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LA CONVIVENZA E' POSSIBILE - Campagna di sostegno all'Alternative Information Center (Gerusalemme)
- Subject: LA CONVIVENZA E' POSSIBILE - Campagna di sostegno all'Alternative Information Center (Gerusalemme)
- From: "roberto_santi" <roberto_santi at aliceposta.it>
- Date: Mon, 27 Sep 2004 09:53:04 +0200
LA CONVIVENZA E' POSSIBILE
LA CONVIVENZA E' NECESSARIA
Campagna di sostegno all'Alternative Information Center (Gerusalemme) per
una pace giusta in medioriente, per una nuova convivenza in
Palestina/Israele, per ripudiare la guerra e lo "scontro di civiltà" come
prospettiva per il nostro futuro.
PROMOSSA DA:
Associazione per la Pace (http://www.assopace.org)
Rivista ERRE (http://www.erre.info)
Rivista Guerre&Pace (http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace)
Rivista Reds (http://www.ecn.org/reds)
PERCHE' QUESTA CAMPAGNA?
In medioriente oggi sono in corso due occupazioni militari parallele -
quella anglo-americana, con la partecipazione anche di soldati italiani, in
Iraq e quella israeliana dei territori palestinesi. Queste occupazioni non
solamente rappresentano una forma di "ricolonizzazione" della regione, ma
vorrebbero presentarsi al mondo intero come avamposto di una "guerra di
civiltà" la guerra contro il "terrorismo" e per esportare "democrazia e
libertà". In questa guerra ancora una volta le vittime sono donne e uomini
a cui vengono negati diritti fondamentali tra i quali quello di decidere il
proprio futuro. E in gioco c'è la possibilità stessa di pensare ad una
necessaria convivenza tra i popoli della regione e dell'intero pianeta. Noi
vogliamo invece affermare che non solo la convivenza è necessaria, ma che
la convivenza è possibile e lo facciamo cercando di far conoscere le
esperienze di chi in Palestina/Israele lotta sulla frontiera per porre fine
all'occupazione e per costruire una società giusta.
ALTERNATIVE INFORMATION CENTER
"L'AIC è un'organizzazione israelo-palestinese che diffonde informazione,
ricerca e analisi politica sulle società palestinese e israeliana e sul
conflitto israelo-palestinese.
Promuove inoltre una cooperazione tra palestinesi e israeliani sulla base
della giustizia sociale, della solidarietà e della partecipazione le
attività e le pubblicazioni dell'AIC propongono una discussione critica
della realtà politica che si è creata sin dagli accordi di Oslo e dalle sue
applicazioni con una speciale attenzione alle lotte democratiche radicali e
alle posizioni critiche della natura coloniale dello stato di Israele e
delle linee autoritarie che emergono dall'Autorità palestinese".
L'Alternative Information Center è la prima associazione
israelo-palestinese, impegnata nel campo informativo ma anche
nell'iniziativa politica contro l'occupazione israeliana con l'obiettivo di
stabilire un ponte fra i due popoli. In questo senso nell'ultimo periodo è
particolarmente impegnato contro la costruzione del Muro dell'apartheid.
Anche il sostegno diretto alla popolazione palestinese assediata nei propri
villaggi è un'attività costante fin dalla sua nascita. Infine, ma non per
importanza, vi è il sostegno diretto (spese legali, ecc.) ai Refuseniks,
cioè quei soldati, ufficiali e riservisti che rifiutano di prestare
servizio nei Territori palestinesi occupati. L'iniziativa dell'AIC è
rivolta anche alla riflessione e all'impegno contro la globalizzazione e
per questo è sempre presente nelle sessioni internazionali dei vari Social
Forum.
The Alternative Information Center
POBox 3141
Jerusalem 91313
http://www.alternativenews.org
email: aic at alt-info.org
COSA CI PROPONIAMO CON QUESTA CAMPAGNA:
* il sostegno economico dell'AIC
* la diffusione di informazioni sulla resistenza all'occupazione delle
società civili palestinese e israeliana
* la produzione di materiali di conoscenza e di analisi sul conflitto
israelo-palestinese e sulle esperienze di rifiuto della "guerra di civiltà"
COME PUOI AIUTARCI:
* Con un versamento minimo di 20 Euro che serviranno a finanziare le
attività dell'AIC e che daranno diritto a ricevere il bollettino trimestrale
* Distribuendo i materiali informativi prodotti
* Rendendosi disponibili a organizzare incontri e conferenze nella propria
città (in circoli culturali ecc.)
