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rischio nucleare nei porti militari: risponde il governo



Sulla base della rivelazione da parte del Manifesto (9/2/2000) di un
documento riservato della Marina Militare circa i rischi nucleari in 11
porti italiani, il governo ha risposto ad un'interrogazione di Rifondazione
Comunista, come ci ha gentilmente informato Alfio Nicotra
(alfionicotra@virgilio.it).

Per conoscere i piani di emergenza relativi alla popolazione civile - ad
esempio a Taranto - PeaceLink aveva inviato una lettera al senatore Rocco
Loreto (DS Commissione Difesa) e al Prefetto di Taranto. Attendiamo
fiduciosi una risposta.
Riportiamo (in coda a questo messaggio) la risposta del governo italiano,
relativa solo agli aspetti militari e non esaustiva delle precauzioni che
le autorita' locali civili sono tenute ad adottare.

La risposta governativa conclude cosi': "Tenuto conto che unità a
propulsione nucleare operano anche nel Mediterraneo da moltissimi anni
senza che risultino essersi verificati - almeno per quanto concerne le
unità militari alleate - incidenti significativi o situazioni di
particolare emergenza appare oggettivo e legittimo constatare come questa
tipologia di mezzi disponga di sistemi propulsivi con spinte
caratteristiche di protezione e sicurezza".

Su quest'ultima affermazione occorrerebbe una maggiore cautela da parte del
governo italiano, tenuto conto che i dati raccolti nel dossier Neptune III
di Greenpeace (presentato a Roma il 6/5/89), parlano di 27 sottomarini
nucleari finiti in fondo al mare con un carico atomico: 5 sovietici, 4
americani, 4 francesi e 3 britannici. Greenpeace ha reccolto informazioni
direttamente dalla documentazione del Congresso Usa circa 1276 incidenti,
anche se non tutti nucleari, accaduti in mare: 50 atomiche attualmente sono
in fondo al mare.

Ulteriori elementi conoscitivi sulla materia provengono dallo scienziato
Giuseppe Longo, fisico dell'Universita' di Bologna, che documenta: "In un
periodo di 23 anni, dal 10 aprile 1963 al 30 ottobre 1986, sono stati resi
noti 14 incidenti gravi a sottomarini nucleari, di questi 7 a unita'
sovietiche e a unita' statunitensi. In 5 casi l'incidente si e' concluso
con l'affondamento del sottomarino (2 statunitensi e 3 sovietici). Negli
altri casi si sono verificati esplosioni, incendi (fino a 90 morti) e
inquinamento radioattivo delle acque marine. I reattori utilizzati per la
propulsione di mezzi militari navali pongono problemi di sicurezza
certamente non inferiori a quelli delle centrali elettronucleari civili. Le
caratteristiche dei reattori civili e militari sono analoghe, ma su un
mezzo navale non possono essere imbarcate pesanti schermature di
calcestruzzo, ne' potra' sempre essere garantita nelle vicinanze
un'adeguata assistenza in caso di incidente. E gli incidenti ai sottomarini
nucleari sono piu' frequenti di quello che comunemente si pensi".

Il governo italiano, oltre alle dichiarazioni verbali sulle "spinte
caratteristiche di protezione e sicurezza", e' in grado di dare garanzie
reali? Se cosi' fosse un cittadino potrebbe, ad esempio a Taranto, farsi
una polizza assicurativa per ottenere un indennizzo in caso di un incidente
nucleare. Ma nessuna assicurazione a Taranto, ne' in altre citta' italiane,
e' disposta a stipulare un contratto assicurativo che risarcisca in caso di
incidente nucleare, neppure limitato ai sicurissimi sottomarini Nato alle
affidabilissime navi Nato a propulsione nucleare.
La ragione?
Il 21 novembre 1975 nel mar Ionio la portaerei John Fitzgerald Kennedy e
l'incrociatore Belknap, entrambi americani, si scontrarono e un incendio
arrivo' a pochi metri dai missili atomici Terrier della Belknap, con
testate della potenza di un kilotone l'una.
Il tutto e' stato documentato da Greenpeace e dall'ammiraglio Usa Eugene
Carrol. Grazie alle rivelazioni di quest'ultimo il segreto militare e'
venuto meno nel 1989. Il 26 maggio di quell'anno il Corriere del Giorno di
Taranto titolava in prima pagina: "Una catastrofe nucleare nello Ionio
l'abbiamo sfiorata quattordici anni fa".

						Alessandro Marescotti




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Interrogazione Bertinotti e Nardini 5-07370. 

