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"Il mio viaggio in Kurdistan"
Da: Iole Pinto <iopinto@tin.it>
Data invio: giovedì 27 gennaio 2000 15.45
Oggetto: racconto dal Kurdistan
Sono partita per il Kurdistan iracheno il 21 dicembre e sono ritornata il
14 gennaio.
Ho trascorso a Sulaimanya l'ultimo del nostro anno e millennio. Per il
calendario curdo siamo nel 2699 ed il 21 marzo (Newroz) sarà il 2700.
Sono tornata nel nostro 2000 con tanta amarezza dentro.
Amarezza per la situazione che ho ritrovato laggiù, nell'Iraq del Nord
isolato ed inaccessibile, nella "no flying zone", ex giardino dell'Eden ed
ora lager dove i Curdi vivono rinchiusi da quando è finita la Guerra del
Golfo. Torno dalla terra dove ufficialmente dal '91 non c'è più guerra,
protetta ed ispezionata dall'ONU, e da dove centinaia di profughi
continuano a fuggire per tentare l'approdo sulle nostre difficili coste.
Molti non ce la fanno, gettati in mare dai mercanti di vite, come quel
curdo che l'anno scorso di questi tempi fu ritrovato tra le rocce del
litorale
calabrese, ultima pietra stretta dalle sue mani di giovane scultore. A
Sulaimanya ho conosciuto un suo amico che ne piangeva la morte. Qui da
noi questa notizia "non merita nemmeno due colonne su un giornale o una
musica o parole un po' rimate" come dice una vecchia canzone di Guccini.
Come l'anno scorso anche quest'anno abbiamo portato aiuti agli orfani di
Duhok, Arbil e Sulaimanya ed ai bambini che vivono nei campi di rifugiati,
adottati a distanza dal Comitato di Solidarietà di Siena, di cui faccio
parte. Gocce nel mare, ma di queste gocce c'è davvero bisogno.
Rifugiati di vecchi e nuovi esodi di un genocidio non detto. Si tratta dei
Curdi che dall'Iraq scapparono negli anni '80 e '90 dalle persecuzioni di
Saddam Hussein, dalle armi chimiche, dalle distruzioni dei loro villaggi.
Fuggirono allora in Iran ed in Turchia. Molti morirono durante l'esodo.
Finita la guerra sono ritornati e non hanno più trovato le loro case ed i
loro villaggi, rasi al suolo con sistematicità agghiacciante dai soldati
di Saddam. Ora vivono accampati alle periferie di Duhok, Arbil e
Sulaimanya.
Ai vecchi rifugiati si aggiungono oggi quelli del nuovo esodo: si tratta
dei Curdi scacciati da Kirkuk, colpevoli di vivere nella più grande
riserva petrolifera del mondo. Scacciati via dalla milizia irachena che
continua
la politica di "arabizzazione" di quel territorio con il consenso degli
ispettori dell'ONU, pagati sui fondi degli aiuti umanitari al Kurdistan
iracheno. Si affollano in tendopoli nelle campagne tra Arbil e
Sulaimanya.
Tanti i bambini in questi campi: vittime dell'embargo perchè iracheni, di
discriminazione, perchè curdi, di emarginazione perchè profughi. E vittime
delle mine antiuomo: più di 18 milioni, per il 90% di produzione italiana
(Valmara). Le trovano nei campi, cercano di aprirle per curiosità, per
vedere cosa c'è dentro, come d'istinto farebbe ogni bambino del mondo e ne
rimangono uccisi o orrendamente mutilati. Centinaia ogni mese le vittime.
Questo mi racconta Susanne, infermiera svedese coordinatrice dei due
centri di riabilitazione di Emergency, mia compagna di viaggio per
dodici ore di
deserto siriano. In questi ospedali si curano i sopravvissuti, vengono
loro applicate protesi alle mani ed alle braccia e si insegna poi come
usarle al meglio, come condurre una vita normale in sedia a rotelle, come
continuare a giocare, lavorare o sognare con un paio di stampelle. Susanne
è fiera del lavoro che svolge per conto di questa organizzazione
fondata da
un medico italiano amato in tutto il Kurdistan: Gino Strada.
