[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
dietro la maschera della guerra
leggere con attenzione... mi sembra proprio che si avvicini alle cause
principali di quella che sembra solo apparentemente una follia...
roberto
PETRODOLLARI E PETROEURO. LA GUERRA NEL NOSTRO SERBATOIO
..
"Che succederebbe se l'Opec passasse all'euro?"
di Paul Harris, da Soberania.info
(Traduzione di Tito Pulsinelli)
L'idea ossessiva di Bush su Bagdad si basa su molte ragioni. In altri
articoli che ho scritto per YellowTimes.org, feci allusione non tanto alle
ovvietà delle ragioni addotte contro l'Iraq, bensì alla guerra di Bush
contro l'Europa. Io credo che questa sia la ragione principale della
fissazione con l'Iraq.
Quando un paese va in guerra, si preparano piani su chi sarà vittorioso e
su chi perderà; nessuno scatena una guerra sperando di essere sconfitto,
però non sempre l'obiettivo manifesto dell'aggressione è l'obiettivo vero
della guerra. A volte non si tratta di quel che speri di ottenere con la
guerra, bensì di quello che gli altri perderanno; e non deve per forza
essere un tuo nemico dichiarato quello che ti aspetti che soffrirà le
conseguenze maggiori della guerra.
In questo caso, Bush spera che la vittima sia l'economia europea, che è
robusta e probabilmente sarà ancor più forte in un futuro vicino.
L'ingresso della Gran Bretagna nell'Unione Europea è inevitabile; la
Scandinavia lo farà in tempi ravvicinati. A maggio del 2004, entreranno
dieci nuovi paesi e questo farà aumentare il PIL dell'UE a circa 9,6
trilioni di dollari e 280 milioni di persone, di fronte ai 10,5 trilioni di
dollari e 280 milioni di persone degli USA.
Questo, per i nordamericani, è un formidabile blocco concorrente; ma la
situazione è molto più complessa di quel che indicano queste cifre. E molto
dipende dalla piega che prenderanno gli avvenimenti in Iraq.
Come tanti altri, ho scritto che questa guerra che è alle porte si
combatterà per il petrolio. Sicuramente vi sono altre ragioni, però il
petrolio è la causa scatenante. Ma non per le ragioni che comunemente si
adducono. Non è per le enormi riserve ancora vergini che si ritiene
esistano in Iraq, che non sarebbero state sfruttate a causa delle sue
antiquate tecnologie; non è per le brame del governo USA di mettere le
zanne su questo petrolio. E' piuttosto per le zanne che i nordamericani
vogliono mantenere lontano da lì. La causa di tutto questo non è l'11 di
settembre, nè l'improvvisa illuminazione che Saddam continuava ad essere un
tipo ripugnante, nè il cambio di governo negli Stati Uniti. Quel che ha
accelerato le cose è stata la decisione presa dall'Iraq il 6 di novembre
del 2000: sostituire il dollaro con l'euro nel suo commercio petrolifero.
Allora, questo cambio sembrò uno stupido capriccio, perché l'Iraq stava
perdendo una gran quantità di utili a causa di una dichiarazione politica
di principio. Però prese questa decisione, e il deprezzamento continuo del
dollaro nei confronti dell'euro, sta a significare che l'Iraq fece un buon
affare cambiando riserve monetarie e divise per il commercio del proprio
petrolio. Da quel momento, l'euro si è rivalutato del 17% sul dollaro, cosa
che si deve applicare pure ai 10 bilioni di dollari del fondo
di riserva dell'ONU "petrolio per cibo".
Sorge una domanda che, probabilmente, si è posto anche Bush: che
succederebbe se l'OPEC passasse all'euro ? Alla fine della seconda guerra
mondiale, nella conferenza di Bretton Woods venne firmato un accordo che
fissava il valore dell'oro a 35 dollari l'oncia e con questo divenne lo
standard internazionale con il quale si misuravano le monete. Però nel
1971, Nixon cancellò tutto questo, e il dollaro divenne lo strumento
monetario principale, e solo gli USA possono produrlo. Il dollaro oggi è
una moneta priva di copertura, sopravvalutato, nonostante il record del
deficit di bilancio e lo status di paese più indebitato del mondo. Il 4 di
aprile del 2002, il debito era di 6021 trilioni di dollari a fronte di un
PIL di 9 trilioni di dollari.
Il commercio internazionale è diventato un meccanismo grazie al quale gli
USA producono dollari e il resto del mondo produce quel che i dollari
possono comprare. Le nazioni non commerciano più per ottenere "vantaggi
comparativi", ma solo per ramazzare dollari da destinare al pagamento del
debito estero, che è fissato in dollari. E per accumulare dollari nelle
riserve monetarie con la finalità di preservare il valore delle monete
nazionali.
