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un articolo di Ettore Masina
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- Subject: un articolo di Ettore Masina
- From: Sergio Di Vita <sdivita@neomedia.it>
- Date: Tue, 18 Mar 2003 11:53:28 +0100
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ricevo da Ettore Masina, e volentieri diffondo,
un suo articolo apparso su "Segno nel Mondo".
buona lettura
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1
Qualche volta, molto raramente, mio padre raccontava della guerra che
aveva combattuto: quella del 1915-1918, che a noi bambini, a scuola,
insegnavano a chiamare con venerazione (perche' l'Italia l'aveva
vinta) "la Grande Guerra".
Una sera mio padre narro' di quando gli austriaci avevano lanciato i
gas asfissianti sui nostri soldati alle falde del Monte San Michele
che sbarrava le porte di Gorizia.
Diceva che da quel settore erano arrivate dapprima urla altissime e
un gran numero di spari, cui era seguito un profondissimo silenzio.
Per un gioco del vento lui e il suo battaglione non erano stati
investiti dalle nubi velenose. L'artiglieria aveva bloccato
l'avanzata austriaca e quando mio padre e i suoi compagni erano
riusciti ad andare al soccorso dei commilitoni, avevano trovato
centinaia di cadaveri dal volto verdastro, i ventri mostruosamente
rigonfi. Ne avevano seppelliti a decine, poi era sopraggiunta la
notte. Allora, tornati in trincea, mio padre e i soldati che erano
con lui avevano sentito correre per la landa arsa e sconvolta del
campo di battaglia immense torme di topi che andavano a rodere quei
corpi.
Dopo quel racconto, quella notte non riuscivo a dormire: anche a me,
mentre mi tiravo le coperte sul capo, sembrava di sentire il lavorio
frenetico di migliaia di piccole mandibole.
Ho ripensato spesso a quel racconto. L'orrore e' rimasto ma vi si e'
unita una considerazione anche piu' spaventosa, questa:
i figli dei poveri soldati morti sul San Michele furono condannati
alla tragedia dell'orfananza, ma l'arma che aveva ucciso i loro
genitori non li raggiunse;
adesso, invece, le guerre si protraggono molto al di la' degli
armistizi, colpiscono per generazioni.
In Vietnam, a Hochiminhville, cioe' Saigon, conobbi anni fa la
dottoressa Thi Ngoc Phuong. La chiamavano "la madre dei mostri"
perche', con infinita pieta' e con una maestria che le aveva valso
una grande fama internazionale, riusciva a dare sembianze umane a
qualcuna delle creature nate deformi (ma deformi e' un eufemismo) in
seguito alla irrorazione di defolianti operata dagli americani per
stanare i viet-cong. La guerra era formalmente finita ventidue anni
prima, ma nell'ospedale Tu Du continuavano ad arrivare bambini che
sembravano (non so come dirlo) granchi umani. Venivano da tutti i
villaggi dell'ansa del Mekong o dalla cordigliera centrale, ma erano
una parte minima di quella sfida della chimica di guerra al Creatore,
perche' molti e molti altri rimanevano senza cure nei villaggi
devastati delle zone piu' impervie. Adesso la dottoressa Thi Ngoc
Phuong, nel cui studio stavano due grandi vasi di vetro con due
bambini a due teste, nati-morti per fortuna, e' andata in pensione,
ma migliaia di bambini deformi (ricordate: deformi e' un eufemismo)
continuano a nascere nelle zone irrorate di diossina.
Nel Kosovo e in Iraq accade lo stesso per l'uso ormai "antico" dei
proiettili all'uranio impoverito.
E negli Stati Uniti il Pentagono ha un gran daffare a nascondere la
quantita' di bambini "anormali" nati dai veterani in Vietnam, nei
Balcani e nel Golfo del 1991. Ogni tanto un giudice americano
condanna una delle societa' chimiche produttrici di veleni a
risarcire (anche questo e' un eufemismo) i genitori di quei piccini
"sfigurati al punto da non parere piu' un uomo".
Nessun giudice si occupa dei bambini del Vietnam, del Kosovo e dell'Iraq.
Ne' delle altre devastazioni di guerre "di tanto tempo fa": anche la
catena alimentare, infatti, risulta ancora inquinata da radiazioni e
veleni; e molte falde acquifere.
Tante piccole Hiroshima "periferiche" continuano a perpetuare
l'orrore radioattivo o (Dio non voglia) ne preannunzino uno ben piu'
grave.
