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Aggiornamento Nablus 20



Nablus, 26 AGOSTO 2004

Due giorni di relativa calma hanno dato tregua alla citta' e ai suoi abitanti.
Scandita pur sempre dall'incertezza e dall'imprevedibilita',
la vita a nablus ha ricominciato a scorrere.
Ho rivisto la via principale finalmente dopo 10 giorni sgombra delle
pietre che gli israeliani avevano accumulato con i bulldozer per impedire l'accesso alla citta' vecchia. Le botteghe e i negozi hanno riaperto, sono tornati anche i venditori ambulanti in strada, ogni singola attivita' ha ripreso il suo corso. Questa mattina siamo allo youth center a comunicare con il mondo (internet) a capire come mai
sulle testate italiane e non solo non si parli mai di Nablus,
dell'ingiustizia che qui si consuma ogni giorno.
Troviamo solo brevi ed insignificanti trafiletti. E' anche vero che altrove prende forma
un'ingiustizia altrettanto assurda incomprensibile (l'Iraq...)che catalizza tutte le attenzioni.
Alle 10 alcuni volontari ci invitano a recarci con loro per verificare le condizioni di alcune famiglie le cui abitazioni sono state occupate.
Si ha notizia di almeno tre edifici occupati. Nel primo, sul retro del vecchio Khan ormai ridotto in macerie, i soldati
sono entrati da questa notte.
Tra mezzanotte e le due un numero consistente di jeep ha infatti invaso la old city.
Da una finestra socchiusa si intravede la canna del fucile del soldato:proviamo a
chiedere di entrare, di farci parlare con il capitano. Nessuna risposta. Intanto nella piazzetta antistante l'edificio prende il via la consueta sassaiola. Alcuni vetri della casa vengono infranti.
Proviamo nella seconda casa. Dopo tentativi che durano 20 minuti, i soldati ci fanno dire attraverso uno dei familiari "in
ostaggio"che se non andiamo via entro 5 minuti spareranno a tutte le persone nella casa.
Facciamo un giro ma siamo subito richiamati dallo scoppio di un ordigno nei pressi della prima abitazione visitata.
Siamo nel mezzo:
da una parte i soldati che sparano, lanciano lacrimogeni per disperdere la folla di ragazzini che lancia pietre; dall'altra i ragazzini appunto ma anche alcuni combattenti che rispondono al fuoco. Il gesto del cecchino e' sempre uguale: socchiude la finestra, prende la mira, lancia bombe acustiche o spara sopra le nostre teste e oltre. La calce del palazzo a cui siamo addossati ci cade tra i capelli.
Arrivano 2 jeep e 2 blindati, si posizionano con il muso verso di noi. Prosegue la sparatoria, proseguiamo a stare attaccati uno all'altro, uno dietro l'altro sperando di non essere colpiti.
Riusciamo a spostarci. La resistenza palestinese si scatena: riesce a forare due gomme della jeep e il radiatore. I soldati si innervosiscono, per 10 minuti sparano senza interrruzione. Mentre una jeep spinge quella danneggiata dal retro,
ci rifugiamo all'interno di una casa. Intanto veniamo a sapere che anche nel city center proseguono gli scontri, l'arrivo di nuove jeep e blindati. Ci sono dei feriti.
Decidiamo di non muoverci dalla nostra postazione, la piazza in cui si trovano le case occupate e' un passaggio obbligato da un quartiere all'altro della old city. Cerchiamo di tutelare le persone che devono raggiungere le loro abitazioni, accompagnandole da un lato all'altro.
Ad ogni passaggio i volontari dall'altro lato ci avvertono se ci sono cecchini pronti a tirare. Nonostante accompagniamo solo donne e bambini i soldati sparano al di sopra delle nostre teste cosi' per il puro gusto di intimidirci.
In una abitazione al centro della piazza, la famiglia decide per stanotte di lasciare la casa.
Accompagno la donna anziana: e' disperata, non smette di piangere, i suoi nipoti camminano turandosi le orecchie con le mani, terrorizzati.
Per quattro ore abbiamo tentato di tutelare l'attraversamento di donne, bambini e qualche ragazzo. Alcune donne mi hanno stretto il braccio cosi' forte da farmi male.
Non sapevano che avevo paura anche io.
Per tutto il pomeriggio gli Apache non hanno smesso di sorvolare Nablus; tre volte hanno sparato, un suono simile ad una mitragliatrice. Ci sembrava sparassero sulla citta' vecchia, piu' tardi ci hanno detto che miravano alle colline a protezione forse delle basi militari. Solo il giorno abbiamo saputo che in realta' i colpi erano frutto di suoni registrati per scatenare il panico tra la folla, fare uscire allo scoperto i combattenti, costringere qualche famiglia della old city ad abbandonare le loro case.
Alle 19 dobbiamo lasciare la citta' vecchia, non c'e' piu' luce e diventa pericoloso per gli internazionali come per i volontari aggirarsi a piedi.
Di nuovo sopraffatti dall'impotenza lasciamo i soldati ad occupare le case dei palestinesi....
Il bilancio della giornata e' di 17 feriti nella sola Nablus.



