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Manca la corrente a causa di una lampadina rotta alla Casa Bianca
- Subject: Manca la corrente a causa di una lampadina rotta alla Casa Bianca
- From: "kowalski" <kowalski@informationguerrilla.org>
- Date: Wed, 20 Aug 2003 10:33:10 +0200
- Importance: Normal
MANCA LA CORRENTE A CAUSA DI UNA LAMPADINA ROTTA ALLA CASA BIANCA
di Greg Palast - Fonte: ZNet
Traduzione a cura di Nuovi Mondi Media
http://www.nuovimondimedia.it
La storia degli inglesi che eliminarono 800 posti di lavoro a New York,
portarono via 90 milioni di dollari e spensero la luce
Vi so dire tutto sui malandrini che hanno spento la luce stanotte. Già mi
sono imbattuto in queste persone – la Niagara Mohawk Power Company – qualche
anno fa. Prima di diventare giornalista mi sono guadagnato da vivere
investigando sugli imbrogli delle aziende. Negli anni ’80 “NiMo” costruì una
centrale nucleare, Nine Mile Point, un catorcio tremendamente costoso per
cui NiMo e i suoi partner hanno fatto spendere miliardi agli utenti della
rete elettrica dello stato di New York.
Per realizzare questo imbroglio di kilowatt, il consorzio guidato dalla NiMo
fabbricò ad arte dei rapporti su costo e durata dei lavori, quindi fece un
lavoro alla Harry Potter sui registri contabili. Nel 1988 io stesso mostrai
a una giuria la nota di un funzionario di una delle aziende, la Long Island
Lighting, che istruiva un capo della NiMo su come mentire ai responsabili
del governo. La giuria ordinò alla LIL di pagare 4,3 miliardi di dollari e
infine di chiudere l’attività.
Ed è questo il motivo per cui, se sei nel nord-est, stai leggendo a lume di
candela. Ecco cosa accadde. Dopo che la LIL fu schiacciata dalla legge, dopo
che il governo sanzionò con multe per un totale di decine di miliardi di
dollari la Niagara Mohawk e dozzine di altre aziende di pubblica utilità in
tutta l’America, intente a truccare libri contabili e a contraffare
documenti, i leader dell’industria si unirono nel giurare che non avrebbero
mai più infranto le regole. Il loro progetto non era di seguire le regole,
ma di eliminarle. Lo chiamarono ‘deregulation’.
Era una specie di consorzio di rapinatori che cercavano il modo di rendere
legale lo scasso.
Ma non osarono lanciare il progetto negli USA. Piuttosto, nel 1990, un
manipolo di ambigui operatori del Texas, Houston Natural Gas, operanti sotto
il nome di ‘Enron’, persuasero un fanatico oltre misura del libero mercato,
il primo ministro inglese Margaret Thatcher, ad autorizzare la prima
centrale elettrica completamente deregolamentata dell’emisfero.
Così iniziò un disastro economico che si propagò più velocemente della SARS.
Per la cronaca, la Enron ricompensò il ministro per l’energia della
Thatcher, Lord Wakeham, con vari contratti di consulenza ed un posto in
consiglio di amministrazione. L’esperimento inglese mostrò la fattibilità
della nuova formula industriale della Enron: cioè che l’entusiasmo dei
politici per la deregulation era direttamente proporzionale alle bustarelle
pagate dalle aziende produttrici di energia.
L’elite dell’energia mosse i suoi primi passi in Inghilterra perché sapeva
che gli americani non avrebbero digerito facilmente la pozione magica della
deregulation. Gli USA erano abituati all’energia a basso prezzo disponibile
allo scattare dell’interruttore. Questa era l’eredità di Franklin Roosevelt,
che nel 1933 fece imprigionare colui che credeva fosse l’ultimo pirata dell’
energia, Samuel Insull. Attivissimo a Wall Street, Insull creò il Power
Trust e, sessant’anni prima di Ken Lay, falsificò i bilanci e truffò i
consumatori. Per troncare le speranze di Insull e quelli come lui, Roosevelt
creò la Federal Power Commission e la Public Utilities Holding Company Act,
legge che metteva sull’attenti le compagnie elettriche. Norme dettagliate
limitavano i prezzi alla spesa effettiva più un guadagno fissato dal
governo. La legge vietava la compravendita di energia e obbligava le aziende
a fare tutto alla luce del sole, sotto la minaccia dell’arresto – nessuna
minaccia di black-out per aumentare i prezzi.
