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quell'ora di religione cattolica
- Subject: quell'ora di religione cattolica
- From: "Associazione Partenia" <partenia@libero.it>
- Date: Wed, 23 Apr 2003 20:33:51 +0200
DARE SOSTANZA ALLA PAROLA P A C E PER ESSERE CREDIBILI.
ASSOCIAZIONE PARTENIA http://utenti.tripod.it/partenia
QUELL'ORA DI RELIGIONE
Da un concordato all'altro una realtà che divide invece di unire
di UMBERTO GALIMBERTI
A proposito di un mio breve articolo apparso su La Repubblica in occasione
dell'anniversario del Nuovo Concordato firmato da Bettino Craxi nel 1984,
un lettore, che si firma lager@interfree.it, mi scrive: "Non mi capacito a
ritenere -come fa lei- che per forza o comunque con alta probabilità la
religione debba "diventare principio di divisione, quando addirittura di
disprezzo e odio". Mi chiedo: è ineluttabile il fatto che se un uomo
riconosce di appartenere debba per forza diventare ostile altri altri?
Possedere un'identità è uno stato di necessitante violenza? Nessuna
corrente di psicologia sottoscriverebbe che l'appartenenza è una minaccia
ma all'opposto è un principio di realtà e di sanità. Anche la religione se
vissuta per quello che è, è una dimensione umana, fa bene a tutti e alla
scuola!."
In linea di principio nulla da obiettare alla posizione del mio lettore.
Ogni cultura, infatti, come ricordavo nel mio precedente articolo, ha il
suo sfondo religioso di provenienza, dove è facilmente riconoscibile la
simbolica sottesa a un popolo, a una nazione, a un modo di fare civiltà. Ma
che significa la traduzione di questo principio generale, in sè valido e
giustificato, nella pratica dell'insegnamento della religione nella scuola?
E ancora: che significa oggi quando la nostra società sta diventando sempre
più multiculturale e la religione, che non diventa "conoscenza delle
religioni" può diventare principio di divisione, di reciproca diffidenza,
quando non addirittura di disprezzo e di odio?
Se è vero infatti, come dicevamo poc'anzi, che nella religione è custodita
la simbolica di un popolo, lo scenario della sua appartenenza, quando non
il luogo di riconoscimento della propria identità, il tutto radicato in
quella dimensione pre-razionale tipica dei simboli che, in quanto
pre-razionali, non facilita la dialogicità, non è difficile rendersi conto
che legiferare sul "religioso" significa legiferare su una materia
delicatissima dove in gioco non c'è solo l' "ora di religione", ma i temi
profondi dell'identità e dell'appartenenza, attraverso cui ciascun
individuo giunge al riconoscimento di sè.
La legislazione del Concordato firmato da Mussolini nel 1929 consentiva a
chi non si riconosceva nella religione cattolica di chiedere l'esonero
dall'ora di religione. Una forma umiliante di emarginazione per i pochi
coraggiosi che se ne avvalevano e che, avvalendosene, dovevano già da
piccoli imparare che cosa vuol dire essere un "diverso" in un gruppo, e
dover sempre giustificare la propria posizione che il gruppo aveva già
investito di proiezioni negative.
Fu per ovviare a questo inconveniente che nei primi anni Ottanta un gruppo
di pedagogisti, di uomini di scuola e uomini di cultura iniziarono a
predisporre i "nuovi programmi" della scuola elementare. E, nonostante il
loro diverso orientamento, trovarono un accordo che prevedeva la
sostituzione dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole di
ogni ordine e grado con una materia che avrebbe dovuto chiamarsi
"conoscenza dei fatti religiosi".
Con questa sostituzione essi ritenevano che fosse opportunoi sottrarre la
religione al vincolo della "fede" (luogo di identità e di appartenenza
forte, perchè pre-razionale) per inserirla nell'ambito del "sapere" e della
"conoscenza" che non sono mai luoghi di divisione, ma di dialogo, perchè
oltrepassano la soglia del regime simbolico dove la dialogicità è
impossibile.
Il loro generoso tentativo fu bruscamente interrotto dall'emanazione del
Nuovo Concordato firmato da Craxi nel 1984 che prevedeva che l'insegnamento
della religione cattolica (e qui vorrei che l'aggettivo "cattolica", per
correttezza e per evitare subdoli equivoci, accompagnasse sempre
l'impropria dizione: "Ora di religione") fosse opzionale e, come dice il
testo, i "non avvalentesi" potessero chiedere materie alternative o
allontanarsi dalla scuola.
A questa soluzione non furono estranee le pressioni della Chiesa,
preoccupata da un lato di non privare decine di migliaia di insegnanti di
religione cattolica ( il 20% dei quali sacerdoti), nominati direttamente
dai vescovi, che avrebbero visto ridursi drasticamente le loro possibilità
di lavoro remunerato dalla Stato, e dall'altro di non perdere attenti
ascoltatori in quella fascia di età in cui si formano e, inutile
nasconderselo, si condizionano le coscienze.
