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pace e solidarieta': il sito di Ettore Masina
Nel sito
http://www.geocities.com/Athens/Crete/7721
della Associazione Namaste viene archiviata "La pagina di Ettore Masina".
Li' si possono trovare vari suoi scritti.
Ettore Masina e' un personaggio "storico" della cultura della pace e della
solidarieta' in Italia, presente spesso all'estero per missioni umanitarie.
La sua LETTERA viene inviata a chi la richiede scrivendo all'indirizzo di
via Cinigiano 13, 00139 Roma.
Un contributo per le spese e' gradito: inviarlo sul ccp 49249006 intestato
a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma.
Ecco cosa ha scritto ad esempio nella sua "lettera natalizia". Il testo non
e' certo "invecchiato":
"...L'UNICEF ha diffuso pochi giorni fa un suo rapporto sullo "Stato dei
bambini nel 2000". Avviene tutti gli anni ma poiché, questa volta, ci
avviciniamo al traguardo di un secolo, mi pare che debba assumere un
significato emblematico.
Che cosa dice il rapporto dell'UNICEF? Dice che:
in Italia il 21,2 per cento dei bambini
(dunque uno su cinque) vive in famiglie il cui reddito corrisponde a meno
della metà del reddito medio delle famiglie italiane;
altrove, nel mondo cosiddetto sviluppato, è anche peggio: vivono in
condizioni di assoluta povertà il 21,3 per cento dei
bambini della Gran Bretagna, il 26,3 per cento dei bambini degli Stati Uniti;
nell'Africa subsahariana la mortalità dei bambini sotto i cinque anni è in
netto
aumento: lo scorso anno sono morti 4,1 milioni di piccoli africani contro i
3,3 milioni
del 1980 e ciò a causa delle guerre, della diffusione dell'AIDS e
soprattutto della diminuzione degli aiuti allo sviluppo; negli ultimi dieci
anni guerre (dichiarate oppure no) hanno ucciso oltre 2 milioni di bambini
e ne hanno feriti e mutilati 6 milioni;
trecentomila bambini risultano arruolati in eserciti o formazioni
paramilitari;
nonostante la crescita complessiva della economia mondiale, 1,2 miliardi di
persone devono sopravvivere con un reddito pari a un dollaro al giorno; la
metà di questi miseri è costituita da bambini; in ottanta paesi sui 185
rappresentati all'ONU il reddito pro-capite è più basso di dieci anni fa;
ma, come s'è detto, gli aiuti allo sviluppo continuano a calare: dal 1992
al 1997 si sono ridotti del 21 per cento e addirittura di un terzo da parte
dei G10, Italia, naturalmente, compresa;
oltre 12 milioni di bambini muoiono ogni anno per cause facilmente
prevenibili (malattie infettive, diarree, malattie polmonari, carenze
nutritive). I bambini malnutriti nel mondo sono almeno 169 milioni;
250 milioni di bambini lavorano, spesso in condizioni di quasi-schiavismo e
in attività produttive pericolose;
130 milioni non sanno che cosa sia una scuola;
entro la fine dell'anno 2000 gli orfani a causa dell'AIDS saranno 13
milioni; 11 milioni di bambini, per la maggior parte africani o dell'Asia
meridionale, sono già colpiti dal virus.
Sono cifre aggiornate, ma non nuove: nel senso che sono simili a quelle che
ogni anno l'UNICEF presenta. E indicano, a meditarle un istante, un
genocidio infantile ben più crudele di quello del re Erode. Tuttavia esse
sembrano ai più, quasi per assuefazione, cose "normali" o, al massimo,
incubi da esorcizzare sforzandosi di pensare ad altro o, nel
migliore di casi, attivando la propria generosità. Nei giorni scorsi cento
piazze italiane hanno visto file di buone persone attendere pazientemente
il loro turno per partecipare alla campagna UNICEF "Un giocattolo per chi
non l'ha mai avuto". Spero che nessuno dei lettori di queste righe me ne
vorrà se, dopo avere congruamente apprezzato il buon cuore
natalizio di tanti italiani, mi permetto di dire che si trattava di
un'iniziativa che
confondeva (innocentemente?) la realtà. L'obiettivo non dovrebbe essere
quello di fornire giocattoli: i bambini poveri spesso se ne costruiscono di
infinitamente più belli e "divertenti" di Barbie, l'odiosissima Apostola del
consumismo infantile. L'obiettivo vero dovrebbe essere quello di fare in modo
che i bambini possano giocare: giocare senza riempirsi i polmoni di benzene,
giocare invece di doversi procurare il so-stentamento della giornata;
giocare inve-ce che lavorare a 4 o 5 anni..."
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