[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

(Fwd) [Internet per tutti] 2003.03.04-01. Perché si fa una guerra? Te lo spiega il Politecnico




------- Forwarded message follows -------
To:             	internet_per_tutti@yahoogroups.com
From:           	Paolo Attivissimo <topone@pobox.com>
Date sent:      	Tue, 04 Mar 2003 00:40:12 +0000
Subject:        	[Internet per tutti] 2003.03.04-01. Perché si fa una guerra? Te lo spiega il
 	Politecnico
Send reply to:  	internet_per_tutti-owner@yahoogroups.com

[ Double-click this line for list subscription options ] 

2003.03.04-01. Perché si fa una guerra? Te lo spiega il Politecnico

Sta imperversando nella Rete italiana un documento in formato
PowerPoint, del peso di circa 170K, che descrive uno “studio del
Politecnico di Milano”, secondo il quale la presunta imminente guerra
in Iraq sarebbe un colossale affare che agli Stati Uniti non
costerebbe un centesimo, ma dal quale anzi gli USA trarrebbero circa
20 miliardi di dollari di guadagno, e che la guerra sarebbe in realtà
pagata da “noi”, che presumibilmente saremmo noi europei.

L'indagine antibufala completa, con il testo integrale dell'appello e
le smentite del Politecnico e di Emergency, è disponibile qui:

http://www.attivissimo.net/antibufala/perche_si_fa_guerra.htm

L'appello dichiara di provenire da una fonte apparentemente
autorevole: uno “studio” (o una “lezione”) del Politecnico di Milano.
Questo fa pensare che si tratti di una serie di dati raccolta
scrupolosamente, attingendo alle fonti più affidabili e sottoposta al
vaglio scientifico che ci si aspetta da uno studio condotto da 
esperti
universitari. Purtroppo non è così.

Infatti non si tratta di uno studio del Politecnico di Milano, ma
semplicemente di “una risposta a una domanda al termine di una
lezione”, data da un professore, e poi ripresa da uno studente che
l'ha trasformata in un documento PowerPoint, aggiungendovi parecchi
svarioni. Inoltre il professore in questione ha dichiarato (come
potete leggere nell'indagine completa) che l'unica fonte di tutti i
dati è un libro di Lucia Annunziata, sulla cui affidabilità non mi
permetto dubbi, ma che rimane comunque una fonte piuttosto indiretta 
e
poco ufficiale dalla quale attingere informazioni.

Non solo: i dati sono stati riportati “a memoria”, come spiegato dal
professore del Politecnico, quindi senza verificarli sul testo
dell'Annunziata. Con tutto il rispetto per le capacità mnemoniche del
professore, questo che non promette bene per la loro esattezza.
Infatti il professore ha dichiarato, come potete leggere 
nell'indagine
completa, che le cifre sono diverse da quelle riportate nell'appello.

C'è di peggio: come accennavo, l'appello che circola non è stato
redatto direttamente da un responsabile del Politecnico, ma
semplicemente ripreso da uno studente che, racconta il professore, 
“ha
creato a mia insaputa il file che sta circolando, indicando solo
indirettamente che la redazione non è mia (“Tratto da …”), senza
precisare che citavo a memoria (le cifre reali sono più alte da 
quelle
da me riportate), introducendo alcune imprecisioni (ad esempio che le
"sette sorelle [sono], tutte americane, di cui 5 di proprietà
statale”) e notizie di cui non conosco l’attendibilità”.

Riassumendo: l'appello si basa su dati citati andando a memoria,
tratti da un'unica fonte giornalistica, e conditi con imprecisioni
aggiunte da terzi. Altro che “studio del Politecnico”.

I risultati di questa catena di leggerezze sono piuttosto vistosi.
L'appello, infatti, contiene numerose inesattezze. Per esempio, il
petrolio è salito sì a 42 dollari il barile durante la Guerra del
Golfo, ma per un periodo breve, ed è sceso subito dopo a livelli
inferiori a quelli prebellici; pertanto sembra assai poco plausibile
un fulmineo “guadagno di 60 miliardi di dollari”.

L'affermazione che “nel Medio oriente l'estrazione ed il commercio 
del
petrolio è TOTALMENTE in mano alle 7 sorelle (Shell, Tamoil, Esso...)
tutte americane, di cui 5 di proprietà statale americana” è
clamorosamente errata, e per ben tre ragioni:

-- primo, l'estrazione ed il commercio del petrolio mediorientale non
è affatto "totalmente" in mano a società americane: per esempio,
società russe, cinesi e francesi hanno sostanziosi contratti per
l'estrazione del petrolio iracheno, bloccati dall'embargo ONU
(http://www.msnbc.com/news/824407.asp?cp1=1). La presenza 
statunitense
è preponderante, ma non assoluta.

-- secondo, non esistono compagnie petrolifere “statali” negli USA.
Sono tutte società private. Pertanto la ripartizione dei presunti
“guadagni” fra “governo USA” e “privati USA” non ha senso. Al 
massimo,
si può dire che gli ipotetici guadagni sono andati tutti alle società
petrolifere statunitensi, ma non certo al governo USA.

-- terzo, la Tamoil è una società libica e non una multinazionale 
USA,
come si rileva facilmente da una ricerca in Google.

L'appello afferma anche che le armi di distruzione di massa sarebbero
“sviluppabili solo con un'altissima tecnologia e notevoli capitali,
due cose che l'Iraq proprio non possiede”. Purtroppo, invece, le
tecnologie necessarie per le armi chimiche sono molto modeste e 
l'Iraq
dispone sì dei capitali per fabbricarle, come ben sanno i curdi e 
come
dimostrato dalle recenti operazioni ONU di distruzione di testate
chimiche all'iprite e dalla distruzione dei missili al-Samoud II, che
di certo non costano noccioline. Così come di certo non costano
quattro soldi i numerosi palazzi faraonici di Saddam.

