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a quale prezzo?
E' il dilemma tremendo della battaglia finale che sta per cominciare e che deciderà non il risultato militare del conflitto, che è scontato, ma il suo esito politico, "il costo della vittoria", come lo chiama il New York Times, umano e politico. Bagdad, sì, ma a che prezzo? Pagare con molte vite americane e inglesi, per avanzare quartiere per quartiere, nel fuoco dei cecchini, degli irriducibili baathisti rimasti indietro a battersi? Radere al suolo la città, come l'aviazione e l'artiglieria potrebbero fare in poche ore, dovendo poi spiegare al mondo, e soprattutto al mondo arabo, che quella nuova Grozny è la pace e la libertà promesse?
I generali americani, scottati dalle "giornate dure" e dalla resistenza dei "boia chi molla" iracheni, sono per la guerra totale. Lo urban warfare, la guerra nelle strade, è esattamente quella che la dottrina del bombardamento "shock e terrore" voleva evitare e non ha finora evitato. "Non si può fare la frittata senza rompere le uova", predicano Franks, il comandante di teatro d'operazione, Myers, il generale d'aviazione e i comandanti delle unità al fronte che sanno bene come, nella "guerriglia urbana" tutto il vantaggio tecnologico e tattico delle loro unità si annulli. Non è un segreto, a Washington, che i quadri dell'esercito siano molto preoccupati da questa guerra condotta con il freno a mano tirato, voluta dai politici. Una guerra, i quadri senior lo bisbigliano, con "una mano legata dietro la schiena", come 30 anni or sono in Indocina.
Si rincorrono voci di un'ultima difesa da crepuscolo degli dei, di quelle famigerate "armi chimiche" pronte nel cuore di tenebra iracheno e non si capisce se sia terrore o speranza. Lo scoppio di un'ogiva caricata di gas toglierebbe ogni freno, ogni esitazione verso la guerra totale e senza quartiere. Ieri sera, al briefing del Pentagono, il generare Myers ha ripetuto che, se Saddam usasse le armi chimiche, "noi risponderemmo con ogni mezzo a nostra disposizione". Sappiamo tutti che cosa vuol dire, anche l'atomica.
Come diceva il generale Sherman, conquistatore del Sud nella guerra civile americana, "la guerra è sempre una cosa immonda, e non c'è mai modo di ingentilirla".
VITTORIO ZUCCONI
La Repubblica
(26 marzo 2003)
http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqattaccotto/prezzo/prezzo.html
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