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IL SOGNO AMERICANO



IL SOGNO AMERICANO

Il Progetto per il nuovo secolo americano era già pronto nel 1998. E'' un
piano dei centri di ricerca americani di estrema destra per il dominio
mondiale degli Stati Uniti. La prima tappa è l'attacco all'Iraq

JOCHEN BOLSCHE  (DER SPIEGEL, GERMANIA)

In tutto il mondo i critici del presidente Bush sono convinti che la
seconda guerra del Golfo serve essenzialmente a sostituire Saddam, anche se
il dittatore non ha armi di distruzione di massa. "Non si tratta delle sue
armi", scrive il pacifista israeliano di origine tedesca Uri Avnery,
"questa è semplicemente una guerra per il dominio del mondo, dal punto di
vista commerciale, politico, strategico e culturale". Ed è basata su
modelli concreti. Realizzati già negli anni novanta da centri di ricerca di
estrema destra.

Organizzazioni in cui i guerrieri della guerra fredda provenienti dai
circoli più interni dei servizi segreti, dalle chiese evangeliche, dalle
società produttrici di armi e dalle compagnie petrolifere studiavano piani
sconvolgenti per realizzare il nuovo ordine mondiale. Nei progetti di
questi falchi prevaleva la legge del più forte; e il paese più forte,
naturalmente, sarebbe stato l'ultima superpotenza: l'America.

A questo scopo gli Stati Uniti avrebbero dovuto usare qualsiasi mezzo ÷
diplomatico, economico e militare, perfino guerre di aggressione ÷ per
conquistare il controllo a lungo termine delle risorse del pianeta e
indebolire ogni possibile rivale. Questi progetti degli anni novanta ÷ che
andavano dal mettere da parte le Nazioni Unite a una serie di guerre per
stabilire il predominio statunitense ÷ non erano affatto segreti. Quasi
tutti sono stati resi pubblici, alcuni si possono addirittura trovare in
rete.

Per molto tempo questi piani sono stati liquidati come frutto delle
fantasie di intellettuali isolati ÷ residui dell'era ultraconservatrice di
Reagan, il più gelido dei guerrieri della guerrafredda, ibernati nei
circoli chiusi dell'accademia e dei gruppi di pressione. Alla Casa Bianca
si respirava un'aria di internazionalismo. Si parlava di associazioni per i
diritti umani universali, di multilateralismo nei rapporti con gli alleati.
Erano in programma trattati sul cambiamento del clima, sul controllo degli
armamenti, sulle mine antipersona e la giustizia internazionale.

Il nuovo secolo americano

In quest'atmosfera liberale arrivò, quasi inosservata, la proposta di un
gruppo chiamato Progetto per il nuovo secolo americano (Pnac) che nel 1997
tracciava con forza un piano per la "leadership globale dell'America". Il
26 gennaio del 1998 l'équipe del progetto scrisse al presidente Clinton
chiedendo un cambiamento radicale nei rapporti con le Nazioni Unite e la
fine di Saddam.

Anche se non era chiaro se Saddam stesse costruendo armi di distruzione di
massa, rappresentava, a loro avviso, una minaccia per gli Stati Uniti, per
Israele e per gli stati arabi, e possedeva "una parte consistente delle
riserve di petrolio del mondo". Giustificavano così la loro proposta: "A
breve termine bisogna essere pronti a un'azione militare senza riguardi per
la diplomazia. A lungo termine bisogna disarmare Saddam e il suo regime.
Siamo convinti che, in base alle risoluzioni dell'Onu esistenti, gli Stati
Uniti hanno il diritto di prendere tutte le iniziative necessarie, compresa
quella di dichiarare guerra, per garantire i loro interessi vitali nel
Golfo. La politica degli Stati Uniti non dovrebbe in nessun caso essere
paralizzata dalla fuorviante insistenza del Consiglio di sicurezza
sull'unanimità".

