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Cinque richieste al Governo Berlusconi
Cinque richieste al governo Berlusconi
Di Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>
Cosa potrebbero chiedere al nuovo Governo di centrodestra le associazioni e
i movimenti per la Pace ? Da una politica sempre più condizionata
dall'economia, sia a destra che a sinistra, forse non è lecito aspettarsi
un intervento deciso a favore di chi ha fatto del "no-profit"
(letteralmente "niente profitto") la sua "ragione sociale". Tuttavia
esistono già degli "impegni sociali" già sottoscritti nelle opportune sedi
nazionali ed internazionali a nome dei cittadini della Repubblica.
Dopo una campagna elettorale fortemente basata sul concetto di legalità,
non sarebbe una cattiva idea affermare questa legalità anche nel sul piano
internazionale, destinando una quota pari allo 0,7% del PIL ad iniziative
di cooperazione internazionale per favorire lo sviluppo dei paesi
impoveriti, così come è previsto dal capitolo 33 dell'Agenda 21, il
programma d'azione per lo sviluppo umano e ambientale concordato dalle
Nazioni Unite nel 1992 a Rio de Janeiro in occasione del "Vertice della
Terra". Tra i 170 paesi firmatari dell'"Agenda 21" c'è anche l'Italia, che
attualmente dedica a paesi in via di sviluppo meno dello 0.1% del PIL.
Un altro impegno sottoscritto dall'Italia riguarda la scuola e il settore
dell'educazione. Nei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e
grado andrebbero inserite delle attività di educazione alla Pace e alla
Nonviolenza, in ottemperanza alla risoluzione approvata dall'assemblea
generale delle Nazioni Unite il 19 novembre 1998, con la quale il decennio
che va dal 2001 al 2010 è stato proclamato "Decennio internazionale per la
Cultura della Pace e della Nonviolenza per i bambini del mondo".
Oltre all'emanazione di nuove leggi, al Governo entrante va chiesto anche
il rispetto e la valorizzazione di quelle già esistenti. In particolare
sarebbe auspicabile dare inizio ad una attività continuativa e capillare di
monitoraggio e di controllo del commercio, della produzione e
dell'esportazione delle armi prodotte in italia, secondo le norme
introdotte con la la legge 185/90, e che i dati ottenuti in seguito a
questa attività di controllo vengano resi di pubblico dominio.
Nonostante i divieti contenuti nella legge 185/90, nella lista dei nostri
"clienti" figurano paesi come Turchia, Algeria, Cina, Brasile, Arabia
Saudita, India, Indonesia e Pakistan, più volte segnalati per ripetute
violazioni dei diritti umani fondamentali. Purtroppo finora non sono
bastati i rapporti annuali di Amnesty International e le segnalazioni di
ONG e organizzazioni umanitarie per classificare questi paesi come
"repressivi o aggressivi", vietando di conseguenza l'esportazione di armi
italiane verso questi paesi.
Per quanto riguarda la difesa del Paese e la prevenzione dei conflitti
sarebbe interessante conoscere il parere del nuovo Ministro della Difesa in
merito alla raccomandazione sull'istituzione di un Corpo di Pace Civile
Europeo (CPCE), approvata dal Parlamento Europeo nella seduta del 10
febbraio 1999 e rimasta finora lettera morta. Nel testo della
raccomandazione approvata si legge, tra l'altro, che "iI ruolo potenziale
dei civili nel campo della prevenzione e della soluzione pacifica dei
conflitti deve essere ancora valutato in tutti i suoi elementi. Al termine
di una missione militare per il mantenimento della pace si registra spesso
una recrudescenza del conflitto, in quanto le ragioni interne che sono
state all'origine della violenza non sono state pienamente affrontate e
risolte. La risposta militare, per quanto necessaria per porre fine al
confronto violento. non è sufficiente a creare un'effettiva riconciliazione
tra le parti".
L'ultima richiesta fare al nuovo Governo, senza aggiungere nulla a quanto
non sia già stato deliberato in altre sedi, potrebbe essere l'affermazione
del diritto di obiezione di coscienza alle spese militari, con forme di
opzione fiscale che consentano ai cittadini di scegliere se finanziare
attraverso le imposte la difesa armata o la difesa non armata, in
ottemperanza agli impegni già assunti dal Governo della Repubblica il
14/4/98, data di approvazione di una raccomandazione con cui il Governo si
è impegnato a "studiare forme per rendere possibile ai cittadini
contribuenti, analogamente a quanto previsto per i cittadini sottoposti
all'obbligo di leva, il diritto soggettivo all'obiezione di coscienza,
prevedendo forme di finanziamento al servizio civile e alla difesa non
armata e nonviolenta previste dalla nuova legge sull'obiezione di coscienza".
Tutte queste sembrano utopie, ma sono documenti già firmati e sottoscritti
dal nostro Paese. Quello che manca è solamente la volontà politica di
trasformare queste parole, rimaste per troppo tempo ferme sulla carta, in
azioni concrete di governo. Chiediamo troppo ?
Carlo Gubitosa
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