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA DEL GOVERNO

Preliminarmente si rileva che gli accordi esistenti tra l'Italia e gli
Stati Uniti nel quadro della comune appartenenza all'Alleanza Atlantica
prevedono la possibilità di sosta delle unità militari a propulsione
nucleare in alcuni porti nazionali di apposite caratteristiche. In
particolare: Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta,
La Maddalena, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto e Trieste. 
Il permesso di sosta delle citate unità viene concesso, di volta in volta,
sulla base di valutazioni connesse alla situazione in atto in quei porti,
in particolare per quanto concerne i vincoli relativi alla configurazione
ed attrezzature dei porti stessi nonché al tipo e numero delle unità
presenti. 
Per ciascuno dei citati porti, la Marina Militare ha predisposto un "Piano
di emergenza per la sosta in porto di navi militari a propulsione
nucleare", allo scopo di definire compiti e responsabilità
dell'Amministrazione militare per le soste in questione. 
Appare innanzitutto necessario premettere che il piano aveva una classifica
di prudente riservatezza adeguata alle notizie trattate ma che esso era
distribuito e quindi noto in tutti gli ambienti militari e civili
interessati a conoscere per le loro funzioni e responsabilità. 
In particolare, le disposizioni - in aderenza a quanto stabilito dal
decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185 - prevedono: 
azioni precauzionali intese ad evitare la possibilità di qualsiasi
incidente che possa interessare tali unità, ottimizzando le condizioni di
sicurezza della sosta, attraverso l'individuazione di posti di ormeggio
sicuri e isolati, idonee procedure d'informazione delle Autorità locali
preposte alla sicurezza territoriale, sulla eventuale presenza in porto di
navi a propulsione nucleare, collegamento radio continuo tra l'unità e
l'autorità portuale della sede; 
azioni da attuare durante la sosta tese a minimizzare i tempi d'intervento
in caso di emergenza. Tra questi: la disponibilità di un rimorchiatore in
elevata prontezza per il rimorchio immediato fuori dal porto dell'unità
interessata, in caso di emergenza, la gestione del servizio di
monitorizzazione ambientale per il controllo dei livelli di radioattività
nell'aria e nell'acqua, la sorveglianza del posto di ormeggio con
imbarcazioni delle Capitanerie di porto e dei Carabinieri, per evitare
avvicinamenti indesiderati di natanti; 
azioni da intraprendere in caso di emergenza per assicurare il più rapido
allontanamento dell'unità sinistrata e le modalità per fornire alle
autorità locali il concorso dell'Amministrazione militare nel settore
sanitario, dei viveri e dei trasporti nell'ambito dei Piani di emergenza
predisposti dalle competenti Prefetture. 
In questo contesto si rappresenta che: 
il documento, cui si riferiscono gli interroganti, è costituito dal "Piano
di emergenza per le navi a propulsione nucleare in sosta nella base della
Spezia", edizione ottobre 1999, predisposto dal Comando in Capo del
Dipartimento Militare Marittimo dell'Alto Tirreno di La Spezia. Detto
elaborato è stato oggetto di pubblicazione su sito internet; 
come può evincersi dall'elenco indirizzi annesso al documento in esame -
anch'esso reso noto sul sito internet - il piano è stato esteso, tra gli
altri, alla competente Prefettura ed al Comune di La Spezia; 
non rientra nella competenza delle Amministrazioni militari la elaborazione
di "Piani d'emergenza per la popolazione civile". I piani d'emergenza
relativi alla sosta nei porti di unità a propulsione nucleare approntati
dai Comandi militari 
marittimi hanno lo scopo di dettare disposizioni di dettaglio in merito
alle azioni da attuare per il monitoraggio delle manovre e della sosta
delle unità in esame, negli ambiti portuali e nelle relative rade e di
prevedere interventi di concorso ai competenti organismi locali e della
protezione civile nella remota eventualità di incidenti che vedano
coinvolte tali unità; 
è per questo motivo che i piani di emergenza predisposti dai Comandi
militari marittimi sono estesi, tra gli altri, alle Prefetture interessate,
cui risale la competenza per provvedere ad integrare i pertinenti piani di
emergenza di protezione civile con le previsioni elaborate dai Comandi
militari locali. Le Amministrazioni comunali interessate sono anch'esse in
possesso dei piani di emergenza in materia di protezione civile ed hanno
pertanto compiuta cognizione della tematica in esame; 
tutte le soste di unità a propulsione nucleare nei porti nazionali sono
sempre state monitorate e non risulta che si siano mai registrati incidenti
di alcun tipo, né si è a conoscenza di eventuali incidenti in acque
internazionali prospicienti le coste italiane. 
Tenuto conto che unità a propulsione nucleare operano anche nel
Mediterraneo da moltissimi anni senza che risultino essersi verificati -
almeno per quanto concerne le unità militari alleate - incidenti
significativi o situazioni di particolare emergenza appare oggettivo e
legittimo constatare come questa tipologia di mezzi disponga di sistemi
propulsivi con spinte caratteristiche di protezione e sicurezza.