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"Petrolio: il sangue della guerra"




In un libro del 1937 il vero scopo della conquista dell'Iraq

PETROLIO: IL SANGUE DELLA GUERRA

di Agostino SPATARO *

Confesso di essere stato colpito dall'analisi schietta e lungimirante che
Arnaldo Cipolla svolge nel suo libro di viaggio "Sino al limite segreto del
mondo" del 1937 che, nei giorni scorsi, ho trovato a Budapest,
scartabellando sulla bancarella di un libraio antiquario.
Alla luce della guerra angloamericana contro l'Iraq, le considerazioni di
questo scrittore, un tempo molto popolare oggi completamente sconosciuto,
acquistano, dopo 65 anni, un significato quasi profetico poiché, pur tra
retorica e  risentimenti di regime (fascista), ci propongono una verità sul
petrolio irakeno valida per il triste passato del colonialismo e per questo
opaco presente della globalizzazione. 
Lo scritto anticipa e rafforza un punto di vista oggi condiviso dalla quasi
totalità dei cittadini, ma solo da pochi commentatori dichiarato: la guerra
di Bush è stata scatenata innanzitutto per il controllo del petrolio
iracheno. Tutto il resto non conta o viene dopo.
Si sperava che i propagandisti del Pentagono (che nel mondo sono un
esercito più numeroso di quello inviato contro Saddam) ci risparmiassero
almeno questa penosa presa in giro della guerra "umanitaria".  Ma così non
è stato.
Perciò ci conforta leggere quanto annotava Cipolla nel lontano 1936,
durante il suo viaggio in Mesopotamia: " Noi vediamo e vedremo sempre
l'Irak sotto l'aspetto petrolifero . Il primo accordo anglo-francese per i
petroli dell'Irak data dalla grande guerra(1916)ŠL'accordo di San Remo finì
per attribuire ai francesi la parte germanica sequestrata all'Armistizio,
cioè il quarto della produzione dell"Irak Petroleum", mentre altri due
quarti erano assegnati all'Inghilterra e l'ultimo quarto agli Stati Uniti
d'AmericaŠ"  ( 1 )
Poche righe che confermano un'amara realtà storica e culturale che, certo,
non fa onore all'Occidente che ha sempre visto l'Iraq e il Medio Oriente
come un immenso giacimento petrolifero su cui mettere le mani. Verità
imbarazzante che ieri si tentava di mascherare (ma non tanto) sotto le
bandiere della civiltà, oggi sotto quelle della democrazia.
Com'è noto, le potenze vincitrici della prima guerra mondiale trovarono, a
conclusione della conferenza internazionale di San Remo, un accordo per la
spartizione delle ricchezze petrolifere irakene, già allora considerate di
grande valore economico e strategico.
Dal bottino venne esclusa l'Italia dei Savoia i quali- da lì a poco-
l'avrebbero consegnata agli squadristi fascisti di Benito Mussolini.
Il Cipolla, che è uno scrittore di regime, marchia tale esclusione con
parole di fuoco:
"Quando si parla della preda coloniale germanica della grande guerra che
Inghilterra e Francia hanno carpito in Africa ed altrove non facendone
menomamente partecipe l'Italia, loro alleata, anzi la vera salvatrice delle
fortune dell'Intesa, si dimentica il petrolio dell'Irak il tesoro
inesauribile dal quale l'Italia venne inesorabilmente esclusa. Egoismo più
odioso di questo non si poteva attuare. Esso giustifica qualunque
rivendicazione italiana nell'avvenireŠ"  ( 2 )
A distanza di 80 anni, sulla scena mediorientale i "protagonisti" sono
sempre gli stessi e sempre animati dallo stesso vorace proposito:
accaparrarsi del petrolio iracheno; visto che già dispongono di quello
dell'Arabia saudita e delle altre petromonarchie del Golfo.
E' cambiato soltanto l'ordine (d'importanza), il ruolo guida fra le parti
in causa. Chissà, se modificando l'attribuzione dei "quarti" (o magari dei
"quinti") a favore degli Usa, nel frattempo divenuti l'unica superpotenza
di riferimento, non si possa avviare, a partire da quel vecchio schema di
ripartizione, un negoziato segreto per la futura ricostruzione e
pacificazione dell'Iraq.
Fantapolitica? In ambienti diplomatici si sussurra che nei mesi antecedenti
la guerra si sia trattato su un'ipotesi di questo genere, senza tuttavia
giungere ad un accordo. 
D'altra parte, non è questa la prima volta in cui le principali potenze
occidentali rivaleggiano per il controllo delle immense risorse petrolifere
irakene.
Il petrolio - scrive Cipolla - è stato sempre considerato il bottino più
prezioso: "Al di sopra di questa ricchezza sotterranea e ormai tangibile
sulle rive del Mediterraneo, la vita biblica continua, semplice e frugale,
le greggi e i tramonti e il vecchio pastore col suo cane. Il suolo è a loro
