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Re: PERCHE' SI FA UNA GUERRA?. I retroscena dell'attacco americano all'Iraq nel 1991.



> Nei Paesi arabi vige la legge del fifty-fifty: 50% al governo locale, 50%
> alla multinazionale che controlla il giacimento.

Già li vedo petrolieri e sceicchi dietro un tavolo spartirsi il malloppo:
"Questo a te, questo a me".

Il problema è reale, la spiegazione immaginaria. A chi vanno in effetti i
profitti del petrolio, e in quali proporzioni? Pare che la questione con la
"finanziarizzazione dei mercati" sia diventata alquanto complessa. Urgono
cmq studi che aiutino a vederci più chiaro.

Cito un passo dal libro di Alberto Clô, Economia e politica del petrolio,
Editrice Compositori, Bologna, 2000:

La dinamica dei prezzi appare così spesso disancorata da ogni aspettativa e
dagli stessi fondamentali di mercato, a cui pure fanno riferimento. Talvolta
accade che si deducano questi dai primi, e non il contrario. Le tradizionali
chiavi di lettura non aiutano spesso a comprendere quel che oggi accade o
domani potrà accadere. La finanziarizzazione dei mercati ne ha in parte
modificato la natura ed i meccanismi di funzionamento ingigantendo la
velocità e lo spessore della loro reazione ad ogni minimo evento. Variabili
esogene, diverse dai normali fondamentali, possono così - in determinate
circostanze - condizionare più di questi i corsi dei mercati. Le ragioni che
muovono gli investitori finanziari non sono riducibili agli accadimenti e
alle aspettative sul mercato del fisico, anche se è ad esso che fanno
riferimento. In un mercato che appare virtuale, i valori di scambio sui
futures retroagiscono sui valori di scambio sul fisico che a loro volta
influenzano i primi, in un processo interattivo ove non è facile comprendere
«chi e cosa determina che cosa». La dinamica dei prezzi appare così spesso
disancorata da ogni aspettativa e dagli stessi fondamentali di mercato, a
cui pure fanno riferimento. Talvolta accade che si deducano questi dai
primi, e non il contrario. Le tradizionali chiavi di lettura non aiutano
spesso a comprendere quel che oggi accade o domani potrà accadere. La
finanziarizzazione dei mercati ne ha in parte modificato la natura ed i
meccanismi di funzionamento ingigantendo la velocità e lo spessore della
loro reazione ad ogni minimo evento. Variabili esogene, diverse dai normali
fondamentali, possono così - in determinate circostanze - condizionare più
di questi i corsi dei mercati. Le ragioni che muovono gli investitori
finanziari non sono riducibili agli accadimenti e alle aspettative sul
mercato del fisico, anche se è ad esso che fanno riferimento. In un mercato
che appare virtuale, i valori di scambio sui futures retroagiscono sui
valori di scambio sul fisico che a loro volta influenzano i primi, in un
processo interattivo ove non è facile comprendere «chi e cosa determina che
cosa». (p. 358)



----- Original Message -----
From: <italo.disabato@libero.it>
To: <pace@peacelink.it>
Sent: Monday, March 03, 2003 9:56 AM
Subject: PERCHE' SI FA UNA GUERRA?. I retroscena dell'attacco americano
all'Iraq nel 1991.