27 AGOSTO 2004

Oggi e' venerdi, Nablus vive tranquillamente il suo giorno di festa...
Cominciamo le visite presso le famiglie dei nostri amici , considerando che il 
nostro soggiorno a Nablus sta per terminare.

Alle 19 A. ci chiede se vogliamo accompagnarlo presso il Nablus hospital dove e' ricoverata una bambina ferita ieri. Era nella sua casa, nella old city, suo padre ha aperto la finestra per fare uscire il vapore della doccia appena fatta, i soldati hanno sparato in casa ferendo prima lui alla schiena, poi sua figlia Diana sullo zigomo. Sua madre mi mostra un frammento del proiettile che le e' stato estratto. Diana ha il volto tumefatto, gli occhi quasi chiusi, non parla, a fatica prende in mano i nostri regali.
Tornando dall'ospedale il taxista ci informa che ci sono scontri a Faisal Street, la grande via che dalla old city conduce verso Balata. Vediamo il fumo di alcuni pneumatici in fiamme, fatti ardere per impedire il passaggio delle jeep. Quando arriviamo allo youth center ci informano che 24 persone sono state arrestate , portate al checkpoint di Huwwara (dopo tre ore sono state rilasciate.).



28 AGOSTO 2004

Per ora le incursioni dell'esercito israeliano a Nablus sembrano limitate quotidianamente ad aree circoscritte della citta; avvengono per lo piu' nel tardo pomeriggio, quando cioe' la maggior parte delle attivita' quotidiane sono cessate.
Stasera e' il turno del campo profughi di EL AIN. Verso le 19.30 due tank e un altro blindato percorrono avanti e indietro le vie di accesso al campo. Nessuna automobile puo' entrare o uscire. Siamo in ambulanza con F. parliamo molto di quale senso abbia per questi ragazzini tirare pietre a mezzi blindati con la consapevolezza di non poter fare assolutamente nulla per scalfirli e anzi rischiando la vita o comunque di essere feriti.
F mi dice che tirare le pietre e' comunque un modo per dire no, per esprimere un rifiuto, il rifiuto della presenza giornaliera degli occupanti... IO penso che sia un gesto simbolico fortemente stereotipato....Ho visto bambini tirare sassi su qualsiasi cosa, ambulanza, su cani o gatti, senza consapevolezza alcuna quindi di cosa stessero colpendo....E' un gesto che tutti fanno perche' l'hanno visto fare da altri...
I ragazzi ad El ain creano una barricata di pneumatici in fiamme, i soldati sparano tre lacrimogeni, bombe acustiche. La situazione va avanti cosi' per due ore circa, il blindato va avanti e indietro perlustrando le finestre degli appartamenti intorno con un faro potentissimo. Tre edifici sono occupati, tra cui anche la casa di due volontari (fratelli) del MR.
Uno di loro scherzando mi dice che suo padre dovrebbe far pagare all'esercito un affitto visto che la loro casa e' stata occupata tre volte in un mese.
In tarda serata ci dicono che operazioni militari ci sono anche nei villaggi di Salem e Kufar Al-Khalil.



