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Re: GOD DAMN AMERICA!



GOD DAMN AMERICA!Alcuni concetti sono condivisibili e apprezzabili, ma si 
perdono in un delirio che mi pare alquanto inconcludente e povero di reali 
contenuti politici. Abbondanza di retorica vetero-combattente e ridondanza di 
termini mutuati da qualche polveroso proclama delle guerre di indipendenza 
risorgimentali (con tutto il rispetto per gli eroi di quel periodo). Ma chi si 
vuole colpire parlando di "plebei americani"? Si offende tutto un popolo, e non 
si tiene in alcun conto di quella gran parte americana che non ha mai voluto la 
guerra. Trovo volgare e stupido parlare di plebaglia assetata di sangue, ed 
anche molto in contrasto con l'idea di un mondo senza guerre (nonchè con la 
sintassi della lingua italiana...)  trovo la frase "Che si facciano avanti le 
truppe neonaziste dell'Impero saranno affrontate come Stalingrado, strada per 
strada, uno per uno." Ammiro chi si batte per la libertà e per l'indipendenza 
della propria terra, ma ricordiamoci sempre che tra i resistenti iracheni, che 
combattono a viso aperto, si nascondono terroristi vigliacchi che tagliano 
teste anche ad innocenti lavoratori e fanno esplodere per strada inermi civili. 
 
  ----- Original Message ----- 
  From: itacampo at antiimperialista.org 
  To: itacampo at antiimperialista.org 
  Sent: Thursday, November 04, 2004 3:08 PM
  Subject: GOD DAMN AMERICA!


  itacampo at antiimperialista.orgitacampo@antiimperialista.org4-11-2004 14:51





      http://www.antiimperialista.org
      Notiziario del Campo Antimperialista  .... 4 novembre 2004
      itacampo at antiimperialista.org

      Oggi, 4 novembre, e' una'altra data infausta. Mentre le Autorita' 
costituite festeggiano il macello della prima guerra imperialistica, Gaulaiter 
Allawi è stato ricevuto in mezza pompa magna sia dal Papa che da Berlusconi. 
Mentre Yasser Arafat e' entrato in coma.




      Questo Notiziario contiene:

      1. GOOD DAMN AMERICA !
      ... e Fallujia non deve morire
      2. IRAQ: 100.000 I MORTI DELLA GUERRA ANGLOAMERICANA
      3. INIZIATIVA EUROPEA PER KUBAYSI! 
      4. PISA: DUE COMPAGNI SCARCERATI, DUE RESTANO IN GALERA


