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Fwd:Mi hanno girato questo e lo giro a voi...



Torniamo a voi con una testimonianza diretta degli operatori di ICS che abbiamo
pensato sia importante condividere con voi. > > Un modo per raccontare l'Iraq e
Baghdad con gli occhi di chi ci lavora e di chi trova che quattro mura sappiano
rappresentare un'alternativa possibile all'orrore. > > > > La casa di Baghdad e
la logica della guerra. > > > > Sono arrivato a Baghdad alla fine di Aprile del
2003, una delle prime persone che ho conosciuto, dopo Simona Torretta, è stato
Raad, lIngegnere del Ponte Per  a Baghdad. Grazie a lui ho goduto del primo
attimo di respiro dopo una decina di giorni concitatissimi nei quali ICS, Un
Ponte Per e Terre des Hommes Italia hanno definito e presentato il progetto di
emergenza per la fornitura di ossigeno negli ospedali. > > Giravamo come matti

in tutti gli ospedali di Bagdad e allo stesso tempo eravamo riusciti anche a
trovare la ca sa ufficio condivisa da tutti, ora diventata tristemente famosa.
> > Un giorno io e Raad trovammo il tempo di farci un giro nellimmensa Bagdad,
e mentre lui continuava a farmi domande del tipo ma secondo te ce la faremo a
far rinascere il nostro paese? e mentre io pretendevo domande più facili,
abbiamo raggiunto le rovine maestose di un antico palazzo persiano. Lungo la
strada dominavano su tutto i segni dei saccheggi seguiti alla conquista di
Bagdad da parte delle forze di coalizione. > > Raad è appassionato di
fotografia e astronomia. Quando una notte i bombardamenti americani gettarono
Bagdad nel buio, Raad si armò di telescopio e macchina fotografica e passò una
notte intera a guardare le stelle grosse e luminose come non mai. > > Come lo
definirebbero alcuni, Raad è un musulmano moderato. Mite, mai estremo, spesso
ironico. Chissà come gli stessi saggi definirebbero Mahnas, la giovane
operatrice di Intersos, chiusa nel suo velo e nelle sue maniche lunghe ma ener
gica e decisa, colta  e per niente in soggezione di fronte a nessun uomo. > >
Mi chiedo come potrebbe essere definito Sheik Anwar, giovane prelato sciita,
quello che avete visto sui giornali e in televisione con il volto lacerato
dalla stanchezza e dalla preoccupazione. Un uomo che non dorme e non mangia per
cercare di fare qualche cosa per le Simone, per Raad e Mahnas. > > Vestito da
prelato lo è, non stringe neanche la mano alle donne, non pensiate che si sieda
a discutere al vostro tavolo se in vista ci sono bottiglie di birra. E non
pensiate nemmeno che vi condanni Al Sadr per quello che ha fatto. > > Il
problema di come inquadrare Sheik Anwar sul continuum moderati estremisti è più
complicato. > > A Sheik Anwar gli americani hanno ammazzato la moglie in un
posto di blocco, ma se gli uomini della sua comunità gli dicono di andare a
mettere le bombe e di affiancare i combattenti a Al Sadr City lui cerca di
fermarli, li fa ragionare. Ci parla, sì ci par la, fino allo sfinimento. Cosi
come faceva con noi quando eravamo a Baghdad: I want to tell you something.
Queste parole significavano mettersi a sedere, magari con un tè iracheno in
mano e ascoltare, per ore a volte. > > Erano le storie sui massacri di Sciiti
perpetrati da Saddam, le storie del Corano, le storie su Maometto, le storie
della gente del suo quartiere quelle che ci raccontava. E poi chiedeva e
chiedeva, una sete immensa di sapere, una voglia di capire questa gente che
viene dallItalia, dallEuropa.  > > E quanti altri musulmani sono passati nella
casa di Ponte, ICS e Intersos! Saranno stati moderati? Estremisti? Moderato-
estremisti? Mezzo e mezzo? Due terzi e un terzo? > > Cristiani? Certo anche
loro non mancavano nella nostra casa, e non pochi, e non solo Caldei ma anche
Armeni e pensate un po addirittura focolarini. Ma con i cristiani non è che ti
poni certe domande. > > Ma allora che succedeva in quella casa: un putiferio,
una materializza zione del conflitto di civiltà dentro quattro mura? Macché
tutti damore e daccordo... comè possibile? > > Era possibile perché quella casa
era aperta a tutti. Una terra di nessuno, una terra di mezzo dove i
nazionalismi, gli etnicismi e gli etnocentrismi, le identità religiose e di
genere, le proprie convinzioni ideologiche non si annullavano ma si smussavano
incontrandosi, forse sbattendo un po, con quelle di tutti gli altri. > > Quella
casa era uno spazio dove ognuno di noi metteva da parte un po della propria
identità per aprirsi a quelle degli altri. Per esempio, ce lo vedete uno Sheik
Sciita a parlare con un miscredente ateo? Macché noi ci immaginiamo tutti
vecchi barbuti e conservatori alla Khomehini. > > Questa terra di mezzo, questo
porto franco è la dimensione interiore di Simona e Simona, di Raad e Mahnas e
di tutti quelli che abitano e lavorano con noi a Bagdad. > > E la dimensione
interiore di tutti gli iracheni che ci aiutano in questo drammatico momento e
senza dei quali il nostro lavoro di cooperanti non esisterebbe nemmeno. > > In
questo porto franco, se ti ammazzano il figlio con una bomba durante un raid
aereo (circa 150 i bambini morti nei raid aerei di Falluja durante lassedio di
aprile scorso per i quali nessuno ha fatto fiaccolate o acceso candeline) o
durante un random shooting;  se ti accoppano quando vai al mercato; se ti
torturano come un cane in carcere; se installano un governo corrotto (ma
democratico) nel tuo paese dopo averti fatto la guerra con finti pretesti,
nessun occidentale democratico e intriso di sani valori ti chiederà di
dimostrare la tua moderazione di buon musulmano e di buon Iracheno. > > Noi non
abbiamo mai chiesto niente di simile (non siamo abbastanza occidentali?) e
abbiamo pianto con gli iracheni i loro morti, quelli della guerra americana > >
e quelli del terrore. E loro hanno pianto con noi quelli delle Nazioni Unite, i
carabinieri. > > La logica della guerra e la logica del terrore sono paritarie
e si nutrono a vicenda. La guerra e il terrore non vogliono i porti franchi,
specialmente quelli mentali e della ragione, annullano le zone grigie,
impongono il bianco o il nero. Il terrore e la guerra sono entrati nella nostra
casa di Bagdad, ma non dovranno mai entrare nelle nostre teste.   > > Gli
operatori di ICS > >

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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di
DISOBBEDIENZA