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Cofferati: errore incomprensibile quel voto sull'Iraq



Cofferati: errore incomprensibile quel voto sull'Iraq
"Trovo fastidiosa l'enfasi sul presunto riformismo di chi si è astenuto"
 Nelle elezioni europee si vota con il proporzionale "che non solo
permette, ma incoraggia una ulteriore articolazione dell'Ulivo"
intervista di andrea geremicca
                  19/4/2003

ROMA SONO le otto della sera, Sergio Cofferati toglie via la giacca,
arrotola le maniche della camicia, apre una lattina di Coca e dice
finalmente quello che, per pura prudenza, non aveva voluto dire già
martedì, giorno delle astensioni incrociate in Parlamento sull'invio della
missione umanitaria italiana in Iraq: "Un errore incomprensibile". E'
precisamente così che il Cinese marchia la scelta compiuta dalla parte
maggioritaria dell'Ulivo: "Un errore incomprensibile. Col quale, per di
più, il riformismo non c'entra nulla: anche se ho visto che leader politici
e commentatori hanno voluto enfatizzare e caratterizzare quel voto
sbagliato proprio così". E non basta, perchè quel voto non è solo un
"errore", ma è anche foriero di guai maggiori: perchè tra un mese ci sono
le elezioni amministrative, dice Cofferati, ma poi arriveranno quelle
europee ed il meccanismo proporzionale col quale si svolgeranno "non solo
permette, ma incoraggia una ulteriore articolazione dell'Ulivo". Non è
l'annuncio delle tanto temute (o auspicate) "liste arcolabaleno" targate
Cofferati (la cui nascita, anzi, il Cinese smentisce di nuovo): è però
l'avvertimento che se le cose dentro l'Ulivo dovessero continuare così, al
voto europeo dell'anno prossimo tutto potrebbe diventare possibile e
incontrollabile. Ma andiamo con ordine.
Martedì scorso Margherita, metà Ds, Sdi e Udeur si sono astenuti in
Parlamento sulla mozione con la quale la maggioranza ha dato il via libera
alla missione italiana in Iraq. Dopo il voto, tutti pronosticavano: ora
Cofferati gliele canta. Ma passa martedì e Cofferati non parla. Arriva
mercoledì e Cofferati tace. Viene giovedì e nulla succede.  Permetta la
curiosità: perchè se ne è stato così in silenzio?
"In fondo, il motivo è implicito nella domanda: un commento a caldo avrebbe
ridato la stura a nuove polemiche e introdotto ulteriori tensioni.
Ovviamente, un'opinione l'avevo da subito: e devo dire che i fatti dei
giorni seguenti l'hanno confermata".  Possiamo dunque conoscerla, questa
opinione?
"Che si è trattato di un errore incomprensibile. Un errore che produce la
dispersione di un valore che l'Ulivo, pur se con qualche difficoltà, era
riuscito a cogliere ed a cementare: costruendo, su un terreno difficile
come quello della pace e della guerra, un rapporto positivo con un
movimento ampio e composito. E guardi che quando parlo di movimento non
intendo semplicemente riferirmi a chi ha manifestato in piazza: penso, più
in generale, all'opinione pubblica che aveva - nella sua maggioranza -
mostrato chiaramente una esplicita contrarietà alla guerra".
Presidente Cofferati, in Parlamento non si votava per il sì o il no alla
guerra...
"Questo lo vedremo poi. Io per ora osservo che quel voto rischia di
disperdere un patrimonio che si stava faticosamente costruendo; e che, in
più, contiene un salto logico per me incomprensibile. Il problema non è
solo nello scarto tra le posizioni annunciate e poi non confermate: e cioè
che era un errore inviare nostri soldati in Iraq senza una iniziativa che
fosse concordata in sede Onu o europea. Il salto logico è anche nelle
posizioni precedenti che, appunto sulla guerra, erano state assunte
dall'Ulivo. Parlo di salto logico perchè nulla è intervenuto, né nella
linea governativa nè nel quadro internazionale, che giustificasse un cambio
di posizione. Come le ho detto, i fatti delle ore e dei giorni successivi
al voto mi hanno confermato nell'opinione che avevo maturato da subito".
Se si riferisce ai duri commenti rilasciati dal presidente Berlusconi a
proposito di quel voto, immaginiamo che lei ne sia stato felice. E' così?
"Può anche non credermi, ma non mi hanno sorpreso per nulla. E non solo
perchè era già successo in altre occasioni, ma soprattutto in ragione del
fatto che quel modo di comportarsi e di esprimersi è ormai un tratto
sistematico del modo di concepire i rapporti da parte del presidente del
Consiglio.  Devo dirle, però, che se anche Berlusconi avesse apprezzato
quelle astensioni, il mio giudizio non sarebbe cambiato, perchè io contesto
il merito su cui quel voto è stato espresso. I commenti di Berlusconi, se
vuole, confermano solo l'idea che lui ha dei rapporti con l'opposizione. E
poi mi lasci dire: a me oggi pare evidente che la lettura data di quelle
astensioni - da parte dei protagonisti e di molti commentatori - dimostri
come quel voto abbia molto più a che fare con la politica interna che con
l'aiuto alla popolazione irachena. Basta pensare a tutto l'insistere sul
presunto riformismo che lo avrebbe caratterizzato... Come vede, il problema
non sono solo i giudizi sprezzanti del presidente del Consiglio". 