Cosa di particolare importanza mentre scrivo qui al buio, la legge fissava
esattamente la somma che si sarebbe dovuta spendere per assicurare che il
sistema fosse in buono stato e che la corrente non andasse via. I burocrati
cercavano il pelo nell’uovo e come me rovistavano i libri contabili per
assicurarsi che i dirigenti delle aziende di energia spendessero i soldi dei
loro clienti in lavoro e pezzi di ricambio. Se non lo avessero fatto, gli
avremmo sbattuto in testa il nostro pesante regolamento. Ostacolammo lo
spirito imprenditoriale di questi uomini d’affari ? Facemmo più che bene.
Cosa importantissima, Roosevelt proibì i contributi ai politici da parte
delle aziende di pubblica utilità – nessun finanziamento diretto, nessun
finanziamento indiretto, nessun finanziamento punto e basta.
Ma poi venne George il Primo. Nel 1992, giusto prima di lasciare la Casa
Bianca, il presidente Bush senior diede all’industria dell’energia un lungo
e profondo bacio d’addio: deregolamentazione federale dell’energia. Era un’
eredità che desiderava lasciare al figlio, la gratitudine delle aziende
produttrici di energia, che versarono 16 milioni di dollari per la campagna
dei repubblicani nel 2000, sette volte la somma data ai democratici.
Ma con il regalo di Bush padre, la deregolamentazione dei prezzi all’
ingrosso a livello federale, i pirati dell’energia non avevano ancora in
mano il bottino del contribuente. Il grande giorno di paga sarebbe arrivato
con la deregolamentazione a livello statale. C’erano solo due stati,
California e Texas, abbastanza grandi e abbastanza repubblicani per mettere
in atto il mercato dell’elettricità.
La prima a cadere fu la California. Le società produttrici di energia
spesero 39 milioni di dollari per far fallire un referendum del 1998,
promosso da Ralph Nader, che avrebbe bloccato la deregulation. Altri 37
milioni furono spesi per fare pressione e lubrificare i forzieri elettorali
dei politici statali in modo da rendere legge una bugia: nella premessa alla
legge sulla deregulation, si prevede che le tariffe dell’elettricità ne
risultino ridotte del 20%. In effetti, nella prima città californiana ‘senza
regole’, San Diego, il 20% di risparmio divenne un aumento del 300% delle
tariffe addizionali.
La Enron ha circuito la California e le ha leccato i baffi. Come
contributore numero uno alla campagna elettorale di George W. Bush aveva
fiducia nel futuro. Insieme a una mezza dozzina di altre società controllava
il 100% della disponibilità di energia necessaria alla California. Il loro
motto: “o la borsa, o la luce”.
Enron e i suoi compagni hanno usato il sistema come un bancomat rotto,
strappando via le ricevute. Per esempio, nelle vergognose gare per l’appalto
dell’elettricità fatte dallo stato, la Enron offrì in un’occasione di
fornire 500 megawatt di elettricità su una linea da 15 megawatt. Come
versare una tanica di benzina in un ditale – le linee brucerebbero se si
provasse. Di fronte al black-out minacciato dall’offerta Enron, lo stato
avrebbe pagato qualsiasi cosa pur di mantenere le luci accese.
E lo fece. Secondo il Dr. Anjali Sheffrin, economista presso l’Independent
System Operator della California, che soprassiede alla distribuzione di
energia, tra il maggio e il novembre del 2000 tre giganti dell’energia hanno
limitato, fisicamente o ‘economicamente’, la distribuzione di energia
elettrica allo Stato e architettato delle offerte sufficientemente
ingannevoli per causare un addebito extra di oltre 6,2 miliardi di dollari
ai clienti della California.