"Complimenti alla tecnologia italiana", ci ha detto Christopher, il
responsabile della NPA (Norwegian People Aid), una delle 3 ONG presenti
in Kurdistan per lo sminamento: "molte di queste mine sono qui dal
1975: non
ce n'è una che non funzioni"!
Ferisce il cuore come un coltello questa frase, sentirla la mattina del
primo gennaio del 2000, nell'azzurro quasi irreale del cielo di
Sulaimanya. Quando nel 1975 l'Italia vendeva mine all'Iraq si sapeva
che queste mine
sarebbero state usate per l'etnocidio dei Curdi: la guerra tra Iraq e
Iran
cominciò dopo. L'Occidente vendeva mine ed armi chimiche a Saddam Hussein,
per poi dichiarare ufficialmente l'etnocidio dei Curdi un affare di
politica interna irachena, dove non sarebbe stato corretto intervenire.
L'Italia oggi non ha alcun progetto di cooperazione nel Kurdistan
Iracheno, in nessun campo, tantomeno per lo sminamento. A seguito degli
accordi di
Ottawa probabilmente la Valmara si sta riconvertendo e non produce più
mine antiuomo. Ma i venti milioni di mine antiuomo made in Italy
continuano a
colpire i bambini nei campi di rifugiati, i figli dei pastori che
conducono le greggi al pascolo, i contadini che seminano il grano. Il
responsabile
della NPA ci dice anche che nel 2000 il budget per lo sminamento in
Kurdistan verrà ridotto: il Kossovo sembra abbia dirottato molte delle
risorse internazionali, ed il Kurdistan non è più considerato
ufficialmente "zona di emergenza". Anche la solidarietà, si sa, segue
logiche di
commercio e va verso i mercati più promettenti.
Purtroppo a risentire del taglio ai fondi per lo sminamento sono
soprattutto le campagne di prevenzione anti mine che in questi anni MAG
e NPA avevano
intrapreso nelle scuole: se si decide di sminare a ritmi sempre più lenti
ed assolutamente irrisori (meno di diecimila mine/anno) insegniamo
almeno ai
bambini ed alle persone che ci convivono ogni giorno come salvarsi dal
massacro! Spero di riuscire ad avere tempo ed energie sufficienti per
promuovere
alcune iniziative su questi temi. Vorrei riuscire a dire che queste cose
esistono su questa terra, anche se TV e giornali non ne parlano, e
riguardano il nostro paese altrettanto da vicino quanto le sfilate di
moda, la Luna Rossa e Roberto Baggio (peraltro amatissimo dai bambini
curdi,
insieme a Maldini).
Vorrei riuscirlo a fare a nome di tutti i bambini e la gente che abbiamo
incontrato lì, che ci ha accolto con gioia, offrendoci quel che poteva
per antica usanza dell'ospitalità, con la voglia di cancellare anche
se per
un solo momento quella sensazione di assoluto isolamento che oggi
devasta il
popolo curdo ancor di più del doppio embargo e delle sue miserie.
Iole Pinto
Comitato Iniziative di Solidarietà verso il popolo Curdo
Via Martiri di Scalvaia 15 - 53100 Siena
iopinto@tin.it
La campagna di adozioni a distanza dei bambini del Kurdistan iracheno
condotta dal Comitato di Siena continuerà nel 2000 con l'adozione degli
orfani di Arbil, Sulaimanya e Duhok.
Per contribuire:
c/c n. 3715.68 Monte dei Paschi di Siena - Filiale di Siena, Via Banchi di
Sopra, 84 - Intestato a: Associazione Nazionale Partigiani d'Italia -
Comitato Provinciale di Siena - Causale: Adozione a distanza bambini del
Kurdistan
Siena, 24/1/2000
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