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Carlo Gubitosa: "Perche' parto per la Cecenia"
Vi invio questa lettera di Carlo Gubitosa che partira' il 18 maggio per la
Cecenia.
Carlo Gubitosa e' nato a Taranto 29 anni fa ed e' segretario di PeaceLink.
Sta facendo l'obiettore di coscienza a Rimini presso Associazione Comunita'
Papa Giovanni XXIII di Rimini, nel Corpo Civile di Pace denominato
Operazione Colomba (tel.0541/753000).
Dopo la riforma della legge sull'obiezione di coscienza ora e' possibile
per gli obiettori recarsi all'estero per missioni di pace.
Carlo Gubitosa, oltre che capo scout, e' un esperto di Internet e
telecomunicazioni. Collabora con vari giornali ed ha vinto l'edizione 1999
del Premio Giornalistico SMAU.
E' autore di libri sulla telematica sociale, fra cui "Oltre Internet",
della Editrice Missionaria Italiana (EMI).
Il suo indirizzo di posta elettronica e' c.gubitosa@peacelink.it
Durante la missione in Cecenia verranno mantenuti i collegamenti telefonici
con l'ente di servizio civile e PeaceLink ne dara' un costante resoconto
sul sito http://www.peacelink.it
---------- LETTERA ----------------
Il 18 maggio 2000 partiro' per la Cecenia assieme ai volontari
dell'"Operazione Colomba", il corpo civile di Pace di Rimini
(http://www.geocities.com/opcol)
Premetto che non sono assolutamente convinto di mettere a repentaglio la
mia vita: ormai i russi hanno fatto terra bruciata e i ribelli sono ormai
quattro gatti nel sud della regione (io entrero' da nord) che si divertono
ogni tanto a sabotare qualche convoglio militare. Per cui, a meno che non
decida di indossare la divisa dell'esercito russo e fare una passeggiata
per le strade di montagna, non credo di correre grossi rischi.
Sono convinto che la paura di morire, e in genere tutte le paure, non
impediscano di morire, ma impediscano di vivere.
A darmi sicurezza c'e' anche la presenza di Andrea Pagliarani (dimenticavo:
siamo in quattro a partire), un volontario dell'"Operazione Colomba" che
oltre ad essere gia' stato in Cecenia ha anche vissuto in prima persona i
recenti disordini a Timor est e diversi capitoli della guerra in
Jugoslavia. Non e' un "duro", anzi e' un ragazzo abbastanza esile di
corporatura e molto riservato, ma ha uno sguardo sicuro e soprattutto e'
una persona che riesce a seguire il cuore con la testa, senza facili
sentimentalismi o entusiasmi passeggeri, ma con lucida determinazione.
In Cecenia sta avvenendo da anni un massacro silenzioso, di cui fanno le
spese soprattutto le popolazioni civili grazie all'omerta' dei governi
occidentali, che non possono di certo attaccare la Russia con bombe
intelligenti per ripristinare i diritti umani, perche' in questo caso
l'"effetto collaterale" delle bombe sarebbe la terza guerra mondiale.
Oltre all'omerta', va aggiunto anche lo sciacallaggio, il business delle
armi fatto sui cadaveri dei profughi civili. I civili in Cecenia non hanno
nessun tipo di tutela anche perche' la comunita' internazionale che
dovrebbe tutelare i loro diritti ha scelto invece di tutelare a tutti i
costi gli scambi militari ed economici.
Il Caucaso rappresenta il centro vitale per il controllo delle condotte
petrolifere utilizzate per lo sfruttamento del greggio e del gas naturale
del Mar Caspio. Ancora una volta gli interessi economici e commerciali
prevalgono sulle vite umane. Il gruppo verde dell'Europarlamento aveva
lanciato un appello al vertice UE di Helsinky chiedendo "sanzioni" contro
Mosca, ma le potenze occidentali dicono "niente sanzioni economiche". La
scarsa reazione da parte dei paesi della comunità internazionale favorisce
quello che sta accadendo in Cecenia.
Oltre all'omerta' e allo sciacallaggio, infine, dobbiamo aggiungere anche
la complicita': negli ultimi anni l'Italia ha esportato verso la Russia un
ingente quantitativo di armi, e negli ultimi mesi del 1999 l'Italia ha
ratificato, con le leggi n. 398 e n. 397, l'accordo di cooperazione
militare con la Russia e quello relativo all'industria per la difesa di
Mosca, entrambi firmati a Roma nel novembre 1996.