I risultati furono quelli che oggi ancora constatiamo: il 93% degli
studenti, con un minimo in Toscana (84%) e un massimo in Puglia (98%),
segue bene o male, volenti o nolenti l'ora di religione (cattolica), E per
gli ebrei, per i musulmani, per i protestanti, per i Testimoni di Geova,
per i mormoni, per i seguaci delle credenze new age, per gli agnostici, per
gli atei? Reclameranno sempre di più la possibilità di seguire i corsi
della loro religione? Probabilmente sì. Basta leggere la circolare del
ministro Moratti che baratta la presenza del crocefisso in classe con
l'invito alle scuole di offrire luoghi di culto (non di conoscenza) per le
altre religioni, naturalmente, come precisa la circolare, in orario
extrascolastico.
Arriveremo a fare come in Olanda dove i genitori hanno il diritto di
richiedere scuole cattoliche per i cattolici, scuole protestanti per i
protestanti, scuole del proprio cuulto per gli altri, e infine scuole senza
religione per i non credenti che sono il 40% della popolazione? Spero di
no. Perchè una simile situazione, lungi dall'essere rispettosa della
"libertà", come i più rozzi credono, tutela l' "appartenenza" a un gruppo
religioso piuttosto che a un altro, inculcando nei bambini, fino
dall'asilo, il principio della divisione secondo categorie di appartenenza
religiosa.
E sapete che bel servizio facciamo a questi bambini, insegnando loro a
dividersi e a differenziarsi per credo religioso, quando poi saranno
costretti a vivere in una società multiculturale, quale va prospettandosi
per effetto dei flussi migratori, senza uno straccio di conoscenza per
capire l'altro? Non è forse merito della scuola "pubblica", a differenza di
quella confessionale (che in Italia vuol dire "cattolica"), offrire fin
dall'infanzia un luogo privilegiato di incontro, di integrazione, di
scambio, di tolleranza, di conoscenza reciproca? Non sono questi valori più
importanti e più idonei per vivere in società multietniche quali sempre
più saranno le nostre, di quanto non sia il valore dell'appartenenza che
comunque si assorbe da ogni parte e non certo nell' "ora di religione"?
E se la scuola non fa questo lavoro di incontro e reciproca conoscenza a
partire dall'infanzia, dove le idee si radicano più profondamente, non
viene meno a uno dei suoi compiti che è poi quello di dare a ciascun
individuo strumenti psichici e culturali per potersi muovere meglio in
società dove convivono molte fedi? La storia infatti non è
irrimediabilmente consegnata alle lotte tra integralismi. quindi alle
guerre, agli olocausti, ai razzismi, alle reciproche diffidenze, solo se la
scuola non viene meno al suo compito, che non è quello di insegnare a uno
"chi è", ma "come fa" e di quali strumenti dispone per "incontrare
l'altro". Dal momento che l'altro è qui con noi, a fianco di noi, in mezzo
a noi. E noi per lui siamo "altri" con cui è possibile "fare la guerra" o
"mettersi a parlare" per meglio intendersi.
Per guadagnare questi valori di convivenza, non occasionalmente ma
strutturalmente, è necessario insegnarli fin da bambini. E quale occasione
migliore dell' "ora di religione" declinata in un' "ora di conoscenza delle
religioni" dove alla "fede", che di solito aiuta a radicarsi nella propria
identità, si sostituisce il "sapere" che, oltre ad avere, rispetto alla
fede, una maggior parentela con la cultura, apre al dialogo e alla
comprensione.
Oggi il Papa parla con forza di pace e con lui la Chiesa nel suo complesso.
Ma siccome sappiamo tutti che la pace non basta predicarla alla vigilia
delle guerre, ma occorre costruirla pazientemente come disposizione
dell'animo di ognuno, perchè il Vaticano non rinuncia unilateralmente al
capitolo del Nuovo Concordato che riguarda l'insegnamento dell'ora di
religione (cattolica) e non sollecita la sua sostituzione con un'ora di
"conoscenza delle religioni", in modo che già da bambini si sappia che le
differenze di religione sono la base delle differenze delle culture con
cui, se non vogliamo essere sempre in guerra, bisognerà pure intendersi.
Ben sapendo che non c'è possibilità di intesa se non c'è conoscenza.
Parlo di un gesto unilaterale del Vaticano perchè la composizione del
nostro attuale governo non consente a nessuna delle sue componenti di
operare una simile scelta. La Lega infatti è così radicata nel suo
localismo da non tollerare contaminazioni etniche. Alleanza Nazionale ha
sempre vissuto la cristianità come un fondamentale della sua identità.
All'Udc non par vero di appartenere ad una coalizione di governo che
favorisce le scuole "private" che in Italia vogliono soprattutto dire
"confessionali" e "cattoliche". Forza Italia si riconosce in un leader
che, pur di cementare la sua amicizia con Bush, non esita a seguirlo
acriticamente in ogni avventura.
E allora sia il Vaticano, che nelle parole del Papa e dei suoi vescovi non
c'è giorno che non ribadisca la necessità della pace, a farsi promotore di
una iniziativa unilaterale che dia sostanza a questa parola. E dica:
nell'ora di religione insegnamo fin da bambini il senso e il significato di
tutte le religioni, in modo da costruire "uomini di pace" inceve che
"uomini di appartenenza" di cui la religione è la prima radice. Allora, e
solo allora, anche le parole di pace della Chiesa saranno credibili.
Davvero credibili.
(da La Repubblica del 15.4.2003)
(chi desidera essere depennato da questa ML abbia la cortesia di
comunicarlo firmandosi. grazie
Associazione Partenia http://utenti.tripod.it/partenia)