La bozza di un'offensiva

Questa lettera poteva restare a ingiallire negli archivi della Casa Bianca,
se non fosse stata così simile alla bozza di una guerra desiderata a lungo;
e poteva essere dimenticata, se i membri del Pnac non l'avessero firmata. I
suoi firmatari oggi fanno tutti parte dell'amministrazione Bush. Sono: il
vicepresidente Dick Cheney; il capo dello staff di Cheney, Lewis Libby; il
ministro della difesa Donald Rumsfeld; il vice di Rumsfeld, Paul Wolfowitz;
il responsabile delle "questioni di sicurezza globale" Peter Rodman; il
segretario di stato per il controllo degli armamenti John Bolton; il vice
ministro degli esteri Richard Armitage; l'ex vice ministro della difesa
dell'amministrazione Reagan e ora presidente della commissione difesa
Richard Perle; il capo del Pnac e consigliere di Bush, William Bristol,
noto come il cervello del presidente; e Zalmay Khalilzad, che dopo essere
stato ambasciatore speciale e responsabile del governo dell'Afghanistan ora
è l'ambasciatore speciale di Bush presso l'opposizione irachena.

Ma prima ancora di questo documento ÷ più di dieci anni fa ÷ due
sostenitori della linea dura che appartenevano al gruppo avevano presentato
una proposta di difesa che aveva sollevato scandalo in tutto il mondo
quando la notizia era trapelata attraverso la stampa americana. Il progetto
rivelato nel 1992 dal New York Times era stato concepito da due uomini che
oggi fanno entrambi parte del governo statunitense: Wolfowitz e Libby.

Sostenevano che la dottrina della deterrenza utilizzata nella guerra fredda
avrebbe dovuto essere sostituita da una nuova strategia globale.
L'obiettivo era perpetuare la situazione in cui gli Stati Uniti sono una
superpotenza nei confronti dell'Europa, della Russia e della Cina. Venivano
suggeriti vari sistemi per scoraggiare eventuali rivali dal mettere in
discussione la leadership americana, o dall'assumere un molo più
significativo a livello regionale o globale. Il documento suscitò molta
preoccupazione nelle capitali europee e asiatiche.

Ma la cosa fondamentale, secondo il documento di Wolfowitz e Libby, era il
completo predominio americano sull'Eurasia. Qualsiasi paese avesse
costituito una minaccia per gli Stati Uniti entrando in possesso di armi di
distruzione di massa avrebbe dovuto essere oggetto di un attacco
preventivo. Le alleanze tradizionali avrebbero dovuto essere sostituite da
coalizioni ad hoc. Questo piano di massima del 1992 diventò poi la base di
un progetto del Pnac definito nel settembre del 2000, qualche mese prima
dell'inizio dell'amministrazione Bush.

Il documento del settembre 2000 (Ricostruire le difese americane) era stato
stilato da Rumsfeld, Cheney, Wolfowitz e Libby, ed era dedicato a come
"mantenere la superiorità degli Stati Uniti, contrastare le potenze rivali
e modellare il sistema di sicurezza globale in base agli interessi
statunitensi".

La cavalleria della nuova frontiera

Tra le altre cose, in questo documento si diceva che gli Stati Uniti
dovevano riarmarsi e costruire uno scudo missilistico per poter essere in
condizione di combattere più guerre contemporaneamente e portare avanti il
proprio programma. Qualunque cosa accadesse, il Golfo avrebbe dovuto essere
sotto il controllo americano: "Gli Stati Uniti cercano da anni di svolgere
un ruolo sempre crescente nella gestione della sicurezza del Golfo. Il
conflitto non risolto con l'Iraq costituisce un'ovvia giustificazione per
la nostra presenza, ma indipendentemente dal problema del regime iracheno,
è necessaria una forte presenza degli Stati Uniti nel Golfo".

Nel documento le forze americane stazionate nel Golfo vengono indicate
usando un linguaggio da far west come "la cavalleria della nuova frontiera
americana". Perfino i tentativi di imporre la pace, continua il documento,
dovrebbero portare il marchio degli Usa piuttosto che quello dell'Onu.

Appena ha vinto le sue controverse elezioni e ha preso il posto di Clinton,
il presidente Bush (junior) ha subito inserito i duri del Pnac nella sua
amministrazione. Il suo vecchio sostenitore Richard Perle (che una volta
aveva esposto all'Hamburg Times la teoria della "diplomazia della pistola
puntata alla testa") si è trovato a ricoprire un ruolo fondamentale nella
commissione della difesa, che opera in stretta collaborazione con il capo
del Pentagono Rumsfeld.

Con una rapidità da togliere il flato, il nuovo blocco di potere ha
cominciato ad applicare la strategia del Pnac. Bush ha affossato un
trattato internazionale dopo l'altro, ha messo da parte le Nazioni Unite e
ha cominciato a trattare i suoi alleati come subordinati. Dopo gli attacchi
dell'11 settembre, mentre gli Stati Uniti erano dominati dalla paura e
circolavano le lettere all'antrace, il gabinetto Bush ha deciso che era
giunto il momento di rispolverare i piani del Pnac sull'Iraq.

