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interessante articolo



Riproduciamo un articolo interessante per fare il punto sulla pericolosa
tendenza (diffusa in tutto il centrosinistra, ma presente anche in alcuni
settori del PRC o vicini ad esso) a considerare ogni manifestazione di
terrorismo come parte di un unico progetto e diretta da una sola centrale.
Condividiamo – con analoga prudenza -  l’ipotesi di Ramon Mantovani che
l’uccisione di Enzo Baldoni e questi ultimi sequestri “nascano all'interno
del campo delle forze occupanti ed irachene favorevoli all'occupazione”. Il
che renderebbe come minimo assai discutibile il tono da unità nazionale
dato dalla maggior parte del centrosinistra (che sottolinea che per ora del
ritiro delle truppe non se ne parla neppure, che è cosa diversa da quanto
detto da Bertinotti).
È meno probabile che a compiere queste azioni “mirate” (a cui si aggiunge
oggi l’assassinio dell’operatore palestinese di “Al Arabiya” Mazen Al
Tumalzi, testimone scomodo dei crimini degli occupanti e dell’ostilità
della popolazione) sia stato un vero gruppo di fanatici, sia per la
mancanza di riscontri video o almeno fotografici nelle rivendicazioni,
fatte circolare con ritardo, sia perché un’organizzazione operante a
Baghdad fin dal 1991 contro embargo e bombe come “Un ponte per Baghdad”,
per cui manifestano tanti iracheni, non può essere facilmente scambiata per
un organo delle truppe occupanti, come la Croce Rossa di Scelli. Tuttavia
non la si può escludere.

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Il terrorismo non è un'unica nebulosa
Le Torri gemelle, il sequestro dei 4 volontari del Ponte e Beslan non sono
la stessa cosa, hanno logiche diverse


Mi sembra giusto andare ad un incontro istituzionale delle opposizioni con
il governo. Mi sembra ancor più giusto, in quella sede, sostenere che, al
di là delle diverse posizioni sulla guerra e sul ritiro delle truppe, vada
fatta ogni cosa per ottenere la liberazione delle volontarie e dei
volontari e di qualsiasi ostaggio e sequestrato. Non ho dubbi sul fatto che
in quell'incontro, e sottolineo in quell'incontro, sarebbe stato privo di
senso politico chiedere al governo il ritiro delle truppe subordinando a
questa richiesta ogni interlocuzione con il governo. Dire che la questione
guerra e la questione liberazione delle due volontarie sono dimensioni
diverse non equivale a dire che si sospende la richiesta del ritiro in
attesa della liberazione, né che fra le due cose esiste una gerarchia.
Almeno così io ho interpretato fin da subito le parole di Bertinotti
nonostante il titolo dell'intervista "Ora salviamo le ragazze del ritiro
riparleremo dopo". Ovviamente fra guerra e sequestri esiste un rapporto, un
nesso ed anche una consequenzialità. Ripeto che, volendo, il porsi, in un
rapporto politico con il governo, il tema delle diverse dimensioni del
problema e dei problemi può perfino essere considerato più efficace al fine
di agire contemporaneamente sui due lati della questione. Detto questo,
anche per chiarire che non sono iscritto al partito dei critici in
malafede, dei finti "radicali e coerenti" e dei finti dubbiosi, passo, non
volentieri, ad esprimere le mie critiche, per quello che valgono.
Lasciamo da un lato le speculari critiche ed apprezzamenti della "svolta"
di cui parlano, per esempio, Casarini da un lato e una vera folla di figuri
del centrosinistra dall'altro, guerrafondai ieri, finti pacifisti oggi e
guerrafondai domani. I giochetti che stanno dietro a queste cose sono
piuttosto scoperti, oltre che miserevoli. Io ho letto, però, diverse prese
di posizione animate da dubbi, perplessità e critiche, cito a mò di esempio
quella di Pierluigi Sullo, che denunciano, fondate o meno che siano, un
problema politico. Non un incidente, un'incomprensione o il frutto di una
qualche confusione. Bensì un problema politico di primaria grandezza.
Trovarsi fuori sintonia con parti importanti del movimento è qualcosa di
molto serio che necessita, a mio modesto avviso, di un chiarimento
politico, come chiede più che correttamente Francesco Caruso, e non solo di
un'interpretazione autentica di un'intervista a "Repubblica".