      1. GOOD DAMN AMERICA!
      ... e Falluja non deve morire

      Diceva Che Guevara il 2 luglio 1961: 
      «Non importa come si chiami il signore che ogni quattro anni il popolo 
statunitense pensa di eleggere per dirigere i suoi destini, perchè in realtà 
tale elezione è viziata alla base; il popolo statunitense ha solo la facoltà di 
eleggere il suo carceriere per quattro anni e a volte gli concedono la grazia 
di rieleggerlo». 
      Oggi le cose stanno messe molto peggio che nel 1961, allora la lotta di 
liberazione avanzava dappertutto. Da Reagan in poi è invece la 
controrivoluzione che avanza, che martella, che spacca, e il cui grido di 
battaglia e' "Good bless America!". Oggi i plebei americani, visto che gli 
schiavi non votano, non scelgono solo il loro carceriere, ma pure il nostro, il 
tiranno dalle cui decisioni dipendono le sorti del mondo. 
      Italo Calvino da parte sua affermava che in guerra un popolo mostra il 
suo spirito, svela la sua reale coscienza. Il popolo americano ha mostrato 
qual'è la propria. Nessun pentimento, nessun rimorso: avanti con la guerra di 
civilta'! Spezzare la schiena a tutti coloro che non si lasciano 
americanizzare! Sterminare ovunque si annidi ogni focolaio di rivolta! Non è 
infatti pro o contro la "guerra mondiale preventiva" che gli americani si sono 
divisi: se avessero votato il macellaio del Vietnam piuttosto che il Boia di 
Bagdad nulla sarebbe cambiato per i popoli ribelli. Kerry non meno di Bush era 
deciso a perseguire il grande disegno imperiale del "nuovo secolo americano".
      Rendendo omaggio al nuovo Cesare Kerry ha affermato?
       "L'America ha bisogno di unità. Spero che il presidente Bush difenderà 
questi valori negli anni a venire. So che questo è un momento difficile, ma ora 
più che mai, con i nostri soldati in pericolo, dobbiamo stare uniti e vincere 
la guerra in Iraq e quella al terrorismo".
      I clintoniani nostrani sono serviti. Loro che hanno ordinato i 
bombardamenti di Belgrado ma esecrano quelli di Bagdad; quelli che quando erano 
al governo hanno per primi parodiato l'America: introdotto il culto del Dio 
mercato, svenduto a privatizzato le proprieta' pubbliche, introdotto col 
Pacchetto Treu flessibilità e mobilità selvagge, leso la Costituzione e la 
democrazia in nome della governabilità e del presidenzialismo.
      Su che cosa dunque si sono divisi plebei americani? Questo è davvero 
decisivo comprendere. Bocciando il liberale Kerry essi hanno colpito a morte il 
liberalismo politicamente corretto, il laicismo modernista, il relativismo 
valoriale, il nichilismo progressita. Tra i due condottieri imperialisti hanno 
preferito la versione texana di Pietro l'Eremita, un fondamentalista che si 
sente il nuovo Messia e attribuisce all'America una missione redentrice di 
carattere escatologico e religioso. Un fanatico che punta alla tempia del mondo 
la sua pistola e intima: "O con Dio o contro di me!". Ha vinto insomma il 
partito della reazione militarista e oscurantista su tutta la linea; il cui 
motto e': Dio, Patria, Famiglia! il Dio ebraico-calvinista della vendetta, la 
Patria della paura, la Famiglia delle tenebre.
      Non è ad Occidente che occorre guardare per avere speranza, ma ad Est. Il 
Boia non si è smentito. Nel suo discorsetto di ringraziamenti per la vittoria 
ha affermato perentoriamente: "Se siamo uniti non ci saranno limiti alle 
possibilita' dell'America". Immaginiamo cosa questo significhi per questo 
Dottor Stranamore. Significa spezzare la schiena ad un popolo che invece di 
accogliere gli aggressori gli sta infliggendo dolorose lezioni, punirlo per 
aver rifiutato di farsi "democratizzare". La vittoria interna infatti non gli 
basta, ha bisogno, per saziare la sete di sangue della plebaglia, di un agnello 
sacrificale, di un successo guerresco di alto valore simbolico. Ha bisogno di 
spazzare via Falluja, l'eroica, dove arde la fiamma delle Resistenza, emblema 
dell'imperitura battaglia di Davide contro Golia. L'Impero ha bisogno della sua 
Masada.
      Per il Boia Falluja e' solo una spina nel fianco, per noi e' il sassolino 
che può inceppare l'intero ingranaggio della guerra imperialista. Come abbiamo 
provato un senso smisurato di schifo davanti alla commedia elettorale, sentiamo 
un'ammirazione altrettanto profonda per i partigiani che stanno aspettando 
sotto le bombe incessanti, tra immani stenti e sofferenze. Che si facciano 
avanti le truppe neonaziste dell'Impero saranno affrontate come Stalingrado, 
strada per strada, uno per uno. Avendo rifiutato di chinare la testa, avendo 
rifiutato l'amnistia che li avrebbe resi schiavi, hanno deciso di combattere 
fino all'ultima pallottola. Falluja è un monito, Falluja è il simbolo vivo 
della rivolta, Falluja è la speranza. Lo è anzitutto per coloro che nel mondo 
sono scesi in piazza contro la guerra, chiedendo la pace. Chiunque accetti di 
assistere inerme alla mattanza, chiunque non porti in piazza il suo cuore, 
chiunque lasci Fallluja morire, non si illuda poi di potersi mettere in pace la 
coscienza, poiche' l'avra' persa per sempre. Se ci siete battete un colpo! 
L'ora della vendetta imperiale si approssima. Vogliono spegnere la fiaccola di 
Falluja, accendiamone migliaia in tutta l'Italia, a testimonianza di una 
solidarieta' non solo politica, ma morale e spirituale.
      Ma oltre al cuore occorre portare in piazza la testa, e la memoria. La 
vittoria di Bush accentua e radicalizza lo scontro in atto, ci dice che tra 
l'Impero americano e le Resistenza non c'e' un luogo mediano, una zona franca.  
E' ora di capire che il fondamentalismo americano (armato fino ai denti di ogni 
tipo di arma di distruzione di massa, tra cui i suoi valori religiosi 
reazionari e sciovinisti) non si batte col "pensiero debole", opponendogli un 
liberalismo politicamente corretto, l'etica imbelle della tolleranza. Le 
elezioni americane, segnate dal consenso a Bush, il piu' alto nella storia 
degli USA, ci dicono che un ciclo storico si chiude e uno nuovo, certo 
drammatico, si apre. La lotta non e' più tra l'americanismo cattivo e quello 
buono, poiche' il secondo ha divorato il primo. La lotta, a scala mondiale, e' 
realmente di civilta', tra imperialismo e liberazione, tra americanismo e 
antiamericanismo. Dove questo non è solo una mera negazione, ma una 
affermazione dei valori universali e indistruttubili, frutto di millenni di 
civilizzazione che Bush tenta vanamente di sradicare: i valori della 
eguaglianza, della liberta' e della fratellanza, del diritto d'ogni popolo a 
ribellarsi alla tirannia. Siamo tutti chiamati in causa, siamo tutti coinvolti.