Per contribuire economicamente:
versamento sul c/c postale n.24648206 int. Guerre e Pace (causale: sostegno
AIC)
Per informazioni e contatti:
solidali_aic at yahoo.it
La convivenza sulla frontiera
Una campagna permanente di sostegno all'Alternative Information Center
"La frontiera è evidentemente qualcosa che separa - separa due entità,
separa "noi" dagli "altri", ma la frontiera è anche un luogo di passaggio:
ci sono frontiere che respirano e frontiere chiuse ermeticamente alla
respirazione. Credo che uno dei nostri compiti - non solo come militanti,
ma anche come donne e uomini che condividono una visione del mondo, sia
quello di rendere le frontiere più permeabili possibili. Quello che
caratterizza la sinistra radicale, la sinistra non sionista (o
anti-sionista o post-sionista) in Israele è precisamente questa volontà di
non vedere la frontiera come un muro che separa ma qualcosa che bisogna
attraversare e permeabilizzare". In questo modo ci parlava Michel
Warschawski alla Casa della Cultura di Milano lo scorso marzo, durante una
delle conferenze organizzate in molte città italiane. In quei giorni
abbiamo deciso di lanciare una campagna di sostegno all'alternative
Information Center di Gerusalemme/Betlemme - di cui Warschawski è
co-presidente. In Italia ci sono molti progetti a favore di associazioni
palestinesi e per fortuna è molto larga la rete di solidarietà, politica e
materiale, con la popolazione palestinese. Proprio per questo molte/i
potrebbero domandarsi perché un'altra campagna e perché abbiamo scelto
proprio l'Aic. Alla prima domanda rispondiamo con una versione
dell'immagine di "cento fiori" che è sempre bene fioriscano: non vogliamo
in alcun modo fare concorrenza ad altri progetti, ma provare ad allargare
quella rete di cui parlavamo sopra, attraverso un'iniziativa che si colloca
soprattutto sul versante informativo e di approfondimento dei temi legati
al conflitto israelo-palestinese - qualcosa di cui ci sembra si senta una
grande necessità. In questo modo si risponde anche alla seconda domanda: ci
sembra che il lavoro dell'Aic in Israele e Palestina sia molto importante
proprio per la scelta di aumentare la comunicazione possibile - tra
israeliani e palestinesi, ma anche al di fuori del medioriente.
Come diceva sempre Warschawski: "dato che c'è un rapporto coloniale - una
relazione tra colonizzatore e colonizzato, occupante e occupato - dobbiamo
restituire la parola al colonizzato. E' la ragione per cui nel 1983/84
abbiamo costituito il Centro per l'informazione alternativa (Aic), perché
il primo compito è di lasciare, dare, la parola ai palestinesi; non
spiegare cosa dicono i palestinesi, non parlare al loro posto, ma
restituire loro la parola e pubblicare in ebraico quello che si dice,
quello che si esprime, quello che si scrive e si discute nella società
palestinese.
Il nostro concetto di informazione alternativa non significa semplicemente
dare informazioni che in genere non sono fornite dai grandi mezzi di
informazione di massa, parlare della repressione, ma soprattutto di
tradurre - letteralmente tradurre - quello che si dice e si pensa
nell'altra società".
Lo sforzo vuol essere quello di far giungere in Italia il dibattito che,
pur nell'attuale situazione drammatica, in Palestina/Israele si sta
svolgendo sui nodi cruciali che riguardano il futuro dei due popoli. Il
progetto, ambizioso ma non irrealizzabile, vuole costruire un ponte tra
l'Italia e la Palestina che produca non solo solidarietà contingente, ma
anche momenti di riflessione comune che aiutino i militanti e le militanti
italiane, palestinesi ed israeliani/e a costruire un percorso comune di
lotta, qui e li. Soprattutto la necessità che emerge, importante ed
urgente, è quella di capire i meccanismi di fondo per riuscire a smontare
la costruzione fittizia dell'odio, della paura e del rifiuto dell'altro,
perché pensiamo che il vero futuro dei due popoli (ma anche il nostro.)
passa non attraverso una "separazione" che, con muri o senza, comporta la
legalizzazione di un progetto coloniale, il sionismo, che solo attraverso
la "convivenza necessaria e possibile" può essere sconfitto e superato.
In questo inizio di luglio abbiamo avuto molte prove di quanto sia
importante questo sforzo: la sentenza della Corte Internazionale de L'Aia
contro la costruzione del muro, ribadita dalla risoluzione dell'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite, anche se non produrranno effetti concreti
sulla politica del governo Sharon, hanno mostrato con chiarezza a tutto il
mondo la realtà del "muro dell'apartheid" e rappresentano comunque una
sconfitta politica della politica israeliana.
