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RETEQUATTRO E' ILLEGALE
Fonte: Il Barbiere della Sera
http://www.ilbarbieredellasera.com/spieincampo.html#europa7
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4 Maggio 2001- La Corte, il Cavaliere e le 800 assunzioni negate
C'è una rete televisiva, "Europa 7", che il 31 luglio del 1999 ha ottenuto
dallo Stato la concessione per trasmettere su tutto il territorio
nazionale, ma non può farlo perché lo stesso Stato non le ha ancora
assegnato le frequenze per poter essere operativa. A occupare quelle
frequenze è Retequattro, che non ha la concessione ma continua a
trasmettere, invece di essere dirottata sul satellite e sul cavo. Per
questa ragione, 750 persone, tra giornalisti, tecnici, amministrativi e
quant'altri ne prevede a regime il progetto depositato da "Europa 7", non
possono essere assunti. La sede è pronta da due anni, ma è desolatamente
vuota. Sono gli ex stabilimenti Voxon di via Torcervara, a Roma, "Tiburtina
Valley". Per la cronaca, ad aspettare, e ad arrugginirsi, è lo studio
televisivo più grande del mondo, 1.700 metri quadrati, più altri studi e
oltre 17 mila metri quadri di uffici.
Tutto nasce da una sentenza della Corte costituzionale, la numero 420 che,
nel lontano 1994, in difesa del pluralismo e contro l'abuso di posizione
dominante, decise che un operatore privato può detenere al massimo due
concessioni nazionali. A sette anni di distanza, quella sentenza non è
ancora applicata, perché Silvio Berlusconi detiene tuttora tre reti: Canale
5, Italia uno e Rete 4. Vi sarebbero ripetute inadempienze degli ultimi
governi di centrosinistra, e in particolare del responsabile delle
Telecomunicazioni, Salvatore Cardinale. Ancora più gravi le colpe di Enzo
Cheli, capo dell'Authority delle Telecomunicazioni, che non attua la
legge 249 del 1997 e non "spegne" Retequattro. E vi è, sull'intera
vicenda, un incredibile silenzio-stampa, rotto solo da sporadici colpi di
tosse. In qualsiasi paese democratico una questione come questa, che tocca
le radici dello stato di diritto, sarebbe un cavallo di battaglia
quotidiano per i media.
"E' un fatto senza precedenti al mondo - racconta al "Barbiere" Francesco
Di Stefano, finanziere di origine abruzzese, proprietario e amministratore
unico di Europa 7 - Un soggetto ottiene una concessione, e in concessione
si dà un bene pubblico, in questo caso le frequenze, e non riceve poi
materialmente le frequenze". Di Stefano si dice in grado di spiegare la
sorprendente dichiarazione di un mesetto fa di Silvio Berlusconi contro la
Corte Costituzionale, i cui giudici "sono di sinistra". Nessuno seppe
indicare un motivo di attualità in grado di scatenare quella sortita.
"La verità è che sta per arrivare una seconda sentenza della Corte sulla
vicenda. L'ha chiamata in causa il Tar del Lazio, il 15 febbraio scorso, e
l'Alta Corte si pronuncerà entro la fine di luglio. La sentenza non può che
esserci favorevole e portare allo spegnimento di Retequattro - dice sicuro
il proprietario di Europa 7 - Primo, perché in ben sette anni non si è
rispettata la sua precedente volontà, mentre la Corte ammetteva un periodo
transitorio al massimo sino all'agosto '96. Secondo, perché da allora la
posizione di Berlusconi è diventata ancora più dominante. Mentre nel '94
era titolare di 3 concessioni su 9, oggi, pur avendone ricevute due, di
fatto opera con tre emittenti, il 50 per cento di quelle che trasmettono
sul territorio nazionale".
Ma rivediamo la graduatoria del 31 luglio 1999, ricordando che si tratta di
concessioni attribuite ai privati, perché la Rai ha un altro regime. Prima
risultò Canale 5, seconda Italia Uno, terza Telepiù Bianco, quarta
Telemontecarlo 1, quinta Telemontecarlo 2, sesta Europa 7, settima
Telemarket. Per la qualità della programmazione prevista, Europa 7 ebbe il
punteggio più alto. Ma, mentre tutte le altre avevano già le frequenze,
quest'ultima era l'unica a non possederle ancora. Europa 7, infatti,
trasmetteva attraverso 13 emittenti locali, ciascuna leader di regione:
dalla veneta Tele Padova, alla lombarda Tele City alla laziale Tvr Voxon.
Per giunta, avendo ottenuto una concessione nazionale, per legge ha dovuto
rinunciare a gestire il circuito delle locali: al danno si è aggiunta così
la beffa. Continua invece a lavorare, senza concessione, Retequattro, e lo
stesso fa Telepiù Nero.
Vi è infine da attribuire ancora un'ottava concessione e anche qui è in
corsa Di Stefano, con "Europa 7 plus". "Un'altra storia esemplare - sospira
l'imprenditore - Non ci hanno dato la concessione perché non avremmo
versato i previsti 12 miliardi di capitale sociale. Ma che diavolo: Centro
Europa Sette è una sola società, che ha già versato una volta 12 miliardi e
200 milioni, e ha fatto richiesta di due concessioni, come previsto dalla
legge. Abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato, che si esprimerà
proprio oggi, venerdì 4 maggio".
Ma ecco, secondo la versione degli avvocati di Europa 7, le inadempienze di
cui sopra. Ministro delle Telecomunicazioni Salvatore Cardinale: l'articolo
1 della legge 29 marzo 1999, numero 78, precisa che, i soggetti operanti
alla data del 31 gennaio '99, in assenza di una nuova concessione,
avrebbero potuto proseguire il loro esercizio "non oltre il 31 luglio
1999". Cardinale non ha rispettato questo articolo e ha concesso invece
successivamente, con atto amministrativo, una "abilitazione" per
Retequattro e Telepiù Nero. Inoltre, il ministro aveva l'obbligo, nell'atto
di concessione a "Europa 7", di indicare postazioni, caratteristiche degli
impianti e frequenze per poter operare su almeno l'80 per cento del
territorio nazionale.
Quanto a Enzo Cheli, per l'articolo 3, comma sette della legge 249 del
1997, doveva trasferire le "reti eccedenti vietate" su satellite e cavo. Il
tutto, in rapporto a "un effettivo e congruo sviluppo dell'utenza
satellitare". Tale sviluppo c'è stato, ed è stimabile fra il 500 e il 600
per cento in quattro anni. Nel luglio 1997 vi erano infatti 750 mila
parabole installate, aumentate a 3 milioni il 31 luglio del 2000, cui si
aggiungono 80 mila parabole condominali per altri 720 mila utenti. Se
consideriamo i circa 600 mila che hanno la tv via cavo, si arriva a quota 4
milioni e 300 mila utenti. L'Authority inoltre, secondo l'articolo 2 della
citata legge 249, sarebbe dovuta intervenire "in ogni caso" nel momento del
"rilascio ovvero del rinnovo delle concessioni per eliminare o impedire il
formarsi delle posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo" e il
tutto nel termine massimo di 12 mesi.
Invece, alle inadempienze si sarebbe aggiunto lo scorno. "Abbiamo spedito
almeno sei diffide all'Authority e ai suoi commissari - conclude Di Stefano
- Non ci hanno neppure risposto".
Il Conte d'Almaviva
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