      2. IRAQ: 100.000 I MORTI DELLA GUERRA ANGLOAMERICANA

      Secondo uno studio condotto dai ricercatori dalla Johns Hopkins 
University, dalla Columbia University e dalla Al Mustansiriya University di 
Baghdad, i morti causati dalla guerra in Iraq non sarebbero 20mila, ma piu' di 
centomila. Vittime delle bombe e della violenza seguita all'invasione 
dell'Iraq, raramente in divisa, più spesso donne e bambini.  Il 95% dei decessi 
è attribuibile a bombardamenti e fuoco da elicottero: la maggior parte delle 
vittime irachene muoiono per mano delle forze della coalizione. Il dato che 
balza agli occhi è che un terzo delle vittime sono concentrate nell'area di 
Falluja, ormai da mesi esposta a pesanti e pressoché quotidiani bombardamenti 
con il preteso di colpire "i covi dei terroristi di al-Zarkawi". Da mesi e mesi 
ormai dobbiamo infatti sentire la litania dei criminali di guerra americani per 
cui i bombardamenti "mirati" su Falluja e la sua provincia sarebbero allo scopo 
di "annientare le basi del terrorista giordano". Siccome i bombardamenti si 
susseguono da otto mesi alla media di almeno un al giorno noi dovremmo credere 
che al-Zarkawi aveva a disposizione qualcosa come 260 basi guerrigliere.  La 
guerra non è solo fatte di bombe, ma di menzogne, specialita' in cui gli 
americani sono insuperabili. Del resto che volete che gliene importi, a coloro 
(inglesi) che spianarano al suolo Dresda facendo in una notte 120mila morti 
civili, o a quelli (americani) che in cinque minuti attuarono l'unico genocidio 
atomico?
      E che volete che gliene importi a Berlusconi e ai suoi sodali di 
sinistra. Loro vedono solo i "terroristi". Loro hanno scelto da che parte 
stare: "meglio la imperfetta democrazia americana che i tagliatori di teste con 
la kefhia". Poiche' in guerra per questi cinici non vale la democrazia (una 
testa un voto), vale quella della romana decimazione ma alla decima potenza. 
Per cui per una testa di collaboratore degli occupanti che fa notizia ce ne 
vogliono almeno mille degli iracheni.




      3. INIZIATIVA EUROPEA PER KUBAYSI! 

      A p p e l l o     I n t e r n a z i o n a l e 
      
http://www.antiimperialista.com/it/view.shtml?category=23&id=1095583651&keyword=+
      L'indirizzo a cui inviare le firme di adesione e' il seguente: 
liberokubaysi at tiscali.it.

      ULTIM'ORA

      Mentre continuano a giungere adesioni all'appello per la liberazione di 
Jabbar al-Kubaysi, le autorita' occupanti americane, grazie alle pressioni 
internazionali, hanno finalemente reso noto dove egli e' detenuto --in un 
carcere superprotetto presso l'aeroporto di Bagdad. 

      Nel frattempo segnaliamo un'importante iniziativa europea per Kubaysi.

      COMUNICATO STAMPA 
      INCONTRO A STRASBURGO PER KUBAYSI

      «Una delegazione a nome dell "Conferenza internazionale di solidarieta' 
col popolo iracheno in lotta" e del francese "Comitato contro la guerra in 
Iraq", composta da 
       Subhi Toma, Bruno Drweski, e Guy Poussy, si e' recata il 26 e 27 ottobre 
al Parlamento europeo di Strasburgo allo scopo di informare I gruppi dei 
deputati  sulla situazione dei prigionieri in Iraq e in particolare quella del 
signor  Abdul Jabbar Al Kubaysi, catturato il 4 settembre da unita' 
dell'esercito americano. Kubaysi è il pesidente dell'Alleanza Patriottica 
Irachena (API) e anche il redattore capo del quotidiano Nida al Watan 
(L'appello della Patria). A questo titolo egli ha pubblicato molti articoli 
denunciando l'occupazione del paese cosi come la presa di ostaggi e gli atti 
terroristici contro la popolazione civile. Ad oggi nemmeno alla Croce Rossa è 
stato permesso di identificare, ne' il reparto militare che l'ha arrestato, ne' 
le ragioni del suo arresto, ne' il suo luogo di detenzione, ancora meno le sue 
condizioni carcerarie. Kubaysi è esiliato in Francia da molti anni. A tutt'oggi 
sua moglie e  suoi figli, cosi come I suoi parenti in Iraq, sono senza sue 
notizie, nonostante tutte le inziative verso le autorita' occupanti. Essi 
vivono in una situazione estremamente precaria.
      La delegazione, dopo aver sollecitato degli incontri con l'insieme dei 
gruppi parlamentari europei, è stata ricevuta da Lilli Gruber (Italia), 
Napolitiano (Italia), Agnoletto (Italia), Brie (Germania), Kohlicek (Cechia), 
Meyer (Spagna), Pflueger (Germania), Portas (Portogallo), e dai collaboratori 
della signora De Keyser (Belgio) e Flautre (Francia).
      Un dossier e' stato consegnato al signor Brok, Presidente della 
Commissione degli Affari Esteri del Parlamento europeo e segretario del gruppo 
del Partito Popolare Europeo.
      Tutti questi deputati si sono impegnati a convocare la Commissione Affari 
Esetri del Parlamento Europeo e la sotto commissione dei diriti dell'uomo 
affinche' queste prendano posizione sulla situazione di Kubaysi e prevedano 
delle azioni in favore dei prigionieri d'opinione in Iraq.
      Strasburgo, 27 ottobre 2004»