Intanto in tutto il mondo, ogni giorno, in zone in cui teoricamente
la pace e' tornata da anni e anni decine di bambini rimangono
mutilati dai milioni di mine sparse su campi di battaglie che
sembrano lontanissime nel tempo.
Una mina rimane in funzione vent'anni e quando domandai a uno dei
tecnici della produzione italiana (i cui ordigni sono disseminati
tuttora in immense aree) perche' non si pensasse di dare a questi
strumenti di ferocia tecnologica una efficacia limitata nel tempo, mi
guardo' sorpreso: "Nessuno ce l'ha mai chiesto".
Ricordo di avere visto a Beled Wayn, nell'Ogaden, due bambini che
erano saltati su una delle tante mine italiane vendute imparzialmente
alla Somalia e all'Etiopia in guerra fra loro. In un fatiscente
ospedale, li curavano amorosamente medici italiani. "Sono condannati
all'ergastolo" mi disse un dottore; e poiche' io mostravo di non
capire, spiego': "Sono figli di una tribu' di pastori, nomadi che
ogni giorno si spostano per 15-20 chilometri. Quando usciranno di
qui, i genitori non potranno fare altro che appoggiarli all'ombra di
un muretto dove camperanno la vita del mendicante". La guerra era
finita da quattro anni.
E non e' soltanto questione di mali fisici: un orfano di soldato, un
ragazzino che ha visto morire la madre in un bombardamento, un
bambino che ha vissuto terribili traumi diventa assai spesso, ci
dicono gli psicologi, un padre che trasmette ai sui figli il marchio
delle psicosi.
Basterebbe questa constatazione - che le guerre continuano per
decenni, per generazioni successive a quella che ha firmato un
trattato di pace, a infierire su bambini (almeno loro!) totalmente
innocenti - per dire che le guerre moderne sono legate alla ferocia
dei secoli piu' bui della storia: o che forse, nonostante tanti
progressi, questo in cui viviamo e' uno di quei secoli.
2
La guerra moderna ha anche un'altra caratteristica: colpisce non piu'
soprattutto i soldati ma soprattutto gli inermi. Sempre i "civili"
(le donne, i vecchi i bambini) sono stati coinvolti nella tragedia
delle guerre: guerra non significava soltanto vedove e orfani, ma
eserciti che avanzavano, si scontravano in battaglia, si ritiravano
su ampi territori; e dunque distruzione di ponti e di case, di
strade, di coltivazioni e di pozzi; e fame e terrore e stupri; e odio
che sarebbe durato per decenni.
Ma dal 193/ in poi, dalla distruzione di Guernica ad opera
dell'aviazione nazista prestata ai falangisti, la guerra ha
cominciato a uccidere intenzionalmente anche e soprattutto lontano
dai fronti di battaglia.
I generali hanno compreso che i nemici combattono piu' fiaccamente,
demoralizzati e sconvolti, quando sanno che la guerra sta
distruggendo le loro case e i loro figli.
E' nata cosi' la guerra-terrorismo, quella che colpisce gli inermi
per disarmare gli armati: la distruzione di citta' come Coventry in
Gran Bretagna o Dresda in Germania e' l'emblema di questa violenza
insieme selvaggia e astuta.
Hiroshima e Nagasaki sono la vergogna incancellabile della storia del
mondo cosiddetto libero, democratico.
Avvennero nella prima meta' del secolo XX: ma i bombardamenti sulle
popolazioni del Vietnam del Nord sono della fine degli anni '60,
quelli su Bagdad e su Belgrado sono degli anni '90, i missili sulle
case di Gaza, di Janina e di Ramallah hanno inaugurato l'orrore del
secolo XXI.
Del resto, 13 mila testate atomiche intatte sono l'eredita' lasciata
dal 1900 al nostro oggi.
3
I governanti che hanno scatenato le guerre hanno sempre sostenuto di
voler restaurare la giustizia e la razionalita', cioe' i presupposti
della pace.
In realta' la guerra ha ormai trascinato nel fango tutte le sue
bandiere perche' ha assunto il peggio della storia.
Come una conchiglia oceanica, che costruisce il suo guscio non
elaborandolo con un proprio materiale ma usando pezzi di altre
conchiglie, o come una spugna immersa in un liquido velenoso, la
guerra e' andata assumendo in se', lungo la storia umana, il peggio
delle ideologie distruttive, del nichilismo, delle perversioni, del
fanatismo scientifico che indaga le proprie potenzialita' e celebra
le proprie vittorie senza curarsi delle sofferenze dell'uomo.
