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contro l'apartheid elettorale



Ai segretari generali dei partiti democratici italiani

Una lettera aperta per sollecitare un impegno
a far cessare l'apartheid elettorale
che priva del diritto di voto per le elezioni amministrative
un milione di persone legalmente residenti in Italia

Egregi signori,
si approssima una nuova tornata di elezioni amministrative, ed ancora una
volta ad un milione di persone regolarmente residenti nel nostro paese sarà
negato il diritto di votare e di poter essere eletti per amministrare i
Comuni, le Province, le Regioni in cui vivono e lavorano, spesso da molti
anni.
Sono le persone immigrate che hanno la cittadinanza del paese di
provenienza ma che in Italia risiedono regolarmente in piena legalità, che
con la loro presenza arricchiscono la nostra cultura e la nostra vita
civile, che con il loro lavoro arricchiscono il nostro paese.
Perché non possono votare?
Perché devono subire questa sorta di apartheid elettorale?

E' possibile legiferare subito
Se è vero che per il riconoscimento del diritto di voto per le elezioni
politiche è necessario passare attraverso la modifica dell'art. 48 della
Costituzione o quantomeno ridefinire il concetto di cittadinanza (e
personalmente condivido la tesi che all'arcaico e patriarcale jus sanguinis
debba sostituirsi il moderno e democratico jus soli), per quanto concerne
le elezioni amministrative tale problema invero non si pone.
E valga il vero.
In punto di fatto, gli stranieri residenti in Italia provenienti da altri
paesi della Comunità Europea hanno avuto riconosciuto il diritto di voto
per le elezioni amministrative già dal 1996. Perché gli "extracomunitari"
devono essere vieppiù discriminati?
In punto di diritto, la Convenzione di Strasburgo del 5 febbraio 1992 al
Capitolo C prevede il diritto di voto per le elezioni amministative per
tutti gli stranieri residenti: basterebbe che il Parlamento italiano
ratificasse questo capitolo della Convenzione (nel '94 ratificò i primi due
capitoli con la legge 203) e la strada sarebbe spianata, il dado tratto.
Si rammenti che altri paesi europei hanno già riconosciuto il diritto di
voto per le elezioni amministrative agli stranieri residenti, fin dagli
anni '60: in Irlanda, ad esempio, dal 1963 esso è conseguito dopo tre mesi
di residenza effettiva.

Perché complici dell'apartheid elettorale?
Perché non vi siete battuti in Parlamento per inverare questo diritto?
Perché dopo che fu cassata la proposta ad hoc contenuta nella bozza di
quella che è poi divenuta la legge 40/98, la maggioranza di centrosinistra
ha scelto la strada, palesemente impraticabile dati i rapporti di forza
parlamentari, della proposta di legge di modifica costituzionale anziché
procedere con legge ordinaria (che poteva essere approvata agevolmente) a
riconoscere subito il diritto di voto per le elezioni amministrative?
Perché la maggioranza parlamentare si fa complice dell'apartheid elettorale?
So bene che ad esempio il ministro Livia Turco condivide la necessità di
riconoscere subito il diritto di voto a tutti gli immigrati regolarmente
residenti in Italia, ma perché non agisce con decisione a tal fine, e come
lei i tanti ministri e parlamentari che si sono più volte pubblicamente
espressi in tal senso?

La democrazia mutilata
Come si fa a non capire quale grande guadagno per gli enti locali sarebbe
la partecipazione di un milione di persone, sovente ottime?
Come si fa a non capire che con il riconoscimento dell'elettorato attivo e
passivo agli immigrati residenti gli enti locali migliorerebbero molto, si
aprirebbero a sensibilità, temi, iniziative su cui sono spesso carenti se
non peggio?
Come si fa a non capire che il modo migliore per contrastare il razzismo è
proprio la partecipazione democratica, e che il principio "un uomo, un
voto" deve valere in Italia come in Sudafrica?
Come si fa a non capire che con l'apartheid elettorale la democrazia è
mutila e la libertà di tutti è diminuita?

Cosa intendete fare?
Intendete prendervi qualche impegno in tal senso, o l'apartheid elettorale
continuerà?
E come pensate che l'elettorato di convinzioni democratiche, che crede
nella dignità umana, che ritiene che ogni persona debba avere riconosciuti
fondamentali diritti civili e politici, possa accettare di essere
rappresentato da un ceto politico che attua e consente una politica
razzista su una così cruciale questione?
Una riflessione ed una risposta mi sembrano necessarie.
Distinti saluti,

Peppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo

Viterbo, 12 febbraio 2000

Mittente: Peppe Sini, str. S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax
0761/353532