29 Agosto 2004

F. ci porta con l'ambulanza a fare un giro nei dintorni di Nablus, ovviamente senza oltrepassare i checkpoint. Le vie di comunicazione intorno alla citta' sono per lo piu' interrotte, in condizioni disastrose con crateri o cumuli di pietre che ostruiscono qualsiasi passaggio. Sulla strada verso il checkpoint di Beit Furik la desolazione e' devastante. Intorno il nulla, solo le torrette di avvistamento dell'esercito israeliano.
I villaggi intorno sono completamente isolati dalla citta': nessuna possibilita' di entrarvi in automobile, quindi gli abitanti dei villaggi intorno per lo piu' poverissimi, devono percorrere a piedi le colline per arrivare al checkpoint, tentare di superarlo affidandosi alla discrezionalita' dei soldati e poi proseguire con un taxi che li porta in citta'.
Molti usano i muli.
Dalla strada si vede un enorme cratere lungo kilometri scavato dall'esercito per impedire l'attraversamento. Oltre il cratere, gli insediamenti dei coloni. Le aree rurali sono quindi isolate dalla citta'...
Basta pensare a questo: sulla strada verso il checkpoint incontriamo un gruppo di pecore e capre, brucano nella discarica, in mezzo a montagne di spazzatura, e' impossibile per i pastori portarle a pascolare fuori sulle colline. Un'immagine terrificante.
Se a questo isolamento totale delle zone rurali si aggiunge che le infrastrutture della citta' sono state distrutte piu' di 28 volte solo negli ultimi tre anni, si comprende come mai l'area di Nablus sia ora la piu' povera della west bank. Il 50% delle persone sono soto la soglia di poverta' e il tasso di disoccupazione e' del 69%.
Molti dei villaggi intorno, non sono dotati ne' di ospedali ne' di servizi primari come le scuole e risultano dipendenti quindi dalla citta'; in realta' questa dipendenza e' impedita dall'esercito israeliano. Dopo le 7 pm le ambulanze e le mobile clinic non hanno accesso ai villaggi; piu' del 65% delle donne incinte dell'area rurale partoriscono in casa con evidenti rischi di complicazioni.
Il problema educazione ha risvolti altrettanto drammatici: nelle aree rurali molte volte non ci sono scuole, o dove ci sono il normale svolgimento delle lezioni e' impedito dalle incursioni dell'esercito. A beit Furik per esempio, tutti gli insegnanti provengono da Nablus e se per giorni interi i checkpoint vengono chiusi, la scuola viene interrotta. Per non parlare dell'umiliazione quotidiana ai checkpoint.
A. ha fatto l'insegnante di geografia a Beit Furik.
Ogni giorno doveve passare il checkpoint in uscita e in entrata.
Mi racconta che piu' volte i soldati gli hanno sottratto l'id card o lo hanno sottoposto a domande-quiz prima di lasciarlo passare (del tipo...quante stelle ha la bandiera degli Stati Uniti?).
Vediamo da lontano i checkpoint di Beit Furik (oltre si prosegue verso Jenin) e Beit Iba (verso Qualqylia e Tulkarem).
Stessa scena che ho gia' visto a Huwwara e Qualandia.
Una fila di persone in piedi che attendono...Nessun commento all'aberrazione del checkpoint.
Su un altra strada dissestata c'e' un luna park abbandonato. Dall'inizio della seconda intifada e' chiuso. La strada anche qui e' interrotta e presidiata da un posto di blocco.


Mononoke