta per garantire a tutte le popolazioni il diritto ad usufruire dei farmaci essenziali, l’impegno per la salvaguardia della natura, sia per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, sia nell’uso di fonti energetiche pulite e rinnovabili. Le manifestazioni pacifiche di fronte al G8 sono un mezzo per affermare che “un altro mondo è possibile”. (SG8)