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La guerra è finita, andate in pace



 

La guerra è finita, andate in pace

 

Scene di un film già visto. Tante, troppe volte, peraltro. Un film che ciclicamente ci costringono a vedere.

Come la "Corazzata Potemkin" di fantozziana memoria. Con una differenza cruciale, però. Che qui non c'è niente da ridere.

La guerra è finita. I buoni hanno vinto. Una dittatura è finita col sangue, con le statue del Rais abbattute, gli iracheni che abbracciano felici i soldati americani ed inglesi e salgono festanti sui loro carri armati.

E' così che doveva andare.

Scene di un film già visto. A Napoli, in Italia, nel 1945.

E i mass-media, ora, con i loro inviati, ci bombardano con la retorica di chi è già salito sul carro del vincitore. Per alcuni di loro, fino a qualche giorno fa, Saddam Hussein era colui che stava tenendo testa all'unica, ormai, potenza mondiale. Qualcuno paventava la "sindrome del Vietnam".

Oggi, per quelle stesse persone, Saddam Hussein è l'infame, vigliacco dittatore che scappa, dopo aver affamato il suo popolo per anni e gli americani tornano ad essere gli eroi, i salvatori del mondo, quelli che "se non ci fossero bisognerebbe inventarli".

La verità è che Saddam era un infame dittatore anche ieri, anche un anno fa, anche quando l'Occidente lo armava per utilizzarlo contro l'Iran, e chi è stato dall'inizio contro questa guerra lo ha avuto sempre ben presente. Lo abbiamo detto: non siamo contro questa guerra per difendere Saddam, ma per difendere i diritti dei popoli. Non siamo contro questa guerra perché siamo contro l'America, ma per affermare che il diritto internazionale va rispettato da tutti. Anche dall'America.

Eppure la guerra è iniziata. Ed ora si sta chiudendo.

Come di uno spettacolo di cui conosciamo le battute, ne sappiamo già le conseguenze.

L'averlo detto non basta. Resta un'amarezza profonda. Quella stessa amarezza che ci ha fatto salire le lacrime agli occhi, con lo stomaco contratto e le labbra rinserrate dalla rabbia dell'impotenza, quando, annunciati da mesi, eppure segretamente inattesi, sono arrivati i primi bombardamenti su Bagdad.

Resta l'amarezza perché questo ennesimo conflitto, con il suo lugubre corredo di morti, quelli "fisiologici" e quelli "per caso", con le granate contro i giornalisti e le bombe sulla Croce Rossa, non ha cambiato nulla, in positivo.

Non ha stroncato il terrorismo, che era il suo obiettivo dichiarato.

Non trasformerà l'Iraq nel migliore dei mondi possibile, a giudicare anche dalle ipotesi di ricostruzione avanzate, tutte appannaggio degli Stati Uniti. Che la ricostruzione, obiettivamente, se la sono guadagnata. Così come si sono guadagnati i pozzi di petrolio ed il loro controllo, obiettivamente!.

Resta l'amarezza perché questa guerra ha fatto morti ben prima di cominciare.

La prima vittima è stata l'ONU, organizzazione nata perché non si ripetessero gli errori delle guerre mondiali. L'ONU che già da tempo non era più in grado di far sentire la propria voce, distinta da quella dei, pochi, potenti del mondo.

Seconda vittima l'Europa, caduta sotto i colpi di Governi indecisi ed attendisti, incapaci di prendere una posizione chiara, nel timore di perdere i "favori" dell'alleato americano.

Ma il colpo peggiore l' ha ricevuto l'umanità intera, ferita nel suo diritto più importante: la sicurezza.

Resta, però, anche una speranza. Che ciò non accada più, ovviamente. Che la coscienza pacifista e legalitaria che, a livello mondiale ed europeo, si è risvegliata ed organizzata in questi mesi indichi ai Governi nazionali la strada da seguire.

Una ricostruzione dell'Iraq che parta dal rispetto e dalle esigenze di un popolo martoriato da una dittatura becera che gli ha riversato addosso solo fame e guerre, una ricostruzione che garantisca agli iracheni il controllo e la possibilità di sfruttare le proprie risorse, presupposto indispensabile per costruire qualsiasi sistema democratico.

Una riforma delle Nazioni Unite che veda l'Organizzazione protagonista delle scelte riguardanti l'equilibrio del mondo, che affidi il potere ad organismi rappresentativi di tutti i popoli, necessaria premessa perché il mondo sia più sicuro, perché l'incubo delle Twin Towers non si ripeta più, perché quel sangue non sia stato versato invano.

Occorre, infine, ridisegnare l'Europa, il suo ruolo, le sue Istituzioni. Mai come in questo momento avremmo avuto bisogno di un'Europa forte, coesa, un soggetto che facesse la sintesi di culture diverse sì, ma che hanno condiviso il rifiuto di una guerra ingiustificata ed ingiustificabile. A questa richiesta del popolo europeo non tutti i Governi hanno saputo o voluto dare voce.

E occorre, soprattutto, che quelle, tantissime, bandiere arcobaleno che abbiamo appeso ai nostri balconi con un orgoglio commovente, con cui abbiamo sfilato ovunque, restino lì dove sono.

A testimoniare che, nonostante tutto, su questo mondo, sul suo futuro, sulle nuove generazioni, vale ancora la pena, e forse è un dovere, scommettere.

di Rita Iacobucci,

Segretario DS Bojano (CB)

Aprile per la Sinistra Molise