Le banche centrali delle nazioni, per prevenire attacchi speculativi alle
proprie monete, sono costrette a comprare o trattenere dollari, in una
misura equivalente all'ammontare del proprio circolante. Tutto ciò crea il
meccanismo del dollaro forte che, a sua volta, obbliga le banche centrali
ad immagazzinare dollari, cosa che rende ancor più forte il dollaro.
Questo fenomeno è conosciuto come "egemonia del dollaro" e fa sì che le
merci strategiche - soprattutto il petrolio- siano quotate in dollari.
Tutti accettano i dollari perchè con essi si può comprare il petrolio. Dal
1945, la forza del dollaro consiste nell'essere la divisa internazionale
per gli interscambi petroliferi globali (petrodollari).
Gli USA stampano centinaia di migliaia di miliardi di dollari senza nessun
tipo di copertura: "petrodollari" che sono usati dalle nazioni per pagare
la fattura degli energetici agli esportatori dell'OPEC. Ad eccezione
dell'Iraq e, parzialmente, del Venezuela. Questi petrodollari sono poi
riciclati nuovamente dall'OPEC negli USA, sotto forma di lettere del tesoro
o altri titoli con denominazione in dollari: azioni, beni immobiliari ecc.
Il riciclaggio dei petrodollari rappresenta il beneficio che, dal 1973, gli
USA ricevono dai paesi produttori di petrolio per "tollerare" l'esistenza
dell'OPEC. Le riserve di dollari debbono essere investite nel mercato
nordamericano, cosa che, a sua volta, produce utili per l'economia USA.
L'anno scorso, nonostante un mercato in netto ribasso, l'ammontare delle
riserve USA è cresciuto del 25%. L'eccedente nei conti dei capitali
finanzia il deficit commerciale. Dato che gli USA creano "petrodollari",
loro controllano il flusso del petrolio. Siccome il petrolio si paga in
dollari e questa è l'unica moneta accettata in questi scambi, si arriva
alla conclusione che gli USA possiedono il petrolio del mondo gratis.
Di nuovo: che succederebbe se l'OPEC decidesse di seguire l'esempio
dell'Iraq e cominciasse a vendere il petrolio in euro? Una esplosione
economica. Le nazioni importatrici di petrolio dovrebbe mettere in uscita i
dollari dalle rispettive riserve delle banche centrali, e rimpiazzarli con
gli euro. Il valore del dollaro precipiterebbe, e le conseguenze sarebbero
quelle di un qualsiasi collasso di una moneta: inflazione alle stelle (vedi
Argentina), i fondi stranieri in fuga dal mercato dei valori nordamericano
e ritiro dei fondi dalle banche come nel 1930 ecc.
Tutto questo non avverrebbe solo negli USA. Il Giappone ne uscirebbe
severamente castigato, data la sua totale dipendenza dal petrolio straniero
e l'incredibile sudditanza al dollaro. Se crollasse l'economia giapponese,
crollerebbero quelle di molti paesi -non escluso gli USA- in un effetto
domino. Questi sarebbero gli effetti potenziali di un "improvviso"
passaggio all'euro. Un cambio più graduale sarebbe più gestibile, ma
altererebbe ugualmente l'equilibrio finanziario e politico del mondo.
Vista la vastità del mercato europeo, la sua popolazione e la sua necessità
di petrolio (ne importa più degli USA), l'euro potrebbe rapidamente
diventare -di fatto- la moneta standard per il mondo. Esistono buone
ragioni perchè l'OPEC -come gruppo- segua l'esempio dell'Iraq e adotti
l'euro. Non vi è dubbio (dopo tanti anni di umiliazioni subite dagli USA)
che potrebbero approfittare delle circostanze per emettere una
dichiarazione politica di principi. Ma esistono anche solide ragioni
economiche.
Il poderoso dollaro ha regnato incontrastato dal 1945 e negli ultimi anni
ha guadagnato ancor più terreno con il dominio economico USA. Alla fine
degli anni 90, più dei quattro quinti delle transazioni monetarie e la metà
delle esportazioni mondiali, sono avvenute in dollari. L'obiettivo della
guerra di Bush contro l'Iraq, naturalmente, è assicurarsi il controllo di
quei giacimenti e porli sotto il segno del dollaro; successivamente passerà
ad incrementare esponenzialmente la produzione e forzare i prezzi al
ribasso. Alla fin fine, l'obiettivo di Bush è scongiurare con minacce di
ricorrere alle vie di fatto, che qualsiasi paese produttore passi all'euro.
A lungo termine, il vero obiettivo non è Saddam, ma l'euro e l'Europa. Gli
USA non se ne staranno con le mani in mano ad assistere allo spettacolo di
questi "ultimi arrivati" degli europei che tengono in pugno le redini del
loro destino. E men che mai, che assumano il controllo della finanza
internazionale. Naturalmente, tutto dipend
e dal folle piano di Bush e, soprattutto, che non scateni la terza guerra
mondiale. (leggi l'originale: <http://www.soberania.info/articulo_055.htm>).
[Redazione Cunegonda]