> PERCHE' SI FA UNA GUERRA?. I retroscena dell'attacco americano all'Iraq
nel
> 1991.
>
> Il testo e i dati che riproduciamo sono tratti da una lezione del corso di
> "Modellistica e Gestione delle Risorse Naturali 1, Politecnico di Milano"
e
> circola su Internet.
>
>
> I costi della guerra del Golfo
>
> 40 miliardi di dollari cioè
> 42 miliardi di euro cioè
> 80.000 miliardi di lire
>
>
> Ma chi li ha pagati?
>
>
> Verrebbe spontaneo dire che i 40 miliardi di dollari siano stati pagati
> dagli Usa ma ciò è vero solo in parte.
>
>
> 40 miliardi di dollari:
> 25% dei costi è stato coperto dagli Usa (10 miliardi $)
> 75% dei costi è stato coperto dai Paesi arabi, in particolare dal Kuwait e
> Arabia Saudita (30 miliardi $)
>
>
> Ma dove hanno trovato i soldi?
>
>
> Il prezzo del petrolio, prima della guerra, era di circa 15 $ al barile .
> . ma con la guerra del Golfo è lievitato fino a 42 $ al barile, generando
> un guadagno extra stimato attorno ad almeno 60 miliardi $
>
> E a chi è andato questo guadagno?
>
> Nei Paesi arabi vige la legge del fifty-fifty: 50% al governo locale, 50%
> alla multinazionale che controlla il giacimento.
>
>
> Quindi .
>
> Guadagno netto del rincaro del petrolio:
> 60 miliardi $
> 30 miliardi $ alle compagnie
> 30 miliardi $ ai governi dei paesi arabi
>
> Ma di chi sono le compagnie petrolifere?
>
>
> In Medio Oriente l'estrazione e il commercio del petrolio è totalmente in
> mano alle 7 Sorelle (Schell, Tamoil, Esso, .), tutte americane, di cui 5
di
> proprietà statale americana.
>
> Che genera30 miliardi $:
> circa 21 miliardi $ al governo americano,
> circa 9 miliardi $ a privati americani
>
>
>
>
>
> Facciamo un po' di conti
>
> SPESE DI GUERRA GUADAGNO DAL RINCARO DEL PETROLIO RICAVI O PERDITE
> PAESI ARABI 30 miliardi $ 30 miliardi $ 0
> GOVERNO USA 10 miliardi $ 21 miliardi $ Ricavo 11 miliardi $
> PRIVATI USA 0 9 miliardi $ Ricavo 9 miliardi $
>
> Adesso tutto è chiaro
> Gli Usa hanno guadagnato 20 miliardi $ dalla guerra!
>
> altro che liberare il Kuwait
>
> Ma non è ancora finita...
>
>
> 1. Chi ha pagato alla fine dei conti la guerra del 91 in Iraq?
>
> Quelli che utilizzano il petrolio cioè noi!!!
>
>
> Quindi gli Usa tra aumento del prezzo del greggio e guadagno dall'indotto
> bellico hanno guadagnato . . .
> 11 miliardi $ direttamente
> 49 miliardi $ dall'indotto!!!
>
>
> Dove sono andati a finire i 40 miliardi $ spesi nella guerra?
>
> Nell'industria bellica che è quasi totalmente americana!!!
>
>
>
> Ultime considerazioni
> E' facile immaginare come la Guerra nel Golfo, nel 1991, sia stata
> combattuta esclusivamente per questi motivi economici e non per qualche
> fine "umanitario" o in "difesa della libertà".
>
> Ma adesso risulta facile anche capire altri due fatti di attualità: il
> perché della guerra in Afghanistan e della probabile nuova guerra in Iraq.
>
> In particolare, la guerra in Afghanistan aveva come principale obiettivo
> l'instaurazione di un governo fantoccio che desse il via libero alla
> costruzione di un oleodotto (di proprietà americano) lungo 2.500 Km
> attraverso il suo territorio.
>
> Questo oleodotto, di importanza strategica, ha come unica alternativa la
> costruzione di un altro oleodotto, lungo 5.500 km, enormemente più costoso
> da costruire e mantenere a causa delle tasse che i paesi attraversati
> imporrebbero agli Usa.
>
> Molto più facile radere al suolo un paese già martoriato da trenta anni di
> guerra e renderlo una propria dependance, con la possibilità di costruire
e
> gestire l'oleodotto-scorciatoia in tutta tranquillità.
>
> Per capire come mai Bush jr. voglia attaccare di nuovo l'Iraq bisogna
> invece sapere che gli USA sono in rotta con i loro maggiori fornitori di
> petrolio nell'area meridionale: l'Arabia Saudita.
>
> La rottura sta diventando insanabile sia perché l'Arabia Saudita è uno dei
> paesi maggiormente coinvolti nel terrorismo di Bin Laden, sia perché
> l'opinione pubblica internazionale è schierata in massa contro questo
paese
> a causa del mancato rispetto dei più elementari diritti umani.
>
> Per l'amministrazione Bush si è quindi creato un obiettivo prioritario:
> cercare una alternativa petrolifera all'Arabia Saudita nell'aria
> mediorientale.
>
> Il modo più facile, ovviamente, è fare una guerra all'Iraq e istaurare un
> regime fantoccio alla dipendenza diretta degli stessi Usa
>
> La domanda che sorge spontanea è perché l'Iraq?
>
> Per tre semplici motivi:
> - è un paese che non può difendersi (la povertà causata dall'embargo
> provoca la morte per fame di trecentomila bambini ogni anno)
> - l'Iraq offre un facile pretesto (la presenza di fantomatiche armi di
> distruzione di massa, che per altro, sono sviluppabili solo con una
> altissima tecnologia e notevoli capitali, due cose che proprio l'Iraq non
> possiede) per giustificare l'attacco agli occhi dell'opinione pubblica che
> nulla sa delle vere cause della guerra (le lotte per il controllo del
> petrolio)
> - al momento l'Iraq non gode della protezione di nessuno stato potente, in
> grado di opporsi con decisione alla minaccia di un attacco americano.
>
> In più negli ultimi tre mesi è scoppiata in tutta la sua drammaticità la
> rivolta sociale in Venezuela, in seguito alle disastrose condizioni di
vita
> della popolazione dettate dalle multinazionali statunitensi del petrolio.
>
> Il Venezuela è infatti il maggior rifornitore di greggio degli stati Uniti
> Cercare un'alternativa ad Arabia Saudita e Venezuela è diventato quindi
> l'oggetto prioritario dell'amministrazione Bush.
>

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