A soli sei giorni dall'11 settembre, Bush ha firmato l'ordine di prepararsi
alla guerra contro la rete del terrore e i taliban. Un altro ordine
inizialmente segreto era arrivato ai militari, con istruzioni di preparare
la guerra all'Iraq.

Un fulgido esempio

Naturalmente le accuse secondo cui l'Iraq sarebbe stato il mandante degli
attentatori dell'11 settembre non sono state mai provate, e nemmeno
l'ipotesi che Saddam avesse a che fare con le lettere all'antrace (è stato
dimostrato che provenivano da fonti dell'esercito statunitense). Ma
nonostante questo, Richard Perle ha dichiarato in un'intervista televisiva
che "la guerra al terrorismo non si potrà considerare vinta finché Saddam
sarà al potere".

Perle considera una priorità degli Stati Uniti deporre il dittatore "perché
simboleggia il disprezzo per i valori occidentali". Ma Saddam è sempre
stato lo stesso, anche quando ha conquistato il potere in Iraq con il
sostegno degli Stati Uniti. A quell'epoca, un funzionario dei servizi
segreti dell'ambasciata americana a Baghdad aveva detto nel suo rapporto
alla Cia: "Lo so che Saddam è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio
di puttana". E dopo che gli Stati Uniti lo hanno appoggiato nella sua
guerra contro l'Iran, l'ex direttore della Cia, Robert Gates, ha detto di
non essersi mai fatto illusioni su Saddam.

Il dittatore, sostiene Gates, "non è mai stato un riformatore, né un
democratico, solo un comune criminale". Ma il documento del Pnac non spiega
chiaramente perché adesso Washington vuole dichiarare guerra al suo vecchio
socio, anche senza il sostegno dell'Onu.

Ci sono molte prove del fatto che Washington vuole eliminare il regime
iracheno per portare tutto il Medio Oriente sotto la sua sfera di influenza
economica. Bush mette la cosa diversamente: dopo la liberazione,
conseguenza necessaria del mancato rispetto delle leggi internazionali,
l'Iraq "diventerà un fulgido esempio di libertà per gli altri paesi della
regione". Esperti come Udo Steinbach, direttore dell'istituto
tedesco-orientale di Amburgo, hanno dei dubbi sulla buona fede di Bush.
Steinbach descrive la necessità di democratizzare l'Iraq come "una
calcolata distorsione che mira a giustificare la guerra". "Soprattutto in
Iraq", dice Steinbach, "non riesco a convincermi che dopo la caduta di
Saddam possa prender forma qualcosa di democratico".

La cosiddetta guerra preventiva contro l'Iraq che gli ideologi del Pnac
desiderano da tempo serve anche, a giudizio di Ury Avner, a dare battaglia
all'Europa e al Giappone. E' un altro passo verso il predominio degli Stati
Uniti sull'Eurasia. Osserva Avnery: "L'occupazione americana dell'Iraq
assicurerebbe agli Stati Uniti il controllo non solo delle vaste riserve di
petrolio del paese, ma anche di quelle del Caspio e degli stati del Golfo.
In questo modo potrebbero condizionare l'economia di Germania, Francia e
Giappone a proprio piacimento, solo manipolando il prezzo del petrolio. Un
prezzo più basso danneggerebbe la Russia, uno più alto rovinerebbe Germania
e Giappone. E' per questo che impedire questa guerra è essenziale per gli
interessi europei, oltre che per il profondo desiderio di pace dell'Europa".

"Washington non si è mai fatta scrupoli ad ammettere il suo desiderio di
domare l'Europa' sostiene Avnery. "Per mettere in atto i suoi piani di
dominio del mondo, Bush è pronto a versare enormi quantità di sangue,
purché non si tratti di sangue americano".

lnfatuati della guerra

L'arroganza dei falchi dell'amministrazione statunitense, e il loro
progetto di costringere il mondo a sottomettersi alle loro decisioni sulla
guerra e sulla pace, sconvolge personaggi come l'esperto di diritto
internazionale Hartmut Schiedermair di Colonia. Lo "zelo da crociati" che
porta gli americani a fare certe dichiarazioni, dice, è "molto inquietante".

