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Cecenia, stuprate e martiri
- Subject: Cecenia, stuprate e martiri
- From: Gennaro Scala <gennarolasca at yahoo.it>
- Date: Sat, 4 Sep 2004 02:50:28 +0200 (CEST)
Cecenia, stuprate e martiri
http://www.peacereporter.org/it/canali/storie/031204cecenia/
Le donne cecene vittime di violenze sessuali da parte
dei soldati russi reagiscono spesso votandosi al
martirio in nome della causa indipendentista
Grozny (Cecenia, Fed. Russa) 4 dicembre 2003 – La
famiglia Kugayev viveva alla periferia del villaggio
di Tangi-Chu. Quella notte, come ogni altra, Visa e
Rosa avevano messo a letto i loro cinque figli vestiti
di tutto punto, pronti per fuggire rapidamente in caso
di pericolo. E quella notte il pericolo si
materializzò intorno all’una, quando il silenzio del
villaggio che dormiva fu spezzato dal rombo dei motori
di tre camion militari russi e dalle secche raffiche
di fucili mitragliatori. Così i soldati russi
annunciano solitamente il loro arrivo.
I coniugi Kugayev si svegliarono di soprassalto. Visa
corse a svegliare la figlia maggiore, Elsa, di
diciotto anni, dicendole di svegliare i suoi fratelli
e sorelle minori e di scappare. Ma non fecero a tempo.
Quattro soldati della 160esima divisione corazzata
dell’esercito russo sfondarono la porta e fecero
irruzione in casa. Tutti si aspettavano il solito
comportamento, la solita perquisizione in cerca di
guerriglieri fuggiaschi o di armi, condita da urla,
insulti, minacce, botte e distruzione delle povere
suppellettili della casa. Invece no.
Quella notte i militari entrarono in silenzio,
puntarono dritti verso la camera dei figli e presero
Khava, la sorella mezzana di tredici anni. Ma subito
mollarono la presa accorgendosi della presenza di
Elsa, la maggiore. La presero e la portarono via,
mentre lei urlava chiedendo aiuto ai familiari, che
non potevano fare nulla sotto la minaccia dei
kalashnikov puntati addosso. Usciti dalla casa i
militari, Adlan, il fratello più piccolo, corse fuori
dalla porta per inseguire la sorella, ma un soldato lo
colpì alla testa col calcio del fucile facendolo
svenire.
Elsa venne portata in una caserma, violentata
ripetutamente e infine strangolata. I Kugayev sono
fuggiti in Inguscezia, da dove hanno lottato per
chiedere giustizia. E dopo tre anni hanno vinto. Il
colonnello Yuri Budanov, che quella notte del 26 marzo
2003 guidava l’operazione dal cassone di un camion,
dopo essere stato assolto in primo grado, è stato
condannato in appello a dieci anni di prigione per
rapimento, omicidio e stupro. Purtroppo Budanov è uno
dei pochi ufficiali russi ad aver pagato per le
proprie azioni: la giustizia russa tende ad insabbiare
ogni caso che riesca ad arrivare fino in tribunale.
I casi di violenza sessuale su ragazze cecene da parte
di militari russi sono all’ordine del giorno. E
costituiscono, oltre che una tragedia e un’ingiustizia
che pesano come macigni sull’immagine del Cremlino, la
principale causa di un fenomeno triste e inquietante.
Gli stupri sono la causa principale di conversione
delle donne alla lotta armata, o meglio al terrorismo
suicida. Le vittime delle violenze, che nella società
cecena subiscono il biasimo e l’emarginazione da parte
della collettività, si chiudono in loro stesse e
spesso si votano alla morte diventando shaheed,
martiri.
E’ stato, ad esempio, il caso delle sorelle Ganiyevys,
due kamikaze del commando ceceno che il 23 ottobre
2002 parteciparono alla famosa azione al teatro
Dubrovka di Mosca. Tutto si risolse con un blitz delle
forze speciali russe che, facendo uso di gas letali,
uccisero 118 persone tra ostaggi e sequestratori.
Aminat e Khadizhat, nel 2001 erano state rapite dai
soldati russi come Elsa, e come lei violentate dai
militari. Vennero rilasciate. Tornate al loro
villaggio non parlarono più con nessuno. In quel
silenzio di vergogna e rancore maturarono la loro
decisione di sacrificare le loro vite per la causa
dell’indipendenza cecena.
Purtroppo, la risposta di Mosca a questo fenomeno
nuovo delle donne kamikaze è stata la peggiore
possibile. Dopo la tragedia del teatro il Cremlino ha
avviato un’operazione militare in Cecenia mirata a
colpire le donne cecene sospettate di partecipare alla
lotta armata separatista. L’operazione “Fatima”,
questo il suo nome in codice, è stata ovviamente
pretesto di nuove violenze contro le donne. E produrrà
nuove martiri e nuovi martirii.
Enrico Piovesana
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