A questo risultato ci si è arrivati anche grazie alla mobilitazione
internazionale e alla resistenza quotidiana della popolazione palestinese,
in particolare di quei villaggi più esposti agli effetti disastrosi della
presenza del muro.
Un tassello di questa resistenza è stato anche lo sciopero della fame di
oltre una settimana iniziato il 3 luglio da Azmi Bishara, deputato
palestinese al parlamento israeliano, a l quale si sono aggiunti il giorno
successivo, da dieci dirigenti palestinesi di Gerusalemme Est che
rappresentano tutte le tendenze politiche e i movimenti popolari della
regione di Gerusalemme, nonché la direzione della "coalizione palestinese
contro il muro dell'apartheid".
Come scrive ancora Warschawski (che ha anch'egli preso parte - unico
israeliano - allo scipoero della fame su richiesta degli stessi promotori)
in un articolo pubblicato anche da "il manifesto" del 22 luglio scorso
"Questo sciopero della fame aveva un duplice obiettivo: da un lato
attirare, in vista della decisione della Corte di Giustizia Internazionale
dell'Aja, l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale sull'estrema
gravità della situazione causata dalla costruzione del muro. Il secondo
obiettivo dello sciopero della fame era di dare una sferzata alle
mobilitazioni palestinesi contro il muro. Queste sono rimaste, fin ora,
sporadiche ed atomizzate, senza centralizzazione e senza che diventassero
una vera e propria mobilitazione nazionale. C'era la speranza che
un'iniziativa centrale, forte e largamente mediatizzata potesse consentire
un salto di qualità della mobilitazione popolare contro il muro, in un
momento in cui l'Autorità palestinese è in piena crisi ed incapace di
dirigere una reale mobilitazione popolare".
Le difficoltà dell'Anp e dell'insieme della leadership palestinese sono
anche queste state mostrate al mondo intero in quegli stessi giorni -
quando tensioni e scontri si sono succeduti a Gaza in seguito alle vicende
legate alla scelta dei responsabili della sicurezza. I giornali italiani
hanno voluto rubricare questi episodi sotto il titolo della "rivolta contro
la corruzione e la dittatura" di Arafat - spiegazione davvero troppo
parziale.
Dal canto nostro - di chi è sempre stato vicino alle donne e agli uomini
palestinesi e non ha mancato, né mancherà di farlo in futuro - di criticare
le scelte della leadership palestinese che ritenevamo sbagliate (come le
condanne a morte, la burocratizzazione eccessiva, l'espropriazione della
partecipazione popolare ecc.), non possiamo evitare di sottolineare ancora
una volta come la politica israeliana abbia la principale responsabilità
nel costringere i palestinese dentro un quadro di rabbia e impotenza che
espone la società a dinamiche spesso regressive e violente.
Ma rifiutiamo di aderire all'idea che in Israele/Palestina sia un corso un
capitolo dello "scontro di civiltà" globale: non c'è una guerra tra due
popoli, ma un conflitto politico dovuto al permanere ed estendersi
dell'occupazione militare israeliana dei territori palestinesi. La pace
possibile, la pace giusta passa per forza dalla fine di questa occupazione
e dal riconoscimento del diritto all'autodeterminazione delle/dei
palestinesi.
Purtroppo questa realtà rischia di essere oscurata da quello che Tariq Ali
chiama "scontro dei fondamentalismi", che potrebbe davvero rappresentare la
fine di una convivenza - necessaria e possibile - in Israele/Palestina, ma
anche nell'insieme del medioriente (dove una seconda e altrettanto feroce
occupazione è tuttora in corso in Iraq) e forse del mondo.
Per questo crediamo che la campagna "la convivenza possibile, la convivenza
necessaria" - promossa (per ora) dalle riviste Erre, Guerre&Pace e Reds e
dall'Associazione per la Pace - possa rappresentare uno strumento utile a
quelle/i che vogliono disobbedire e disertare a questa "guerra di civiltà".
Sappiamo che sarà un impegno difficile, ma anche un periplo entusiasmante
che ci porterà sicuramente, almeno, a consolidare insieme a tutti e tutte
coloro che ci hanno creduto la prima volta, a costruire un piccolo, ma
importante, tassello di quel Nuovo Mondo per cui tutti i giorni ci
battiamo, in Italia come nel resto del mondo.