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Ciao, Abu Ammar !



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A Parigi, dopo due anni e mezzo di detenzione in un edificio di Ramallah,
sta morendo (avvelenato?) Yasser Arafat, il presidente dell'Autorità
Nazionale Palestinese e leader riconosciuto di tutti i palestinesi.
Il 13 novembre prossimo, migliaia di persone scenderanno di nuovo in piazza
in Italia e nel mondo per la Palestina.
Il nesso tra i due avvenimenti sta nella data.
Il 13 novembre di trenta anni fa, a New York, proprio Yasser Arafat portò
la voce della Palestina dentro l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

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Di fronte agli ambasciatori e ai capi di stato di tutto il mondo, Yasser
Arafat  tenne il famoso discorso delle due alternative: "In un mano ho un
ramoscello di ulivo per fare la pace, nell'altra ho un mitra per fare la
guerra, spetta agli israeliani decidere quale strada vogliono seguire".

Se gli Stati Uniti ed Israele avessero scelto da allora di sostenere la via
della pace, questi trenta anni ci avrebbero risparmiato tutti gli orrori e
le ingiustizie di cui siamo stati testimoni o responsabili in Medio Oriente.
In questi trenta anni Yasser Arafat, Abu Ammar per il suo popolo, è stato
il protagonista di numerosi avvenimenti.
Dalla fuoriuscita dei feddayn dal Libano (garantita dalle potenze
occidentali ma che spianò la strada ai massacri dei civili palestinesi nei
campi di Sabra e Chatila) all'esilio di Tunisi; dal drammatico tentativo di
rientro in Libano con la sanguinosa scissione della resistenza palestinese
alla prima Intifada; dalla dichiarazione di Algeri che riconosceva il
diritto all'esistenza dello Stato di Israele agli accordi di Oslo; dal
rientro in Palestina alla seconda Intifada ed alla sua detenzione negli
ultimi due anni e mezzo dentro il palazzo della Muktada, ridotto in macerie
e circondato dai soldati israeliani a Ramallah.
La cosiddetta comunità internazionale è rimasta scandalosamente inerte di
fronte ad una situazione oltraggiosa che ha visto un capo di stato recluso
per due anni e mezzo.

La propaganda ha cercato di addossare ad Arafat il fallimento degli ultimi
accordi sul futuro dello Stato palestinese: in realtà, quel rifiuto di
Arafat fu un atto di difesa della dignità del popolo palestinese e della
tesi secondo cui non può esserci pace senza giustizia.

Yasser Arafat è stato dato per sconfitto innumerevoli volte, è stato
criticato dagli stessi palestinesi e odiato oltre ogni limite dagli
israeliani, ma Abu Ammar è sempre riuscito a trasformare in vittorie le
sconfitte ed a mantenere il rispetto di tutti i palestinesi, anche di
quelli più critici nei suoi confronti.
Perché è stato Abu Ammar l'uomo che mise fine all'opportunismo dei paesi
arabi sulla Palestina ed a guidare i feddayn palestinesi nella vittoria di
Al Karameh nel 1965 contro l'esercito israeliano. Che impedì la
cancellazione della questione palestinese dopo i massacri del Settembre
Nero in Giordania, di Tal Al Zataar prima e di Sabra e Chatila poi in
Libano.

Se i palestinesi hanno spesso criticato Yasser Arafat, hanno sempre
riconosciuto l'autorevolezza di Abu Ammar. Yasser Arafat era l'uomo delle
trattative e delle concessioni dolorose, Abu Ammar era il leader che non ha
mai sottovalutato il fatto che la libertà è lotta e che nessuna pace è
possibile in Medio Oriente senza giustizia per il popolo palestinese.

Oggi rendiamo onore manifestandolo nel modo più adeguato.

Sabato 13 novembre saremo in piazza in solidarietà con la lotta del popolo
palestinese nell'anniversario di quel discorso del 13 novembre di trenta
anni fa alle Nazioni Unite e di cui l'alternativa tra pace e guerra resta
ancora valida.

Spetta a Bush e Sharon, alla comunità internazionale, dare la risposta alla
questione palestinese che tutto il mondo attende da trenta anni.

Per la pace in Palestina.


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