La Camera dei Deputati ha approvato i provvedimenti proprio mentre erano in
corso i bombardamenti con cui la Russia ha devastato la Cecenia, che hanno
causato molte vittime e decine di migliaia di profughi. Gli accordi sono di
notevole valenza politica, in quanto sono i primi del genere stipulati fra
Paesi che al tempo della guerra fredda erano nemici.
Alla luce di questi fatti, risulta chiaro che faccio parte di un paese
omertoso, che preferisce discutere di arbitri e gol annullati anziche'
interrogarsi sulle sofferenze altrui, un paese sciacallo, che pur di
commerciare include tra i suoi partner economici anche assassini e
malfattori, come hanno fatto la Telecom e la Stet facendo grossi affari con
Milosevic fino al giorno prima dei bombardamenti Nato, un paese complice,
che fornisce agli stati repressivi le armi con cui alimentare i conflitti.
Ora, delle due l'una: o mi tappo gli occhi e le orecchie e mi rinchiudo in
casa e vedermi tutte le puntate registrate di "Un medico in famiglia" dal
1998 ad oggi oppure, dicevo, decido di essere un protagonista e non uno
spettatore della storia del mio tempo.
Poiche' non mi piace fare lo struzzo, il 18 partiro' per la Cecenia, e al
mio ritorno cerchero' di raccontare le cose che ho visto per svergognare il
maggior numero di commercianti di armi, politici complici di assassini e
giornalisti imbavagliati e venduti.
Ma queste, dicevo, sono le motivazioni semplici, quelle nobili e
disinteressate, che mi spiegano in parte ma non totalmente che diamine vado
a fare in mezzo ai russi quando qui e' gia' estate. Ci sono poi delle altre
ragioni, che sono piu' complicate perche' neanche io riesco a spiegarle fin
in fondo.
Forse ha qualcosa a che fare con la grande sensazione di liberta' che ho
provato verso i nove anni quando sono uscito di casa da solo per la prima
volta, la consapevolezza di poter girare liberamente per la citta', di
poter scegliere ad ogni angolo se girare a destra o a sinistra, se andare
diritto o tornare indietro, senza piu' seguire il percorso obbligato
segnato dai passi di mia madre. La sensazione di essere libero di fermarmi
e camminare, di guardare le vetrine o la gente, di restare in Italia o
andare dall'altro capo del mondo, di stare zitto e coltivare il mio
orticello o guardare negli occhi i potenti della terra e dire "tu non mi
freghi. Puoi fregare i giornalisti che paghi, l'opinione pubblica che
ammansisci, ma non me. Io ho avuto il tempo di leggere, chiedere e capire,
e forse avro' anche il tempo di sbugiardarti per bene".
Non credo di fare nulla di particolarmente rischioso, sono andato diverse
volte sulla tangenziale est di milano (il posto con il piu' alto tasso di
mortalita' in Italia) e non ho mai avuto paura del rischio che correvo. Non
vedo perche' dovrei pisciarmi sotto solo per andare a stare un po' di
giorni a fare quello che gli operatori della Caritas locale fanno gia' da
mesi e che continueranno a fare per altri mesi dopo che me ne saro' andato.
Oltre alle motivazioni "facili" ed umanitarie, le mie motivazioni
complicate riguardano qualcosa di piu' profondo, la sensazione che solo
vivendo fino in fondo la mia vita, il mio tempo, la mia storia e le mie
esperienze posso sentirmi pienamente uomo e pienamente me stesso.
Sarebbe comodo per me mandare tutto a quel paese e badare ai fatti miei, in
fin dei conti mi mancano tre settimane alla fine del servizio civile e ho
ancora 17 giorni di licenza da sfruttare.
Non credo pero' nelle soluzioni facili e nelle soluzioni comode, mi hanno
gia' tradito in passato. Nell'estate del 1992 o del 1993, non ricordo bene,
leggendo un annuncio su "Cuore", avevo sentito una "vocina", una luce
interiore, un moto interiore che mi spingeva a dare la mia adesione ad una
marcia di pace in Jugoslavia, una marcia passata alla storia come la
"Marcia dei 500" su Sarajevo, guidata da Don Tonino Bello. Un gruppo di
pazzi in marcia verso una citta' assediata in piena guerra. In quella
occasione ho rinunciato a partecipare perche' la mia vita mi sembrava
troppo preziosa per buttarla via. A distanza di sette anni vado in Cecenia
esattamente per la stessa motivazione. Quella vocina luminosa di sette anni
fa finalmente e' riuscita a farsi sentire e ad esprimersi.
Carlo Gubitosa
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