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"Le ipocrisie del Governo italiano sul debito"



From: "Missionari Saveriani" <saverianita@mediatec.it>
Subject: editoriale
(http://www.saveriani.bs.it/Missione%20oggi/attuale/editoriale.htm)
Date: Thu, 6 Apr 2000 08:52:43 +0200
  
  
  

Dopo Sanremo: le ipocrisie del Governo italiano sul debito
 
Dopo l'annuncio di "consistenti" cancellazioni del debito bilaterale ai
paesi più poveri da parte di Usa, Gran Bretagna, Canada e Francia e le
recenti dichiarazioni di D'Alema sembra si possa essere soddisfatti. Ma è
proprio così?
 
L'euforia era cominciata alla vigilia del nuovo millennio. Anche in Italia
i ministri del Tesoro e degli Esteri presentavano un decreto legge per il
condono di 3000 miliardi di lire in crediti commerciali e di aiuto ai paesi
poveri. A giudicare dai titoli dei quotidiani italiani si poteva esultare:
"Azzerato il debito dei Poveri" (Corriere della Sera), "Roma cancella
debiti di 40 paesi" (il Sole), "Italia, Francia Inghilterra tagliano i
debiti" (la Repubblica) per citarne solo alcuni.
A guastare la festa è stato l'austero settimanale britannico The Economist
che, nell'edizione natalizia, ha messo in guardia dalla facile euforia
ricordando come in questi casi bisogna "guardare i dettagli". E i dettagli
sono: si tratta di un condono di debiti già catalogati come "hopelessly
irretrievable" (non riscuotibili); il loro valore reale è immensamente
minore rispetto a quello nominale (cioè, sul mercato valgono solo "alcuni
centesimi per dollaro"); queste "cancellazioni" riguardano principalmente i
crediti commerciali, quelli che in origine erano "sussidi soprattutto per i
ricchi venditori" (le aziende dei paesi ricchi). Il titolo dell'articolo
del The Economist? "Ci credi alle favole?". 
Dopo il rap di Jovanotti a Sanremo e la promessa di D'Alema che "l'Italia
arriverà a cancellare 6000 miliardi di lire", si sarebbe tentati di essere
un po' più felici. Ma anche qui occorre guardare i dettagli e fare un po'
di conti. E i dettagli dicono che: 1) la proposta di legge è solo di 3000
miliardi (gli altri 3000 riguardano operazioni già effettuate); 2) non c'è
molto di nuovo oltre l'attuazione di accordi già presi agli inizi anni '90
dai G7 e mai attuati; 3) si intende soltanto &ndash; come spiega la
presentazione del disegno di legge &ndash; "trasformare in doni, crediti da
ritenere in gran parte inesigibili". Insomma, una magnifica operazione di
facciata per un po' di elemosina. 
E di elemosina si tratta. Facciamo i conti: sono 3000 miliardi. Dividiamoli
per la popolazione adulta italiana (46 milioni) e per i giorni dell'anno
(365). Risultato: ad un cittadino italiano la "manovra" costa 179 lire al
giorno! E riguarda paesi dove la gente vive col minimo mondiale pro capite
di 300 dollari, cioè meno di un dollaro al giorno! C'è poco da esultare.
Soprattutto notando quel "dettaglio" nella presentazione del disegno di
legge che rivela la motivazione del legislatore: l'Italia condona quei
crediti perchè li considera praticamente irrecuperabili e a basso tasso di
interesse, "insufficienti pertanto ad assolvere la funzione conservativa
della consistenza del credito stesso". Come a dire: "quelli che valgono li
teniamo, il resto ve lo condoniamo".
Ma ciò che ancor più preoccupa è che il disegno di legge non tocca i nodi
del problema: la cancellazione radicale (e non soltanto la "riduzione"
della quota del debito o degli interessi cumulativi); il numero dei paesi
destinatari (solo 18 a fronte dei 52 richiesti dalla campagna Sdebitarsi);
e la trasparenza del Sace (l'Istituto per i servizi assicurativi del
commercio estero), l'ente che ha accumulato migliaia di miliardi di crediti
pubblici commerciali per indennizzare le imprese private italiane incorse
in "infortuni" nel commercio col Sud del mondo.
Insomma dopo Sanremo e nonostante il Giubileo continueremo a far pagare i
nostri debiti ai più poveri tra i poveri. E a sentirci orgogliosi per
l'elemosina che abbiamo fatto. Di restituire il maltolto o indagare
imprenditori e politici italiani responsabili di colossali truffe ai danni
di paesi impoveriti non se ne parla. Il tema è rimandato al prossimo
Giubileo. O al prossimo festival di Sanremo?