Ho sempre pensato che il segretario del partito abbia il diritto, anzi il
dovere, di muoversi sulla scena politica e sui mass media con grande
determinazione e capacità di manovra. Ma ho anche sempre pensato che, a
volte, più che i voluti o meno effetti eclatanti andrebbe prestata più
attenzione alla fissazione di posizioni chiare ed articolate, possibilmente
frutto di un confronto collettivo. Ho detto confronto, non mediazione, o
peggio ancora sintesi, fra correnti e posizioni. Insomma, per dirla in
altri termini, sarebbe stato meglio fare una riunione e un articolo
articolato ed approfondito, cose che si fanno in poche ore, anche
nottetempo, prima di interviste come quella rilasciata a "Repubblica". Per
me questa non è solo una critica di metodo, è una critica alla concezione
della direzione politica. Poi ho anche questioni di vero e proprio
contenuto da porre. La prima è relativa alla questione del terrorismo.
Intanto dico brutalmente: penso che i sequestri di Enzo Baldoni, dei due
giornalisti francesi e dei quattro di Un Ponte per… non siano opera né
della, cosiddetta o meno, "resistenza", né di formazioni appartenenti alla
organizzazione di Bin Laden o ad altre fondamentaliste islamiche. In altre
parole penso, ripeto penso perché non ho prove né vedo come potrei averne,
che questi sequestri nascano all'interno del campo delle forze occupanti ed
irachene favorevoli all'occupazione. Non penso ad un complotto e ad una
regia né penso ad una operazione condotta sotto copertura da servizi di
paesi occupanti (anche se l'Iraq oggi è una vera selva di agenti di ogni
genere). Penso, però, che i sequestri di persone schierate contro la guerra
sia incompatibile con la stessa logica delle forze guerrigliere politiche e
religiose che si oppongono all'occupazione. Penso che le richieste avanzate
per Baldoni e per i francesi siano alquanto "strane". Penso, cioè, che
possano essere frutto di operazioni, anche diverse fra loro, tese a colpire
persone od organizzazioni come Un Ponte per… per il ruolo svolto in
circostanze specifiche (per esempio Falluja) scaricando, al tempo stesso,
la responsabilità sulla nebulosa "terrorismo". Dire con chiarezza al
governo che se agli ostaggi succedesse qualcosa noi non ci accontenteremmo
della versione comoda della responsabilità dei "terroristi impazziti" mi
pare indispensabile. Non mi sembra sia stato fatto. Per questo, anche se
non posso dire di avere certezze, penso sia sbagliatissimo usare la parola
terrorismo per identificare fenomeni politici completamente diversi, se non
opposti, anche se questi usano metodi barbari, disumani e ingiustificabili
da qualsiasi punto di vista. Ogni fenomeno, anche se barbaro ed
ingiustificabile, anche se usa metodi che possiamo ben definire
terroristici nel senso letterale del termine, ha una sua spiegazione. In
Cecenia i vari governi russi, non solo Putin, con il sostegno del Partito
Comunista invasato di nazionalismo, hanno massacrato un quinto, forse un
quarto come informava bene "Liberazione" qualche giorno fa, della
popolazione cecena. Siamo sicuri che sia l'episodio di Beslan ad aver
superato la soglia dell'orrore? Quale reazione si avrebbe in Italia o in
Francia, se dodici milioni di persone fossero state massacrate da un
esercito più o meno regolare? Se un esercito statale compie un genocidio e
se le forze in campo sono asimmetriche ci si meraviglia delle pratiche
terroristiche? E' proprio questa la spirale guerra terrorismo. Le torri
gemelle, il sequestro delle 3 volontarie e del volontario di Un Ponte per…
e Beslan sono atti terroristici ma non sono la stessa cosa, appartengono
alla dimensione della guerra globale ma hanno logiche diverse.

Sarei presuntuoso se pensassi di dire, con questo, qualcosa di
particolarmente originale, e sarei ingeneroso verso Bertinotti se gli
attribuissi semplificazioni che non sono sue. Insisto solo nel dire che
proprio al fine di fare di tutto per salvare la vita di tutti gli ostaggi
potrebbe essere pericoloso lasciare che gli ultimi sequestri vengano
attribuiti alla nebulosa del "terrorismo". Del resto penso, non da oggi,
che gli Stati Uniti in Iraq non abbiano fallito un bel niente e che il caos
destabilizzante per il paese e per l'intera area fosse un risultato atteso
e non una sorpresa. Una risorsa da utilizzare per prolungare l'occupazione
e per proseguire nella strategia della guerra globale ora a conduzione
unilaterale e domani, magari, a conduzione multilaterale. E non è detto che
la seconda, al fine dell'alimentazione dello scontro di civiltà sia meno
pericolosa della prima.

Ramon Mantovani
(da “Liberazione” dell’11 settembre 2004)


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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di
DISOBBEDIENZA