Allo stesso modo, Haral Mueller ÷studioso di problemi della pace ÷ critica
da tempo il governo tedesco per aver "continuato a sottovalutare e ad
avallare strategicamente" il drastico cambiamento della politica estera
statunitense dopo il 2001. A suo avviso il programma dell'amministrazione
Bush è evidente: "L'America farà quello che vuole. Rispetterà le leggi
internazionali se le farà comodo e le infrangerà o le ignorerà se sarà
necessario... Gli Stati Uniti vogliono libertà completa, vogliono essere
l'aristocrazia del mondo della politica".

Anche i politici più navigati dei paesi che appoggiano la seconda guerra
del Golfo sono spaventati dai radicali della Casa Bianca. L'anno scorso il
vecchio deputato laburista Tam Dalyell ha attaccato il piano del Pnac alla
Camera dei Comuni: "Questa è robaccia che viene dai pensatoi dell'estrema
destra dove si riuniscono guerrafondai dal cervello di gallina ÷ gente che
non ha mai conosciuto gli orrori della guerra, ma è infatuata della sua
idea". E non ha risparmiato neanche il suo stesso leader, Tony Blair: "Mi
meraviglio che il primo ministro laburista sia pronto a saltare nel letto
di questa banda di pigmei morali".

Anche dall'altra parte dell'Atlantico, a metà febbraio, il senatore
democratico Robert Byrd (che a 86 anni viene chiamato "il padre del
senato") ha detto la sua. Il più vecchio membro dell'assemblea ha
dichiarato che la guerra preventiva voluta dalla destra era "la distorsione
di una vecchia concezione del diritto all'autodifesa" e "un attacco al
diritto internazionale". La politica di Bush, ha aggiunto, "potrebbe
costituire un punto di svolta nella storia del mondo" e "gettare le basi
dell'antiamericanismo" in buona parte del pianeta.

Una persona che ha espresso un'opinione inequivocabile sul problema
dell'antiamericanismo è l'ex presidente Jimmy Carter, che è stato
altrettanto chiaro sul programma del Pnac. All'inizio Bush ha risposto alla
sfida dell'11 settembre in modo efficace e intelligente, sostiene Carter,
"ma nel frattempo, con la scusa della guerra al terrorismo, un gruppo di
conservatori ha cercato di far approvare i suoi vecchi progetti".

Le limitazioni dei diritti civili negli Stati Uniti e a Guantanamo,
l'annullamento degli accordi internazionali, "il disprezzo per il resto del
mondo", e infine l'attacco all'Iraq "anche se Baghdad non costituisce una
minaccia per gli Stati Uniti", tutte queste cose, secondo Carter, avranno
conseguenze devastanti. "Questo unilateralismo", avverte l'ex presidente
americano, "finirà per isolare sempre più gli Stati Uniti da quei paesi di
cui hanno bisogno per combattere il terrorismo".

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DOCUMENTI

LETTERA DEL PNAC A CLINTON

http://www.newamericancentury.org/iraqclintonletter.htm

La lettera del 26 gennaio1998 con cui il Project far the New American
Century chiedeva a Bill Clinton, all'epoca presidente degli Stati Uniti, il
rovesciamento del regime di Saddam Hussein

RICOSTRUIRE LI DIFESE AMERICANE

http://www.newamericancentury.org/RebuildingAmericasDefenses.pdf

La proposta politica del Pnac, del settembre 2000

GUERRA PREVENTIVA

http://www.whitehouse.gov/nsc/nss.pdf

La dottrina Bush esposta nella National Security Strategy del settembre2002

ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA

http://www.lib.umkh.edu/govdocs/pdf/WMDStrategy.pdf

La politica statunitense per contenere la proliferazione delle armi dl
distruzione di massa negli altri paesi, del dicembre 2002

L'ULTIMATUM

http://www.whitehouse.gov/news/releases/2003/03/20030317-7.html

Il discorso alla nazione di George W. Bush con cui è stato annunciato
l'ultimatum all'Iraq scaduto mercoledì 19 marzo

QUESTIONI UMANITARIE

http://www.hrw.org/backgrounder/arms/iraq0202003.htm

Analisi delle questioni di diritto umanitario nella condotta del conflitto
contro l'Iraq. Pubblicata.lI2o febbraio 2003 da Human Rights Watch

GIORNALISTI IN GUERRA

http://www.defenselink.mil/news/Feb2003/d200302l0embed.pdf

L'accordo che Il Pentagono ha chiesto dl firmare ai giornalisti al seguito
delle forze armate in Iraq