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i troppi domini di Grauso



Ieri, in preda all'allarme e alla fretta, abbiamo detto che Grauso aveva
registrato 6 milioni di domini. Sono 500 mila, e sparsi per tutto il mondo.
L'allarme comunque rimane ed e' grave che il mondo del profit abbia tale
"mano libera" e che il mondo del non profit sia trattato peggio su
Internet, senza agevolazioni e con meno possibilita'.
E' grave che un'impresa possa registrare carrettate di domini e invece
un'associazione solo uno.
Ecco, per completezza, l'articolo sulla vicenda tratto dalla Repubblica di
ieri.

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"Le persone che si sentono lese possono fare ricorso
solo il titolare del nome può registrare il sito web"

L'Authority contro Grauso
"Deve restituire i domini"
Ma l'ex editore rilancia: "Non capiscono la rivoluzione
di Internet. Il mio è soprattutto un gesto politico"

di GIANCARLO MOLA    

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 ROMA - Se voleva alzare un polverone, Nichi Grauso c'è riuscito ancora una
volta. Contro il suo shopping in Rete da 60 miliardi di lire (mezzo milione
di nomi di siti registrati in tutto il mondo) si leva anche la Naming
Authority italiana, cioè l'organismo che detta le regole per l'assegnazione
dei domini ".it". "Chi ha registrato quei nomi di persona non è in alcun
modo loro rappresentante legale, non ha titolarità alcuna su tali nomi, e
se si ritiene danneggiata la propria immagine personale e professionale ci
si può appellare anche all'articolo 6 del codice civile che tutela il nome
come uno dei diritti inalienabili dell'individuo", ha scritto alla
Federazione nazionale della stampa Claudio Allocchio, presidente della
Naming Authority.

Proprio la presenza tra i domini registrati di nomi e cognomi di
giornalisti, magistrati e politici sardi aveva indotto il sindacato dei
giornalisti a protestare contro l'iniziativa di Grauso. E oggi la Fnsi ha
avuto il riscontro delle sue lagnanze. La Naming Authority ha precisato che
"chi ha registrato quei nomi non ha formalmente commesso un abuso perché ha
autocertificato di avere il diritto di utilizzarli". Ma ha anche aggiunto
che l'ex editore dell'Unione sarda si è assunto "tutte le responsabilità
civili e penali del caso".

Responsabilità di cui l'imprenditore non ha paura. "Le reazioni del governo
e della Federazione della stampa dimostrano che questa gente non capisce la
rivoluzione che ci sta venendo incontro", dice. "Io invece quando nomino
Internet so di cosa parlo. La mia operazione è una provocazione, ma anche
una cosa seria. Se guardiamo alla prima, la mia risposta a chi si sente
defraudato del nome è: se mi pagano un buon riscatto gli restituisco
l'identità sulla Rete". 

L'imprenditore tace un attimo. E subito puntualizza: "Ribadisco che
comunque non ho comprato quei domini per poi rivenderli". Poi, senza
aggiungere dettagli al progetto che aveva anticipato a Repubblica.it, si
lascia andare alla filosofia: "Le rivoluzioni dell'umanità si sono avute
ogni volta che l'élite dominante ha perso contatto rispetto alle
avanguardie. E questo è sempre avvenuto in presenza di salti della tecnica
e della tecnologia. Oggi siamo in uno di questi momenti. Io considero
Internet un fatto politico prima che economico. E il mio gesto è un gesto
politico".

Non perde il gusto del paradosso, Grauso. Ma anche questa volta rischia di
pagarne le conseguenze. Secondo la Naming Authority infatti potrebbe essere
costretto a restituire i domini acquistati. Migliaia di persone infatti
potrebbero presentare ricorso alla Registration Authority (l'organismo che
assegna i domini) e chiedere che la concessione venga annullata.
"L'Authority provvederà a cancellare immediatamente le registrazioni
effettuate. Esistono già una serie di precedenti che si sono conclusi con
la cancellazione d'ufficio". I due esempi più noti sono quelli di
"www.massimodalema.it" e di "www.romanoprodi.it", i cui domini erano stati
registrati da terzi e poi riconsegnati. Fra l'altro il governo di recente
ha raccomandato alla Registration Authority di concedere i domini con nomi
e cognomi di persone solo a chi ne sia effettivamente titolare.

Ma la vicenda ha sollevato anche un problema di norme. Che qualcuno
comincia a denunciare. Bruno Piarulli, presidente di Register.it, una delle
società che fanno da intermediarie nell'assegnazione dei domini, lo dice
senza mezzi termini: "Sono le regole a favorire situazioni come questa. Il
sistema rende facile registrare 2.000 domini tanto quanto registrarne uno
solo. Fare incetta è fin troppo semplice. La questione ha però un lato
buono: adesso almeno se ne parla. E le aziende e i cittadini ora sanno a
quale rischio vanno incontro se restano inerti".

(17 febbraio 2000)