Scusi, ma perchè parla di presunto riformismo?
"Perchè ho trovato addirittura fastidiosa tutta quell'enfasi sul carattere
finalmente riformista che l'Ulivo si sarebbe dato con quel voto. Di che
riformismo parliamo? Un riformismo che rompe con i giovani, con le
aspettative di pace, che non prende a riferimento le posizioni europee e
non solo europee, che riformismo è? In più, io credo che di fronte a
differenze che non trovano sintesi, le forze politiche dovrebbero compiere
uno sforzo unitario, darsi nuovi obiettivi sui quali lavorare, invece di
alludere a fratture e divisioni, per di più salutandole come un fatto
positivo".
Ammetterà che se l'unità e la ricerca di mediazioni via via più basse
portano di fatto all'immobilismo politico, allora una divisione
manifestatasi, stavolta, in termini chiari e netti, può perfino esser
salutata positivamente, non le pare?
"Il punto non è il dividersi, cosa che è accaduta e magari accadrà di
nuovo: il problema è la lettura, l'enfasi che ha accompagnato quest'ultima
divisione. Vede, io non sono solo sorpreso da questa enfasi e da questa
tendenza. Io ne sono preoccupato. Non vi vedo nulla di positivo. Tanto più
se guardo agli appuntamenti elettorali. Che sono uno dei motivi per i quali
ho evitato commenti a caldo...".
E' preoccupato per il risultato che il centrosinistra potrebbe ottenere
alle prossime elezioni amministrative?
"Sono preoccupato per il fatto che dopo le amministrative verrà il momento
delle elezioni europee, che si terranno col sistema proporzionale.
Arrivarci con una forte articolazione del centrosinistra e addirittura con
l'enfatizzazione delle divisioni può essere un pericolo per due ragioni. La
prima è che il risultato potrebbe essere una ulteriore articolazione
dell'Ulivo, visto che quel sistema elettorale non solo permette ma
favorisce e premia le divisioni...
Sta forse annunciando la possibile nascita delle tanto chiacchierate "liste
arcobaleno", che avrebbero proprio in lei lo sponsor più forte?
"Quel tanto o poco di energia che ho è al servizio di un progetto che veda
l'Ulivo e i partiti che lo compongono rapportarsi positivamente con i
movimenti. Non faccio nuove liste, non faccio nuovi partiti: lo ripeto per
la centesima volta. Segnalo un pericolo. E osservo che altri potrebbero
esser tentati dal risucchiare movimenti e forze frettolosamente definiti
"massimalisti" e non riformisti".
E quale è la seconda ragione di allarme che vede nell'enfasi che ha
accompagnato la divisione nel voto in Parlamento?
"E' che, dal giorno successivo alle europee, le stesse forze che magari si
sono ulteriormente divise saranno chiamate a rimettersi insieme per
affrontare il voto politico, col sistema maggioritario. Più ci si allontana
e più si enfatizza la distanza, tanto più risulterà difficile recuperare
quello spirito di coalizione indispensabile per sconfiggere il
centrodestra. Già oggi bisognerebbe ammettere che la rottura dello spirito
originario dell'Ulivo ha prodotto conseguenze: ha messo da parte una novità
fragile ma importante ridando visibilità a identità di partito forti ma
tradizionali. Quando un processo politico viene interrotto, non si resta
fermi al punto in cui era giunta la rottura: spesso si torna indietro.  E'
anche per questo che credo sia importante il rapporto con i movimenti:
possono aiutarci a superare le divisioni e soprattutto a recuperare lo
spirito di cui parlavo prima".
Si era sussurrato di una ipotetica "tregua elettorale" tra lei e i vertici
dei Ds e dell'Ulivo in vista del voto amministrativo. Fantasie, a giudicare
dai toni di questa intervista, no?
"Guardi, io non voglio contribuire a creare tensioni. Ho detto in tempi non
sospetti che sarei stato a disposizione per fare la mia parte in campagna
elettorale per l'Ulivo in primis e per i Ds. Non ho cambiato idea: penso
sia giusto fare così. Ma credo che sia ugualmente indispensabile tenere in
campo elementi di dialettica e di distinzione. Insomma, io non voglio
creare casi ma ho la ferma intenzione di non rinunciare ad avere idee".
A proposito di intenzioni, un'ultima domanda: che voto ha intenzione di
esprimere nel referendum di giugno sull'articolo 18? O meglio: quanto a
lungo ancora dovrà durare l'indovinello su come voterà Sergio Cofferati, il
leader delle lotte in difesa dei diritti e dell'articolo 18?
"Nessun indovinello, naturalmente so - e non da oggi - come voterò al
referendum. Non voglio ancora dirlo per due ottime ragioni. La prima: per
il rispetto che porto alla Cgil ed alla scelta che l'organizzazione deve
compiere. La secondo: per evitare la solita, pretestuosa polemica intorno
al fatto che io ancora influenzerei le scelte di Corso d'Italia. Una balla
senza senso che, per quanto posso, vorrei contribuire a smontare il più
rapidamente possibile".