      4. PISA: DUE COMPAGNI SCARCERATI, DUE RESTANO IN GALERA

       
      Sabato 30 ottobre soo stati scarcerati a Pisa I compagni Costantino e 
Giuseppe, che erano agli arresti domiciliari per la famigerata inchiesta sulle 
C.O.R. Essi hanno l'obbligo di firma tre volte a settimana. Restano invece in 
carcere Wiliam Frediani e Alessio Perondi.

      INTANTO SI ERA SVOLTA A PISA DUE GIORNI PRIMA UNA ASSEMBLEA PER 
SCARCERARE I PRIGIONIERI

      «Il 28 ottobre presso il complesso "Concetto Marchesi" si è tenuta la 
prima iniziativa pubblica del Comitato contro la Repressione di Pisa dal titolo 
"Rompiamo il silenzio" alla presenza dell'avvocato Giuseppe Pelazza. L'esigenza 
di dare vita a questo comitato è nata quest'estate, come reazione ad 
un'operazione di polizia che ha portato in carcere diversi compagni. L'accusa a 
loro mossa è quella di essere membri delle C.O.R. (Cellule di Offensiva 
Rivoluzionaria) e di aver organizzato ed eseguito alcuni attentati per lo più 
contro esponenti di AN a Pisa qualche anno fa. E' la stessa accusa che ha 
colpito, dal Giugno scorso, il gruppo ecologista pisano "Il Silvestre". 
      Il risultato di questa operazione è stato l'arresto di sette compagni, 
due messi in carcere (Alessio Perondi e William Frediani, militante anche del 
Campo antimperialista) e cinque agli arresti domiciliari restrittivi.

      Per la liberazione dei compagni arrestati a Pisa nei mesi di Giugno e 
Luglio, nell'ambito dell'inchiesta sulle C.O.R (Cellule di Offensiva 
Rivoluzionaria), si sono già svolte alcune manifestazioni cittadine.

      Alla presenza di più di cento persone, Giuseppe Pelazza ha descritto il 
processo di involuzione del diritto in Italia e in Europa a partire dal 2001. 
La partecipazione è stata ottima, superiore alle attese degli stessi 
organizzatori, e il livello del dibattito sviluppatosi durante la serata è 
stato alto. Considerando il clima di freddezza e il silenzio che si era venuto 
a creare attorno a questi compagni nella città di Pisa, c'è veramente da essere 
soddisfatti del risultato. Evidentemente il clima in città sta cambiando e 
attorno ai compagni ancora incarcerati si sta finalmente sviluppando 
un'atmosfera di solidarietà.

      Alla riunione erano presenti, oltre a molte persone non appartenenti ad 
alcuna organizzazione, vari soggetti politici, anche di formazione e 
provenienza molto diversa. Eppure, a prescindere dalle differenze, il clima che 
si è creato nell'assemblea è stato all'insegna dell'unità contro la 
repressione. C'è stata insomma la consapevolezza che il clima repressivo 
venutosi a creare in Italia negli ultimi tempi sia la risposta ad una domanda 
d'ordine che proviene dai settori più reazionari della società e da alcuni 
settori del potere. E di certo non riguarda solo le C.O.R, ma potenzialmente 
tutti coloro che non vogliono omologarsi alle leggi del capitalismo oggi. Il 
passo d'esordio del Comitato di Pisa è stato più che incoraggiante: da questo 
primo passo dovrà nascere una più ampia mobilitazione a favore dei compagni 
arrestati con l'obiettivo della loro immediata liberazione.»

      Comitato contro la Repressione - Pisa