Gli arsenali di certi paesi - forse l'Iraq, certamente gli USA,
certamente Israele - sembrano essere progettati non tanto dal dottor
Stranamore, terribile macchietta inventata, quanto dal dottor
Mengele, quello dei lager nazisti che studiava la sopravvivenza dei
torturati: sono armi proibite da tutte le convenzioni internazionali
eppure considerate "contro l'umanita" soltanto se in possesso degli
avversari.
La possibilita' di un loro uso, giustamente negata ai dittatori,
sembra resa lecita dal fatto che la possa decidere un governante il
cui nome sia uscito dalle urne di un processo democratico (o quasi).
Se il terrorismo e' negazione dell'uomo, allora possiamo leggere il
suo contagio su tutte le divise e le bandiere:
Basterebbe pensare alle condizioni in cui vengono tenuti i
prigionieri delle nuove guerre. Si nega loro la qualifica di
combattenti, e cosi' gli accordi umanitari internazionali si perdono
nel vento dell'ipocrisia.
Si e' andati alla guerra contro il governo dei talebani (governo ex
amico, non lo si scordi, riconosciuto ai massimi livelli in tutte le
sedi internazionali, grazie al patrocinio degli USA) ma alle sue
milizie non e' stato riconosciuto lo status di prigionieri di guerra:
percio' a centinaia i soldati di Kabul sono morti di freddo, di fame,
di mancanza d'ossigeno, chiusi in contenitori; centinaia sono stati
massacrati in carcere; centinaia sono stati deportati in un'isola
lontanissima della quale tuttora non conoscono l'ubicazione:
trascinati su aerei militari, incatenati mani e piedi, probabilmente
drogati, gli occhi bendati, tamponi alla bocca e alle orecchie in
modo di non poter comunicare fra loro, costretti a orinarsi e
defecarsi addosso nel corso di un viaggio di 18 e piu' ore.
Viene in mente, anche se la citazione e' impropria, la disperata
constatazione di Primo Levi: "Se questo e' un uomo".
Qualche centinaio di casi, certamente, e non la mostruosa apocalisse
nazista, imparagonabile con qualunque altra tragedia della storia; e
tuttavia quando aberrazioni del genere vengono accettate e
addirittura studiate dagli "esperti" di un esercito, allora questo
esercito regredisce ai tempi dell'Inquisizione.
4
Otto piccole suore americane sono state condannate il mese scorso da
sei a dodici mesi di reclusione per avere partecipato nel novembre
2002, alle manifestazioni che si svolgono tutti gli anni davanti alla
"Escuela de las Americas", che ha sede in Georgia in una base
militare chiamata Fort Benning.
La "Escuela", un tempo, era situata nella Zona del Canale di Panama,
poi e' stata trasferita negli States.
Vi sono passati, complessivamente, in trent'anni di attivita', decine
di migliaia (80 mila, secondo alcuni) di "quadri" degli eserciti
delle dittature militari latino-americane: dal colonnello Noriega,
losco dittatore di Panama e gia' figlio diletto della Casa Bianca al
colonnello D'Aubuisson, mandante dell'assassinio del vescovo Romero e
agli autori dell'uccisione dei 6 gesuiti di San Salvador, dai
torturatori brasiliani a quelli cileni a quelli uruguaiani.
Ricordate "L'Amerikano" di Costa Gavras? Ecco, gente cosi'.
E' possibile - e quasi certo - che in altri paesi esistano scuole
"contro-insurrezionali" del genere, e certamente il regime di Saddam
Hussein non e' secondo ad altri nell'uso della tortura e
dell'eliminazione dei torturati: ma, per l'appunto, parlando di
Saddam Hussein, parliamo di un feroce dittatore da rimuovere al piu'
presto: la vergognosa bandiera di Fort Benning, detta l'Universita'
della Tortura, sventola invece nel cielo del grande paese che fu di
Lincoln e di Franklin Delano Roosevelt, il presidente che porto'
l'America in lotta contro il nazismo..
5
Molte sono le ragioni per le quali non si puo' vincere il terrorismo
con la guerra.
La prima e' che il terrorismo non e' un'entita' statale, non ha un
esercito, non ha strutture pubbliche, non si immedesima con un
governo: L'Afghanistan e' stato arato di bombe e di carri armati, ma
e' mancata la cattura di bin Laden, dichiarato obiettivo della guerra.
Ne', per quanto la Casa Bianca parli di un Grande Satana Terrorista,
c'e' un solo terrorismo: quello. filippino non ha niente a che vedere
con quello palestinese o con l'Eta o con gli epigoni delle Brigate
Rosse italiane ne' con il terrorismo di stato nord-coreano o
colombiano.