e per poco. Ma non il sottosuoloŠ" (  3 )
Nella sola regione del Golfo sono concentrate riserve petrolifere accertate
per circa 700 miliardi di barili. ( 4 ) Non vi è dubbio che chi controllerà
queste ingenti risorse potrà condizionare il mercato petrolifero e lo
sviluppo economico mondiali per i prossimi decenni.
Questo, e non altro, è il vero, inconfessabile obiettivo della guerra
illegale scatenata da Bush e da Blair e dai loro (pochi) soci e
manutengoli. In Iraq di petrolio c'è ne sempre stato in abbondanza e di
ottima qualità e a basso costo ("La nafta a Kirkuk costa una lira sterlina
a tonnellata").
Arnaldo Cipolla visitando nel 1936 la zona di Kirkuk (per il cui controllo
in questi giorni è in atto una feroce battaglia fra tutte le parti
belligeranti: anglo-americani, kurdi, tribù e forze fedeli a Saddam,
reparti delle milizie integraliste di Ansar Al-Islam) rimase impressionato
dall'eccezionale portata del pozzo di Rabu Gurgur : "Il rendimento del solo
pozzo n. 1, sull'anticrinale chiamato di Kirkuk, gettò fuori una
formidabile tromba di petrolio di 12.000 tonnellate giornaliere che inondò
il territorioŠ In tutto a Kirkuk furono perforati 42 pozzi il cui
"rendimento sorpassava talmente i bisogni che venne deciso di far lavorare
soltanto 15 pozzi. Essi forniscono i 4 milioni di tonnellate annue che gli
oleodotti inglese (lungo 750 km) e francese trasportano rispettivamente a
Caifa (allora Palestina, oggi Israele n.d.r.) e a Tripoli di Siria."  (oggi
Libano n.d.r.)  ( 5 )
Quant'è mutevole la geopolitica in Medio Oriente! Da sempre, disegnata a
tavolino dalle potenze coloniali europee. Con riga e compasso. Un tempo
queste potenze non si peritavano di reclamare la spartizione d'intere
regioni dell'Asia e dell'Africa e l'appropriazione delle loro risorse
minerarie.
Il diritto coloniale, sancito da varie conferenze internazionali,
s'incaricava di legittimare le stragi, l'occupazione militare, il
protettorato, la rapina dei beni, lo sfruttamento bestiale degli uomini e
delle risorse naturali appartenenti  a popoli e Stati, colpevoli soltanto
di essere poveri e quindi "destinati" a soccombere alle mire
imperialistiche delle grandi e delle piccole potenze occidentali.
Oggi, la coscienza democratica e anticoloniale delle nazioni costringe i
governi, asserviti agli interessi delle grandi imprese multinazionali, a
mimetizzare le loro mire di conquista sotto forma di guerre "umanitarie" e
"preventive".
Per rabbonire l'opinione pubblica si ricorre ai metodi più disparati: dalla
censura alla disinformazione pianificata, dal fotomontaggio alla valanga
mediatica (anche sulla TV "pubblica") che ci assilla con la bella frottola
del nuovo "eroe metropolitano" (nelle cui vene scorre "il sangue della
guerra" , alias il petrolio, come lo chiama Cipolla), partito per infidi
deserti, dove rischia la vita per eliminare uno solo fra i tanti dittatori
esistenti nei paraggi ed altrove, per esportare la "democrazia" dei
miliardari e liberare il mondo da un terrorismo islamista che sembra essere
stato creato e foraggiato a bella posta , per fare da sponda alle azioni
più spregevoli.     
Concludo come ho cominciato, con un'altra efficace pennellata di Arnaldo
Cipolla che mostra di avere capito, già allora, la causa principale
dell'odierno conflitto.
"Così dal cuore dell'Asia arriva in Europa il sangue della guerra,
l'essenza dionisiaca della velocità, il petrolio di Kirkuk. Arrivare e
combattere per il petrolio. Strike oil! Grido dell'americano del 1860,
grido attuale di tutti gli uomini, grido delle brigate inglesi inviate in
Palestina a salvaguardare il 30 per cento d'interesse netto che il petrolio
largisce agli azionisti della City."  ( 6 ) 

29 marzo 2003.                                   

* Agostino SPATARO, cestumed@tin.it , è autore di vari saggi sul mondo
arabo e sul Mediterraneo fra i quali:
"I Paesi del Golfo", Edizioni Associate, Roma, 1991;
"Il Mediterraneo", coautore B. Khader, Editrice internazionale, Roma, 1993;
"Il fondamentalismo islamico- Dalle origini a Bin Laden", presentazione di
Yasser Arafat, Editori Riuniti, Roma, 2001.

Note:
1) Arnaldo Cipolla in "Sino al limite segreto del mondo", Edizioni
Bemporad, Firenze, 1937,            
2) A. Cipolla op. cit.
3) Ibidem
4) Nel dettaglio, vedi su www.infomedi.it  (n. 17) il mio "Le vere ragioni
della guerra di Bush" e l'articolo di Nicolas Sarkis "Iraq: una guerra per
il petrolio";
5) A. Cipolla op. cit.
6) Ibidem          

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