Fu solo il 20 dicembre 2000 che, con le luci spente sul Golden Gate, Bill
Clinton, un tempo promotore della deregulation, ritrovò l’anima democratica
perduta ed impose dei limiti di prezzo in California mentre la Enron veniva
estromessa dal mercato.
Ma i bucanieri della lampadina non dovettero aspettare troppo per rimettere
i loro uncini sulla cassa del tesoro. Tre giorni dopo essersi installato
alla Casa Bianca, mentre ancora si scopavano i cocci dello champagne
inaugurale, George Bush il Secondo capovolse il decreto di Clinton e riportò
sul mercato della California i pirati dell’energia. Enron, Reliant (alias
Houston Industries), TXU (alias Texas Utilities) e gli altri che avevano
tagliato economicamente i cavi elettrici alla California sapevano che
avrebbero potuto contare su Dubya che, da governatore dello Stato della
‘stella solitaria’, concesse loro la deregolamentazione più ricca d’America.
Nel frattempo, il baco della deregulation era arrivato a New York, dove il
governatore repubblicano George Pataki e i suoi delegati alla pubblica
utilità provenienti dall’industria eliminarono il limite imposto al prezzo
dell’elettricità e sollevarono i miei vecchi amici della Niagara Mohawk dal
costoso onere della manutenzione adeguata della rete.
Così l’asse Pataki-Bush permise qualcosa che deve aver fatto rivoltare nella
tomba Roosevelt, che fu governatore di New York: fu consentito ad un’azienda
estera, proveniente dalla National Grid of England, di comprare NiMo e
licenziare 800 dipendenti, trasformando così la maggior parte dei loro
salari in un bonus di quasi 90 milioni di dollari per gli azionisti NiMo.
È una sorpresa il black-out di stanotte ? Certo no, non per noi del campo
che abbiamo osservato gli amici di Bush mentre giocavano con gli
interruttori del mondo. In Brasile, la Houston Industries si è impossessata
della compagnia elettrica di Rio de Janeiro. I texani (aiutati dai loro
partner francesi) hanno licenziato lavoratori, aumentato i prezzi, tagliato
le spese di manutenzione e, CLICK! la corrente se ne va così spesso che ora
la chiamano ‘Rio Dark’.
Allo stesso modo i proprietari inglesi della Niagara Mohawk, cavalcando il
libero mercato, hanno aumentato i prezzi, tagliato il personale, trascurato
la manutenzione e CLICK! New York si unisce al Brasile nell’era del buio.
I californiani hanno trovato la soluzione al disastro della deregulation:
sottoporre a un voto di fiducia l’unico governatore della nazione che possa
tener testa a quelli che decidono il prezzo della corrente. E, a differenza
di Arnold Schwarzenegger, il governatore Gray Davis ha affrontato da solo i
cattivi ragazzi, senza usare controfigure. Davis definì la Reliant
Corporation di Houston un mucchio di pirati ed ora cammina su un’asse a un
passo dall’oceano per aver osato sfidare i predoni del Texas.
E il Presidente dov’è ? Prima che atterrasse sul tetto dell’Abe Lincoln, la
Casa Bianca era così preoccupata per i suoi coraggiosi ragazzi alle prese
col nemico che ha usato la guerra come pretesto per richiedere al Congresso
una deregolamentazione ancora maggiore dell’elettricità. Ciò ha una certa
logica: non ha senso sconfiggere l’Iraq se in California rimane un regime
ostile.
Seduto al buio, mentre la batteria del mio computer portatile va
scaricandosi, non so se la verità sulla deregulation verrà mai a galla –
finchè non si cambierà la lampadina rotta alla Casa Bianca.
Le inchieste di Greg Palast che hanno vinto premi per BBC e Guardian papers
of Britain possono essere consultate presso www.gregpalast.com. Greg Palast
è autore di una famosa inchiesta del New York Times, “The best democracy
money can buy” (Penguin USA) e di una semisconosciuta, “Democracy and
regulation”, una guida alla deregolamentazione dell’elettricità pubblicata
dalle Nazioni Unite (scritta con T. MacGregor e J. Oppenheim).
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