Ovviamente la presenza di errori così macroscopici nel documento pone
seri dubbi sull'esattezza delle altre informazioni riportate. Il vero
problema è che nessuna di queste informazioni viene citata fornendo
una fonte, e questo è un pessimo modo di operare. Ci viene chiesto di
credere sulla fiducia a quanto viene detto: altro che “ragionare con
la propria testa” come dice l'appello.

Ma soprattutto, a prescindere dall'esattezza o meno delle cifre
citate, non sta in piedi il ragionamento “la Guerra del Golfo
l'abbiamo pagata noi”. Secondo l'appello, l'avrebbero pagata “quelli
che utilizzano il petrolio... cioè noi!”. Questa frase sembra creare
una contrapposizione tra “noi” europei e “loro” americani, per cui si
ha l'impressione che gli USA, da bravi capitalisti purosangue, 
abbiano
fatto la guerra e intascato miliardi di dollari spillandoli tutti 
agli
europei.

Ma se il prezzo del petrolio aumenta, aumenta in tutto il mondo, 
Stati
Uniti compresi. E mi pare proprio che anche gli americani consumino
petrolio nelle loro auto, nel riscaldamento e nell'industria, proprio
come noi europei (forse di più), e se il petrolio rincara, rincara
anche per gli americani. In altre parole, un rincaro del petrolio
ricade su tutti i paesi del mondo e persino sui militari e sui
governi, dato che anche loro devono pagare il carburante ai prezzi
maggiorati.

La Guerra del Golfo, pertanto, l'hanno pagata anche gli USA sotto
forma di petrolio più caro. Si può argomentare forse che c'è stato un
arricchimento da parte delle compagnie petrolifere a danno dei
consumatori (di tutto il mondo, americani compresi) e dei governi (di
tutto il mondo, americani compresi), ma si tratta di un arricchimento
che ha beneficiato anche le compagnie petrolifere non-USA (arabe,
russe, venezuelane, libiche, cinesi, francesi e britanniche, per
esempio). Di certo, insomma, la situazione non è così semplice come
viene dipinta dall'appello.

Il mio consiglio è pertanto di non distribuire l'appello, in quanto
contiene dati e ragionamenti errati che di certo non aiutano la causa
della pace come invece dichiarano di voler fare. Non è certo con dati
falsi e ragionamenti incoerenti che si aiuta la gente a”ragionare con
la propria testa“.

Sul fatto che nell'intervento militare in Iraq vi siano in gioco
interessi economici enormi, come in qualsiasi operazione militare, 
non
vi è alcun dubbio. L'aspetto bufalino sta nell'uso di dati errati,
nelle dichiarazioni di falsa autorevolezza e nel ragionamento
“paghiamo soltanto noi europei”. In tutti questi sensi, l'appello è
una bufala.

Un'altra ottima ragione per non distribuire l'appello è che
diffonderlo potrebbe causare dei danni di immagine al Politecnico e/o
ad Emergency, che un lettore distratto potrebbe ritenere ideatori e
"autenticatori" della cosa. Visto il lavoro che fa Emergency in giro
per il mondo, non mi sembra il caso di distribuire dei documenti che
rischiano di provocargli un danno di immagine.

Insomma, questa è una classica dimostrazione dei danni involontari 
che
può causare la diffusione di un appello senza le debite precauzioni:
lo studente l'ha fatto circolare, e chi ci rimette adesso è il
professore, tempestato di richieste di chiarimento e diffamato, in un
certo senso, dal fatto che gli vengono attribuite dichiarazioni
grossolanamente superficiali e inesatte.

Come craccare un PIN nella pausa pranzo

Qualche giorno fa ho scritto per Apogeonline un articolo sui sistemi
che proteggono le carte di credito: è saltato fuori che sono molto 
più
vulnerabili di quanto si pensi. La scoperta di un esperto di
sicurezza, che ha dimostrato che bastano in media tredici tentativi a
un addetto ai lavori per scoprire il PIN di una carta i credito, ha
mandato nel panico la Diners, che ha tentato istericamente (e c'è
riuscita) di censurare la pubblicazione scientifica della notizia,
anche se ormai è di dominio pubblico. Un clamoroso esempio di come la
"security through obscurity" non funziona, eppure viene ostinatamente
utilizzata da banche e governi:

http://www.apogeonline.com/webzine/2003/02/25/01/200302250101

Trovate anche un approfondimento sulla vulnerabilità delle carte di
credito sulla rivista Wired (in inglese):

http://www.wired.com/news/privacy/0,1848,57823,00.html

Ciao da Paolo.

----------------------------------------------------------------------

- Paolo Attivissimo         Traduttore tecnico, divulgatore
informatico topone@pobox.com          http://www.attivissimo.net
---------+---------+---------+---------+---------+---------+---------
+
--




(C) 2003 by Paolo Attivissimo (www.attivissimo.net).
Distribuzione non commerciale libera, purche' riporti la presente
dicitura. ----------------- Per distribuzione commerciale, contattare
l'autore (topone@pobox.com).

Se ti piace quello che leggi, fallo sapere in giro, e mandami un po'
di focaccia!

Questa newsletter e' e sara' sempre gratuita, ma donazioni e
sponsorizzazioni sono sempre ben accette:
http://www.attivissimo.net/donazioni.htm


L'utilizzo, da parte tua, di Yahoo! Gruppi è soggetto alle
http://it.docs.yahoo.com/info/utos.html 


------- End of forwarded message -------