Percio' la guerra a un dato paese non sradichera' mai il terrorismo,
il terrorismo puo' essere vinto soltanto tagliandogli i collegamenti
con i grandi potentati economici che lo sostengono e risanando le
spaventose situazioni di ingiustizia dalle quali provengono tanti
suoi esponenti.
Al contrario, le guerre, aumentando le zone dell'ingiustizia e della
disperazione dei popoli, aumentano a dismisura le nascite dei
terrorismi. Da questo punto di vista le guerre sono, con ogni
evidenza, del tutto controproducenti.
Ma la ragione principale per la quale il terrorismo non puo' essere
definitivamente vinto e' che il terrorismo ha gia' vinto molte
battaglie e continua a vincerne.
Se infatti, per combatterlo, le democrazie rinunciano alle garanzie
proclamate dalle loro costituzioni, se un numero crescente di
cittadini si trova di fronte a uno stato di polizia, a pratiche
illegittime, a sospensioni o violazioni di diritti, alla degradazione
(ormai evidente) del diritto internazionale, alla violenza fatta alle
grandi istituzioni, allora c'e' gia' del terrorismo nel cuore di
quegli stati, il serpente della ferocia ha gia' posto le sue uova nel
nido delle aquile.
6
La propaganda di guerra tiene altissima la voce come fanno i
ciarlatani e sventola immagini a non finire per alimentare il furore
irrazionale del pubblico.
Ma poi la guerra dei nostri anni agisce nella segretezza assoluta
alla stregua degli assassini.
Fu nel 1983 che il Grande Comunicatore, il presidente Ronald Reagan,
nel momento in cui mandava le sue truppe a invadere la piccola
repubblica di Grenada, troppo vicina a Cuba per i suoi gusti, decise
che i giornalisti non potessero piu' seguire le operazioni delle
forze armate americane.
Egli non dimenticava che il ritiro degli USA dal Vietnam era dovuto
al fatto che quella guerra era stata portata dai mass-media sin nelle
case degli States e che la vista di quegli orrori aveva provocato una
profonda rivolta politica.
Oggi Reagan brancola nelle nebbie dell'Alzhaimer ma i due Bush, suoi
legittimi discendenti ideologici, e del resto anche Clinton a suo
tempo, hanno fatto tesoro di quella prudenza.
Abbiamo visto e vedremo, delle guerre di questi anni, soltanto quello
che i comandi supremi vorranno farci sapere: giochi di luce, eventi
elettronici e, tutt'al piu' le immagini dei profughi a stimolare il
buon cuore del pubblico televisivo.
E anche questa segretezza indica la volonta' di spossessare
l'opinione pubblica di ogni responsabilita' e capacita' di reazione.
E' un'altra negazione della democrazia: una casta politico-militare
pretende di avere mano libera e di agire "per il nostro bene".
7
Viviamo giorni terribili e meravigliosi.
Contro ogni previsione dei professionisti della politica e della
psicologia delle masse, da tutta la Terra si e' levata un'ondata di
NO alla guerra, una immensa protesta globale.
Benche' io abbia ormai vissuto una lunga vita, non ricordo di avere
mai assistito a un fenomeno cosi' imponente.
E' una gigantesca forza politica della quale e' impossibile prevedere
come si esprimera' localmente ma i cui principi appaiono
inequivocabili: NO alla ferocia, alla degradazione del diritto, alla
logica delle armi, SI' alla custodia del Creato, alla giustizia
internazionale, al dialogo, alle istituzioni di pace.
Proprio nel momento in cui l'arroganza imperiale minaccia di
smantellare politicamente il Palazzo di Vetro, sembra risuonare la
parola del Dio di Isaia. "Non indugiatevi a parlare del passatoŠEcco
- non vedete? - io sto creando in mezzo a voi una cosa nuova".
La volonta' di pace apre nuove strade all'ecumenismo.
Le grandi chiese cristiane, da Mosca a Canterbury, riecheggiano le
parole del Vecchio di Roma; una delegazione della Chiesa metodista
americana, cui appartiene il presidente Bush, viene a dire a Giovanni
Paolo II affetto e consenso.
Dall'epoca della "Pacem in terris" il vangelo di giustizia e di pace
non era apparso agli uomini cosi' amabile e forte. Tocca a noi,
adesso, esserne viventi testimoni.
Ettore Masina
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Mi scuso con tutti coloro che hanno gia' ricevuto questo testo,
e con tutti per l'arbitrio che mi prendo nel mandarvi questo tipo di documenti.
Chiedo a chi non vuole riceverli di mandarmi un cenno.
sdv
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